cfr anche La stenosi della valvola mitralica
Le patologie che colpiscono le valvole cardiache conducono ad alterazioni ora di
tipo restrittivo (stenosi valvolari) ora di tipo incontinenza (insufficienze
valvolari). Entrambe le disfunzioni possono colpire tutti gli apparati
valvolari. I vizi possono essere isolati a tipo stenosi o insufficienza, o
combinati a tipo steno-insufficienza sulla stessa valvola, o composti,
interessando contemporaneamente più valvole (vizi mitro-aortici-tricuspidalici).
Le stenosi sono generalmente a insorgenza progressiva; le insufficienze possono
essere acute e croniche.
L'alterazione dell'apparato valvolare produce modificazioni peculiari della fase
sistolica o diastolica del flusso transvalvolare. Queste si traducono in
modificazioni specifiche della semeiotica cardiaca, apprezzabili con relativa
facilità durante la visita dei pazienti o con metodica strumentale
ecocardiografica.
Gli adattamenti fisiopatologici caratterizzano le modalità di compenso cardiaco.
E' una malattia cronica, abitualmente progressiva, della valvola mitrale, quasi
esclusivamente post-reumatica, caratterizzata da restringimento dell'orifizio
mitralico, che crea ostacolo al flusso dall'atrio sinistro durante il
riempimento diastolico del ventricolo sinistro, e comporta graduale incremento
della pressione e del volume atriale sinistro, della pressione venosa e
vascolare polmonare, infine disfunzione del ventricolo destro.
La causa pressoché costante della stenosi mitralica è la cardite reumatica post-streptococcica dell'infanzia. Il processo infiammatorio reumatico può colpire variamente le componenti dell'apparato valvolare mitralico (lembi valvolari, commissure, corde tendinee), determinando insufficienza valvolare mitralica nella fase acuta e danneggiamento dei tessuti attraverso un'intensa reazione autoimmune nella fase cronica della malattia. Il processo di cicatrizzazione della valvulite reumatica determina ispessimento e fibrosi delle cuspidi valvolari, aree di aderenza e fusione della commissure valvolari, con conseguente ridotta mobilità dei lembi. L'accorciamento e la fusione delle corde tendinee, con obliterazione degli spazi intercordali, contribuisce frequentemente all'ostruzione del tratto di afflusso del ventricolo sinistro: la valvola mitrale assume il caratteristico aspetto "a imbuto", con ridotta dimensione dell'orifizio valvolare, a "bocca di pesce". La calcificazione valvolare è abitualmente un fenomeno secondario, proprio delle forme di lunga durata. Sono generalmente necessari diversi anni dall'evento acuto reumatico, perché si sviluppi una stenosi mitralica serrata.
|
|
|
|
|
|
|
Tale periodo di latenza è per lo più breve nelle popolazioni economicamente depresse (Africa del Nord, India, America latina) dove la malattia mitralica è precocemente sintomatica in età pediatrica o adolescenziale; nelle popolazioni di razza bianca nel mondo occidentale, la stenosi mitralica è generalmente sintomatica nella 3a-4a-5a decade di vita, con caratteristico andamento a plateau dei sintomi. Le differenti condizioni socioeconomico-climatiche e le moderne misure di profilassi e terapia nelle differenti aree geografiche possono probabilmente giustificare alcune differenze nell'attuale distribuzione, modalità di sviluppo e sequele della malattia reumatica. è oggetto di discussione il problema se i cambiamenti anatomici della stenosi mitralica severa siano l'esito del processo reumatico, a evoluzione subdola e progressiva nel 40% dei casi, oppure il risultato del trauma continuo del flusso turbolento del sangue, dopo l'evento infiammatorio iniziale. La stenosi mitralica può raramente conseguire alla presenza di formazioni neoplastiche (mixo-ma atriale sinistro) o trombotiche o alla proliferazione eccessiva delle vegetazioni endocarditiche.
La riduzione dell'orifizio valvolare mitralico inferiore a 2,5 cm2 (valori normali 4-6 cm2) determina un aumento della pressione atriale sinistra. Poiché la pressione diastolica ventricolare sinistra è abitualmente normale, si instaura un gradiente pressorio tra l'atrio e il ventricolo sinistro necessario per la propulsione del sangue. Sulla base di considerazioni teoriche di fisica idraulica (equazione di Gorlin), il gradiente transvalvolare mitralico dipende non soltanto dalle dimensioni dell'orifizio valvolare, ma anche dal flusso (portata cardiaca) e dal tempo di riempimento diastolico. Pertanto l'area valvolare mitralica non è una costante anatomica fissa, ma flusso-tempo dipendente. Un'area valvolare mitralica maggiore di 1,5 cm2, abitualmente, non produce sintomi a riposo. Tuttavia, un incremento del flusso transmitralico oppure una riduzione del tempo di riempimento diastolico, in condizioni di esercizio fisico o di stress emotivo, gravidanza, infezione, fibrillazione atriale con elevata risposta ventricolare, comporta lo sviluppo di sintomi, in conseguenza dell'aumento della pressione atriale sinistra, che si riflette sulla circolazione venosa polmonare.
