La maggior parte dei tumori prende origine dall'epitelio di rivestimento
degli organi, per es. nel caso del colon avremo i polipi ed i carcinomi, lo
stesso per il polmone e dal connettivo ma
l'incidenza dei tumori epiteliali è molto maggiore di quelli connettivali,
anche se il tessuto connettivo è quantitativamente più rappresentato
nell'organismo.
Il criterio istogenetico, che è alla base della nomenclatura dei tumori,
viene di tanto in tanto sopraffatto da fenomeni di tradizione che non sono di
tanto facile sradicazione.
La classificazione dei tumori su base eziologica è risultata inattuabile, sia
perché le cause di formazione di molti tumori non sono sempre individuabili, sia
perché lo stesso agente oncògeno può indurre la comparsa di tumori differenti,
così come lo stesso tipo di tumore può, a sua volta, essere indotto da agenti
completamente diversi tra loro. Prima di fare una rapida rassegna sulla
nomenclatura dei tumori più comuni, si ricorda l'uso del suffisso "oma", che
viene frequentemente aggiunto, sia nel caso dei tumori benigni che di quelli
maligni, al nome di un determinato citotipo o tessuto, per definire il tumore
che da esso ha preso origine. Come esempi si ricordano il tumore benigno del
tessuto connettivo fibroso, che è detto fibroma, quello dell'epitelio
ghiandolare, definito adenoma (dal greco, adenon = ghiandola), quello maligno
dell'epitelio, detto epitelioma ed infine, quello maligno del connettivo, che è
detto sarcoma a causa dell'aspetto carnoso, per derivazione dal greco antico in
cui sarkòs significa carne.
Per la nomenclatura e classificazione dei tumori epiteliali si prendono in
considerazione l'epitelio di rivestimento della cute e delle mucose e quello
ghiandolare.
I tumori benigni dell'epitelio di rivestimento si presentano macroscopicamente
quasi sempre con l'aspetto di una protuberanza, che emerge dalla superficie
epiteliale alla quale aderisce per mezzo di un peduncolo più
0 meno pronunziato. Si tratta dei cosiddetti polipi, che sono costituiti da una
parte stromale centrale, che forma lo scheletro connettivale in cui sono
contenuti i vasi sanguigni e linfatici ed i nervi, rivestita da cellule
epiteliali che esibiscono, quasi sempre del tutto immodificate, le
caratteristiche morfologiche dell'epitelio dal quale la neoformazione ha preso
origine. Il termine polipo viene in alcuni casi aggettivato: si
parla, per esempio, di polipo teleangectasico, quando i vasi sanguigni dello
stroma sono molto dilatati e congesti di sangue, di polipo adenomatoso,
quando esso origina da un epitelio di rivestimento, ricco in ghiandole che si
aprono direttamente sulla superficie ed ha una componente ghiandolare molto
sviluppata.
I polipi che prendono origine da alcune mucose, quali quella intestinale, quella endometriale e quella nasale. Un altro tumore benigno dell'epitelio di rivestimento, anch'esso ad architettura vegetante, è il papilloma, che si distingue dal polipo perché dalla sua base d'impianto il peduncolo vascolo-connettivale si ramifica in varie direzioni con diramazioni periferiche molto sottili, rivestite da epitelio normale, conferendo alla neoformazione un aspetto arborescente. Non è raro il caso che i papillomi, in particolare quelli che prendono origine dall'epitelio transizionale della vescica, recidivino dopo asportazione o vadano incontro a trasformazione maligna, ed è per questa ragione che molti patologi considerano il papilloma vescicale una neoformazione potenzialmente maligna. Caratteristico è, per molti aspetti, il papilloma laringeo, del quale è stata riconosciuta l'eziologia virale per il fatto che, pur esibendo tutte le caratteristiche citologiche della benignità, ha un accrescimento talmente rapido da risultare in breve tempo di ostacolo al transito dell'aria respiratoria. Un'altra neoformazione benigna dell'epitelio di rivestimento cutaneo che si presenta rilevata sulla superficie cutanea è la verruca, della quale si conoscono diverse varietà, tra le quali quella definita volgare, che è ad eziologia virale. La cute può essere anche sede di tumori benigni e maligni, che originano dagli epiteli degli annessi cutanei (ghiandole sudoripare, ghiandole sebacee, follicoli piliferi). A tali tumori si riservano nomi particolari come idroadenoma, siringoadenoma, tricoepitelioma, cilindroma, idroadenocarcinoma, etc.
