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La clinica della iponatremia,  associata ad ipo ed iperosmolarità

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Iponatremia

Esistono in clinica delle condizioni rappresentate dalla deplezione di volume, per es. per disidratrazione del paziente, che perde acqua oppure acqua e sodio, durante episodi ictali, quando resta in coma ed il riflesso della sete è ridotto, perche il nucleo sopraottico e paraventricolare, quindi i sensori della osmolarità che muove acqua e sodio sono alterati in questa evenienza, oppure durante vomito e diarree profuse, il diabete con la poliuria.

Ricordiamo che nell'anziano la quota corporea di acqua costituisce all'incirca il 45% del peso corporeo.

L’acqua, infatti, rappresenta il costituente principale dell’organismo ed è possibile osservarne alcune variazioni quantitative in base al sesso e all’età.

La stima totale dell’acqua corporea è calcolata come una frazione del peso corporeo, la quale risulta essere 0,6 nel bambino e nel maschio adulto, 0,5 nella femmina e nel maschio anziano e 0,45 nella femmina anziana. In altre condizioni all'opposto, viceversa,  occorre prestare attenzione perché abbiamo un'alterazione renale: il soggetto beve molto, essendo stimolato dai parenti, ma il problema è che spesse beve a dismisura, rispetto alla sua condizione di scompenso cardiaco e di insufficienza renale, per cui occorre evitare l'iperidratazione, cioè l'accumulo di acqua. Lo stesso accade nella sindrome nefrosica ed insufficienza renale o nella cirrosi.

Cosi come facciamo per la disidratazione anche l'iperidratazione va combattuta. Quando pensiamo alla condizione di disidratazione, dobbiamo tenere conto dei meccanismi che la determinano: poliuria, febbre, vomito, diarrea, diabete mellito, diuretici dell'ansa, incapacità a concentrare il rene, riduzione del meccanismo della sete, impossibilità di accesso all'acqua. La patologia più importante di disidratazione è il diabete insipido.

La sintomatologia, in questi casi, è un'alterazione dello stato di coscienza, la sincope, che si manifesta  sempre come sintomo di disidratazione, non interessa altri organi ma è a livello centrale che si causa la morte, per la sofferenza del tessuto nervoso che ne deriva. I segni da apprezzare nel soggetto disidratato sono le giugulari afflosciate, i bulbi oculari molli, se facciamo la prova a comprimersi col dito che palpa, la lingua asciutta, emissione di scarse urine ipercromiche, ma, soprattutto, osservando l'ematocrito questo può presentarsi nell'anziano sopra 55%,  a significare che stiamo valutando una condizione di disidratazione severa mentre, in genere,  per carenza di eritropoietina ci saremmo aspettati piuttosto una carenza di globuli rossi, ed un ematocrito basso; qua, al contrario, in un paziente asciutto,  abbiamo che la quota d'acqua è ridotta, ed un altro marcatore da cercare oltre la natremia, è la creatininemia alta: sodio elevato e creatinina elevata perchè il soggetto va incontro a deplezione di volume da perdita di acqua.

Il sodio come si riassorbe

Il riassorbimento di sodio a livello tubulare gioca un ruolo cruciale nel controllare l’escrezione di sodio dall’organismo e nella regolazione a lungo termine appare di importanza superiore rispetto alla velocità di filtrazione glomerulare, che è funzione del meccanismo di regolazione operato dall’attività dei barorecettori localizzati a livello del seno carotideo, dell’arco aortico, delle vene e degli atri.