L'ipertensione atriale sinistra determina, in modo pressoché proporzionale,
l'aumento della pressione e della distensione delle vene e dei capillari
polmonari, con conseguente incremento del contenuto idrico del polmone, dapprima
intravascolare (vene pletoriche e reclutamento di nuove vene) e poi
extravascolare, per trasudazione del sistema interstiziale linfatico del polmone
o anche alveolare (edema polmonare), quando viene
superata la pressione oncotica
delle plasmaproteine (pari a circa 25-30 mmHg). Il liquido trasudato diminuisce
la compliance (distensibilità) polmonare, accrescendo il lavoro respiratorio.
Con il tempo il polmone può diventare rigido per fibrosi: il sintomo risultante
è la dispnea, che aumenta con lo sforzo ma è ora presente anche a riposo. L'ulteriore
incremento della pressione venosa polmonare con la posizione supina causa i
sintomi della dispnea parossistica notturna o l'ortopnea.
Il marcato aumento della pressione venosa polmonare può inoltre determinare
l'apertura di connessioni collaterali tra le vene polmonari e le vene
bronchiali, con possibile rottura delle vene bronchiali nel parenchima polmonare
e risultante emottisi.
Nell'atrio sinistro ingrandito avviene la stasi sanguigna, specialmente come
conseguenza di fibrillazione atriale, con formazione di trombi e possibili
eventi embolici.
Nella stenosi mitralica, le arteriole polmonari reagiscono con vasocostrizione,
iperplasia dell'intima e ipertrofia della media, risultandone ipertensione
polmonare, che in particolari circostanze può raggiungere valori di molto
aumentati e in modo sproporzionato rispetto al livello di pressione atriale
sinistra. Pertanto, l'ipertensione polmonare è il risultato della combinazione di
vari fattori:
1) trasmissione retrograda dell'incremento pressorio atriale sinistro
sull'arteria polmonare tipertensione polmonare passiva);
2) vasocostrizione reattiva delle arteriole polmonari, presumibilmente innescata
dall'ipertensione atriale sinistra e venosa polmonare (ipertensione polmonare
reattiva);
3) modificazioni organico-obliterative del letto vascolare polmonare, fino alla
necrosi vascolare e malattia vascolare polmonare).
Tali cambiamenti, forse con l'esclusione dell'ultimo meccanismo, possono essere
reversibili e pertanto l'ipertensione polmonare può largamente risolversi dopo
chirurgia correttiva o dilatazione rercutanea con palloncino della valvola
mitrale (valvuloplastica). In contrasto, l'ipertensione polmonare secondaria a
trombosi in sita, embolia polmonare cronica, oppure ai cambiamenti obliterativi
della vascolarizzazione polmonare, tende a essere irreversibile.
La portata cardiaca ridotta e l'aumento della resistenza arteriolare polmonare,
in associazione con alcuni importanti meccanismi compensatori (diminuita
permeabilità della barriera alveolo-capillare per ispessimento della parete tra
il lume capillare e lo spazio alveolare, l'aumento del drenaggio linfatico, la
costrizione reattiva della tonaca muscolare delle arteriole polmonari)
contribuiscono a rendere i pazienti con stenosi mitralica serrata, minimamente
sintomatici per un lungo periodo di tempo.
La funzione del ventricolo destro risulta spesso normale, anche in presenza di
ipertensione polmonare moderata. Tuttavia, l'aumento eccessivo e prolungato
della pressione polmonare (maggiore di 70 mmHg dei valori pressori
sistolici) rappresenta un serio impedimento allo svuotamento del ventricolo destro, la cui
ridotta contrattilità determina l'insufficienza cardiaca destra, con aumento
della pressione telediastolica ventricolare e atriale destra. L'insufficienza
funzionale della valvola tricuspide è generalmente presente in questo stadio
avanzato della malattia mitralica. La riduzione del volume sistolico del
ventricolo destro insufficiente diminuisce la quantità di sangue spinta
attraverso il circolo polmonare verso l'atrio sinistro, la cui pressione può
risultare ridotta. Si verifica una riduzione della congestione polmonare in
conseguenza dello sviluppo dell'insufficienza cardiaca, ma si sviluppa spesso
una significativa riduzione della portata cardiaca.
L'insufficienza cardiaca destra determina lo sviluppo della congestione sistemica
(turgore giugulare, epatomegalia, ascite, edema). I pazienti lamentano spesso un
marcato affaticamento, un sintomo prognostico più serio della dispnea. I tessuti
del corpo mantengono un elevato consumo di ossigeno, estraendone una maggiore
quantità dal sangue arterioso, con conseguente riduzione della concentrazione di
02 del sangue venoso misto. La curva di dissociazione dell'emoglobina-02 è
spostata a destra, facilitando l'emissione dell'ossigeno dall'emoglobina ai
tessuti.
