I linfomi non-Hodgkin (LNH) sono processi neoplastici che originano da alcuni elementi dei globuli bianchi, i linfociti e non si presentano con elementi in circolo, come avviene per le leucemie, ma tendono a rimanere confinati nei linfonodi.
I linfociti interessati dal processo neoplastico possono esprimere il fenotipo di membrana di tipo B (più frequentemente), di tipo T.
I linfomi non-Hodgkin rappresentano circa il 70% di tutti i linfomi, costituiscono il 5% di tutte le neoplasie maligne e hanno un picco di incidenza tra 45 e 60 anni.
Nella classificazione WHO/REAL, la classificazione generica del linfoma
nonHodgkin (NonHodgkin Lymphoma, NHL) c recedentemente in uso è stata
modificata per distinguere le neoplasie a cellule B, che includono una varietà
di linfomi, tra
cui i mielomi, che originano da cellule B a vari stadi di differenziazione,
dalle neoplasie a cellule T e a cellule NK, che comprendono linfomi che originano
rispettivamente da cellule T o cellule NK. Questi tumori sono distinti dal
linfoma di Hodgkin per la mancanza di cellule RS e per la presenza di altre
alterazioni non caratteristiche del linfoma di Hodgkin.
Nel 2013 sono stati registrati, negli Stati Uniti, più di 69.740 casi di linfoma non-Hodgkin e 19.020 decessi dovuti alla malattia. L'età
mediana alla diagnosi è 67 anni. L'incidenza di linfoma non-Hodgkin è aumentata
da 8/100.000 nel 1973 a 19,6/100.000 nel 2009. I linfomi associati all'HIV e al
virus di EpsteinBarr rendono conto di parte di questo aumento, ma la causa
effettiva non è ancora stata chiarita. L'aumento del tasso di mortalità è stato
fortunatamente inferiore. Si ritiene che le modalità di trattamento più recenti
stiano migliorando i tassi di sopravvivenza.
Il linfoma non-Hodgkin è meglio descritto come un'espansione
clonale di cellule B, T o NK. Lesioni genetiche che interessano
protooncogeni
o geni oncosoppressori danno luogo a immortalizzazione cellulare e conseguente
aumento delle cellule maligne. Gli oncogeni possono essere attivati da traslocazioni cromosomiche, mentre i
loci oncosoppressori possono essere
inattivati da delezioni o mutazioni cromosomiche. Inoltre, virus oncogeni
possono alterare il genoma in certi sottotipi. I diversi sottotipi di linfoma nonHodgkin possono essere identificati attraverso specifici marcatori
diagnostici connessi a differenti lesioni citogenetiche.
Molto probabilmente, i linfomi originano da mutazioni di geni cellulari (molte
delle quali causate da fattori ambientali) in una singola cellula, che conducono
a perdita del controllo della proliferazione e di altri aspetti della crescita
cellulare. Il tipo più comune di alterazione cromosomica nel linfoma non-Hodgkin
è la traslocazione, che distrugge i geni situati ai punti di rottura.
I fattori
di rischio includono l'anamnesi familiare, l'esposizione a una varietà di agenti
chimici mutageni, le radiazioni, le infezioni da parte di alcuni virus
associati a tumori (per es., virus di EpsteinBarr, herpesvirus umano 8, HIV,
HTLV1, virus dell'epatite C) e la soppressione immunitaria associata a
trapianto d'organo. L'infezione gastrica da Helicobacter pylori aumenta il rischio di
linfomi gastrici. Il linfoma nonHodgkin è una patologia della mezza età che si
osserva in genere in soggetti di età superiore ai 50 anni.
Le cellule B rendono conto dell'80-90% dei casi di linfoma non-Hodgkin, mentre
buona parte della rimanente percentuale ha origine da cellule T e NK. Una
percentuale molto piccola origina invece dai macrofagi. I linfomi non-Hodgkin
sono classificati in base al livello di differenziazione, alla cellula di
origine e al tasso di proliferazione cellulare. L'aggressività tumorale di molti
linfomi non-Hodgkin a cellule B può essere predetta in base al quadro di
crescita e alla dimensione cellulare. I tumori con caratteristico quadro
nodulare, che ricorda vagamente le strutture follicolari linfoidi, sono in
genere meno aggressivi rispetto ai linfomi con quadro diffuso di proliferazione.
I linfomi a piccoli linfociti sono meno aggressivi rispetto ai linfomi a grandi
cellule, che in genere hanno un grado di aggressività da intermedio ad alto.
Tuttavia, la presenza di cellule piccole è anche una caratteristica di alcuni
sottotipi di linfomi di alto grado di malignità.