Il riassorbimento di acqua a livello del tubulo prossimale appare direttamente proporzionale al volume filtrato. Questo fenomeno, che prende il nome di "equilibrio glomerulo tubulare", si oppone in tal modo all’eccessiva perdita di sodio in condizioni di iperfiltrazione glomerulare. L’equilibrio glomerulo tubulare costituisce in effetti una seconda linea di difesa contro l’eccessiva perdita di sodio in condizioni di iperfiltrazione glomerulare. Il maggior determinante del riassorbimento tubulare del sodio è rappresentato dall’aldosterone il quale, a livello del dotto collettore, determina il passaggio di sodio dal lume tubulare alla cellula causando una diminuzione del potenziale transmembrana che induce un flusso di ioni positivi, come potassio e idrogenioni, all’interno del tubulo. La quota di sodio che giunge nella zona di attività dell’aldosterone (dotto collettore) è apparentemente esigua (2% del sodio filtrato) ma, tenendo conto dell’enorme volume del filtrato glomerulare (180 L/die), è possibile considerare che tale ormone controlli una quantità di circa 500 mmol/die di sodio (approssimativamente 30 grammi di NaCl), nettamente superiore alla quota introdotta normalmente con la dieta. Tra i fattori che intervengono nel riassorbimento sodico il peptide natriuretico atriale (ANF) appare di notevole rilevanza. Tale fattore, rilasciato dalla parete degli atri cardiaci in condizioni di espansione del volume plasmatico, è in grado di agire sull’escrezione di sodio urinario attraverso l’aumento della GFR e la riduzione del riassorbimento sodico tubulare. Inoltre l’ANF è capace di ridurre l’attività dell’asse renina-angiotensina-aldosterone (RAA) causando un aumento indiretto dell’escrezione di sodio.

Approccio al paziente con ipo ed ipernatremia

Approccio all’iponatremia Il primo passo nella valutazione di un paziente con iponatremia è la valutazione dell’osmolarità plasmatica, che nella maggior parte dei casi si presenta ridotta (16, 17). La concentrazione plasmatica del sodio infatti, rappresenta la componente più importante nel determinare il valore dell’osmolarità, che viene calcolata con la seguente formula: Osmolarità = 2 x [Na+] (mmol/L) + urea (mmol/L) + glucosio (mmol/L).

 Poiché la concentrazione plasmatica dell’urea e del glucosio viene normalmente espressa in mg/dL è necessario correggere tale formula tenendo conto del peso molecolare dei suddetti composti (urea = 28 d, glucosio = 180 d). Quindi: Osmolarità = 2 x [Na+] (mmol/L) + urea/2,8 (mg/dL) + glucosio/18 (mg/dL)

es. paziente con 135 mEq/l , 60 di urea, 150 di glicemia, allora  2 x 135 + 60/2,8 (mg%)+150/18

sostituendo avremo: 270+21,42+8.3=299.72, dunque un paziente con iponatremia ipotonica.

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Se parliamo di iponatremia ed ipernatremia dobbiamo perciò tenere conto anche di tonicità ed acqua extracellulare. Le patologie che sottendono all'iponatremia,  (iponatremia significa sotto i 135 mEq/L di sodio) si possono correlare o meno ad accumulo di acqua. Nelle iponatremia ci può essere, cioè, accumulo di acqua ed il sodio risulta basso perchè è diluito in una maggiore quantità di acqua ed il valore ridotto, cioè, è funzione della quantità di acqua. L'iponatremia la troviamo nel 10-15% dei pazienti ricoverati; ma quando c'è iponatremia, possiamo avere anche condizioni correlate ad errore di laboratorio (pseudoiponatremia).

Sopra il paziente anasarcatico, con arti elefantiasici, sotto il paziente asciutto che non beve, perde sodio con vomito e diarrea, è diabetico, ha febbre e perde acqua.

Anche ad "occhio clinico" è possibile avere un'idea di a) pazienti con iperidratazione, cioè paziente in stato anasarcatico, con iponatremia (per s. sodio 115 mEq/l) ma al contempo che presenta edemi declivi, segni di congestione del piccolo circolo, crepitii all'auscultazione, insomma il classico paziente "pieno d'acqua"; b) paziente disidratato, all'opposto,  che si presenta asciutto e secco, senza liquidi,  ma sempre con 115 mEq/l di sodiemia. In questo ultimo esempio anche se la condizione di iponatremia è presente, viceversa è differente la volemia e l'acqua extracellulare. E così la terapia è completamente all'opposto rispetto alla prima tipologia di soggetti.

Dal punto di vista della cura, la prima tipologia dei pazienti, quelli anasarcatici, se aggiungiamo acqua e sodio, avremo che tale paziente si "gonfierà" ulteriormente ed occorrerà rimuovere l'acqua in eccesso; viceversa è diverso, il concetto terapeutico per il paziente che ha perduto acqua, dove la iponatremia si associa ad ipovolemia. Se è presente iponatremia ipotonica, è necessario effettuare un attento esame clinico per stimare il volume di fluido extracellulare e poter così classificare il paziente come ipovolemico, euvolemico o ipervolemico anche se la sensibilità del solo esame obiettivo è, secondo alcuni autori, limitata. è un concetto di osmolarità, cioè quante sono le particelle osmoticamente attive? Come si fa a stabilire la tonicità?