I tumori maligni dell'epitelio di rivestimento si presentano di solito,
microscopicamente, con un aspetto irregolare, caratterizzato da margini
sfrangiati, che si insinuano nel tessuto sano circostante e con varie forme;
alcuni, difatti, sono costituiti da una massa esofitica che emerge dalla
superficie, altri, invece, appaiono come un nodulo ed altri ancora come
un'ulcera. A tali tumori si dà il nome di epiteliomi o carcinomi.
Le due varietà più frequenti sono l'epitelioma basocellulare e quello
spinocellulare.
L'epitelioma basocellulare, o basalioma è così definito perché
costituito da cellule simili a quelle dello strato basale dell'epidermide, esso
insorge preferenzialmente nelle regioni del corpo scoperte. La definizione è
rimasta, anche se oggi si propende a ritenere che esso prenda origine dalla
trasformazione di cellule staminali epiteliali pluripotenti, in grado di
differenziarsi in strutture di vario tipo.
Esiste una forte discrepanza nel comportamento biologico di questi due tumori
epiteliali, in quanto il basalioma, pur essendo costituito da cellule
scarsamente differenziate, non dà quasi mai luogo a formazione di metastasi, ad
onta della sua marcata capacità invasiva nel derma, mentre l'epitelioma
spinocellulare, costituito da cellule differenziate, tanto che producono molta
cheratina, è fornito di una marcata capacità metastatizzante. Il grado di
differenziazione delle cellule di un tumore maligno, quindi, non sempre si
correla direttamente al comportamento biologico del tumore. I carcinomi basocellulare
e spinocellulare rappresentano i due aspetti più caratteristici
dei carcinomi, ai quali però si aggiungono numerosi altri quadri istopatologici
che sono oggetto di studio dell'Anatomia patologica.
Ai tumori benigni dell'epitelio ghiandolare si dà il nome di adenomi. Essi
riproducono, generalmente, in maniera abbastanza fedele l'architettura della
ghiandola di origine, anche se non sono rare le eccezioni. Per esempio, gli
adenomi della tiroide, oltre che a struttura follicolare (di tipo macro o microfollicolare), sufficientemente simile a quella della ghiandola normale,
possono essere anche di tipo embrionale, cioè esibire un'architettura che
ricorda quella della ghiandola nelle sue fasi di sviluppo prenatale (adenoma
trabecolare).
Tipi particolari di adenoma sono il cistoadenoma, nel quale le strutture
ghiandolari si dilatano formando strutture cistiche ripiene di secreto, nel
quale possono eventualmente immettersi strutture papillari provenienti
dall'epitelio che riveste le cisti (cistoadenomapapillifero).
Nelle giovinette si presenta con una discreta incidenza una neoformazione
mammaria benigna, il fibroadenoma, nel quale la proliferazione dell'epitelio
ghiandolare si associa ad un parallelo sviluppo del connettivo stromale. Il
fibroadenoma, di cui si conoscono una varietà pericanalicolare ed una
intracanalicolare, costituisce un esempio di tumore misto. Con questo termine
vengono indicati quei tumori alla cui costituzione partecipano cellule
provenienti da due, o anche più, tessuti diversi. Il tumore misto della
parotide, che ha un'architettura estremamente polimorfa, è costituito da dotti
ghiandolari bene differenziati secernenti mucina o anche materiale simile alla
colloide, ai quali frequentemente si associano strutture cartilaginee o ossee.
I tumori maligni dall'epitelio ghiandolare sono detti
adenocarcinomi quando esibiscono un certo grado di differenziazione, che si
manifesta con un indirizzo morfogenetico di tipo ghiandolare, in quanto le
cellule neoplastiche, che pur non sono esenti da atipie, formano strutture
acinose che ricordano quelle della ghiandola di origine. Quando, al
contrario, il grado di differenziazione è scarso, le cellule neoplastiche si
aggregano in strutture cordonali o insulari, che non hanno alcuna somiglianza
con strutture ghiandolari.
Una particolare forma di tumore epiteliale è il carcinoma in situ o carcinoma intraepiteliale, col qual termine si indica la presenza nel contesto di un
epitelio stratificato di rivestimento di cellule epiteliali atipiche che non
hanno superato la membrana basale.
