Una prima distinzione può essere fatta tra piastrinopatie, quando appare alterata la struttura e/o funzione delle piastrine, e piastrinopenie, quando è diminuito il numero delle piastrine circolanti, mentre la funzione, studiata in vitro, può apparire normale. In alcuni casi, infine, sia il numero che la funzione possono risultare alterati. Il processo di emostasi che coinvolge le piastrine puo' essere così sintetizzato:
Fasi della risposta piastrinica.
I. Adesione all'endotelio o al subendotelio
II. Modificazioni di forma, emissione di pseudopodi
III. Aggregazione primaria
a. Aggregazione reversibile
b. Risposta biochimica e secrezione dei granuli
IV. Aggregazione secondaria (irreversibile, semipermeabile)
V. Tappo piastrinico: consolidamento (aggregazione irreversibile e
impermeabile)
Si tratta di difetti, ereditari o acquisiti, della funzione piastrinica:
Difetti dell'adesione (proteine-recettore per le molecole di adesione)
Difetti della risposta primaria (proteine-recettore per le molecole attivanti la
funzione piastrinica)
Difetti del signalling e secrezione:
Difetti delle proteine delle cascate di segnali e della " risposta biochimica
Difetti dei granuli Difetti del consolidamento
Si tratta di diminuzione, ereditaria o acquisita, del numero delle piastrine
circolanti al di sotto di 100.000/µL.
Da ridotto numero dei megacariociti
Difetti della maturazione (normale numero di megacariociti)
Da aumentata distruzione, utilizzazione, perdita
Piastrinosi: aumento del numero delle piastrine al di sopra di 600.000/µL.
Spesso si associa un aumento della risposta di aggregazione.
A questa prima distinzione, va aggiunta quella su base eziologica. Le cause
possono essere genetiche o acquisite. Vi sono condizioni in cui la stessa
alterazione piastrinica si può manifestare sia per una causa genetica che per
l'azione di un agente esogeno o per il concorso di ambedue. Per esempio, la
deficienza genetica di ciclossigenasi, l'enzima chiave per la sintesi delle
prostaglandine, si manifesta con gli stessi effetti dell'acido acetilsalicilico
(aspirina), che è un inibitore specifico di questo enzima. La sola differenza è
clinica: i sintomi nel primo caso sono permanenti, nel secondo durano fino a che
il farmaco è presente sulle piastrine (circa una settimana, ossia il tempo di
ricambio delle piastrine che erano in circolo al momento della somministrazione
dell'aspirina, essendo irreversibile il legame farmaco-enzima).
Le alterazioni della funzione piastrinica (piastrinopatie) si possono classificare in relazione alle fasi della risposta piastrinica. L'adesione piastrinica alle strutture sottoendoteliali e la capacità di modificare rapidamente la forma discoidale per emettere pseudopodi dipendono dalla presenza e dalla struttura dei vari recettori e molecole di adesione di superficie. La deficienza o l'alterazione di queste molecole danno luogo a difetti della risposta piastrinica. Queste si manifestano con emorragie post-traumatiche, tempo di emorragia allungato e, tuttavia, con un normale numero di piastrine. Quando queste ultime vengono studiate in vitro all'aggregometro mostrano risposte alterate a stimoli aggreganti o agglutinanti. Qui di seguito vengono illustrati alcuni esempi.
E' caratterizzata da mancata aggregazione del PRP (plasma ricco di piastrine) sia da ristocetina che da fattore VIII bovino, mentre è normale l'aggregazione da collagene. Al microscopio elettronico sono evidenti piastrine giganti con sistemi di membrana ipertrofici, citoscheletro disorganizzato e forma sferoidale. Nella sindrome di Bernard-Soulier è stata dimostrata l'assenza o l'alterazione di un complesso di glicoproteine di membrana [Gp1b+GpV+GpIX] che costituisce il recettore per il vWF. In quest'ultimo caso può essere coinvolta ciascuna della 4 subunità di cui è costituito il complesso. Da ricordare che i componenti di questo complesso glicoproteico non solo permettono il riconoscimento e il legame con il vWF (domini extracellulari), ma con i loro domini intracellulari, danno luogo a complicate interazioni con il citoscheletro piastrinico, per cui è possibile che siano direttamente coinvolti nelle alterazioni della morfologia e della maturazione piastrinica (piastrine giganti e sferoidali )mentre i loro domini extracellulari riconoscono e pos-seggono le sequenze RGD, tipiche delle molecole de . matrice extracellulare.