è rappresentata dalla formula di prima: 2 x Na+ glicemia + urea, perchè sono elementi che non attraversano la membrana e creano l'osmolarità. La vera misura della osmolarità si deve fare con un apparecchio un osmometro che ci da la vera tonicità.

Iponatremia ipo-osmolare

Si associa a ipovolemia. I segni clinici da ricercare per definire un paziente ipovolemico sono la sete, la secchezza delle mucose e del cavo ascellare, la cute sollevabile in pliche sottili, le giugulari piane a 30°, la tachicardia, l’ipotensione posturale, le urine ipercromiche, la riduzione del volume urinario e della pressione venosa centrale, mentre gli esami ematochimici possono essere utili per identificare una emoconcentrazione (aumento dell’ematocrito e delle proteine totali) oppure un quadro di lieve insufficienza renale pre-renale (rapporto urea/creatinina > 40). In questi pazienti si assiste a un deficit di acqua accompagnato a un deficit di sodio che appare però predominante. La ridotta tensione nella parete vasale rilevata dai barocettori conduce a un aumento del tono simpatico. Questo fenomeno, attraverso una riduzione della perfusione renale, produce un aumento delle concentrazioni plasmatiche di renina e angiotensina II, le quali da un lato inducono un aumento del riassorbimento di acqua e sali a livello del tubulo prossimale, causando una riduzione della capacità del rene di eliminare acqua libera, e dall’altro inducono un incremento della sete con introduzione di acqua povera di sali. La misurazione della concentrazione urinaria di sodio risulta molto utile per differenziare le perdite di sodio renali da quelle extrarenali. In condizioni di normosodiemia l’escrezione urinaria di sodio varia in un intervallo compreso tra 130 e 200 mEq/24h ma, in corso di iponatremia, a causa dell’avida ritenzione di sodio da parte del nefrone, la sodiuria non dovrebbe superare i 10 mEq/L. Possiamo quindi concludere che, in presenza di basse concentrazioni urinarie di sodio (< 10 mEq/L), le perdite siano di natura extrarenale mentre con valori più elevati sia il rene a disperdere sodio.

Iponatremia iperosmolare

 è noto che l’incremento della tonicità che si ottiene in seguito all’accumulo di soluti non elettrolitici ma osmoticamente attivi trasferisce acqua dal compartimento intra- a quello extracellulare, con pericolosa diluizione del sodio plasmatico. La causa più comune di questo fenomeno è rappresentata dall’iperglicemia, in cui la sodiemia si abbassa proporzionalmente all’aumento del contenuto plasmatico di glucosio.  Cioè che vuol dire ipotonico o ipertonico, meno sodio vuol dire meno osmolarità però ci sono dei casi in cui la ipotonicità non ce l'abbiamo. Per esempio noi diciamo: hai un paziente con sodio 120, facciamo l'osmolarità: hai il sodio 120 mEq/l, applico la formula 2x120+urea/2.8+glucosio/18, e, per es. arriviamo ad un valore di 320, come mai, perchè il glucosio è aumentato e falsa il valore del calcolo nel diabetico scompensato. Un aumento del glucosio per valori di 100 mg/dl, riduce il valore del sodio di circa 2 mEq/l, questa è una condizione di iponatremia ma ipertonica perchè c'è molto glucosio in circolo che falsa i valori della natriemia ed al contempo che crea una tonicità accresciuta. Lo stesso nelle urine di un diabetico che elimina glucoso, abbiamo urine iperosmolarità di 130-140 quadro iperosmolare, perchè il diabetico ha poliuria, diuresi perchè il glucosio arriva nel tubulo contorto prossimale, supera il tubular maximum (massima capacità di riassobire glucosio) che se è superato, il glucosio si trova nei tubuli successivi, trattiene l'acqua con sè e crea la condizione di poliuria: il paziente urina sempre, è questo, insieme alla polidipsia, è segno iniziale del diabete. Il paziente ha dunque molta sete e beve per cercare di mantenere l'osmolarità normale, essendoci molta diuresi (poliuria); una condizione di polidipsia secondaria è, invece, associata alla potomania dello psicotico,  una patologia di pertinenza psichiatrica. In questa condizione l’omeostasi del sodio è solitamente conservata o minimamente alterata fino a quando l’introito giornaliero di acqua non raggiunge i 12-15 litri.  Poi abbiamo la iponatremia isotonica, il sodio è basso, supponiamo di avere 125 mEq/l, ed una osmolarità di 290, allora ragioniamo: se il sodio è basso dovrebbe essere (125x2) 250 + glicemia+urea, non arriviamo a tale valore. Come può essere? Perchè se un signore è stato operato, per es. alla prostata e si crea emorragia il sangue si ferma nella vescica, si mettono delle soluzioni, cioè dei fluidi isotonici, sono sacche grandi per evitare il coagulo, questi farmaci sono privi di sodio ed i pazienti perdono il sodio con le urine. L'iponatremia si associa cosi a tonicità normale. Esiste però anche psuedoiponatremia che dipende da un errore di laboratorio, noi ce l'abbiamo in 2 patologie, nelle gravi dislipidemie e nei mielomi, nei tumori midollari ematologici delle plasmacellule che producono frammenti di gammaglobuline, per cui la macchina dosa male il sodio, e lo stesso nella iperprotidemia della macroglobulinemia di Waldenström.