Principali tumori benigni connetti vali e sarcomi blastici. |
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Tessuto di origine | T. benigno | T. maligno |
T. connettivo fibroso adulto | Fibroma | Fibrosarcoma |
T. connettivo embrionale | Mixoma | Mixosarcoma |
T. cartilagineo | Condroma | Condrosarcoma |
T. osseo | Osteoma | Osteosarcoma |
T. adiposo | Lipoma | Liposarcoma |
T. muscolare liscio | Leiomioma | Leio-miosarcoma |
T. muscolare striato | Rabdomioma | Rabdo-miosarcoma |
T. vascolare | Angioma | Angiosarcoma |
I tumori benigni del tessuto connettivo vengono indicati con una terminologia
particolare, costituita da un prefisso indicante (sia pure con riferimenti
etimologici) il nome del tessuto di origine seguito dal suffisso oma, come
riportato nella tabella.
Le eccezioni alla regola generale non sono rare, come avviene, per esempio, per
lo schwannoma, detto anche neurilemmoma, che origina dalla guaina di Schwann, e per il tumore
gigantocellulare dell'osso, detto anche osteoclastoma, e per il desmoide, che è
un tumore benigno delle aponeurosi. Inoltre il linfoma, ad onta del nome, è un
tumore generalmente fornito di un apprezzabile grado di malignità.
Gli aspetti citologici dei tumori connettivali benigni non si discostano da
quelli del tessuto di origine, sia per quanto riguarda le cellule che la
sostanza intercellulare da esse sintetizzata e secreta. E, difatti, difficile
individuare lo stroma dei tumori connettivali, perché esso si identifica con il
tessuto neoplastico stesso. Anche se alcuni istopatologi sembrano orientati ad
identificare lo stroma con la trama vascolare e col connettivo perivascolare, i
tumori connettivali vengono generalmente considerati istioidi, cioè costituiti
da un solo tessuto, a differenza di quelli epiteliali che sono detti organoidi,
perché in essi lo stroma è sempre ben distinguibile dall'aliquota parenchimale
rappresentata dalle cellule neoplastiche. Naturalmente non mancano le eccezioni:
il leiomioma, per esempio, ha uno stroma connettivale talmente evidente e ben
differenziato da venire definito quasi sempre nel linguaggio corrente fibroma.
Anche per la nomenclatura dei tumori maligni del tessuto connettivo si tiene in
gran conto il grado di differenziazione raggiunto dalle cellule neoplastiche. I
corrispettivi maligni dei vari tumori connettivali benigni vengono definiti nel
loro insieme sarcomi. E necessario, tuttavia, tenere presente che quelli nei
quali è riconoscibile, sotto l'aspetto delle caratteristiche microscopiche, il
tessuto di origine, perché esibiscono un evidente grado di differenziazione
morfologicamente apprezzabile, vengono indicati col nome del tessuto di origine
seguito dal suffisso sarcoma, come indicato nella tabella. I suddetti
sarcomi differenziati vengono anche detti blastici per
distinguerli da quelli indifferenziati, che sono detti anaplastici.
Questi ultimi, che sono neoformazioni ad elevatissimo grado di malignità, si
presentano al microscopio con una composizione cellulare che non trova riscontro
in alcun tessuto differenziato normale. Dei sarcomi anaplastici si conoscono tre
varietà, fusocellulare, rotondocellulare e pleomorfo, delle quali l'ultima è
considerata quella a più rapida evoluzione ed a più elevato grado di malignità.
La classificazione delle numerose varietà di forme neoplastiche del
sistema emopoietico è molto complessa ed in continuo aggiornamento, a causa del
continuo affluire di nuovi dati sulla caratterizzazione fenotipica delle cellule
neoplastiche, basata sull'identificazione di marcatori di membrana e sulla
presenza di aberrazioni cromosomiche, caratteristiche di molte forme, con la
conseguenza che la stessa nomenclatura è andata incontro a diverse
modificazioni.
I tumori maligni, che prendono origine dalla cellule emopoietiche progenitrici
del midollo osseo, sono definiti leucemie, mentre quelli che prendono origine
dai linfociti maturi sono definiti
linfomi.
