In condizioni normali, l'intestino umano è la sede corporea col maggior numero di cellule linfoidi e questo infiltrato infiammatorio, definito "fisiologico", è dovuto al fatto che i 400 m2 di superficie intestinale sono continuamente esposti ad una miriade di antigeni luminali. I linfociti si localizzano in strutture organizzate, quali i follicoli e i noduli linfatici e non; le placche del Peyer e l'appendice vermiforme, nel compartimento epiteliale e nella lamina propria, mostrano caratteristiche di cellule attivate e sono in grado di sintetizzare mediatori flogistici ed immunoglobuline.
I linfociti T sono circa un terzo delle cellule della lamina propria intestinale e la distribuzione dei sottotipi CD4+ e CD8+ è simile a quella dei linfociti del sangue periferico con una preponderanza dei linfociti CD4+ esprimenti le catene aβ del recettore linfocitario, il cosiddetto T cell Receptor (TcR). Nel compartimento epiteliale vi è un linfocita T per ogni 10 cellule epiteliali nel piccolo intestino ed uno per ogni 20 cellule epiteliali nel colon.
I linfociti T CD8+ esercitano
un'azione citotossica nei confronti di cellule infettate da microorganismi e
cellule tumorali attraverso meccanismi dipendenti dall'azione di perforina e
granzimi, mediatori solubili presenti nei granuli lisosomiali di questi
sottotipi linfocitari, o dall'interazione tra Fas espresso dalla cellula
bersaglio ed il ligando di Fas, espresso sulla superficie linfocitaria.
Quest'ultimo fenomeno biologico causa una morte della cellula bersaglio per
apoptosi. Nella lamina propria sono, inoltre, presenti linfociti B,
plasmacellule secernenti immunoglobuline (Ig), cellule presentanti l'antigene,
quali macrofagi e cellule dendritiche, nonché vari tipi di cellule natural
killer (NK), che al pari dei linfociti citotossici sono deputate al
riconoscimento e all'eliminazione di cellule trasformate ed infettate da
microorganismi, leucociti e mastociti.
Sia nella lamina propria che nel
compartimento epiteliale si localizzano le cellule linfoidi innate, una famiglia
di cellule appartenenti all'immunità innata con un ruolo chiave
nell'organogenesi del tessuto linfoide, nella difesa da organismi patogeni e nel
mantenimento della barriera epiteliale. Le cellule linfoidi innate producono
fattori che controllano lo sviluppo delle placche del Peyer e di altri organi
linfoidi secondari, ed esprimono i cosiddetti toll-like receptors, una classe di
sensori attraverso cui le cellule sono in grado di riconoscere direttamente
componenti di virus e batteri.
Studi condotti in topi nati e cresciuti in condizioni di assoluta sterilità (i cosiddetti "germ-free") indicano che il principale stimolo alla costituzione e al mantenimento dell'infiammazione fisiologica intestinale è dato dalla flora microbica, in quanto tali animali hanno pochissimi linfociti T nella lamina propria, non hanno plasmacellule, non producono IgA secretorie e non sviluppano centri germinali nelle placche del Peyer. Questi difetti immunologici sono, comunque, reversibili dato che la colonizzazione dei topi germ-free con commensali si accompagna alla comparsa di linfociti e produzione di IgA secretorie nell'intestino e allo sviluppo delle placche del Peyer.
