La malattia da reflusso gastroesofageo MRGE) rappresenta la più frequente
patologia del tratto gastroenterico superiore, ha un ampio spettro clinico ed è
"una condizione clinica che si sviluppa quando il reflusso di contenuto
districo in esofago determina sintomi e/o complicanze fastidiose" (Montreal,
2006).
La definizione di Montreal distingue le varie forme cliniche in due grandi
gruppi: sindromi esofagee e sindromi extraesofagee.
Il danno mucosale è presente
solo nel 30-35% dei pazienti ed e rappresentato dalla esofagite non complicata,
mentre sono più rare le complicanze, quali la stenosi, l'ulcera, la metaplasia
colonnare (esofago di Barrett) o l'adenocarcinoma; pertanto, la manifestazione
prevalente di MRGE è costituita dalla NERD (Non Erosive Reflux Disease).
Uno studio condotto sulla popolazione adulta di due comuni emiliani, su 1000
soggetti, mostrava una prevalenza di pirosi isolata di circa il 13% e di
pirosi dominante il quadro clinico di circa il 38%.
La prevalenza di esofagite, sintomatica o asintomatica, era di circa il 15% della popolazione sottoposta ad indagine. Non ci sono dati di incidenza relativi alla popolazione italiana nel suo complesso. Dati da tutto il mondo indicano 0 aumento della prevalenza, probabilmente correlabile all'aumento del numero di soggetti in sovrappeso/obesi.
Per quanto riguarda la storia naturale dei pazienti con MRGE, la progressione da
NERD a forme erosive è rappresentata per la maggior parte dei casi (80%) da esofagiti di lieve-moderata entità, corrispondenti ai
gradi A-B della classificazione endoscopica di Los Angeles.
La MRGE presenta una scarsa tendenza alla remissione spontanea di sintomi e
lesioni e una elevata tendenza alla loro cronicizzazione, con una consistente
necessità di terapia di mantenimento per una tendenza alla recidiva
sintomatica in circa i 2/3 dei pazienti alla sospensione della terapia
d'attacco.
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Si è detto prima come lo spettro clinico della MRGE sia piuttosto ampio e
costituito da sintomi esofagei ed extraesofagei.
Riguardo alla frequenza dei sintomi extraesofagei, circa un terzo dei pazienti
con MRGE ha la probabilità di presentare almeno un sintomo extraesofageo
associato; la frequenza è leggermente superiore in pazienti con esofagite, asma
e dolore toracico sono i sintomi extraesofagei più frequenti.
Nonostante una letteratura molto vasta, la relazione di causa ed effetto tra
MRGE e sintomi atipici non è accertata se non in una minoranza di pazienti.
Va
anche riconosciuto che, secondo metanalisi pubblicate dalla Cochrane
Collaboration, il ruolo della terapia con inibitori della pompa protonica (IPP)
nel ridurre le manifestazioni cliniche ORL e pneumologiche associate a MRGE è
piuttosto insoddisfacente, e questo dato riduce ovviamente l'importanza clinica
di tale associazione.
La MRGE ha una patogenesi multifattoriale, esemplificabile come uno squilibrio
tra i normali fattori difensivi e quelli aggressivi; tra i primi vanno
ricordati l'effetto chimico della saliva, la contiguità dello strato cellulare
epiteliale (tight junctions), la capacità tampone intra- ed extra-cellulare
degli ioni idrogeno refluiti, il turnover cellulare, la produzione di muco e
bicarbonato, l'attività peristaltica esofagea, la competenza
dello sfintere esofageo inferiore (SEI) e il suo "accoppiamento" anatomico con
la porzione crurale del diaframma (sfintere esterno) e, infine, un adeguato
svuotamento gastrico. Tra i secondi vanno innanzitutto considerati l'acidità
del materiale gastrico refluito, il suo volume, l'attività della pepsina
(inattiva a pH >4), la contemporanea presenza di componenti duodenali, come
bile ed enzimi pancreatici, legati ad un reflusso duodeno-gastroesofageo.
Va sottolineato che nella MRGE, pur appartenendo al gruppo di patologie
acido-correlate, si riscontra normale secrezione acida nella maggioranza dei
casi.
Il fattore di maggiore importanza patogenetica è rappresentato dal
rilasciamento transitorio inappropriato (cioè non post-deglutitivo) del SEI (Transient
Lower Esophageal Sphincter Relaxation, TLESR).