Iponatremia ipo-osmolare associata a euvolemia

L’iponatremia nel paziente euvolemico risulta dall’incremento dell’acqua totale corporea associato a minimi cambiamenti nel sodio totale. Nella maggior parte dei casi l’incremento dell’acqua totale corporea produce una piccola espansione del volume plasmatico e una modesta natriuresi. In questa condizione il volume plasmatico è quindi sempre aumentato anche se all’esame clinico il paziente risulta euvolemico. La genesi dell’iponatremia associata a euvolemia clinica può essere determinata da: ipotiroidismo, deficienza di glucocorticoidi, sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH) e polidipsia psicogena.

Criteri per la diagnosi di sindrome da inappropriata secrezione di ADH (SIADH)

Criteri essenziali 1. Osmolarità plasmatica < 270 mOsm/kg 2. Urine inappropriatamente concentrate (UOsm > 100 mOsm/kg) 3. Paziente clinicamente euvolemico 4. Elevata sodiuria (> 20 mmol/L) 5. Precedente esclusione di ipotiroidismo e di deficit di mineralcorticoidi

La sindrome più interessante è la sindrome da inappropiata secrezione di ormone antidiuretico, cioè si trova in circolo ADH quando non ci deve essere; la pressione è normale, ma si determina accumulo di acqua perché c'è inappropriata secrezione di ormone ADH rispetto alla osmolarità e tale condizione rappresenta il 40% delle iponatremie ipotoniche: per arrivare alla diagnosi, noi la facciamo la osmolarità urinaria che dovrebbe essere inferiore a 100, ci dovrebbe essere una quantità di sodio più importante, perche? Perchè viene assorbita più acqua da parte dell'ormone ADH assorbe acqua di più, il sodio è aumentato, la funzione surrenalica e tiroidea sono normali, noi abbiamo un sodio di 120 mEq/l ed una osmolarità urinaria che è inferiore a 100, cioè c'è più sodio nelle urine, l'ADH è tante volte normale, ma il problema è il recettore del tubulo collettore che è più sensibile all'ADH (ipotesi) e fa riassorbire tramite l'acquaporina 2, carica acqua e passa attraverso l'acquaporina 3 e 4 e fa riassorbire il sodio. Le cause sono neoplasie, disordini neurologici e malattie polmonari, è una diagnosi che possiamo fare attraverso la raccolta della anamnesi, le neoplasie sono la causa delle neoplasie, nonche le polmoniti, pneumotoraci, tumori gravi. Queste sono le patologie da inappropriata secrezione.
Cause nefrogeniche, per alterazione del sensore renale che sente per patologia nefrogenica più ormone e tende a riassorbire; da farmaci, e qua c’è un altro capito, sono gli oppiodi, gli inibitori del reuptake della serotonina, la bromocriptina, gli antidepressivi, l’ectasy, i fans, la morfina, le sulfoniluree, ciclofosfamide, gli inibitori della pompa protonica fanno la stessa cosa dell’ADH, si attaccano al recettore, stimolano e diventano modulatori del recettore ed ass. La Cerebral Sodium Hosting sindrome dopo interventi neurochirurgici sul cervello, per es. per emorragia cerebrale ed abbiamo iponatremia ipotonica, con inappropriata osmolarità urinaria, aumental’escrezione urinaria di sodio, cioè la SIADH, nella SIADH, cioè il volume è normale, qua invece iponatremia ed ipovolemia, quindi è diversa la condizione rispetto alla SIADH. Qua facciamo idratazione con soluzione fisiologia, nella SIAD, invece, facciamo restrizione idrica perché in questo caso c’è accumulo di acqua. Altra alternativa è rappresentata dai diuretici, che chiameremo acqua retici, o VAMP.

