Feci e coprocoltura

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La coprocoltura, di che cosa parliamo?

La coprocoltura e' un esame microbiologico indicato per la diagnosi di alcune patologie del tratto gastrointestinale. In particolare grazie alla esecuzione di un antibiogramma, puo' orientare la terapia nel caso di particolari infezioni intestinali causate da batteri . Il ricorso alla coprocoltura e' particolarmente frequente nello studio di una diarrea acuta, persistente o ricorrente, senza cause conosciute, o nel caso di una diarrea associata all'uso di antibiotici. Con una coprocoltura si ricercano svariati tipi di batteri, ma in particolare Salmonella, Shigella, Campylobacter, e diverse specie di Escherichia e Yersinia o virus come Rotavirus e Adenovirus, microrganismi tipici tra le maggiori cause di diarrea in tutto il mondo.

Le feci si esaminano in corso di gastroenterite, dissenteria, malattie diarroiche. e' utile controllare le feci a fresco o dopo colorazione con blu di metilene per rilevare la presenza di polimorfonucleati (piociti): questi sono infatti presenti nelle feci dei casi di colite sia batterica che da protozoi (come l'amebiasi), oltre che nella rettocolite ulcerosa. Le feci si pretrattano in per ridurre la crescita di E. coli e favorire i patogeni. Poi le feci vengono sub-coltivate su terreni selettivi come Salmonella-Shigella; i terreni per Yersinia e Campylobacter vengono invece seminati direttamente. Esistono terreni che permettono di differenziare ceppi enteropatogeni.


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Il C. difficile si ricerca attraverso coltivazione anaerobie: le feci prima vengono pretrattate con etanolo per uccidere tutte le forme vegetative e lasciare solo le spore, che poi vengono fatte crescere in condizioni di anaerobiosi. Normalmente si ricerca solo la tossina del C. difficile, in quanto puo' essere sufficiente solo quella per la diagnosi di colite. Poiche' negli ospedali si hanno epidemie da ceppi virulenti (detti NAP1), la coltura e l'isolamento dei ceppi possono essere utili per l'inquadramento preciso delle epidemie. I ceppi vengono poi tipizzati presso l'Istituto Superiore di Sanita'. Negli ospedali dove vi e' un'epidemia di ceppi di K. pneumoniae produttori di carbapenemasi KPC puo' essere utile fare lo screening fecale dei pazienti portatori di questi ceppi. Ci sono altri metodi riportati in letteratura, ma noi a Pisa abbiamo recentemente implementato un sistema rapido di rilevazione.

Le feci vengono seminate su agar MacConkey, vi vengono poi posti un dischetto con meropenem ed un altro dischetto con meropenem con aggiunta di acido boronico alla dose di 600 μ.g.  Se il mattino successivo si nota la crescita di colonie lattosio-fermentanti, mucose, che non vengono inibite dal meropenem da solo, si e' di fronte a un probabile ceppo di Klebsiella pneumoniae KPC. Se intorno al dischetto con meropenem + acido boronico vi e' un alone di inibizione, vuol dire che il ceppo produceva una carbapenemasi sensibile all'azione dell'acido boronico: questa e' appunto l'enzima KPC. Dopo una notte di incubazione si ha cosi' la conferma della colonizzazione. Poiche' i pazienti colonizzati sono il reservoir dell'infezione ed il loro isolamento puo' essere molto utile al contenimento dell'infezione, conoscere questo dato diventa molto importante.


Feci per coprocoltura

1) i campioni devono essere raccolti con l'apposito tampone nei contenitori forniti dal laboratorio
2) il campione fecale non deve essere contaminato da urina
3) il materiale deve essere raccolto nel momento acuto del processo infettivo 4) per la raccolta devono essere scelte le parti contenenti pus, sangue e/o muco 5) l'uso dei tamponi rettali deve essere limitato a quei pazienti in cui sia obiettivamente difficile la raccolta del campione fecale
Il paziente deve evacuare in un recipiente pulito. Il contenitore fornito dal laboratorio viene aperto e, utilizzando il tampone introdurlo nelle feci piu' volte e trasferirlo nel contenitore.

Secrezioni, ascessi, ferite

In genere si preferisce prendere del materiale in provetta sterile per poter allestire delle colture in piastra e brodo e degli esami microscopici su vetrino. I tamponi sono da sconsigliare da lesioni croniche e da piedi diabetici infetti: per questi pazienti l'esame migliore e' quello del tessuto sul fondo della ferita, dopo pulizia con soluzione fisiologica sterile, oppure - se possibile - una biopsia profonda di tessuto molle od osso, non passando attraverso la ferita che puo' essere contaminata. Spesso le caratteristiche del materiale orientano per i patogeni interessati: cosi', un pus giallo ricorda S. aureus, uno verde Pseudomonas, uno fluido gli streptococchi e, se di odore putrido, gli anaerobi.

In caso di spondilodiscite o sospetta tale l'esame piu' importante e' la biopsia per via radioscopica del disco e dell'osso vertebrale. Il materiale ottenuto deve essere seminato per germi comuni, ma bisogna anche inviare una parte del campione per la ricerca di M. tuberculosis sia come esame microscopico che come esame colturale e come ricerca del genoma. In caso di protesi ortopediche e' utile eseguire prelievi da raccolte peri-protesiche per via eco-guidata, in quanto con l'ecografia si puo' evidenziare una raccolta, pungerla e coltivare il materiale per una diagnosi eziologica.
 

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