La funzione ventricolare sinistra è generalmente normale nella stenosi
mitralica. Tuttavia, la performance sistolica del ventricolo sinistro è ridotta
in alcuni pazienti, molto verosimilmente in conseguenza del diminuito
riempimento diastolico (preload) e dell'aumento del postcarico (espresso
dall'elevato stress parietale) del ventricolo sinistro, secondario al ridotto
spessore di parete.
La contrattilità ventricolare sinistra è normale nella maggioranza dei pazienti
ma, in alcuni pazienti, la malattia reumatica a evoluzione subdola e
progressiva, oppure la malattia ischemica cardiaca associata, o l'eccessiva
attivazione neuroumorale, mediata dal sistema simpatico, possono essere
responsabili della disfunzione miocardica.
I pazienti con stenosi mitralica sviluppano frequentemente aritmie atriali,
particolarmente fibrillazione atriale, perché il processo reumatico causa
fibrosi della parete atriale, disorganizzazione dei fasci muscolari internodali
e danno del nodo senoatriale, che determinano significative variazioni delle
proprietà elettrofisiologiche (diverse velocità di conduzione dello stimolo e
disomogeneità dei periodi refrattari) dell'atrio sinistro.
Un'attivazione atriale prematura, o da focus automatico o da rientro, può
stimolare l'atrio sinistro durante il periodo vulnerabile e pertanto generare
fibrillazione atriale, con conseguenze emodinamiche rilevanti per la perdita del
contributo atriale al riempimento ventricolare. Il rischio di embolizzazione
arteriosa, specialmente ictus, è significativamente aumentato nei pazienti con
fibrillazione atriale.
Manifestazioni cliniche
I sintomi della stenosi mitralica riflettono l'entità del restringimento
valvolare mitralico e l'interazione dei differenti fattori anatomofunzionali
precedentemente discussi, in relazione agli stadi della malattia mitralica. Dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna,
edema polmonare, per lo più
precedute da tachicardia, sono le più frequenti espressioni della stenosi
mitralica con ipertensione venosa polmonare (congestione polmonare) e
conseguente rigidità polmonare. La dispnea è abitualmente da sforzo, dapprima
intenso e quindi, progressivamente, lieve. Talvolta il paziente riduce l'entità
dello sforzo, evitando l'insorgenza della dispnea, benché l'ostruzione valvolare
continui a progredire. La dispnea parossistica o l'edema polmonare sono spesso
legati all'insorgenza di aritmie atriali ipercinetiche (fibrillazione atriale, flutter atriale) oppure da sforzo fisico, febbre, stress emotivi o gravidanza.
"Bronchiti" invernali. Sono espressione dell'iperemia polmonare e
dell'ipersecrezione delle ghiandole sierose con eccessiva produzione di muco.
Emottisi (circa il 20% dei pazienti). Si manifestano variamente: a) come
emorragia di sangue rosso dai polmoni, per rottura di vene bronchiali dilatate
(apoplessia polmonare); b) escreato striato di sangue in coincidenza di accessi
di dispnea, oppure in conseguenza di infezioni respiratorie con edema della
mucosa bronchiale; c) escreato roseo durante un episodio di edema polmonare
acuto; d) embolia con infarto polmonare.
Espressioni di ridotto flusso transmitralico e
d'incapacità dell'atrio sinistro di trasferire il sangue nel ventricolo
attraverso l'ostio mitralico molto ristretto. Tuttavia l'astenia è riferita
spesso dai pazienti anche con stenosi mitralica non serrata.
La più frequente manifestazione è rappresentata dalla fibrillazione atriale (60% dei casi), parossistica o permanente. Generalmente il paziente lamenta l'irregolarità del battito cardiaco, con sensazione di malessere, sudorazione, vertigine o dispnea; l'aritmia può determinare edema polmonare o complicarsi con un fenomeno embolico. Altre aritmie meno frequenti sono il flutter atriale o la tachicardia parossistica atriale.
Sono preoccupanti conseguenze della formazione di trombi
nell'atrio sinistro dilatato e nell'auricola sinistra, molto verosimilmente il
risultato della stasi ematica e della fibrillazione atriale cronica. Sono stati
inoltre identificati marker di funzione ipofibrinolitica (D-dimero e
antitrombina III), indicativi di trombogenesi, anche nei pazienti a ritmo
sinusale e senza dilatazione atriale sinistra.
Le conseguenze dell'embolia cerebrale possono variare da uno a più piccoli
infarti nelle aree silenti del cervello, all'infarto cerebrale localizzato,
all'infarto della capsula interna e delle strutture connesse (tipico ictus) o
all'infarto di gran parte di un emisfero cerebrale, con emiparesi o emiplegia
ed esiti permanenti nella metà dei casi, talora devastanti. Talvolta si
manifestano emboli periferici con interessamento degli arti superiori o
inferiori: sono colpite la biforcazione iliaca ("embolia a sella"), le arterie
iliache o femorali monolaterali, con dolore intenso, arto freddo e marezzato.