Tale rilasciamento fasico dello sfintere, il cui stimolo principale è dato dalla distensione del fondo gastrico, ha la funzione di permettere il passaggio in senso orale di gas intragastrico (venting) consentendo di evitare la sovradistensione dello stomaco; nel paziente con MRGE esso è più frequente che nel normale e si associa più spesso a episodi di reflusso acido di durata patologica.
L'importanza patogenetica dell'ernia iatale è stata di recente rivalutata, anche
grazie agli studi di manometria con impedenzometria esofagea. La presenza di
ernia iatale favorisce il reflusso in almeno due modi:
1. il disaccoppiamento vettoriale tra sfintere esofageo estemo (crurale) e
interno riduce il tono pressorio basale e quindi la validità della barriera
anti-reflusso;
2. con lo scivolamento in torace del fondo gastrico viene a trovarsi acido gastrico in un compartimento (il torace) a bassa pressione, e questo facilita il contatto tra l'acido e la mucosa esofagea distale.
Gli episodi di reflusso notturni sono più lesivi, per la posizione corporea che
non consente l'effetto di clearing legato alla gravità, perché manca la
stimolazione cosciente (arousal) che attiva la deglutizione di saliva e la
peristalsi dell'esofago.
I disturbi del sonno legati alla MRGE rappresentano una manifestazione clinica
di recente riconoscimento, ma fortemente impattante sulla qualità di vita dei
pazienti.
Un ruolo non del tutto chiarito è rappresentato dal cosiddetto "acid pocket",
una piccola area gastrica prossima al cardias, nella quale, nel periodo
post-prandiale, l'acido non viene tamponato dal pasto e, forse, rappresenta il
principale fattore per la comparsa di reflusso acido.
I sintomi, e in particolare la pirosi, sono più facilmente giustificabili in
presenza di un danno infiammatorio mucosale esofageo: il materiale chimico
refluito, in particolare l'acido, raggiunge direttamente le terminazioni
sensoriali sottomucose (chemocettori), che veicolano lo stimolo nocicettivo
alle strutture nervose superiori.
Nella NERD, è stata evidenziata la dilatazione delle tight junctions tra le
cellule epiteliali e, attraverso questa, si suppone che possano infiltrarsi gli
ioni idrogeno refluiti, stimolando i chemocettori esofagei. è stato dimostrato
che, nella NERD, un fattore determinante la nocicezione è l'estensione
prossimale del reflusso.
Nel caso di pazienti con sintomi, assenza di esofagite ed esposizione acida
nella norma (pirosi funzionale), è ipotizzata l'esistenza di iperalgesia
viscerale, simile a quella della sindrome dell'intestino irritabile.
è stato documentato che la pirosi può essere indotta, oltre che dal reflusso
acido, da quello debolmente acido o debolmente alcalino, dall'infusione di
lipidi intraduodenali, dalla distensione luminale e infine anche da fattori
psicologici, come l'ansia e la depressione.
Importante sottolineare che la severità dei sintomi non è predittiva della
presenza/gravità delle lesioni macroscopiche. Esiste, invece, una discreta
correlazione tra l'entità dell'esposizione esofagea all'acido e la
frequenza/durata dei sintomi.
La diagnosi di MRGE non ha un gold standard, valido per tutte le manifestazioni
e nei diversi ambiti di osservazione (medicina generale o specialistica), ed è
stata definita una diagnosi "imperfetta", basata o sull'identificazione di
sintomi specifici o sul dato endoscopico o sulla misurazione strumentale del
reflusso.
L'approccio diagnostico, in accordo con le più recenti linee-guida,
compresa la Classificazione di Montreal, è essenzialmente clinico ed è basato
sul riconoscimento dei sintomi tipici (pirosi, rigurgito) e sull'assenza di
segni o sintomi d'allarme che richiedano una valutazione endoscopica, ovvero anemizzazione, calo ponderale ingiustificato, anoressia, disfagia, sintomi
prolungati o refrattari e anche l'età di comparsa dei sintomi >50 anni.
Nel complesso, va enfatizzata, anche a scopo diagnostico, un'attenta anamnesi,
orientata alla ricerca di segni e sintomi spesso non spontaneamente riferiti
dal paziente e che possono essere messi in relazione patogenetica con la MRGE:
riportante è lo studio delle correlazioni dei sintomi con il pasto, con la
posizione corporea e con il sonno.
Si effettua un'esofagoscopia per escludere la
presenza i esofago di Barrett e per identificare la presenza di danno erosivo,
stadiandolo, in pazienti in trattamento empirico che non rispondano alla
terapia, per rivalutarne la diagnosi. Le linee-guida correnti raccomandano
l'esecuzione di un'endoscopia nel caso di pazienti con sintomi d'allarme o
di età >50 anni, e di sintomi refrattari alla terapia con IPP.