Queste ultime, sparse lungo tutto il piccolo intestino e più concentrate nell'ileo terminale, rappresentano uno dei principali siti dove il sistema immunitario intestinale riconosce, interagisce e risponde a stimoli antigenici luminali. L'attivazione immunologica può anche realizzarsi a livello dei noduli linfatici presenti nell'intestino tenue e nel colon. L'epitelio che ricopre le placche del Peyer ed i follicoli linfatici contiene una cellula specializzata, denominata "cellula M", che è capace di trasportare antigeni luminali e microorganismi all'interno della placca o follicolo attraverso un meccanismo vescicolare transcellulare. Le cellule M non contengono lisosomi e questo consente agli antigeni di non essere degradati o processati. La porzione basolaterale della membrana plasmatica delle cellule M è invaginata e dà origine ad una tasca attraverso cui il materiale antigenico viene rilasciato e posto a contatto con le cellule dendritiche e macrofagiche, che lo processano e presentano ai linfociti residenti. A seguito del processo di attivazione, i linfociti raggiungono il torrente circolatorio tramite i linfonodi mesenterici ed il dotto toracico e quindi la lamina propria intestinale. Quest'ultimo fenomeno è favorito da una coordinata espressione sulla superficie linfocitaria di recettori per chemochine (ad esempio, CCR9) ed integrine (ad esempio, α4 β7) e su quella dell'endotelio vasale dei rispettivi ligandi, quali la chemochina CCL25 e la molecola di adesione MadCAM-1. Nella lamina propria intestinale, i linfociti B reclutati dal sangue periferico possono differenziarsi in plasmacellule secernenti IgA, IgG e IgM mentre i linfociti T possono partecipare a vari processi biologici in relazione alla risposta immunoinfiammatoria da evocare.
Il reclutamento e posizionamento dei linfociti attivati nella mucosa intestinale è favorito da ulteriori meccanismi coinvolgenti altre integrine (ad esempio, L-selectina) e chemochine. Una quota di linfociti, positivi per α4 β7 ed infiltranti sia lamina propria che il compartimento epiteliale, esprime il recettore G protein-coupled receptor 9-6 che interagisce con la chemochina denominata thymus expressed chemokine prodotta nell'intestino tenue. La quasi totalità dei linfociti T intraepiteliali esprime l'integrina αEβ7 (CD103), che lega l'E-caderina presente sulla porzione baso-laterale della membrana plasmatica della cellula epiteliale, permettendo così un ancoraggio dei linfociti nel compartimento epiteliale. Gli antigeni luminali possono raggiungere le cellule immunitarie attraverso un processo mediato dal recettore Fc neonatale, espresso dall'epitelio, che è capace di legare le immuno-globuline di classe G e facilitare il trasporto dei complessi antigene-anticorpo verso le cellule dendritiche nella lamina propria intestinale. Lo stesso recettore media un trasporto inverso di IgG dalla lamina propria verso il lume intestinale rafforzando così la difesa dell'ospite nei confronti di patogeni. I processi di interazione tra antigeni luminali e sistema immunitario mucosale possono anche avvenire direttamente nella lamina propria dove le cellule dendritiche, mediante alcuni prolungamenti, denominati "dendriti", che vengono estesi nel lume intestinale, riescono a riconoscere e catturare sia commensali che patogeni.
L'integrità di barriera epiteliale è un requisitpo essenziale per limitare il
contatto con materiale antigenico luminale. Gli enterociti ed i colonociti
costituiscono la maggior parte delle cellule epiteliali e, oltre ad avere
funzion assorbitive, cotituiscono una barriera fisica che si oppone al passaggio
di materiale antigenico. Gli enterociti derivano da cellule staminali presenti nel fondo delle cripte ghiandolari
ed il loro breve ciclo vitale (circa 4 giorni) assicura la rapida guarigione
dell'epitelio dopo insulti di varia natura. Lo strato di muco che riveste
l'epitelio è formato per oltre il 95% da acqua e contiene diverse classi di
mucine, sintetizzate dalle cellule mucipare. Si tratta di lunghi peptidi
avvolti da glicani e capaci di legare vari tipi di commensali (batteri, virus,
protozoi, parassiti. Nel muco sono inoltre presenti albumina, lisozima, lattoferrina, sali ed IgA secretorie. La maggior parte dei commensali non
degrada il muco ma, al contrario, lo preserva attraverso un riciclo dei
componenti delle mucine stesse. Ne consegue la generazione di un ecosistema che
promuove meccanismi di difesa il cui obiettivo è quello di ostacolare l'adesione
di patogeni (ad esempio, Yersinia enterocolitica, Entamoeba histolytica) alla
superficie intestinale. Oltre a costituire una barriera fisica nei confronti di
microorganismi presenti nel lume, l'epitelio produce, sia costitutivamente che
dopo opportuna induzione, una grande varietà di molecole antimicrobiche. Tra
queste si annoverano le defensine, piccole molecole cationiche prodotte ad
elevati livelli nel digiuno e nell'ileo dalle cellule di Panetti e dalle cellule
epiteliali. Le defensine sono capaci di legarsi elettrostaticamente alle
cariche negative della membrana plasmatica dei microorganismi, formando pori e
successivamente causando la lisi di batteri, virus e funghi. Le defensine
possono anche stimolare la secrezione di acqua e cloro da parte delle cellule
epiteliali, contribuendo ulteriormente ai meccanismi di protezione dell'ospite.
