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Altri effetti indesiderati dei farmaci antineoplastici: vomito, tossicità midollare

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cfr altri effetti indesiderati da farmaci antineoplastici

Come prevenire e curare nausea e vomito in corso di chemioterapia?

La nausea e il vomito disturbano molti pazienti sottoposti a trattamento chemioterapico e, in misura minore, quelli che vengono sottoposti a radioterapia addominale. Ciò può indurli a rifiutare ulteriori trattamenti. I sintomi possono essere acuti (entro le prime 24 ore dal trattamento), tardivi (oltre le 24 ore dal trattamento) o anticipatori (ancor prima della somministrazione successiva). Rispetto ai sintomi acuti, il controllo di quelli tardivi e anticipatori è molto più difficile. Le donne, i pazienti con meno di 50 anni, gli ansiosi e quelli che soffrono di chinetosi sono i più colpiti da questi disturbi. La sensibilità aumenta anche in caso di esposizione ripetuta al farmaco citotossico. I farmaci antineoplastici possono essere suddivisi in base alla loro capacità di causare il vomito, ma i sintomi variano anche in funzione della dose, della somministrazione contemporanea di altri farmaci e della suscettibilità individuale:

•trattamenti scarsamente emetici: fluorouracile, etoposide, metotrexato (dose inferiore a 0,1 g/m2), alcaloidi della vinca e radioterapia addominale;
•trattamenti moderatamente emetici: taxani, doxorubicina, dosi medio-basse di ciclofosfamide, mitoxantrone e alte dosi di metotrexato (0,1-1,2 g/m2);
•trattamenti altamente emetici: cisplatino, dacarbazina e alte dosi di ciclofosfamide.

Sintomi acuti

Nei pazienti con basso rischio di emesi è spesso efficace il pretrattamento con domperidone oppure, negli adulti sopra i 20 anni, con metoclopramide da prolungare fino alle 24 ore successive alla chemioterapia. Se la metoclopramide o il domperidone non sono abbastanza efficaci si possono aggiungere il desametasone (6-10 mg per bocca) o il lorazepam (1-2 mg per bocca). Per i pazienti ad alto rischio di emesi o quando altri trattamenti sono risultati inefficaci, si impiega un antagonista della serotonina, spesso associato a desametasone; l'aggiunta di aprepitant, antagonista dei recettori della neurochinina 1, può migliorare il controllo della nausea e del vomito causati dalla terapia con cisplatino.
 

Sintomi tardivi

II desametasone è il farmaco di scelta per la prevenzione dei sintomi tardivi; è usato da solo o con metoclopramide o proclorperazina. Gli antagonisti della serotonina possono essere meno efficaci sui sintomi tardivi.

Sintomi anticipatori

Il buon controllo dei sintomi è il modo migliore per prevenire quelli anticipatori. L'aggiunta di lorazepam (per es. tavor) alla terapia antiemetica è utile per i suoi effetti amnesici, sedativi e ansiolitici.

Vomito da antineoplastici

ANTAGONISTI DELLA SEROTONINA (ANTI 5HT3) E DELLE NEUROCHININE

Dolasetron, granisetrone, ondansetrone e tropisetron sono antagonisti dei recettori 5HT3 della serotonina a livello centrale e gastrointestinale. Hanno un ruolo importante nel controllo della nausea e del vomito post operatori e nei pazienti che assumono farmaci citotossici. Il palonosetron è registrato per la prevenzione della nausea e del vomito associati a chemioterapia citotossica moderatamente o forte­mente emetica.

 ANTAGONISTI DEI RECETTORI DELLE NEUROCHININE

L'aprepitant è autorizzato in Italia per prevenire la nausea e il vomito acuti e tardivi indotti dalla chemio­terapia con cisplatino; è somministrato in associazio­ne con desametasone e antagonisti della serotonina. In Italia non sono al momento stati approvati i derivati della Cannabis a finalità antiemetica. Il nabilone è un cannabinoide sintetico con proprietà antiemetiche, più efficace della proclorperazina. Può essere impiegato per la nausea e il vomito causato da farmaci citotossici che non rispondono ai trattamenti standard. Alla posologia abituale dà spes­so sonnolenza e vertigini.

