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Per anni non abbiamo avuto linee guida valide circa il trattamento della malattia ipertensiva. Viceversa nel 2003-2007 e nel 2013, la Società Europea di Ipertensione arteriosa (ESH) e la Società Europea di Cardiologia (ESC) hanno iniziato a tracciare delle linee sul trattamento dell'ipertensione, con l'intento di fornire educazione e raccomandazioni nel difficile campo che è quello del trattamento del paziente iperteso. E' a tutti noto che, misurando la pressione col manometro, esiste una pressione massima o sistolica ed una minima o diastolica, che normalmente dovrebbe essere intorno a <120 mmHg/< 80, rispettivamente per la sistolica e la diastolica. Infatti se gonfio il bracciale dello sfigmomanometro mentre guardo l'ago che segna i valori della pressione, ad un certo punto si sviluppa una pressione nella camera d'aria del bracciale tale che si blocca il flusso di sangue del braccio: quello è il valore della pressione massima.
E' possibile apprezzare la pressione massima anche per il fatto che il polso non è più percepito dal dito indice del soggetto che misura, per es. il medico o l'infermiere; parimenti chi ha posizionato il fonendoscopio sotto il bracciale, per il fatto che è bloccato il flusso arterioso, questi non percepisce più i toni di Korotkoff; per convenzione si dice massima la pressione valutata che corrisponde al primo tono di Korotoff e minima quella che corrisponde all'ultimo tono. E' pur vero che l'ago del manometro oscilla ad ogni pulsazione durante la misurazione tra la pressione massima e quella minima (o pressione pulsatoria). Ma il medico di che cosa si preoccupa? Perchè è data importanza se la pressione tra massima e minima si discosta di parecchio? Come mai ci si preoccupa della minima? E poi, come curare un paziente iperteso?
Dagli studi attuati è emerso che:
Maggiore importanza - è data alla pressione diastolica elevata, ai fini dell'instaurarsi di malattie cardiovascolari ed insorgenza di ictus;
- La pressione pulsatoria (sistolica meno diastolica), identificabile cioè nella differenza tra pressione massima e minima è responsabile anch'essa di danno d'organo, che generalmente è considerata "normale", ma non ci sono studi precisi, intorno ad un massimo di 50 mmHg
- I valori di pressione sistolica e diastolica elevati sono ugualmente correlabili ad eventi cardiovascolari, vasculopatia cerebrale ed insufficienza renale.
Alla luce dei vari trials possiamo dare per ottimali i valori tra 115-110 e 75-70 mmHg, ma stiamo parlando del sesso degli angeli! Allora facendo riferimento sulle linee guida ESH/ESC diremo:
pressione arteriosa sitolica in mmHg - pressione arteriosa diastolica in mmHg
Ottimale <120 e <80
Normale 120-129 e/o 80-84
Normale-alta 130-139 e/o 85-89
Ipertensione di grado 1
140-159 e/o 90-99
Ipertensione di grado 2
160-179 e/o 100-109
Ipertensione di grado 3
> 180 e/o >110
Ipertensione sitolica isolata
> 140 e <90
Serve, perché il medico parte da questi concetti e riesce a calcolare e stratificare il rischio di eventi patologici per il paziente. In parole povere, se sono iperteso, se ho una pressione massima >180 mmHg o una PAD > 110, allora con certezza matematica andrò incontro prima io poi a malattia renale e cardiovascolare (CV), cioè la probabilità che io ammali si accresce notevolmente.