Raramente sono colpite le arterie della retina, l'arteria renale (infarto
renale) o l'arteria mesenterica (infarto intestinale). L'interessamento embolico
del sistema arterioso coronarico può causare infarto miocardico o angina
pectoris. Assai meno frequentemente il paziente perde conoscenza o può morire
improvvisamente in conseguenza di un trombo "a palla" ostruente il flusso
attraverso la valvola mitralica. Prima della larga applicazione chirurgica, il
fenomeno embolico si manifestava in almeno il 20% dei pazienti. La frequenza
dell'embolia è oggi stimata tra 1,5 e 4,7% all'anno nei pazienti con valvulopatia mitralica; un quinto di essi sviluppa emboli nel corso della
malattia mitralica. Il 75% delle embolie colpisce il cervello.
E' una manifestazione frequente della stenosi mitralica:
il paziente lamenta improvvisa tachicardia e tachipnea, sensazione d'ansia,
cardiopalmo (fibrillazione atriale). La sorgente abituale degli emboli è il sistema venoso degli arti inferiori
oppure una trombosi dell'auricola destra.
Presente nel 15% dei casi. Questo sintomo può essere causato
dall'ipertensione ventricolare destra (ischemia miocardica del ventricolo
destro), o conseguente a embolizzazione coronarica, oppure dipendente da
concomitante lesione coronarica aterosclerotica.
Sono sintomi causati dalla compressione del nervo laringeo ricorrente sinistro, da parte dell'atrio sinistro marcatamente ingrandito e dell'arteria polmonare dilatata.
Il paziente può presentare un colorito rosso-cianotico degli zigomi con cianosi
dei prolabi (facies mitralica), aspetto di paradossale benessere, ma espressione
di severa stenosi mitralica con ridotta portata cardiaca.
L'esame del polso venoso giugulare mostra un'evidente onda presistolica (onda a)
nei pazienti con ipertensione ventricolare destra; l'onda a è assente nei
pazienti in fibrillazione atriale. Il riscontro di una pulsazione sistolica
delle vene giugulari (onda v prominente) indica la presenza dell'insufficienza
tricuspidale. L'itto della punta è normale o ridotto. Si può apprezzare un
fremito diastolico all'apice, in decubito laterale sinistro. Può essere inoltre
percepito un impulso anteriore sostenuto a livello parasternale sinistro, indice
di ipertrofia destra. I reperti ascoltatori classici della stenosi mitralica
sono caratterizzati dall'aumento di intensità del I tono, con presenza di
schiocco d'apertura e di rullio diastolico all'apice.
Il I tono è apprezzabile quando la valvola mitrale è ancora mobile. L'aumento
d'intensità del I tono è dovuto sia alla fibrosi dei lembi sia all'ampia
escursione della valvola semiaperta in telediastole, a causa dello scarso
riempimento ventricolare sinistro. La ridotta intensità del I tono è invece
espressione di una valvola mitrale rigida, non flessibile e molto calcifica. In
fibrillazione atriale, l'intensità del I tono varia inversamente alla durata del
ciclo cardiaco: è più intenso nei cicli più brevi.
Il II tono d'intensità normale o aumentata è in relazione con i valori pressori
nell'arteria polmonare. Lo sdoppiamento fisiologico (A2-P2) del II tono si
riduce con l'aumento della pressione nell'arteria polmonare, a causa della
ridotta compliance vascolare polmonare; infine, il II tono diventa singolo.
Altri reperti di ipertensione polmonare sono: il tono vascolare polmonare
d'eiezione (click), che si riduce nell'inspirio, dovuto alla dilatazione
dell'arteria polmonare, la presenza di un IV tono, il soffio di Graham Steell
d'insufficienza polmonare e il soffio sistolico d'insufficienza tricuspidale.
Lo schiocco di apertura della valvola mitrale è il segno ascoltatorio più
importante della stenosi mitralica. Questo reperto si verifica per la brusca
tensione del lembo anteriore mitralico al momento della massima escursione della
sua apertura. E meglio udibile all'apice con il diaframma dello stetoscopio. Lo
schiocco d'apertura mitralico può verificarsi a un intervallo variabile da 0,03
secondi a 0,15 secondi dopo il II tono cardiaco: quanto più elevata è la
pressione atriale sinistra, tanto più anticipata è l'apertura della valvola.
Pertanto, in generale, un intervallo tra II tono e schiocco d'apertura inferiore
a 0,08 secondi è espressione di stenosi mitralica serrata.