è importante ricordare che fino al 70% di pazienti con sintomi tipici di MRGE
non presenta esofagite, e questo spiega i modesti valori di sensibilità dell'endoscopia.
La classificazione endoscopica di esofagite attualmente più adoperata (Los
Angeles, start da A a D) identifica come lesione minima la presenza di una
singola erosione breve (<5 mm). Utile, in caso di esofagite severa (Los Angeles
C, D). la ripetizione dell'esame dopo terapia, per controllare l'eventuale
presenza di complicanze esofago di Barrett).
Il valore diagnostico dell'esame istologico è mutato all'identificazione dei
pazienti con esofagite eosinofila, un'entità rara la cui diagnosi richiede il
riscontro di infiltrazione intraepiteliale almeno 15 eosinofìli per campo
ottico.
- pH-metria esofagea delle 24 ore. Poiché la MRGE è una condizione clinica
determinata dal reflusso di contenuto gastrico in esofago, la mi-attrazione del
pH nell'esofago distale per 24 ore stata considerata come lo standard
diagnostico per:
identificare un'esposizione esofagea all'acido di durata patologica;
correlare i vari episodi sintomatici con il reflusso di acido (definito come
abbassamento del pH dai normali valori esofagei di circa 6 a meno di 4).
L'esame consente di differenziare, in quei pazienti con sintomi tipici ed
endoscopia negativa, i pazienti con esposizione acida patologica ("veri reflussori") da quelli che presentano una esposizione acida normale e un'assenza
di correlazione tra sintomi ed episodi di reflusso, che gono definiti come
"pirosi funzionale". I criteri diagnostici della patologia funzionale digestiva,
detti di ROMA III, richiedono comunque, per questa diagnosi, anche la mancata
risposta agli IPP. La pH-metria tradizionale, sia effettuata con catetere o con
un sistema wireless, presenta il limite di consentire solo
l'identificazione dei reflussi acidi.
Le indicazioni alla pH-metria esofagea sono le seguenti:
valutazione del paziente con sintomi, preferibilmente atipici, ed endoscopia
negativa;
valutazione pre-operatoria del paziente con MRGE;
valutazione del paziente refrattario alla terapia antisecretiva
(possibilmente da effettuarsi in corso di trattamento e associando pH-metria
gastrica).
pH- impedenzometria esofagea delle 24 ore.
La metodica è basata sulla correlazione esistente tra variazione dell'impedenza (resistenza elettrica endoluminale) e movimento di materiale, rispettivamente liquido, gassoso o misto (liquido e gassoso), all'interno di un viscere virtualmente cavo come l'esofago. Combinando la misurazione dell'impedenza con quella del pH endoeso-fageo è possibile definire la natura fisica e chimica di ogni episodio di reflusso, misurarne la durata, l'estensione prossimale e verificarne la corrispondenza con i sintomi. Le indicazioni alla impedenzometria delle 24 ore sono le medesime della pH-metria.
Bilimetria esofagea delle 24 ore.
Si tratta di un test basato sulla misurazione endoluminale, con metodica spettrofotometrica, della bilirubina. E un test gravato da artefatti e richiede una dieta speciale; è adoperato a scopo di ricerca per diagnosticare il reflusso duodeno-gastroesofageo.
Test all'inibitore di pompa protonica.
Si tratta di un test empirico, proposto
inizialmente negli Stati Uniti e basato sul fatto che una dose elevata di
farmaco permette in pochi giorni una diminuzione dell'intensità dei sintomi,
confermando ex juvantibus la diagnosi di MRGE. In genere, vengono utilizzate
dosi doppie rispetto a quelle standard, somministrate bis in die per 7-14
giorni; si considera positivo il test se si osserva la riduzione di frequenza e
la severità dei sintomi di almeno il 50%. La maggiore sensibilità e specificità
del test tuttavia si ottiene con un cut-off del 75%, anche solo per una
settimana.
Altri test (Rx esofago con bario, manometria esofagea, scintigrafia esofagea,
test di Bernstein). Nessuno di questi test oggi ha più alcun ruolo specifico
nella diagnosi della MRGE.
Nel trattamento specifico della MERG si utilizzano gli inibitori di pompa protonica, in particolare omeprazolo ed esomeprazolo.