In questo caso l'aggregazione da collagene e da F.VIII bovino è normale, mentre è
assente quella da ristocetina. Questa deve essere considerata una malattia delle
cellule endoteliali per la mancata produzione, secrezione, o per la produzione
di molecole abnormi di vWF; d'altra parte la mancanza isolata del solo recettore
piastrinico per il vWF che potrebbe costituire la malattia di von Willebrand
piastrinica, con normali livelli, di vWF, non è stata ancora dimostrata con
certezza.
A differenza delle altre due malattie sopra descritte, le piastrine di questi
pazienti non si aggregano in seguito a stimolazione da collagene, mentre
rispondono normalmente, agglutinandosi, a ristocetina o F.VIII bovino.
Morfologicamente esse appaiono simili a quelle della sindrome di Bernard-Soulier,
ma al microscopio elettronico, a differenza di queste, non mostrano le tipiche
interazioni con i polimeri di collagene. Tale difetto piastrinico può dipendere
da mancanza di recettori della membrana piastri nica per il polimero di
collagene. Clinicamente le manifestazioni emorragiche eventualmente presenti
sono simili a quelle osservate nell'osteogenesi imperfetta e nella sindrome di Ehlers-Danlos, dove sono presenti varie alterazioni della molecola del
collagene.
Sono caratterizzate dagli stessi aspetti clinici e aggregometrici delle analoghe malattie genetiche. La differenza si evidenzia nel fatto che è presente una causa esogena, la cui rimozione porta alla normalizzazione della fase di adesione. Più spesso queste condizioni sono rappresentate da uremia, malattie epatiche gravi, macroglobulinemie e altre disprotidemie, sindromi mieloproliferative e presenza in circolo di alcuni farmaci. Di esse non sempre si conosce il preciso meccanismo patogenetico. Nell'uremia e in malattie epatiche gravi è presente accumulo dei metaboliti del ciclo dell'urea nella cellula epatica, come l'acido succinico-guanidico, che sembrano responsabili dell'alterata adesione per le loro interferenze dirette con il fattore di von Willebrand.
Anche le deficienze del metabolismo di aminoacidi aromatici, in condizioni
normali rapidamente neutralizzati ed escreti, producono molecole in grado di
inibire l'interazione tra recettori piastrinici e fattore VIILvWF. Nel caso
della presenza di macroglobuline abnormi (es. malattia di Waldenstrom) o di IgM
monoclonali (mieloma IgM), queste molecole possono competere con il vWF,
occupandone in maniera aspecifica il recettore. Nel caso delle sindromi
mieloproliferative sono possibili varie alterazioni della membrana piastrinica
risalenti ad alterazioni del megacariocita, eventualmente coinvolto nella
neoproliferazione. Simili alterazioni possono essere anche indotte da un quadro
citochinico abnorme. Le alterazioni di membrana possono riguardare varie
molecole di adesione e integrine e quindi anche l'assenza del recettore per il
vWF.
Viene detta malattia di von Willebrand acquisita una situazione autoimmune
caratterizzata dalla presenza di anticorpi neutralizzanti il F.vWF o anche una
condizione di aumentata distruzione di tale fattore da parte di proteasi
eccessivamente attivate. In ambedue i casi è dimostrabile una diminuita o
assente attività del complesso F.VIII:vWF.
Sono malattie che riguardano la fase precoce della risposta piastrinica, nella
quale esse rapidamente cambiano di forma emettendo protusioni e pseudopodi,
responsabili dell'iniziale contatto tra le cellule (aggregazione primaria).
Essendo questi soprattutto dei fenomeni contrattili, le malattie genetiche o
acquisite avranno la loro base patogenetica in alterazioni di vari componenti
del citoscheletro o di molecole che con esso interagiscono (es. fibrinogeno) o
nelle alterazioni del carico energetico (diminuzione di ATP).
