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Mononucleosi infettiva

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La mononucleosi

La mononucleosi infettiva è una sindrome clinica linfoproliferativa neoplastica, acuta e a risoluzione spontanea, caratterizzata da infezione virale acuta dei linfociti B (cellule B). L'agente eziologico più comune è il virus di Epstein-Barr (Epstein-Barr Virus, EBV), un herpesvirus di gruppo gamma, ubiquitario e linfotropico, identificato come agente causale della mononucleosi infettiva alla fine degli anni '60 del secolo scorso. Il virus di Epstein-Barr è responsabile di circa l'85% di tutti i casi di mononucleosi infettiva.

Altri agenti eziologici che possono causare sintomi simili a quelli della mononucleosi infettiva sono virus diversi dall'EBV (citomegalovirus [CMV], adenovirus, HIV, virus dell'epatite A, dell'influenza A e B e della rosolia), Toxoplasma gondii, Corynebacterium diphtheria e Coxiella burnetii.

La mononucleosi infettiva causata da citomegalovirus è generalmente osservata in soggetti più anziani, che accusano principalmente febbre e malessere. Le manifestazioni primarie della mononucleosi indotta dal virus di Epstein-Barr costituiscono la classica triade sintomatologica composta da faringite, linfoadenopatia e febbre. Circa il 50-85% dei bambini è infettato dal virus di Epstein-Barr entro i primi 4 anni di vita e più del 90% degli adulti presenta segni di infezione subclinica da virus di Epstein-Barr.

Queste infezioni precoci sono in genere asintomatiche e forniscono immunità contro il virus di Epstein-Barr; pertanto, l'infezione precoce da parte del virus raramente dà luogo alle sviluppo di mononucleosi infettiva. La mononucleosi infettiva può insorgere quando l'infezione iniziale avviene nel corso dell'adolescenza o più tardi, ma dà luogo a mononucleosi infettiva solo nel 35-50% dei soggetti. La mononucleosi infettiva sintomatica interessa soggetti giovani, di età compresa tra i 15 e i 35 anni, con un picco di incidenza tra i 15 e i 24 anni; i maschi presentano un picco più tardivo (18-24 anni) rispetto alle femmine.

Il tasso di incidenza complessivo per questo gruppo di età è di 6-8 casi ogni 100i persone all'anno. I bambini provenienti da ambienti socio-economici disagiati sono particolarmente suscettibili all'infezione da virus di Epstein-Barr. La mononucleosi infettiva non è frequente in individui di età superiore a 40 anni, ma quando s: verifica è più comunemente causata da citomegalovirus. La trasmissione del virus di Epstein-Barr avviene in genere attraverso la saliva, mediante contatti interpersonali (per es., taci, da cui la denominazione di "malattia del bacio"). Il virus può anche essere presente in altre secrezioni mucose dei tratti genitale, rettale e respiratorio, così come nel sangue. Non esistono evidenze di trasmissione tramite aerosol in seguito a starnuti o colpi di tosse.

La malattia inizia con la diffusione dell'infezione ai linfociti B, che possiedono tutti il recettore per al virus di Epstein-Barr. Dapprima il virus infetta l'orofaringe,  rinofaringe e le cellule epiteliali salivari e successivamente diffonde al tessuto linfoide e alle cellule B. L'infezione delle cellule B permette al virus di entrare nel flusso sanguigno, che diffonde l'infezione a livello sistemico.

Fisiopatologia

 Nei soggetti immunocompetenti le cellule B non  infette producono anticorpi (IgG, IgM, IgA) contro il virus. Simultaneamente, si verifica un'intensa attivazione e protrazione delle cellule T citotossiche (CD8) dirette contro le cellule infettate dal virus di Epstein-Barr; i linfociti CD8 possono costituire più del 50% del totale dei linfociti circolanti. La risposta immunitaria contro le cellule infettate dall'EBV (infiltrazione cellulare, produzione di citochine) è in larga misura responsabile della proliferazione cellulare nei tessuti linfoidi linfonodi, milza, tonsille, occasionalmente fegato). Mal di gola, febbre, due delle manifestazioni più precoci, sono causati da infiammazione nel sito di entrata del virus.