Come si gestisce la tossicità midollare da chemioterapia?

Tutti i farmaci citotossici, a eccezione della vincristina e della bleomicina, causano depressione midollare, che si verifica soprattutto tra il 7° e il 10° giorno dopo la somministrazione, anche se per alcuni farmaci è un evento tardivo, come nel caso di carmustina, lomustina e melfalan. Prima di ogni trattamento deve essere effettuata la valutazione dell'emocromo e, in caso di mancato recupero midollare, le dosi dei farmaci do­vrebbero essere ridotte o la terapia rinviata. La comparsa di febbre in pazienti neutropenici (neutrofili < 1.000/mm3) richiede un'immediata terapia antibiotica ad ampio spettro. I pazienti a basso rischio (che ricevono un trattamento chemioterapico per tumori solidi, linfomi o leucemie croniche) possono essere trattati con ciprofloxacina orale con o senza amoxicillina + acido clavulanico (all'inizio in regime ospedalie­ro). Tutti gli altri pazienti dovrebbero ricevere una tera­pia antibiotica ad ampio spettro per via parenterale. Quanto prima dovrebbe essere ricercato il germe responsabile mediante esame colturale e antibiogramma. Per ridurre la durata e la gravità della neutropenia, è possibile, in pazienti selezionati, l'impiego parenterale di fattori umani ricombinanti che stimolali: la formazione di colonie di granulociti. L'anemia sintomatica è trattata in genere con una trasfusione di emazie. Anche la somministrazione eritropoietina per via sottocutanea può essere efficace.

Neutropenia

Il fattore umano ricombinante che stimola la forma­zione di colonie di granulociti (rhG-CSF) può ridurre la durata della neutropenia indotta da chemiotera­pia, diminuendo quindi l'incidenza di sepsi successiva; non è finora provato un effetto anche sulla so­pravvivenza. Il filgrastim (rhG-CSF non glicosilato) e il lenograstim (rhG-CSF glicosilato) hanno effetti simili; entrambi sono stati usati in varie condizioni cliniche, ma non hanno alcuna chiara indicazione di routine. Nella neutropenia congenita il filgrastim in genere aumenta il numero dei neutrofili con una risposta clinica adeguata. L'uso prolungato può essere associato a un rischio maggiore di neoplasie mieloidi. La pegfilgrastim è un derivato del filgrastim coniugate con polietilenglicole (pegilato). La pegilazione aumenta la durata dell'attività di filgrastim. Il trattamente con i fattori di crescita umani ricombinanti dovrebbe essere prescritto soltanto da specialisti.

Avvertenze

I fattori di crescita umani ricombinanti dovrebbero essere usati con cautela nei pazienti con neoplasie mieloidi. Controllare l'emocromo con particolare ri­guardo alla conta differenziale dei globuli bianchi e delle piastrine. Sospendere il trattamento nei pazienti che sviluppano segni di infiltrazione polmonare. Sono stati riportati casi di infiltrati polmonari con sindrome da distress respiratorio acuto; i pazienti con storia di infiltrati polmonari e pregressa polmonite possono essere a rischio maggiore. Controllare il volume della milza: sono riportati casi di rottura della milza dopo la somministrazione di fattori ricombinanti che stimolano la formazione di colonie di granulociti. I fattori di crescita umani ricombinanti non sono consigliati durante la gravidanza o l'allattamento e devono essere utilizzati con cautela nei pazienti con anemia falciforme.

Effetti indesiderati

Gli effetti indesiderati dei fattori umani ricombinanti che stimolano la formazione di colonie di granulociti sono: disturbi gastrointestinali (tra cui nausea, vomito e diarrea), anoressia, cefalea, astenia, febbre, dolori muscoloscheletrici, dolore alle ossa, rash cutaneo, alopecia, reazione nel sito di iniezione e leucocitosi. Gli effetti indesiderati meno frequenti sono: dolore toracico, reazione da ipersensibilità (tra cui anafilassi e broncospasmo) e artralgie.

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