Gli enterociti umani producono la catelicidina, LL-37, che ha attività
battericida nei confronti di batteri gram-positivi e gram-negativi. Le cellule
epiteliali producono inoltre molecole infiammatorie (ad esempio, citochine) e chemochine, che richiamano in sede dapprima neutrofili e poi mo-nociti e
linfociti T dando così inizio ad un'adeguata e regolata reazione immunitaria.
I meccanismi molecolari attraverso cui le cellule epiteliali regolano la
risposta dell'ospite a stimoli ed antigeni luminali non sono ancora
completamente noti, anche se queste cellule esprimono i Toll-Like Receptors e
possono attivare il fenomeno dell'autofagia, un meccanismo essenziale per
rimuovere dalla cellula materiale microbico ed elementi cellulari danneggiati
giunti al termine del loro ciclo vitale. La cellula epiteliale intestinale
contiene, inoltre, complessi multi-proteici, denominati "inflammosoma", che sono
in grado di riconoscere e rispondere a vari segnali nocivi per la cellula stessa
ed attivare una sequenza di eventi che porta alla secrezione di forme mature di
due citochine, l'interleuchina-ip e l'interleuchina-18, la cui attività è
fondamentale nel mantenere l'integrità della barriera epiteliale.
Le IgA sono gli anticorpi più abbondanti nelle secrezioni mucosali. Nell'intestino, due IgA monomeriche interagiscono con un piccolo po-lipeptide, denominato "catena J", dando origine a forme dimeriche, capaci di riconoscere il recettore polimerico immunoglobulinico espresso sulla superficie basolaterale delle cellule epiteliali. Le IgA possono attraversare l'epitelio intestinale ed essere rilasciate sotto forma di IgA secretorie sul versante luminale dell'epitelio. Le IgA secretorie hanno la capacità di neutralizzare i patogeni attraverso meccanismi che limitano la mobilità batterica e l'azione di tossine, ma possono anche bloccare, in maniera specifica, alcuni epitopi espressi da commensali e prevenire la loro adesione alla superficie apicale della cellula epiteliale. Le funzioni protettive delle IgA secretorie non richiedono l'attivazione del sistema del complemento e pertanto si realizzano senza provocare alcun danno alla barriera epiteliale.