* Genetiche:
Malattia di Glanzmann
Atrombia essenziale
* Acquisite:
Afibrinogenemie e ipofibrinogenemie Agenti antiactina (es. citocalasine,
falloidina)
Inibitori canali del Ca*" e di proteine Ca -affini
La GPIIb/IIIa, recettore per il fibrinogeno, è un'integrina che rappresenta il
15% di tutte le prete superficie della piastrina attivata. Come si è detto
essa è associato un ruolo altrettanto importante al risposta piastrinica
(adesione, modificazione di forma, aggregazione). Alterazioni di questa proteina
danno un quadro clinico detto malattia di Glanzmann, caratterizzato da:
a) Mancata modificazione di forma e inibita aggregazione dopo stimolazione da
agenti aggreganti, ADP, collagene, trombina, ecc.
b) Inibito legame con il fibrinogeno e mancata formazione dei contatti tra le
piastrine.
c) Facili emorragie alle mucose e alla cute in seguito a traumi normalmente
insignificanti.
A livello molecolare sono state identificate diverse varianti, ma molte altre sono
state ipotizzate. In particolare, sono state dimostrate varianti che interessano uno
solo dei due geni che codificano le due subunità dell'integrina. Sono
possibili sia mutazioni puntiformi che macrodelezioni o inversioni che portano o
alla mancata espressione del gene oppure alla sintesi di proteina non funzionale.
In una delle forme della malattia di Glanzmann I detta anche atrombia
essenziale, è stata dimostrata la deficienza di alfa-actinina. Questa proteina,
abbonda nella linea Z del muscolo striato, nelle densità fusifor- I mi del
muscolo liscio e nelle placche focali di adesio-ne. costituisce un sistema di
ancoraggio necessario pa la funzione meccano-contrattile dei filamenti di acl na.
Morfologicamente non si notano alterazioni del.e piastrine a riposo, se si
eccettua una forma tendenzialmente sferoidale e un sistema canalicolare
ipertrofico e dilatato: ambedue le osservazioni sono da collegare alla funzione
di mantenimento della forma cellulare da parte dei microfilamenti.
Quando le piastrine in pazienti con malattia di Glanzmann vengono stimolate,
nelle tracce aggregometriche è visibile una caratteristica linea piatta, di
totale mancanza di risposta, sia nella prima fase di aumento della densità
ottica (cambiamento di forma), sia nella seconda fase di diminuzione della
densità ottica
aggregazione).
In queste malattie si presenta alterata la secrezione dei granuli e, quindi,
l'aggregazione secondaria ad essa associata. Come si è visto, i due eventi sono
strettamente connessi, tanto che in assenza di secrezione delle molecole dei
granuli, non si formano i contatti fra le piastrine che rendono irreversibile la
risposta piastrinica e impermeabile il tappo emostatico.
I difetti genetici di questa fase risiedono nella biogenesi e nella composizione
dei granuli nei megacariociti, oppure in un difetto della risposta
biochimica, principalmente la produzione di prostaglandine e trombossani. In
quest'ultimo caso viene anche a mancare la liberazione dei granuli da parte di
quelle piastrine successivamente stimolate dalle prostaglan-dine. Infine, la
deficiente liberazione di granuli può essere dovuta a cause genetiche non
dipendenti specificamente dalle piastrine, ma essere la conseguenza se-condaria
di altre più generali deficienze metaboliche e strutturali, come nel caso delle
malattie lisosomiali o di altri tipi di accumulo. La tabella 61.9 riassume le
principali condizioni che si manifestano clinicamente come malattie emorragiche
(porpore) con allungamento del tempo di emorragia e alterata risposta
aggregometrica.
Alterazioni dei granuli piastrinici:
Sindrome di Hermansky-Pudlack
Sindrome di Chediak-Higashi
Sindrome di Wiskott-Aldrich Sindrome delle piastrine grigie
Alterazioni della risposta biochimica
Deficienze del signalling:
Deficienza di fosfolipasi A2
Deficienza di ciclossigenasi
Deficienza di trombossanosintasi
Alterata liberazione dei granuli per altre malattie genetiche:
Anomalia di May-Hegglin
Sindrome di Marfan
Iperelastosi o pseudoxantoma elastico
Osteogenesi imperfecta
Accumulo citosolico o lisosomiale:
Glicogenosi
Mucopolisaccaridosi, sfingolipidosi, ecc.