Le leucemie sono processi neoplastici delle cellule emopoietiche con
compromissione della loro maturazione e, quindi, delle funzioni che gli elementi
maturi fisiologicamente esercitano. Esse hanno un'origine monoclonale: tra le
cellule progenitrici, che hanno subito la trasformazione neoplastica, una prende
il sopravvento moltiplicativo dando origine ad un clone abnorme, dal quale
possono derivare nel corso della progressione ulteriori subcloni. Due sono gli
errori cellulari fondamentali del processo leucemico: da un lato, l'abnorme
proliferazione, che è un fenomeno comune a tutte le neoplasie, e dall'altro il
blocco maturativo in una delle tappe di una determinata serie, che comporta
l'arresto della maturazione in una tappa precedente a quella terminale con
conseguente accumulo nel midollo osseo ed anche passaggio nel sangue di cellule
immature. Il decorso clinico è più grave nelle forme scarsamente differenziate, meno grave
in quelle più differenziate.
Una prima distinzione delle leucemie viene fatta in forme acute e forme
croniche.
Questa distinzione venne formulata sulla base dell'osservazione che alcune forme
conducevano molto rapidamente a morte i malati, mentre altre avevano un decorso
lento, anche se progressivamente ingravescente; attualmente, poiché gli
interventi terapeutici consentono una buona sopravvivenza anche dei pazienti
affetti da forme acute, il significato delle aggettivazioni va inteso nel senso
che, nelle forme acute, la cellula staminale emopoietica subisce il blocco
maturativo in uno stadio molto precoce, mentre, nelle forme croniche, il blocco
avviene in stadi più avanzati del processo differenziativo.
Le leucemie linfoidi derivano dalla trasformazione neoplastica di un progenitore
dei linfociti T o B e si distinguono anch'esse in acute e croniche non solo e
non tanto per il decorso quanto, come si è appena detto, in riferimento al grado
di differenziazione del progenitore linfoide da cui hanno preso origine.
Le leucemie mieloidi, anch'esse distinte in acute e croniche con lo stesso
criterio, vengono classificate sulla base della linea di differenziazione (monocitica,
megacariocitica, granulocitica).
Sotto il termine di eritroleucemie sono comprese quelle neoplasie che originano
in seguito alla trasformazione neoplastica di un progenitore della linea
eritroide.
Anche la classificazione dei linfomi è molto complessa. Una prima distinzione
divide i linfomi in due gruppi principali, che sono i
linfomi di tipo Hodgkin
(caratterizzati istologicamente dalla presenza di cellule multinucleate, dette
cellule di ReedSternberg) ed i
linfomi non Hodgkin o linfocitici, di cui si
conoscono diverse varietà.
I tumori plasmacellulari rappresentano un gruppo alquanto eterogeneo di
neoplasie della linea maturativa B, costituiti dalla progenie di una
plasmacellula, che ha subito la trasformazione neoplastica.
Tali tumori, noti anche col termine di plasmocitoma o di mieloma multiplo,
rappresentano l'esempio verosimilmente più chiaro delle neoplasie di origine
monoclonale e di tumori funzionanti, in quanto le cellule che li costituiscono
sintetizzano e secernono un eccesso dell'immunoglobulina prodotta dalla
plasmacellula progenitrice. Le immunoglobuline rilasciate dalle cellule
neoplastiche passano nel sangue, in cui sono svelabili con l'esame
elettroforetico del siero sotto forma di un picco globulinico omogeneo, indicato
come componente M (da Mieloma). Una varietà di mieloma è la macroglobulinemia di
Waldenstrom, caratterizzata dalla sintesi di IgM.
Molte volte, nel plasmocitoma la sintesi delle immunoglobuline è alterata, in
quanto le cellule tumorali producono e rilasciano nel sangue un eccesso di
catene leggere (proteina di Bence Jones), che, a causa del loro basso peso
molecolare, attraversano il filtro glomerulare e passano nell'urina. La proteina
di Bence Jones viene in parte riassorbita dall'epitelio tubulare che viene
danneggiato. Nel loro insieme i tumori plasmacellulari per la loro origine
monoclonale e per la loro capacità di sintetizzare e secernere la stessa
immunoglobulina secreta dalla cellula da cui derivano sono definiti "gammapatie
monoclonali".
Anche se non esiste una controparte benigna delle leucemie, sono note altre
patologie ematologiche caratterizzate dalla proliferazione incontrollata di
progenitori midollari, senza che ciò comporti un blocco della differenziazione.