Nella stenosi mitralica è di solito udibile all'apice cardiaco il soffio
diastolico a carattere "rullante", con massima intensità all'inizio della
diastole e durante la presistole atriale. La durata del soffio diastolico è
indice di severità della stenosi mitralica; un soffio diastolico lungo con
accentuazione presistolica indica una stenosi mitralica significativa a ritmo
sinusale. Il rullio è assente in presistole nella fibrillazione atriale. Il
soffio diastolico è generato dal movimento delle cuspidi valvolari, che pertanto
devono risultare flessibili; la sua assenza nei pazienti con stenosi mitralica
severa, è espressione di valvola calcifica e rigida oppure di basso flusso
transmitralico per marcata riduzione della portata cardiaca. Condizioni
extracardiache come l'enfisema polmonare o una marcata obesità possono mascherare la presenza del rullio diastolico.
Nei casi di marcata dilatazione del ventricolo destro, il soffio diastolico è
udibile soltanto sulla linea ascellare media o posteriore. Il soffio diastolico
è meglio udibile, ponendo il paziente in decubito laterale sinistro, in fase
espiratoria o dopo l'esecuzione di uno sforzo.
Nei casi di stenosi mitralica con ipertensione polmonare e scompenso cardiaco
destro sono evidenti la distensione delle vene del collo (turgore giugulare), il
fegato ingrandito con o senza ascite e gli edemi degli arti inferiori.
Il reperto elettrocardiografico abituale della stenosi mitralica è l'ingrandimento atriale sinistro, con onda P bimodale, di durata maggiore di 0,11 secondi nelle derivazioni standard (D1, D2), e con difasismo lento, del tipo +-, nelle derivazioni precordiali destre (V1, V2), (P mitralica) espressione del ritardo d'attivazione dell'atrio sinistro. Almeno nel 60% dei casi è presente aritmia da fibrillazione atriale, a onde grossolane o fini, segno d'ingrandimento dell'atrio sinistro. Le restanti modificazioni dell'ECG dipendono dal grado dell'ipertensione polmonare e dalle sue ripercussioni sulle cavità destre. Vi è in generale relazione tra il grado di ipertensione polmonare e i segni elet-trocardiografici di ipertrofia ventricolare destra. Il quadro elettrocardiografico di ipertrofia ventricolare destra è espresso dalla deviazione assiale destra dell'asse del QRS, oltre + 70° sul piano frontale, e dal rapporto R/(R+S) maggiore di 0,7 mm in V, (indice di Cabrerà), oppure da un'onda R elevata o aspetto qR nelle derivazioni precordiali destre, espressione della prevalenza delle forze elettriche del ventricolo destro nei pazienti con severa ipertensione polmonare. Il riscontro di morfologia del tipo rS nelle derivazioni precordiali da V, a V4 è indice di dilatazione della cavità ventricolare destra.
Il cuore assume, nell'immagine posteroanteriore, un aspetto triangolare (la
cosiddetta configurazione mitralica), per la rettilineizzazione del IH arco di
sinistra da dilatazione del ventricolo destro e protrusione dell'atrio sinistro
nello spazio del cono polmonare. Nel mediastino superiore, l'arco aortico
risulta sottile. La cospicua dilatazione dell'atrio sinistro è riconoscibile, in
anteroposteriore, dall'immagine radiologica a doppia densità ("doppio contorno")
sul profilo cardiaco destro. Talora il cospicuo ingrandimento dell'atrio
sinistro determina l'allargamento della carena tracheale o il sollevamento del
bronco principale sinistro. Il segno radiologico più sensibile
dell'ingrandimento isolato dell'atrio sinistro, soprattutto nella stenosi
mitralica iniziale, è riconoscibile, nel radiogramma laterolaterale, dalla
compressione del III medio dell'esofago opacizzato con bario. Con il
radiogramma laterale o con la radioscopia sono visibili le calcificazioni
dell'anulus mitralico. Lo studio dei campi polmonari è estremamente utile per
valutare il grado di pressione venosa polmonare e, di conseguenza, la gravità
della stenosi mitralica.
La ridistribuzione del flusso, per reclutamento e dilatazione delle vene
provenienti dai lobi superiori (mentre nei campi inferiori le vene hanno
un'ampiezza normale o risultano ristrette) indica un aumento della pressione
venosa polmonare media tra 15 e 18 mmHg.
L'edema interstiziale, espressione di severa stenosi mitralica, si manifesta
nelle linee settali B di Kerley, densità fini, orizzontali e parallele visibili
negli angoli costofrenici; nel 70% dei casi la pressione venosa capillare media
è superiore a 20 mmHg. Le linee settali esprimono la distensione dei vasi
linfatici per aumento del contenuto idrico polmonare. La stenosi mitralica
serrata e persistente da anni mostra spesso le linee A di Kerley, densità
lunghe 4 mm, decorrenti verso l'ilo, espressione di fibrosi polmonare. L'edema
alveolare è caratterizzato dal tipico aspetto ad ali di farfalla a partenza
dall'ilo; la pressione media venosa polmonare è superiore a 30 mmHg. La
presenza di noduli calcifici di emosiderina, visibili nei segmenti basali dei
polmoni, è espressione di stasi venosa polmonare negli stadi avanzati della
malattia mitralica.