Clinica

 Il periodo di incubazione della mononucleosi infettiva è di circa 30-50 giorni (4-8 settimane), seguito da 3-5 giorni di prodromi di febbre, malessere e artralgie, che spesso sono attribuiti a infezione virale, sebbene alcuni individui rimangano asintomatici. Questi sintomi possono variare per gravità nel corso dei successivi 7-20 giorni. All'atto leda diagnosi il soggetto in genere presenta la classica triade di mialgie, febbre, faringite e linfoadenopatia dei linfonodi cervicali. La faringite in genere è diffusa e spesso accompagnata da essudato denso, biancastro o verde-grigio. Inoltre, è piuttosto dolorosa ed è il sintomo che più spesso induce il soggetto a recarsi dal medico. La mononucleosi infettiva in genere evolve spontaneamente e la guarigione avviene nell'arco di poche settimane.

Lo stato di affaticamento può perdurare per mesi dopo la risoluzione dell'infezione, sebbene le complicanze cliniche gravi siano rare, con il progredire della malattia può verificarsi ingrossamento generalizzato dei linfonodi e anche ingrossamento di milza e fegato.

La splenomegalia è clinicamente evidente nel 50% dei soggetti infetti ed è dimostrata radiologicamente nel 100% dei casi. Il fatto che la splenomegalia sia difficile da individuare attraverso l'esame obiettivo contribuisce alla sottostima dell'effettivo inondamento. La rottura splenica è un evento raro (0,1-0,5% di nuovi casi) che può verificarsi spontaneamente come risultato di un lieve trauma; si osserva principalmente nei maschi di età acseriore ai 25 anni e nell'arco temporale compreso tra il quarto ed il ventunesimo giorno dall'esordio dei sintomi.

Costituisce causa di morte più comune nei soggetti con mononucleosi i iva. Altre cause di morte sono l'insufficienza epatica, miocardite batterica diffusa e la miocardite virale. Raramente sono coinvolti altri sistemi o apparati, ma l'eventuale loro interessamento può dare origine a sintomi aggiuntivi, come meningite, encefalite, sindrome di Guillain-Barré, paralisi di Bell, neurite ottica, deficit mentale, mielite trasversa, atassia cerebellare e malattie demielinizzanti.

Manifestazioni oculari possono includere edema palpebrale e periorbitale, secchezza oculare, cheratite, uveite, congiuntivite, retinite, sindrome oculoghiandolare, coroidite, papillite e oftalmoplegia. Nei bambini, anche la sindrome di Reye è stata associata a infezione da virus di Epstein-Barr.

L'interessamento polmonare è raro, ma quando presente può includere linfoadenopatia ilare e mediastinica, polmonite interstiziale e versamento pleurico. Sono state descritte anche polmonite e insufficienza respiratoria, ma è più probabile che queste si sviluppino in individui immunocompromessi.

Circa il 3-10% degli adulti di età superiore ai 40 anni non è mai stato infettato dal virus di Epstein-Barr ed è suscettibile a sviluppare la mononucleosi infettiva più tardivamente nel corso della vita. In questi soggetti, in genere non sono presenti i sintomi classici e pertanto la diagnosi è più difficile.

Se un individuo più maturo presenta una febbre inspiegata che persiste per più di 2 settimane si dovrebbe sospettare un'infezione da virus di Epstein-Barr, in particolare in presenza di anomalie ai test di funzionalità epatica, con epatomegalia e ittero. Altre possibili manifestazioni neurologiche comprendono la neuropatia periferica e la sindrome di Guillain-Barré.
 

Terapia.

 Il sangue dei soggetti affetti con-tiene un numero di linfociti atipici superiore alla norma. In genere la diagnosi di mononucleosi infettiva è basata sui criteri di Hoagland, che prevedono almeno il 50% di linfociti e almeno il 10% di linfociti atipici nel sangue in presenza di febbre, faringite e adenopatia e test sierologico positivo. I test sierologici sono usati per accertare una risposta anticorpale eterofila.