Nelle alterazioni della biogenesi dei granuli, per cause genetiche può essere
assente un tipo di granulo o uno degli specifici componenti.
Alterazioni acquisite dell'aggregazione secondaria.
Inibizione della risposta piastrinica.
Inibizione dei recettori: autoanticorpi, analoghi bloccanti i recettori per
trombina, ADP, trombossano A2, PAF, ecc.
Inibizione dell'attivazione: agenti che disorganizzano il citoscheletro,
agenti che aumentano i nucleotidi ciclici. Inibizione della risposta
biochimica:
Inibitori della fosfolipasi A2: lipocortina (corticosteroidi), mepacrina.
Inibitori della ciclossigenasi: acetilsalicilico (aspirina) e altri
antinfiammatori.
Inibitori della trombossanosintasi.
Interferenza con i prodotti liberati dai granuli:
Inibitori della trombina: eparina, eparina a basso PM, altri peptidi
sintetici.
Inibitori del legame al fibrinogeno: Ab monoclonali anti-Gpllb/llla, derivati da
alcuni veleni di serpenti.
Inibitori della formazione dei contatti tra le piastrine: anticorpi che
interagiscono con il dominio RDG.
Dal punto di vista genetico sono malattie molto complesse con numerose varianti.
Questo dipende dal fatto che può essere coinvolta una qualunque delle proteine
responsabili della biogenesi dei granuli (recettori per import delle proteine,
trasportatore, proteasi per le sequenze di importazione, ecc.).
Nella malattia del pool metabolico o dì deposito (Storage Pool Disease),
presente nella Sindrome di Hermansky-Pudlack, sono del tutto assenti i granuli
densi e quindi nella reazione di liberazione mancano l'ADP, l'ATP, il Ca+ e la
serotonina, necessari nella fase dell'aggregazione secondaria. Nella malattia
delle piastrine grigie (Gray Platelet Syndrome) manca una delle subpopolazioni
di a-granuli e, in particolare, granuli di deposito contenenti varie sostanze
(fibrinogeno, fattore piastrinico 4, PAF, fattori di crescita, ecc.; o, in
alternativa, manca uno dei componenti di questi granuli. In questa malattia,
oltre all'assenza o diminuzione dei granuli, al microscopio elettronico è
visibile anche un sistema canalicolare aperto abnormemente dilatato e
vescicolato, e questo, per spiegarne la diminuzione o l'assenza, ha suggerito
che possa essere presente un abnorme meccanismo di secrezione dei granuli, fuori
tempo e fuori luogo.
Sono numerosi gli enzimi necessari alla sintesi delle prostaglandine a partire
dagli acidi grassi insaturi (dei fosfolipidi di membrana) fino ai trombossani.
Gli enzimi chiave nelle piastrine sono tre: la fosfolipasi A2 per la sintesi di
acido arachidonico dai fosfolipidi; la ciclossigenasi per la sintesi degli
endoperossidi; la trombossanosintasi, un'isomerasi caratteristica delle
piastrine, per la sintesi del trombossano A2. Per tutti e tre è stata osservata
perdita di funzione determinata da vari tipi di mutazioni. Il coinvolgimento di
uno solo di essi è capace di bloccare la risposta biochimica nell'aggregazione
secondaria. All'aggregometria, queste piastrine rispondono con cambiamento di
forma, ma non si aggregano in aggregati stabili (aggregazione secondaria
assente). Sotto l'aspetto clinico merita attenzione la deficienza di
ciclossigenasi per le notevoli analogie biochimiche con gli effetti prodotti
dall'aspirina (ac. acetilsalicilico), per cui questa malattia viene spesso
chiamata Aspirin-like syndrome o sindrome simile a quella da aspirina. Altra
caratteristica che è possi: osservare in vitro è la mancata secrezione dei
granuli, questo suggerisce un'evidente associazione tra la sintesi dei trombossani e la secrezione dei granuli.