A dosi standard ( Omeprazolo 20 mg Lansoprazolo 30 mg esomeprazolo 20-40 mg Pantoprazolo 40 mg )
si osserva:
- scomparsa dei sintomi nel 70 90%
- guarigione dell'esofagite nel 62 94%
Gli inibitori reversibili della pompa protonica inibitori K-competitivi o
P-CAB) tra cui il vonoprazan: alcuni di tali farmaci, in precedenti
sperimentazioni, si sono dimostrati epatotossici e i superstiti sono ancora in
fase di sperimentazione e non disponibili per uso clinico. Per quanto vi sia un
generale consenso (vedi linee-guida di Maastricht) nel suggerire l'eradicazione
in pazienti Hp positivi da sottoporre a terapie protratte con IP gli studi che
hanno suggerito tale scelta sono solo retrospettivi e con importanti limiti.
L'assunzione prolungata degli IPP può comportare un rischio (odds ratio 2,2) di
formazione di (pseudo) polipi iperplastici del fondo per terapie protratte da 1
a 5 anni, legate allo stimolo trofico dell'ipergastrinemia, a sua volta indotto
dall'inibizione della secrezione acida gastrica. Onesti polipi non sono però
adenomatosi e non importano evoluzione neoplastica. Possibili effetti
collaterali sono una riduzione dell'assorbimento della vitamina B12, del
calcio, del ferro, o del magnesio, legati all'ipocloridria, e il rischio di
aumento di infezione respiratoria o enterica, in particolare da C. difficile.
Totalmente infondato è
il rischio di sviluppo di tumore carcinoide, mentre è da tenere presente la
possibilità li interazioni metaboliche con altri farmaci, ad esempio gli
anticoagulanti (warfarin), antiaggreganti (clopidogrel) e ansiolitici (diazepam),
legate al comune sito metabolico, il citocromo P450.
Risultano pertanto più efficaci degli anti H2 nella guarigione e nel controllo
dei sintomi della GERD. Possiamo affermare che i farmaci antagonisti dei
recettori H2 (ranitidina):
-eliminano i sintomi nel 32-82% a dosaggi b.i.d.
-nell'esofagite I-II grado si osservano percentuali di guarigione del 70-80%, ma
le esofagite di III IV grado guariscono solo nel 30-50%.
Un ruolo notevole è svolto anche dagli antiacidi, per es. il buon bicarbonato di sodio col limone, che usava il nonno o la classica citrosodina, il maalox, a cui si associa il gaviscon, sodio alginato + sodio bicarbonato, che produce una barriera antireflusso. Oggi abbiamo altri prodotti come exon-one o altri a base di menta, acido ialuronico ecc.
Gli Antiacidi sono farmaci sintomatici con rapida azione, utili per l'uso occasionale, ma non adatti per terapie croniche. I più comuni antiacidi sono il bicarbonato, gli idrossidi di alluminio e magnesio, capaci di neutralizzare momentaneamente la secrezione di acido cloridrico dalle cellule parietali. Gli idrossidi di alluminio e magnesio vengono somministrati contemporaneamente (Malox) per bilanciare i corrispettivi effetti collaterali; nel caso dell'idrossido di alluminio si ha stipsi, nel caso dell'idrossido di magnesio si ha diarrea. La somministrazione di bicarbonato coadiuva la rapida eliminazione di sostanze acide per via renale, ma a dosi eccessive può causare ipersodiemia ed alcalosi generalizzata.
Innanzitutto un soggetto con malattia da reflusso gastroesofageo non si deve coricare dopo mangiato; quando si corica è meglio se usa due cuscini e si corica semiassiso. Se devo lavorare evito al massimo di mangiare, specie se poi devo rimanere accovacciato ad attaccare mattonelle in bagno o sono commessa e devo provare le scarpe ai clienti, facendo pressione sullo stomaco in digestione!
I cibi da evitare sono:
- i brodini di carne che per via dei peptoni contenuti nel brodo stimolano massivamente l'acidità, quindi la ricetta della nonna del brodino a cena mettiamola da parte !
- la cioccolata ed i dolci, e le sostanze grasse, come la panna, il burro, lo strutto perchè allungano la digestione
- spezie e cibi speziati, fritti e patatine "plastificate", per intenderci quelli delle friggitorie e delle catene alimentari alla moda.
- olive schiacciate, olive nere, pepi rossi, 'nduia calabrese!, "bomba tropeana"!
- caffè e fumo sono micidiali per il reflusso
- vestiti stretti, pantaloni che stringono in vita.
- il classico bicchierino "digestivo"
- Non mangiare il dolcino o, peggio, il gelato dopo mangiato perchè la digestione si allunga inesorabilmente e stordireste il vostro partner con le eruttazioni acide!
Sicuramente quello che preparerebbe la vostra mamma se potesse ancora farlo; cioè pastine in brodo vegetale, con pomodorini e patatine lesse e qualche foglia di sedano o qualche carota a pezzetti.