Le manifestazioni cliniche del linfoma non-Hodgkin generalmente hanno inizio con una linfoadenopatia localizzata o generalizzata, analogamente al linfoma di Hodgkin. Il reperto obiettivo che ricorre con maggior frequenza è la tumefazione dei linfonodi in una o, più frequentemente, diverse stazioni linfatiche superficiali e/o profonde spesso simmetriche. La localizzazione ai linfonodi mediastinici può spesso provocare l'insorgenza di una sindrome mediastinica. La localizzazione linfonodale addominale è frequente ma spesso clinicamente latente. Per ciò che riguarda le localizzazioni extranodali: le più frequenti sono il tubo gastro-enterico, la cute, il sistema nervoso centrale, il testicolo e più raramente il fegato, il polmone, la pleura, lo scheletro, le ghiandole salivari e lacrimali, il miocardio e il pericardio. I reperti di laboratorio dei LNH sono spesso poco significativi; i parametri biologici tradizionali che spesso sono presenti all'esordio della malattia sono l'aumento delle latticodeidrogenasi (LDH) e della Beta2-microglobulina (soprattutto nelle forme a basso grado di aggressività). Anche la determinazione della quota proliferante (con l'ausilio dell'anticorpo monoclonale Ki-67) rappresenta un parametro importante nello studio dei LNH.
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Le stazioni cervicali, ascellari, inguinali e femorali sono i siti più interessati. Usualmente, l'ingrossamento è indolore e i linfonodi si ingrandiscono e si trasformano nel corso di mesi o anni. Altri siti di interessamento sono il rinofaringe, il tratto gastrointestinale, le ossa, la tiroide, i testicoli e i tessuti molli.
I linfomi sono classificati come di basso grado, di grado intermedio o di alto grado. Il linfoma di basso grado, che può essere indicato anche come indolente, ha una progressione lenta. I soggetti affetti da linfoma di basso grado comunemente presentano un'adenopatia periferica indolore. Può verificarsi una regressione spontanea, analogamente a quanto si osserva in presenza di un'infezione. Sudorazioni notturne con temperatura elevata (>38 °C) e calo poderale, così come un interessamento extralinfonodale, sono spesso presenti negli stadi precoci ma infrequenti negli stadi avanzati o terminali della malattia. Spesso si osserva citopenia, che riflette il coinvolgimento midollare. L'epatomegalia è comune, mentre la splenomegalia è presente in circa il 40% dei soggetti. Affaticamento e debolezza sono più frequenti negli stadi avanzati.
I linfomi di grado intermedio e alto, che sono maggiormente aggressivi, hanno una presentazione clinica più varia. Un linfoma di alto grado può anche essere chiamato aggressivo. L'adenopatia è comune e più di un terzo degli individui mostra interessamento extralinfonodale. Siti comuni sono il tratto gastrointestinale, la cute, il midollo osseo, le mammelle, il tratto urogenitale, la tiroide e il sistema nervoso centrale. Sudorazioni notturne e febbre (>38 °C), così come perdita di peso (>10% dal livello di base nell'arco di 6 mesi), si osservano in circa il 3040% degli individui. Alcuni soggetti presentano masse retroperitoneali e addominali con sintomi di pienezza addominale, dolore dorsale, ascite (liquido nella cavità peritoneale) e gonfiore alle gambe. Epatomegalia e splenomegalia sono spesso presenti. Le differenze relative alle caratteristiche cliniche tra il linfoma nonHodgkin e il linfoma di Hodgkin sono riportati nella Tabella 107.
I Coinvolgimento di un singolo linfonodo
II Coinvolgimento di due o più regioni linfonodali
III Coinvolgimento di linfonodi da entrambi i lati del diaframma
IV Coinvolgimento diffuso di uno o più organi extralinfatici con
o senza coinvolgimento linfonodale associato
Sottoclassificazione
E Coinvolgimento di un sito extralinfatico adiacente S Coinvolgimento della
milza A Asintomatico
B Febbre, sudorazioni notturne, perdita di peso
La biopsia è considerata l'esame principale per la
diagnosi di linfoma nonHodgkin. La stadiazione è necessaria per stabilire il
trattamento e formulare .a prognosi. In aggiunta alla biopsia, si effettuano la
tomografia computerizzata (TC) di collo, torace, addome e pelvi e anche,
l'esame dell'aspirato midollare bilaterale. I dati ottenuti con .e tre procedure
sono necessari per una stadiazione corretta. I reperto comune nel linfoma
nonHodgkin è il coinvolgimer.t : di linfonodi non contigui, che non si osserva
nel linfoma di Hodgkin. Il sistema di stadiazione di Ann Arbor è quello piu
comunemente utilizzato nel linfoma non-Hodgkin.
