IL VIRUS DELTA

aggiornamento per il medico pratico


Pronto soccorso
Argomenti gastro-enterologia
Argomenti diabetologia
Argomenti cardiologia
Argomenti endo-crinologia

Urologia
Nefrologia

Aritmie

Scoperto da Mario Rizzetto, a Torino, nel 1977, il virus celta (Hepatitis Delta Virus o HDV) è un virus singolare, che si ritrova solo nella specie umana e solo in soggetti contemporaneamente infetti da HBV. HDV presenta molte similitudini (ma anche varie differenze) con i viroidi/virusoidi vegetali, ed è classificato nel genere Deltavirus. HDV è un virus defettivo, probabilmente in grado di replicarsi autonomamente, ma che richiede, nella produzione di una progenie virale infettante, la contemporanea presenza di HBV (virus helper) di cui utilizza le strutture di superficie (HbsAg) come involucro del proprio nucleocapside. L’incidenza è notevolmente ridotta in concomitanza con il calo dell’HBV in relazione alla vaccinazione, anche se un nuovo picco è stato riscontrato a causa dell’immigrazione di popolazioni non vaccinate. Il virione, rozzamente sferico, ha un diametro di 36-43 nm, con un involucro lipoproteico che contiene tutte e tre le proteine di HbsAg con una scarsa presenza, però, di pre-Si e pre-S2. All'interno dell'envelope si trova il nucleocapside formato dal genoma legato a circa 60 copie della sola ed unica proteina codificata dal virus, l'antigene delta : HDAg, una fosfoproteina non glicosilata (presente in due isoforme di 27 e 24 kDa di peso molecolare, denominate, rispettivamente, HDAg-1 o long e HDAg-s o short). Il genoma è costituito da una molecola circolare di RNA (HDV è l'unico ribovirus animale con un genoma circolare) di polarità negativa, formata da circa 1700 nucleotidi, con un elevato grado di complementarietà intramolecolare che provoca appaiamento di circa il 70% dei nucleotidi, per cui il genoma presenta ampie zone bicatenarie assumendo una forma bastoncellare anche se senza estremi liberi. Il genoma contiene diverse ORF (open reading frame) di cui alcune «anti-senso» ma delle quali solo una è funzionante e conservata. Il genoma viene replicato attraverso un intermedio ad RNA (antigenoma, di senso positivo). Sia il genoma sia l'antigeno, ma possono funzionare come ribozimi in grado di catalizzare i tagli e le risaldature della stessa molecola, eventualmente necessari durante la sua replicazione.

Nelle cellule infette è presente un terzo RNA, complementare al genoma, ma lungo solo 800 basi e poliadenilato, rappresentato dal messaggero per la sintesi di HDAg. Le due forme di HDAg sono identiche ma HDAg-1 possiede 19 aminoacidi in più a livello dell'estremo C-terminale. HDAg-s è sintetizzata per prima e sembra necessaria alla replicazione dell'RNA, HDAg-1 (214 aminoacidi) è evidenziabile tardivamente ed impedisce la replicazione dell'RNA mentre è essenziale per l'incapsulamento finale del genoma con HBsAg.

La replicazione di HDV è assolutamente peculiare.


Pronto soccorso
Argomenti gastro-enterologia
Argomenti diabetologia
Argomenti cardiologia
Argomenti endo-crinologia

Urologia
Nefrologia

Aritmie

Dopo la penetrazione nella cellula bersaglio (epatocita) con la quale interagisce attraverso l'envelope fornito da HBV, il nucleocapside di HDV viene trasferito nel nucleo dove, secondo l'opinione prevalente, la replicazione del genoma avverrebbe, e senza la necessità di un intermedio a DNA, direttamente ad opera della RNA polimerasi II cellulare (che, almeno in questo caso, sarebbe evidentemente in grado di agire come RNA polimerasi RNA-dipendente] attraverso un modello a doppio rolling-circle. Le molecole di RNA genomico (di polarità negativa] vengono replicate dalla RNA polimerasi II della cellula in molecole (antigenoma] di polarità opposta (positiva) che vengono, quindi, a loro volta replicate con lo stesso meccanismo, producendo le molecole circolari di RNA a polarità negativa che formeranno i genomi della progenie virale.