Il riso perchè come dicevano i vecchi: " Riso, lo mangio e mi 'jso", cioè " Riso, lo mangio e mi alzo da tavola per riprendere il lavoro"
Lo spaghetto con pomodoro fresco sbollentato e passato ed olio crudo di oliva, poco. Le carni purchè digeribili, ma meglio il pesce lesso condito con limone ed olio di semi, sempre poco. Le frutta sempre lontano dai pasti.
Bere sempre lontano dai pasti, meglio se semplice acqua, mai bibite, nè amari, nè coca o aranciata o sprite o gassose!
Frutta digeribile, per esempio pere morbide, mele mature, meglio se la frutta è frullata, non a pezzettoni, pesche mature, evitare il melone d'acqua, specie se ghiacciato e dopo il pasto, fino a sentire strani guazzamenti nella pancia!
Il cibo non si mangia caldo, ma a giusta temperatura.
Evitare cibi elaborati, di quelli che vedete alla TV, con intingoli vari. Meglio una fetta di manzo tenera cotta al vapore o il pesce lesso come il merluzzo.
Sono quelli che aiutano a superare il problema del reflusso perchè consentono un ottimale svuotamento dello stomaco e "stringono" il LES, cioè lo sfintere esofageo inferiore.
Attenzione, però, alle donne mestruate che assumono il domperidone (per intenderci il buon peridon) perchè alcune di esse possono vedere saltare il ciclo e preoccuparsi di essere rimaste incinte! Altro problema sorge nei cardiopatici, continua a leggere e vedi per quale ragione bisogna prestare attenzione alla prescrizione nei cardiopatici. Addirittura il buon cisapride è stata ritirato dal commercio per questo motivo.
In particolare i farmaci sono i seguenti:
Betanecolo
Neostigmina
Cisapride (non in uso in Italia per effetti collaterali)
Levosulpiride
Domperidone
Bromopride
Linaclotide
Itopride
Clebopride
Metoclopramide
Prucalopride
Renzapride
Tegaserod
Tutti i farmaci procinetici possono essere utilizzati nelle condizioni di stipsi croniche primitive o iatrogene (terapia con oppiodi). Trovano inoltre impiego nella sindrome da reflusso gastroesofageo e nelle sindromi dispeptiche. Alcuni farmaci, come il betanecolo, la neostigmina e la cisapride (uso sospeso in Italia) possono essere utilizzati per facilitare lo svuotamento gastrico in soggetti affetti da gastroparesi diabetica. Il domperidone, un procinetico largamente utilizzato in clinica, trova impiego nel reflusso gastroesofageo in età pediatrica e soprattutto nel controllo dell'emesi indotta dai farmaci antiparkinsoniani. Tuttavia, i soggetti che fanno uso di cisapride e di domperidone devono essere attentamente seguiti al fine di evitare la comparsa di effetti collaterali come la sindrome del QT lungo. La sindrome del QT lungo è una rara anomalia cardiaca caratterizzata da una ritardata ripolarizzazione delle cellule miocardiche ed associata a sincope. La sincope è determinata il più delle volte da aritmie maligne, specialmente torsioni di punta, che possono degenerare in fibrillazione ventricolare, sino all'arresto cardiaco irreversibile del soggetto colpito. Le aritmie nei pazienti affetti da LQTS sono spesso scatenate dall'esercizio fisico o dagli stimoli emotivi.
La terapia chirurgica rappresenta sostanzialmente l'unica forma di trattamento
rivolto a bloccare qualsiasi tipo di reflusso, acido, non acido e biliare. Sono
diversi i meccanismi che possono spiegare l'efficacia della chirurgia nel
prevenire il reflusso gastroesofageo, quali la riduzione dell'ernia iatale,
quando presente; il ripristino della porzione intra-addominale dell'esofago e
conseguente ricostruzione dell'angolo di His; il miglioramento della funzione
sfinteriale del diaframma crurale; l'aumento della pressione basale dello
sfintere esofageo inferiore e la riduzione della quota dei TLESRs. La terapia
chirurgica è sicuramente una strategia efficace nel lungo termine per la MRGE e
ha dimostrato di essere equivalente alla terapia medica con IPP (a dosaggio
modificabile in base alla sintomatologia) in studi controllati, eseguiti in
centri d'eccellenza con chirurghi esperti. Tuttavia, l'opzione chirurgica è
appannaggio solo di una minoranza di pazienti, in genere giovani, che hanno in
precedenza mostrato una buona risposta agli IPP.
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