L'ipertensione arteriosa polmonare è riconoscibile dalla maggiore sporgenza del II arco polmonare e delle arterie polmonari centrali rispetto a una regione
vascolare periferica povera. La dilatazione del ventricolo destro, nello stadio
avanzato della stenosi mitralica con ipertensione polmonare, è riconoscibile
dalla riduzione dello spazio retrosternale e dalla compressione dorsale del
ventricolo sinistro, nella proiezione laterale. La dilatazione conseguente
dell'atrio destro è visibile nel radiogramma in anteroposteriore per la
dilatazione del cuore verso destra e per l'aumento del diametro della vena cava
superiore e della vena azygos.
L'esame ecocardiografico bidimensionale e l'ecocardiografia Doppler sono
fondamentali per la diagnosi e la definizione della gravità della stenosi
mitralica.
L'ecocardiografia bidimensionale mostra il caratteristico aspetto a "bastone di
hockey" dei lembi della valvola mitrale, e il parallelo movimento anteriore in
diastole dei lembi mitralici, a causa della fusione delle commissure. Nei
pazienti con adeguate immagini ecocardiografiche, è possibile calcolare
accuratamente l'area valvolare mitralica anatomica. L'ecocardiografia
bidimensionale permette la valutazione dei volumi e della funzione delle cavità
del cuore. Questa tecnica, inoltre, fornisce importanti informazioni sulle
entità della compromissione anatomica della valvola mitrale, con l'analisi di
quattro variabili: ispessimento dei lembi, mobilità dei lembi, calcificazione
valvolare, fusione dell'apparato sottovalvolare (Sistema Score del
Massachussetts General Hospital, Boston, USA).
A ciascuna variabile è assegnato un punteggio da 1 a 4, intendendo con 1 il
minimo e con 4 il massimo coinvolgimento. Il punteggio mitralico di
compromissione anatomica è la somma dei quattro numeri. Un punteggio di 8 o
inferiore è indicativo di una valvola mitrale flessibile (non rigida), non
calcifica, idonea per una valvuloplastica con palloncino oppure per una
commisurotomia. Alternativamente, un punteggio ecocardiografico di 10 o
superiore, indica una valvola intensamente fibrotica e calcifica, con fusione
dell'apparato sottovalvolare, non ben appropriata per riparazione valvolare. Per
definire la gravità della stenosi, è necessaria la misura di due importanti
parametri: il gradiente valvolare mitralico e il calcolo dell'area valvolare
mitralica. Sulla base di criteri convenzionali, la gravità della stenosi
mitralica si può così schematizzare:
1) stenosi mitralica lieve (gradiente mitralico medio inferiore a 5 mmHg e area
valvolare mitralica maggiore di 1,5 cm2);
2) stenosi mitralica medioserrata (gradiente mitralico medio di 5-10 mmHg e area
mitralica maggiore di 1 e inferiore a 1,5 cm2);
3) stenosi mitralica serrata (gradiente mitralico medio maggiore di 10 mmHg e
area valvolare mitralica inferiore a 1 cm2).
L'ecocardiografia Doppler stima sia il gradiente valvolare mitralico medio sia
l'area mitralica in modo accurato e riproducibile, con buona correlazione con i
corrispondenti dati invasivi al cateterismo cardiaco. L'ecocardiografia Doppler
utilizza il concetto del tempo di dimezzamento del gradiente di pressione (PHT,
Pressure HalfTime) tra atrio e ventricolo sinistro, per stimare l'area valvolare
mitralica; anomalie della compliance atriale e ventricolare sinistra limitano il
corretto impiego del metodo del PHT per il calcolo dell'area valvolare; in
queste condizioni, in cui il gradiente medio valvolare mitralico non è
correlabile con l'area valvolare mitralica, è preferibile calcolare l'area
mitralica con l'equazione di continuità. L'ecocardiografia Doppler
permette, inoltre, di stimare la gravità dell'ipertensione polmonare attraverso
la misura della velocità del flusso attraverso la valvola tricuspide.
L'ecocardiografia Doppler a codificazione del colore determina l'eventuale
coesistenza della gravità dell'insufficienza mitralica o di altre anomalie
associate.
L'ecocardiografia transesofagea è estremamente importante per identificare la
presenza di trombi nel corpo o nell'auricola dell'atrio sinistro e per valutare
l'anatomia della valvola mitrale e dell'apparato sottovalvolare, in relazione
all'opportunità decisionale o dell'intervento di valvuloplastica mitralica
percutanea con palloncino o di correzione chirurgica della valvola mitrale.