L'unica ORF funzionale, che codifica HDAg, si estende per 800 basi, terminando con un sito per la poliadenilazione. La trascrizione dell'ORF presente nel genoma del virus infettante, che avverrebbe sempre ad opera della RNA polimerasi II cellulare, produce RNA messaggeri che vengono tradotti nelle proteine dell'HDAg-s che, trasferite nel nucleo cellulare, funzionano da transattivatore della replicazione del genoma virale. La stessa ORF, nelle molecole di RNA genomico neosintetizzate, a causa di una modificazione prodottasi nelle corrispondenti molecole di antigenoma (post-transcriptional editing) ad opera di un'adenosina deaminasi cellulare (che cambia uno «stop codon» UAG in UGG) presenta una sequenza trascrivibile leggermente più lunga ed i relativi RNA messaggeri vengono tradotti nelle proteine dell'HDAg-1 (con 19 aminoacidi in più) che, trasferite anch'esse nel nucleo cellulare, bloccano la replicazione dell'RNA virale dando inizio all'assemblaggio dei nuovi virioni. I genomi neoformati, assemblati nel nucleo cellulare con le molecole di HDAg-1 e HDAg-s a formare i nuovi nucleocapsidi vengono poi trasferiti nel citoplasma dove, in prossimità dell'apparato del Golgi, acquisiscono l'involucro lipoproteico di HBV (HBsAg) con il completamento dei virioni neoprodotti. La replicazione di HDV sembra si accompagni ad un blocco temporaneo della replicazione di HBV. HDV non infetta colture di linee cellulari in vitro, ma la sua replicazione è possibile in colture primarie di epatociti di marmotta coinfettate con il rispettivo Hepadnavirus. L'infezione sperimentale può essere ottenuta nello scimpanzè e nella marmotta in presenza, rispettivamente, di HBV o Hepadnavirus della marmotta.

Clinica

Le manifestazioni cliniche sono variabili, la maggioranza delle confezioni si presenta come epatiti acute di gravità variabile senza caratteristiche che le distinguano dalle forme di infezione di solo virus B. Nella sovrainfezione, nel 90% dei casi si ha l’evoluzione verso la cronicizzazione trasformando il portatore di HBV in portatore di HBV+HDV, ma puù essere anche causa di epatiti severe che assumono non raramente l’evoluzione a forma fulminante. La contemporanea presenza di HDV aggrava l'andamento clinico della epatite B e ne aumenta le probabilità di cronicizzazione con i rischi connessi. HDV è presente soprattutto (nel senso, ovviamente, che si associa con relativa frequenza all'infezione da HBV) nel bacino del Mediterraneo, in Medio Oriente, nell'Africa Sub-sahariana ed in alcune regioni dell'Europa dell'Est dell'America latina. In questi ultimi anni, HDV si va diffondendo rapidamente in Europa settentrionale ed occidentale e negli USA, soprattutto nelle popolazioni a rischio per infezioni trasmesse per via ematogena ed è possibile anche la trasmissione materno-fetale o per via sessuale dell'infezione. Di HDV si conoscono tre genotipi di cui il genotipo 1 ha una distribuzione cosmopolita, mentre, al momento, il genotipo 2 è presente a Taiwan, in Giappone e nell'Asia settentrionale ed il genotipo 3 è presente in Sud America. La diagnosi di infezione da HDV va perseguita, nei soggetti infetti da HBV, mediante la ricerca del genoma virale (PCR) e lo studio della risposta anticorpale (IgM e IgG) nei confronti di HDAg ed, eventualmente, la ricerca di HDAg nei nuclei degli epatociti (biopsia). I fattori di rischio associati all’acquisizione di epatite acuta Delta (di fatto analoghi a quelli per l’epatite B) sono ritenuti essere la tossicodipendenza endovenosa e l’essere convivente di un portatore cronico HBsAg. La terapia e la profilassi dell'infezione sono quelle efficaci per HBV, la cui scomparsa si accompagna, ovviamente, alla scomparsa di HDV, incapace di produrre autonomamente una progenie virale infettante.


indice