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Se poi alla pressione si aggiungono altre patologie come la dislipidemia ed il diabete, allora la necessità di tenere i valori pressori più bassi possibili diventa imperativa. Perciò tutti i pazienti ipertesi dovrebbero essere classificati non solo sulla base del grado di ipertensione arteriosa ma anche sulla base del profilo del rischio cardiovascolare globale, valutando la presenza di fattori di rischio, di danno d'organo e di malattie concomitanti. Perciò nonostante il dosaggio dei farmaci e l'obiettivo prefissato per raggiungere un ottimale compenso, occorre prescrivere farmaci adeguati per arrivare a raggiungere un ulteriore abbassamento dei valori pressori, che vada oltre i valori considerati normali se concomitano questi fattori di rischio che aggravano la prognosi. Stante così i fatti, possiamo affermare che esistono per certo dei soggetti ad alto rischio cardiovascolare con pressione sistolica > 180 mmHg e/o diastolica > 100 mmHg, o con pressione sistolica più bassa, cioè di 160 mmHg ma con valori diastolici < 70 mmHg, quindi con elevato gap pulsatorio. Vengono quindi i diabetici ed i pazienti con sindrome metabolica ed i pazienti che hanno 3 o più fattori di rischio cardiovascolari o uno o più marcatori di danno d'organo subclinico, come già detto sopra (ipertrofia del miocardio accertata con ecg o con ecocardiografia, alterato rilasciamento diastolico del miocardio, che rappresenta una specie di "scompenso" cardiaco in nuce, un incremento della creatinina sierica, la microalbuminuria e le malattie cardiovascolari e renali insieme) per i quali i l'obiettivo è quello di raggiungere valori pressori più bassi possibile. Infatti si è visto che riducendo di 10 mmHg la pressione arteriosa, il rischio di ictus e di eventi cardiovascolari si riduce del 25-30%. Basta poi confrontare le tabelle, cercare le caselle corrispondenti al caso clinico in argomento e valutare il colore della casella confrontandolo con quella di cui sopra, piu' piccola per valutare il rischio globale di ammalare di un evento. Poi si è visto anche che alcuni farmaci sono indicati per la prevenzione dell'ictus, per esempio i calcioantagonisti (amlodipina, nifedipina, ), mentre gli ACE-inibitori (ramiprilato, enalapril, lisinopril) per la malattia coronarica, per l'ipertrofia del miocardio; ottimi anche i sartani, per esempio nei pazienti con proteinuria (candesartan è stato messa a confrontocon enalapril), ottimi per l'ipertrofia miocardica, indicati anche nei pazienti con fibrillazione atriale.
Se siete ipertesi e poi altri fattori aggravano la vostr a patologia,
dovete intervenire con decisione per risolvere i fattori che implementano il
rischio cardiovascolare. Mi spiego: supponiamo che già siete ipertesi, ma se
anche siete diabetici, se fumate, dovete venire da un Medico x Tutti
e curare bene il vostro diabete per non implementare il vostro rischio già
elevato per sviluppare un accidente cardiovascolare, per es. icuts o infarto.
- Pressione alta sistolica e diastolica
- Ispessimento della parete della carotide > 0,9 mm o placche ateromasiche La cura della pressione arteriosa deve tenere conto di numerosi fattori, per
essere condotta in maniera più o meno incisiva.
Elenco
dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari
- Pressione pulsatoria
- Età > 55 anni per i maschi e > 65 anni per le fmmine
- Abitudine al fumo
- Dislipidemia : colesterolo totale > 190 mg%; C-LDL > 115 mg%; C-HDL < 40 mg%
per i maschi e 46 per le femmine; Trigliceridi > 150 mg%
- Glicemia a digiuno > 125 mg%
- Glicemia da carico alterata (cfr diabete)
- Obesità addominale con circonferenza girovita > 102 per i maschi e > 98 cm per
le femmine
- Familiarità per malattie CV precoci
- Diabete mellito con glicemia a digiuno > 126 mg% e post-prandiale > 198 mg%
- Danno d'organo subclinico
- Evidenza di ipertrofia del miocardio sia all'ecg con indice di Sokolow-Lyon >
38 mm
- Velocità dell'onda di polso carotideo-femorale > 12 m/s
- Indice pressorio cioè rapporto pressorio arti inferiori/superiori < 0.9
- Incremento della creatinina plasmatica Maschi 1.3-1.5 e femmine 1.2-1.4 mg%
- Riduzione del filtrato glomerulare < 60 ml/min
- Microalbuminuria 30-300 mg/24 ore
- Malattie CV o renali conclamate nel diabetico
- Malattie cerebrovascolari: ictus ischemico, emorragico o attacco ischemico
transitorio
- Malattie cardiache:infarto del miocardio, angina, rivascolarizzazione
coronarica, scompenso cardiaco
-malattie renali: nefropatia diabetica, insufficienza renale, proteinuria > 300
mg/24 ore
- vasculopatia periferica
- retinopatia avanzata: emorragie o essudati e papilledema
Pressione, quando curarsi e come curarsi?