Nel corso delle malattie genetiche elencate le
piastrine mostrano una notevole difficoltà a liberare i granuli. Per lo più non
si conoscono i vari meccanismi che sono alla base di una deficienza e quindi non
è sempre possibile mettere : relazione la lesione genetica propria della
malattia co : la deficienza della secrezione.
Esistono farmaci che inibiscono con vari meccanismi l'aggregazione piastrinica
e che in molti casi sono utilizzati in terapia. Gli inibitori della ciclossigenasi comprendono quelli aspecifici o con prevalente inibizione della
COX-1, come l'aspirina e altri FANS (farmaci antinfiammatori non-steroidei), o
quelli specificamente inibitori della COX-2 inducibile come il celecoxib e il
rofecoxib. I recettori purinergici e, quindi, l'azione aggregante dell'ADP/ATP,
possono essere inibiti da ticlopidina, clopidogrel e altri. L. formazione delle
giunzioni tra le piastrine, mediata d-fibirinogeno, viene inibita da inibitori
specifici del recettore come l'anticorpo monoclonale Abciximab o c. piccoli
peptidi che mimano le sequenze del fibrinogeno necessarie ai legami-ponte e che
saturano il recettore GpIIIa/IIb, come il Tirofiban. Infine, gli inibitori della
PDE (fosfodiesterasi) piastrinica, come il dipiridamolo e il citostazolo,
mantenendo alto il livello di nucleone ciclici, inibiscono o rallentano
efficacemente le varie tappe dell'aggregazione piastrinica e, molto importante,
il consolidamento e l'impermeabilizzazione dell'aggregato. La disponibilità di
questa batteria di farmaci si rivela utile soprattutto quando l'aspirina a basse
dosi, l'antiaggregante di prima scelta, si rivela problematica (effetti
collaterali o resistenza all'aspirina).
L'uso prolungato dell'aspirina ha reso più frequente il rilevamento di fenomeni
di resistenza all'aspirina. che rende inefficace l'azione terapeutica. Sono
stati ipotizzati diversi meccanismi, tra i quali la selezione nel tempo di
cloni megacariocitari mutati il cui gene per la COX, grazie a una mutazione
somatica, potrebbe aver acquisito l'insensibilità all'azione inibente
dell'aspirina. L'uso prolungato del farmaco favorirebbe la selezione dei cloni
resistenti, sulla base dell'espressione di trasportatori ABC, capaci di
inattivare ed estrudere l'aspirina e, quindi, di evitare il blocco della
ciclossigenasi.
Le piastrinopenie ereditarie, molte delle quali sono anche piastrinopatie
funzionali. Possono essere classificate sulla base delle dimensioni
piastriniche che sono un indice dei difetti della piastrinopoiesi, della
maturazione e dei segnali legati al rilascio. Tra queste vanno ricordate la
sindrome di Wiskott-Aldrich con piastrine piccole (meno di 0,4
µm) e la
cosiddetta anomalia di May-Hegglin con megapiastrine (spesso superiori a 8
µm).
In ambedue i casi sono stati identificati i geni e le proteine coinvolti
specificamente in fasi della maturazione megacariocitaria. Nel caso della
sindrome di Wiskott-Aldrich la proteina WAS sembra essere associata ai
meccanismi di traffico delle molecole nei vari compartimenti subcellulari
necessari per la differenziazione e maturazione delle piastrine.