Sotto il termine di
malattie mieloproliferative sono comprese un gruppo di
condizioni patologiche indotte dalla proliferazione incontrollata di uno o più
precursori mieloidi del midollo osseo, senza arresto del processo
differenziativo, con conseguente iperproduzione ed eccessiva immissione in
circolo di cellule mature ematiche (eritrociti o leucociti) o piastrine. Questi
disordini, la cui eziologia non è stata identificata, sono spesso associati a
splenomegalia. Le principali forme sono le seguenti:
a) Policitemia vera (o rubra), caratterizzata dalla espansione della serie eritroide, che comporta un aumento, spesso considerevole, degli eritrociti
circolanti e del loro contenuto in emoglobina, talora associato ad aumento dei
granulociti e delle piastrine, fenomeno quest'ultimo indicativo dell'origine staminale della malattia, che in una piccola percentuale di casi, può
evolvere in leucemia acuta. La policitemia può essere secondaria ad una
inappropriata secrezione di eritropoietina ed in questo caso non è mai associata
ad aumento di leucociti e di piastrine.
b) Trombocitemia essenziale. E una rara malattia, caratterizzata da iperplasia megacaricocitaria midollare e da iperproduzione di piastrine, la cui
concentrazione nel sangue può superare il milione/mm3.
c) Mielofibrosi, caratterizzata da progressiva e diffusa fibrosi del midollo
osseo, frequentemente associata a emopoiesi extramidollare (epatica e/o
splenica), che determina la comparsa di epatosplenomegalia. Si ritiene che la
fibrosi midollare dipenda da un'eccessiva stimolazione dei fibroblasti operata
dal PDGF e da altri fattori di crescita secreti dai megacariociti e dalle
piastrine.
Le sindromi mielodisplastiche costituiscono un altro gruppo di malattie
ematologiche dovute alla proliferazione della cellula staminale midollare
multipotente e caratterizzate da un progressivo deficit funzionale del midollo,
che comporta alterazioni qualitative e quantitative delle cellule midollari e di
quelle delle linee ematiche, cioè anemia, piastrinopenia, leucopenia, o varia
combinazione di queste tre forme, e presenza di blasti.
Il minimo comune denominatore delle varie forme, per la cui descrizione si
rimanda al Capitolo 30, è dato dall'inefficace emopoiesi: ad onta della molto
frequente ipercellularità midollare, poche cellule giungono a maturazione a
causa dell'apoptosi da cui sono colpite. Sono state identificate diverse
anomalie citogenetiche. L eziologia non è nota ed il rischio di evoluzione
leucemica è pronunziato.
Si distinguono in benigni e maligni. I primi, detti nevi, vengono considerati
più che tumori benigni, amartomi, cioè neoformazioni risultanti dall'accumulo
casuale di più tessuti. I nevi sono di solito presenti alla nascita o si
manifestano nei primi anni di vita.
Il nevo nevocitico, comunemente detto neo, deriva dal melanocita, che è la
cellula produttrice del pigmento melanina, che prende origine dalla cresta
neurale per poi migrare verso lo strato basale dell'epidermide. La diffusione
dei nei è tale che gli stessi non solo rappresentano una condizione fisiologica
ma, in alcune epoche, sono stati considerati anche ornamentali, tanto che le
persone, con l'ausilio di cosmetici, se ne creavano di artificiali, soprattutto
in corrispondenza del volto. Il nevo nevocellulare si può presentare come tale
oppure associato a piccole malformazioni del sistema pilosebaceo limitrofo.
Nel nevo giunzionale, invece, i melanociti, definiti anche cellule neviche, si
accumulano inizialmente in corrispondenza della giunzione tra epidermide e derma
e tendono col tempo a migrare verso il derma. In questa sede essi costituiscono
degli agglomerati di varie dimensioni ed esibiscono fenomeni di iperplasia. Si può formare, in conseguenza della suddetta migrazione, il nevo
intradermico, che, di solito, resta quiescente e solo occasionalmente dà luogo a
manifestazioni che debbono essere attentamente valutate. Tra queste
manifestazioni, quella che riveste importanza è la cosiddetta attività
giunzionale, nel corso della quale le cellule iniziano a proliferare più
intensamente.
I tumori maligni derivanti dai melanociti prendono il nome di melanomi. Essi possono formarsi sia su preesistenti nevi sia in zone dell'organismo
che ne sono sprovviste.