Inoltre l'ecocardiografia transesofagea può visualizzare un aspetto di evidente
ecogenicità del sangue circolante nell'atrio sinistro denominato "effetto di contrasto spontaneo" o smoke, fattore predittivo di formazioni trombotiche. L'esame ecocardiografico
costituisce infine uno strumento diagnostico non invasivo molto utile anche ai
fini del follow-up dei pazienti (progressione della valvulopatia mitralica,
insorgenza di complicanze, valutazione dei risultati della terapia medica e
delle procedure di valvuloplastica o chirurgiche).
Allo stato attuale il cateterismo cardiaco è momento introduttivo alla
valvuloplastica percutanea con palloncino, fondamentale mezzo terapeutico, e per
una completa valutazione emodinamica preoperatoria nei pazienti con indicazione
chirurgica all'ecocardiografia.
Il cateterismo per via transettale permette la più precisa misurazione diretta
della pressione atriale sinistra rispetto alla pressione a catetere polmonare e
del gradiente pressorio transmitralico.
Nei laboratori di cateterismo cardiaco si utilizza l'equazione idraulica di
Gorlin per il calcolo dell'area valvolare mitralica (MVA).
L'equazione di Gorlin ha però alcune limitazioni: non è applicabile per portata
cardiaca ridotta o elevata, ed è erronea in presenza d'insufficienza mitralica
discretarilevante, che sottostima il calcolo dell'area valvolare mitralica.
Inoltre, la determinazione della portata cardiaca con il cateterismo cardiaco è
ingannevole, soprattutto nei pazienti in fibrillazione atriale e insufficienza
della valvola tricuspide.
Questa tecnica è eseguita per confermare i dati non invasivi o per accertare la
presenza di altra patologia associata della valvola mitrale (insufficienza), e
della valvola aortica e tricuspidale.
E' importante, inoltre, eseguire la coronarografia selettiva per precisare sede,
estensione e gravità della malattia coronarica, nei pazienti con angina o
disfunzione ventricolare sinistra e in quelli con fattori di rischio coronarico
di età inferiore a 35 anni.
E' sempre indicata la profilassi antibiotica dell'endocardite batterica e della
malattia reumatica. Nelle forme lievi di stenosi mitralica, è opportuna la
somministrazione della terapia betabloccante o dei bloccanti del calcio, per
ridurre la frequenza cardiaca da sforzo o in conseguenza di stress emotivi e
aumentare il flusso transmitrale. Nei pazienti sintomatici per ipertensione
venosa polmonare è indicata la terapia diuretica (furosemide), per evitare i
sintomi della congestione polmonare, senza deprimere il riempimento atriale e la
portata cardiaca. La terapia digitalica è di grande beneficio nella stenosi
mitralica in fibrillazione atriale, per ridurre la frequenza ventricolare e
permettere un riempimento ventricolare efficace o nel trattamento
dell'insufficienza cardiaca. Se la somministrazione della digitale è
insufficiente per diminuire la frequenza ventricolare, è opportuno associare la
terapia betabloccante (atenololo a basso dosaggio) oppure calcioantagonista
(diltiazem o verapamil) per mantenere la frequenza ventricolare a circa 60-65
b/min.
Il trattamento della fibrillazione atriale acuta a rapida risposta ventricolare
consiste nel trattamento anticoagulante con eparina, a causa dell'elevato
rischio di eventi embolici, e nel controllo della risposta ventricolare della
frequenza cardiaca, con digitale endovena, o bloccanti dei canali del calcio,
oppure betabloccanti, per diminuire la conduzione dell'impulso elettrico
attraverso il nodo atrioventricolare. La decisione di procedere con
cardioversione elettrica elettiva dipende da diversi fattori: durata della
fibrillazione atriale, storia documentata di un precedente episodio di
fibrillazione atriale e di un precedente evento embolico, e dalla risposta
emodinamica
all'inizio della fibrillazione atriale. Se vi è instabilità emodinamica, si
procede con urgenza alla cardioversione elettrica, con infusione di eparina
prima, durante e dopo la procedura. Se si decide di procedere con la
cardioversione elettrica elettiva, in un paziente con fibrillazione atriale di
durata superiore a 24-48 ore, non sottoposto a terapia anticoagulante a lungo
termine, si raccomandano due approcci: o anticoagulazione con warfarin per un
periodo di almeno 3 settimane, seguita da cardioversione elettrica, oppure
anticoagulazione con eparina ed ecocardiografia transesofagea per la ricerca di
trombi nell'atrio sinistro. In assenza di trombosi atriale sinistra, si effettua
la cardio-versione elettrica con infusione di eparina, prima, durante e dopo la
procedura. E' importante continuare la terapia anticoagulante dopo la
cardioversione elettrica per prevenire la formazione del trombo, secondario
all'inattività meccanica dell'atrio, e quindi continuare a lungo termine con warfarin. Episodi ricorrenti di fibrillazione atriale possono essere trattati
con farmaci antiaritmici del tipo agenti del gruppo le (flecainide,
propafenone), oppure agenti del gruppo la (chinidina) in associazione con un
farmaco dromotropo negativo, oppure amiodarone (classe 3), per cercare di
prevenire ulteriori episodi. L'effetto proaritmico è potenzialmente più evidente
con i farmaci antiaritmici della classe 1a. Non infrequenti e importanti gli
effetti collaterali, specie con l'utilizzo della chinidina e dell'amiodarone,
per cui si sottolinea molta prudenza.