Nell'anomalia di May-Hegglin è alterata una miosina non-muscolare, necessaria
al rilascio delle piastrine dal megacariocita, ma presente anche in altre
cellule extramidollari, come quelle cocleari dell'orecchio. Per cui in questa
malattia si associa una sordità congenita o precoce, con anomalie piastriniche,
come piastrinopenia e presenza di megapiastrine, suggerendo che tale miosina,
il cui gene è localizzato nel cromosoma 22, possa essere coinvolta nell'organizzazione
del citoplasma megacariocitario e nel rilascio finale delle piastrine. Anche nella trombocitopenia amegacariocitaria si può associare la
fusione di ossa lunghe (radio e ulna) quando è coinvolto un omeogene (HOXAU)
responsabile della loro morfogenesi. Tra le altre malattie genetiche risultano
interessanti, anche se molto rare, quelle legate ai vari segnali di
proliferazione, differenziamento e maturazione delle piastrine. Il GATA1 è un
importante fattore di trascrizione per la differenziazione delle linee
midollari inclusa quella megacariocitaria, per cui una sua perdita di funzione
darà luogo a una diseritropoiesi con piastrinopenia. La deficienza di
trombopoietina, il principale fattore di crescita e maturazione per la
piastrinopoiesi, e la perdita di funzione del suo recettore mpl o dei segnali
successivi sono tra le più frequenti cause di piastrinopenia primaria. Possono
tuttavia essere coinvolte molto più raramente altre vie di segnali da altri
fattori di crescita e differenziazione e dai loro recettori.
Tra le numerose piastrinopenie megacariocitarie da cause acquisite sono da ricordare le malattie infiltrative midollari (tumori,
tubercolosi, ecc.) e l'azione tossica di farmaci e radiazioni. Tra le seconde,
con alterata liberazione di piastrine da parte del megacariocita vanno
ricordate alcune deficienze vitaminiche (B,, ac. folico, deficienze di ferro e
altri metalli bivalenti, alcune forme di leucemie).
Distruzione delle piastrine da cause immuni:
Piastrinopenie isoimmuni (neonati, trasfusioni multiple
Porpora post-trasfusionale
Porpora trombocitopenica idiopatica (autoimmune)
Piastrinopenie da farmaci (sedormid, penicilline, fenacetina)
Distruzione delle piastrine da cause non immuni:
Coagulazione intravascolare disseminata
Infezioni (es. mononucleosi infettiva)
Porpora trombotica trombocitopenica
Uremia (emolisi e piastrinolisi)
Trombocitopenia da ristocetina (agglutinazione in vivo)
Perdita di piastrine:
Prelievi di sangue multipli e abbondanti
Circolazione extracorporea.
Queste piastrinopenie sono facilmente diagnosticabili perché l'emivita di piastrine marcate è diminuì:. mentre a livello midollare il numero dei megacariocir. tende ad aumentare per un meccanismo di compenso da liberazione di trombopoietina. Le manifestazioni emorragiche sono tanto più gravi, quanto maggiore è la riduzione del numero di piastrine. I principali meccanismi di distruzione sono di carattere immune o tossici.
La trombocitopenia autoimmune o porpora trombocitopenica autoimmune si presenta
(m. di Werlhof ) porpora trombocitopenica idiopatica) sotto diverse forme
cliniche, ma è dovuta ad una risposta immune di tipo anticorporale (di solito
IgG, ma anche IgM contro antigeni piastrinici. Nel caso delle piastrine, questi comprendono l'adsorbimento di un virus alla
superficie piastrinica con formazione di un complesso al quale partecipano
componenti della membrana plasmatica; oppure la diretta modificazione di
antigeni piastrinici da parte di farmaci o tossici vari (apteni) o geneticamente
a livello del megacariocita e la cross-reazione tra antigeni esogeni e
piastrinici. Spesso, infatti, le piastrinopenie autoimmuni sono uno degli
aspetti di una sindrome autoimmune che coinvolge vari organi e tessuti. Da
tener presente, infine, la possibile deficienza di cloni di linfociti
soppressori riguardanti gli antigeni piastrinici o, più importante,
l'alterazione dei linfociti T regolatori.