Gli anticorpi eterofili costituiscono un gruppo eterogeneo di immunoglobuline M (IgM) che sono agglutinine dirette contro i globuli rossi di sangue non umano (per es., pecora, cavallo) e possono essere identificate con metodi qualitativi (esame monospot) o quantitativi (test per gli anticorpi eterofili).

Il test monospot ha dei limiti perché anche altre infezioni (per es., citomegalovirus, adenovirus) e la toxoplasmosi producono anticorpi eterofili. Pertanto, il 5-15% dei test monospot fornisce un esito falso positivo. I livelli di anticorpi eterofili nel sangue aumentano con il progredire della malattia, sebbene alcuni soggetti e i bambini di età inferiore ai 4 anni non li producano. In questi pazienti l'esito è falso negativo.

La specificità della diagnosi di infezione da virus di Epstein-Barr può essere incrementata utilizzando test sierologici specifici per il virus, che identificano specifici anticorpi anti-EBV (per es., IgG o IgM contro l'antigene del capside virale [Viral Capsid Antigen, VCA] o IgG contro l'antigene nucleare dell'EBV [EBVNuclear Antigen, EBNA]). Questi esami sono più costosi e laboriosi; per questo sono utilizzati solo quando il test monospot non è appropriato.
Poiché la mononucleosi infettiva in genere è auto-limitante, raramente è necessario l'intervento medico. La terapia della mononucleosi infettiva è un trattamento di supporto che include riposo e attenuazione dei sintomi con analgesici e antipiretici. Nei bambini e negli adolescenti si utilizza l'ibuprofene ma non l'aspirina a causa della maggiore incidenza di sindrome di Reye in associazione con l'infezione da virus di Epstein-Barr.

La faringite di origine streptococcica, che si verifica nel 20-30% dei casi, è trattata con penicillina o eritromicina. L'ampicilina è controindicata perché causa un'eruzione cutanea nella maggior parte degli individui affetti da mononucleosi infettiva. Il riposo a letto e l'astensione da attività faticose dovrebbero essere inclusi nella terapia. Si possono usare steroidi, ma solo in presenza di complicanze gravi (per es., rischio di ostruzione respiratoria) o coinvolgimento di altri sistemi (per es., manifestazioni di alterazione del sistema nervoso, porpora trombocitopenica, miocardite, pericardite).

L'aciclovir è stato usato in individui immunosoppressi, ma il miglioramento clinico è stato minimo e pertanto non è raccomandato nel trattamento standard. Nella rara eventualità di rottura splenica, la rimozione della milza è stata e continua a essere l'opzione di scelta nei soggetti emodinamicamente instabili. Tuttavia, nuove ricerche suggeriscono che potrebbe essere preferibile un intervento di riparazione della milza per evitare gravi infezioni post-splenectomia (Overwhelming Post-Splenectomy Infection, OPSI).

I bambini sono esposti a un rischio superiore di OPSI rispetto agli adulti. è essenziale sottoporre il paziente a vaccinazioni post-splenectomia contro Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae e Meningococcus perché questi microrganismi sono responsabili del 92% delle infezioni fatali. Può rendersi necessaria anche una terapia per il trattamento di ostruzioni delle vie respiratorie dovute a edema esteso dell'anello di Waldeyer o dell'anemia emolitica autoimmune, che si verifica in circa il 3-5% dei casi. Una mononucleosi infettiva fatale si osserva nella sindrome ereditaria linfoproliferativa associata al cromosoma X (malattia di Duncan), una patologia rara caratterizzata da grave disregolazione del sistema immunitario, spesso in risposta al virus di Epstein-Barr.

La causa responsabile del decesso del paziente è l'assenza di una proteina SAP funzionale, condizione che permette la proliferazione non regolata dei linfociti T citotossici e nel contempo la produzione e il rilascio di citochine.