La maggior parte dei linfociti T intestinali esprime un profilo di proteine di
superficie consistente con il fenotipo di cellule effettrici di memoria, ossia
di cellule che hanno già avuto un primo contatto con l'antigene (ad esempio, HLA-DR, αEβ7,
bassi livelli di CD621, alti livelli di CD25 e l'isoforma CD45RO). Queste
cellule sono attivate e, quindi, in grado di sintetizzare mediatori della
flogosi che potrebbero danneggiare le strutture contigue. Pertanto, è necessario
che, in condizioni normali, nell'intestino si attivino alcuni meccanismi di contenimento della risposta linfocitaria. Il
limitato carico
antigenico, garantito dall'integrità della barriera epiteliale, e la ridotta
sintesi di citochine, che normalmente promuovono la sopravvivenza cellulare (ad
esempio, interleuchina-2), facilitano nei linfociti attivati l'instaurarsi di
un programma di apoptosi. La rilevanza biologica di questo fenomeno nel
contenimento del numero di linfociti reattivi è evidente nella malattia di
Crohn, dove alcune alterazioni molecolari, responsabili della resistenza dei
linfociti T mucosali agli stimoli apoptotici, sono ritenute cruciali nel
propagare il processo infiammatorio. Il contenimento della risposta linfocitaria
mucosale è anche garantito dall'attività di cellule specializzate con funzione immunoregolatoria (ad esempio, i linfociti T regolatori) e da molecole
soppressorie sintetizzate da molteplici cellule immunitarie, cellule epiteliali
e cellule stromali. L'interleuchina-10 (IL-10) ed il Transforming Growth Factor
(TGF)-FJl sono le molecole più importanti in questo contesto. In condizioni
fisiologiche, il controllo della risposta infiammatoria è anche assicurato
dalla ridotta capacità dei macrofagi intestinali di rispondere a stimoli
antigenici, quale risultato di una bassa espressione sulla loro superfìcie di
molecole co-stimolatorie (ad esempio, CD40, CD80 e CD86) e del complesso
maggiore di istocompatibilità di classe II, Toll-Like Receptors ed altri
recettori funzionali necessari per l'attivazione macrofagica (ad esempio, CD
14, Fece, recettori per IgG e fattori del complemento). L'abbondante produzione
di IL-10, TGF-(31 e prostaglandine E2 nell'intestino umano non ammalato
rappresenta un ulteriore fattore per contenere la risposta macrofagica a stimoli
antigenici, data la capacità di queste molecole di inibire molti segnali
implicati nell'attivazione e nella funzione dei macrofagi.
Colonscopia, RCU in fase attiva: mucosa infiammata del colon, friabile, facilmente sanguinante, erosioni multiple diffuse |
Alterazioni dei meccanismi che mantengono l'integrità della barriera epiteliale
e regolano la risposta infiammatoria mucosale possono contribuire allo sviluppo
di processi patologici intestinali. Nei casi in cui si ha una ridotta
produzione di mucine o di defensine, alcuni ceppi commensali di E. coli, che
normalmente risiedono nello strato di muco intestinale, possono acquisire le
caratteristiche di patogeni, aderire alla superficie epiteliale o addirittura
penetrare nelle cellule stesse, moltiplicarsi ed avviare processi infiammatori
danneggianti l'epitelio. La malattia celiaca, la malattia di Crohn e la rettocolite idiopatica rappresentano classici esempi in cui il processo
distruttivo tessutale è sostenuto da un'eccessiva risposta immunitaria mucosale
contro antigeni luminali e in cui uno o più difetti dei meccanismi
contro-regolatori illustrati in questo capitolo sono evidenti. La perdita di
inibizione dell'attivazione linfocitaria e macrofagica, osservabile nei bambini
con difetti genici che causano una mancata sintesi o attività di IL-10, si
traduce nello sviluppo di malattie infiammatorie croniche dell'intestino ad
esordio precoce e decorso aggressivo. Allo stesso modo mutazioni a carico del
gene Foxp3, una proteina implicata nell'attività di linfociti con funzioni
soppressorie, causa una sindrome multiorganica associata a poliendocrinopatia ed
infiammazione cronica nel piccolo intestino, nel colon, nel fegato, nel rene e
nella cute. La protezione dallo sviluppo di rettocolite idiopatica ed il
maggior rischio di sviluppare la malattia di Crohn documentabili in pazienti
sottoposti a resezione chirurgica dell'appendice vermiforme, organo implicato
nell'attivazione linfocitaria e produzione anticorpale, rappresentano ulteriori
conferme dell'importanza di una coordinata risposta infiammatoria mucosale nel
mantenimento dello stato di omeostasi immunologico nell'intestino.
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