Il danno piastrinico (che si traduce in piastrinopenia) ha diversa patogenesi a
seconda che vi sia una risposta anticorpale o cellulare. Se gli autoanticorpi
sono capaci di fissare il complemento (alcune classi di IgG), questo viene
attivato e si ha una rapida lisi delle piastrine (trombocitopenia autoimmune,
forma clinica acuta); se invece sono autoanticorpi incompleti, incapaci di
fissare il complemento (da ricercare con il Test di Coombs), essi si legano alla
membrana plasmatica piastrinica, insieme ad alcune frazioni del complemento (C3,
C5-67), stimolando la fagocitosi (opsonizzazione) da parte del sistema
macrofagico, soprattutto nella milza e nel fegato (di qui l'eventuale
splenomegalia e l'effetto benefico della splenectomia); infine, da ricordare la
fagocitosi mediata da cellule armate (neutro-fili o macrofagi) che hanno
adsorbiti sulla membrana plasmatica IgG antipiastrine, attraverso un legame del
Fc al recettore Fcy. I linfociti citotossici contro antigeni piastrinici
prevedono la formazione di un contatto diretto con le piastrine e/o con i loro
precursori e la successiva morte cellulare mediata da perforine e granenzimi (apoptosi).
Il farmaco (o un suo metabolita) agisce da aptene e. legandosi direttamente a
una proteina piastrinica, induce una risposta immune. Oppure, si lega ad una
proteina plasmatica e induce la formazione di anticorpi; in questo caso alla
piastrina si lega direttamente l'immunocomplesso così originato.
A seconda del tipo di anticorpo o di immunocomplesso, la reazione sarà di
attivazione del complemento con piastrinolisi o di opsonizzazione con
fagocitosi da parte del sistema macrofagico (splenomegalia).
Vi sono molte cause di distruzione delle piastrine, dove il meccanismo non è
mediato da anticorpi; esse comprendono: aumentato consumo (coagulazione
intravascolare disseminata), agglutinazione (da ristocetina) o aggregazione
(da eparina) in vivo, azione tossica diretta (tossine batteriche, metaboliti
tossici, come nell'uremia, agenti chimici e veleni vari) e, soprattutto, vari
tipi di malattie infettive (virali, batteriche, da funghi, da protozoi, da
rickettsie). Da ricordare, infine, che a volte le piastrine non vengono
distrutte, ma perdute, attraverso emorragie, prelievi multipli di sangue, nella
circolazione extracorporea.
Sono piastrinopenie false, perché le piastrine che sono normalmente prodotte,
sono normali nella funzione, non vengono distrutte o perdute per emorragia.
Tuttavia, funzionalmente sono vere piastrinopenie, perché le piastrine non sono
disponibili nella giusta quantità nel luogo dove esse necessitano, e quindi
sono causa di manifestazioni emorragiche distrettuali. Sono dovute a condizioni
come ipotermia, cirrosi e alcune malattie da accumulo (glicogenosi,
sfingolipidosi, ecc.), nel corso delle quali le piastrine vengono sequestrate
in uno o più distretti dell'organismo, principalmente la milza (di qui la
caratteristica splenomegalia), venendo a mancare in altri distretti dove
eventualmente necessitano.
Con il termine sindromi mieloproliferative vengono indicate la policitemia vera,
la trombocitemia essenziale, la metaplasia mieloide o mielofibrosi e la
leucemia mieloide cronica, tutte caratterizzate da un aumento, a volte
imponente, del numero delle piastrine e di altri componenti midollari. Sono
associate spesso a proliferazioni clonali tumorali e ad aumentata produzione di
specifici fattori di crescita, soprattutto eritropoietina, trombopoietina e Stem
Celi Factor.
Le piastrine in queste condizioni presentano numerose alterazioni funzionali e
morfologiche: possono essere piastrine giganti, piastrine senza pseudopodi
anche dopo stimolazione con vari agenti aggreganti, possono essere diminuiti i
granuli o essere presenti granuli giganti, con forme bizzarre e inclusioni
patologiche. Biochimicamente possono essere evidenziar, numerosi difetti legati
a varie deficienze enzimatiche c di proteine citoscheletriche.
Bisogna dire, tuttavia, che nessuna di queste alterazioni morfologiche o
biochimiche dev'essere considerata caratteristica e, quindi, patognomica per la
definizione clinica della malattia. Questi aspetti, infatti, sono una delle
manifestazioni dell'imprevedibile eterogeneità dei tumori maligni. In questo
caso il megacariocita tumorale può, a seconda del suo grado di deviazione dar
luogo a piastrine eterogenee, differentemente alterate, a seconda del singolo
paziente e della progressione della neoplasia.
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