Il trattamento del linfoma non-Hodgkin è piuttosto diversificato e dipende dal
tipo (a cellule B o a cellule T) e dallo stadio del tumore, dall'istologia (grado
basso, intermedio ed alto), dai sintomi, dell'età e dalla presenza di eventuali
malattie concomitanti. A seconda del tipo (a cellule B o T), dello stadio e
dell'aggressività del tumore, il trattamento in genere ha inizio all'epoca della
diagnosi. Tuttavia, poiché il trattamento non è curativo per alcuni linfomi
indolenti di basso grado ampiamente disseminati, in tali casi il monitoraggio
senza trattamento può essere la scelta più appropriata. Questi tumori indolenti
sono spesso asintomatici e tale approccio migliora la cualità di vita. In alcuni
casi la progressione della malattia può essere talmente lenta che non è
necessario iniziare alcun trattamento per un lungo periodo di tempo.
Il successo del trattamento dipende da diversi parametri, .ncluso il tipo di
linfoma, lo stadio della malattia, il tipo cellulare, il coinvolgimento di
altri organi oltre ai linfonodi, l'età del paziente e la gravità della reazione
corporea alla malattia per es., febbre, sudorazioni notturne, perdita di
peso). In molti casi può essere appropriato il trattamento con la sola
chemioterapia, sebbene la radioterapia sia spesso inclusa. In alcuni dnfomi
non-Hodgkin o in casi di malattia ricorrente è stata effettuata una
chemioterapia a basse dosi seguita da trapianto autologo di cellule staminali.
Il trattamento dei linfomi a cellule B con rituximab è risultato efficace. Si
tratta di un anticorpo monoclonale contro l'antigene CD20 che è espresso sulla
superfìcie di tutte le cellule B, incluse quelle maligne. La somministrazione di
rituximab rimuove la maggior parte delle cellule 5 e permette il ripristino di
cellule B normali prodotte a partire dalla scorta di cellule staminali linfoidi.
Questo farmaco si è rimostrato utile anche in altre malattie autoimmuni, come la
porpora trombocitopenica autoimmune, le anemie autoimmuni,
il lupus eritematoso sistemico e l'artrite reumatoide.
La radioimmunoterapia, un approccio terapeutico più re:ente, combina la
radioterapia con la terapia con anticorpi moroelonali ed è usata per migliorare
i tassi di remissione compieta sia nelle forme indolenti di linfoma
(follicolare e della zona marginale) sia nelle forme aggressive, come il linfoma
a grandi cellule B e il linfoma a cellule mantellari. Gli studi condotti sinora
indicano un miglioramento dei tassi di remissione nmpleta e un aumento della
sopravvivenza nei pazienti con i resti tipi di linfoma.
I soggetti affetti da linfoma non-Hodgkin possono sopravvivere per lungo
tempo. Una remissione parziale può esere raggiunta in alcuni casi in cui
rimangono evidenze della malattia senza che questa progredisca. In caso di
linfoma grave la sopravvivenza può raggiungere anche i 15 anni, ma i
pazienti con malattia diffusa in genere non sopravvivono così a lungo.
Complessivamente, i tassi di sopravvivenza per il linfoma nonHodgkin sono
inferiori rispetto a quelli per il linfoma ai Hodgkin. Nel linfoma non-Hodgkin i
tassi di sopravvivenza sono i seguenti: 1 anno, 77%; 5 anni, 59%; 10 anni, 42%.
Molti ricercatori ritengono che un trattamento più aggressivo armenti il tasso
di successo.
Nei LNH ad alto grado di aggressività i protocolli di chemioterapia citotossica di prima linea comprendono lo schema di seconda generazione CHOP (Ciclofosfamide, Adriamicina, Vincristina e Prednisone) o lo schema di terza generazione MACOP-B (Methotrexate, Adriamicina, Ciclofosfamide, Vincristina, Bleomicina e Prednisone). Attualmente la terapia di prima linea di tali tipologie di linfoma deve prevedere l'utilizzo, in associazione alla chemioterapia, dell'anticorpo monoclonale anti-CD20 (Rituximab). L'efficacia del Rituximab in combinazione con la chemioterapia è stata per la prima volta dimostrata dal gruppo francese GELA nell'ambito di uno studio randomizzato che ha confrontato su un'ampia casistica di pazienti con età >60 anni CHOP vs CHOP associato a Rituximab. Il trattamento combinato si è confermato statisticamente superiore in termini di risposte complete e di sopravvivenza globale e libera da malattia. Per la sua scarsa tossicità e per la complementarietà del meccanismo d'azione, il Rituximab costituisce un reale progresso nel trattamento dei linfomi B aggressivi in qualunque fascia di età. Per quanto riguarda il trapianto di midollo osseo autologo.
Nell'ambito del panorama terapeutico dei linfomi non-Hodgkin a basso grado di
aggressività la radioimmunoterapia (RIT) con Y90-Ibritumomab tiuxetano (Zevalin)
è sicuramente un'innovazione terapeutica rappresentata dalla combinazione
dell'attività anticorpale diretta e della radioterapia locale mirata a
distruggere esclusivamente le cellule neoplastiche, senza danneggiare i tessuti
circostanti normali. Zevalin è un radioimmunoconiugato costituito da un
anticorpo monoclonale murino anti-CD20 legato al radionuclide Y90.