Il trattamento anticoagulante (warfarin) si effettua a bassa intensità
terapeutica, in modo tale che i valori di anticoagulazione riferiti al sistema
INR siano mantenuti a livello di cifre tra 2 e 3. Viceversa è oggetto di molte
riflessioni l'uso di antiaggreganti (per es., acido acetilsalicilico) anche a
dosi di 300 mg, per la non documentata efficacia nella protezione dal trombo.
La valvuloplastica mitralica percutanea con palloncino è attualmente la
procedura iniziale di scelta per il trattamento della stenosi mitralica
sintomatica moderata o serrata, non calcifica (area valvolare inferiore a 1
cm2/m2 di superficie corporea o inferiore a 1,5 cm2 in adulti di normali
dimensioni), con indicazioni anatomiche all'ecocardiografia specie
transesofagea, in assenza di trombosi atriale sinistra e di significativa
insufficienza mitralica. La valvuloplastica mitralica è inoltre indicata in
particolari condizioni cliniche: stenosi mitralica e gravidanza (fine del
secondo trimestre); restenosi mitralica in pazienti precedentemente sottoposti a
commissurotomia chirurgica; stenosi mitralica con ipertensione polmonare;
stenosi mitralica con rilevante insufficienza tricuspidalica; stenosi mitralica
severa terminale.
La tecnica prevede il cateterismo per via transettale e passaggio di catetere a
pallone unico, di Inoue attraverso il setto interatriale, e allargamento della
valvola mitralica per separazione e frattura delle commissure: l'area valvolare
aumenta spesso da 1 cm2 a 2 cm2, con riduzione del gradiente a valori di 5-8
mmHg e miglioramento soggettivo quasi immediato del paziente. Si ritiene che
l'attuale impiego della valvuloplastica mitralica possa ridurre il rischio
tromboembolico. A distanza di 10 anni un'area valvolare di circa 2 cm2 si
mantiene nella maggioranza dei casi.
Tra le possibili complicanze della procedura si annoverano modificazioni acute
della valvola, che in circa il 2% dei casi inducono a intervento chirurgico
acuto, embolie nell'1% dei casi, mortalità nello 0,5% dei pazienti.
La valvuloplastica mitralica percutanea con palloncino esige abili ed esperti
operatori in istituzioni con estensiva esperienza operativa; la percentuale di
successo è superiore al 95% dei pazienti trattati. La valvuloplastica mitralica
con palloncino ha dimostrato un notevole impatto benefico, riduttivo dei costi
di degenza ospedaliera e un più precoce ritorno all'attività lavorativa,
rispetto alla commissurotomia chirurgica o alla sostituzione valvolare.
La terapia chirurgica della stenosi mitralica può essere di tipo conservativo,
con plastica valvolare a cuore aperto, che richiede una sternotomia mediana e il
by-pass cardiopolmonare quando la valvola non è grossolanamente alterata; il chirurgo ispeziona direttamente
l'apparato valvolare mitralico, incide sotto diretta visione le commissure con
eventuale ricostruzione delle corde. I risultati sono eccellenti nelle mani di
un chirurgo esperto e si mantengono dopo almeno 15 anni in oltre il 90% dei
casi. La terapia sostitutiva con applicazione di protesi è inevitabile per le
forme calcifiche o quando la valvola è troppo alterata: nei pazienti in III o IV
classe funzionale NYHA, nei pazienti con moderata severa ipertensione polmonare
(pressione polmonare sistolica di 60-80 mmHg) e in quelli paucisintomatici con
moderato severo aumento delle resistenze vascolari polmonari.
Il rischio operatorio medio è inferiore al 5% e i risultati a distanza sono
buoni, espressi dalla riduzione progressiva delle resistenze vascolari polmonari
dopo chirurgia, e dalla sopravvivenza superiore al 60% a 10 anni, con un
significativo miglioramento funzionale dei pazienti. La opzione chirurgica
comporta inoltre la possibilità di plicatura dell'atrio sinistro se molto
ingrandito, o dell'appendice auricolare sinistra, allo scopo di ridurre il
rischio embolico, oppure le procedure di ablazione per il trattamento della
fibrillazione atriale. Si deve, tuttavia considerare il più elevato rischio di
mortalità perioperatoria e a distanza, inerente la terapia chirurgica, e le
complicanze correlate con l'impianto di protesi.
argomenti di cardiologia