Guardate l’aspetto clinico: nella iponatremia dobbiamo pensare al valore della concentrazione del sodio e poi dalla rapidità di insorgenza, se il processo è acuto o cronico. In questi casi si attivano dei sistemi di adattamento, nell’iponatremia il sodio è dentro la cellula, abbiamo rigonfiamento cellulare, perché fuori è iponatremia, dentro le cellule cerebrali c’è ipernatremia ed entra acqua e crea edema, questo edema induce una stimolazione cerebrale da parte di sostanze, sono neuroosmoli che cercano di evitare questo rigonfiamento delle cellule cerebrali. A seconda delle iponatremia ci sono i sintomi. Se la iponatremia è di meno di 120 mEq/l si determina letargia, anoressia, nausea, crambi, debolezza muscolare, se il valore è sotto 110 sonnolenza, estensione, convulsione, coma e morte del paziente. Il problema della iponatremia non è solo nella diagnosi, ma anche la rapidità, non è possibile modificare troppo rapidamente l’osmolarità e la sodiemia, perché possiamo avere un quadro di correzione troppo rapida.  L’organismo da solo cerca di adattarsi e perciò esce potassio neuroosmoli, se noi carichiamo più sodio per cui dalla iponatrema si passa alla ipernatrenia, si ha mielinolisi pontina centrale, che determina afasia, disartria, quadri di paresi spastica, paralisi parieto-bulbare, parkinsonismo, morte. La correzione acuta dell’iponatremia deve cessare prima del raggiungimento di valori plasmatici fisiologici di sodio. è infatti raccomandato che l’interruzione avvenga al raggiungimento di uno dei seguenti obiettivi:

• cessazione delle manifestazioni pericolose per la vita
• raggiungimento di una sodiemia ≥ 120 mmol/L
• correzione della sodiemia di 8 mmol/L/24 h
• correzione della sodiemia di 20 mmol/L/48.


 Il rischio di danno cerebrale non è solamente correlato all’entità della correzione ma appare strettamente legato anche alla velocità con cui questa viene effettuata. Attualmente viene considerato ottimale un incremento della sodiemia di 1-2 mmol/L/h nel primo periodo di trattamento seguito da una  riduzione di tale velocità nelle ore successive. Per calcolare la velocità appropriata con cui correggere l’iponatremia sono a disposizione alcune semplici formule che utilizzano come parametri l’acqua totale corporea e la frazione di correzione desiderata. Velocità di correzione = acqua totale corporea x correzione desiderata. Come precedentemente descritto, l’ammontare dell’acqua totale corporea è rappresentata dal prodotto del peso corporeo per un coefficiente che risulta essere 0,6 nel bambino e nel maschio adulto, 0,5 nella femmina e nel maschio anziano e 0,45 nella femmina anziana. Per esempio la velocità di correzione in un uomo di 79 anni che pesa 66 kg, in cui si desidera incrementare la sodiemia di 1 mmol/L/h sarà: (66 x 0,5) x 1 mmol/h = 33 mmol/h Se viene utilizzata una soluzione salina al 3% (contenente 513 mmol/L di NaCl) sarà necessaria una velocità di 64 mL/h per ottenere l’incremento prestabilito.

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