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Malattia di Anderson Fabry

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La malattia di Anderson Fabry

La Malattia di Anderson-Fabry fu descritta per la prima volta nel 1898 indipendentemente da due medici, Anderson in Inghilterra e Fabry in Germania. Ad oggi si ritiene che questa malattia da accumulo lisosomiale, presente in tutte le etnie, abbia un'incidenza pari a 1 su 40.000 maschi. Altri autori ritengono che tale affezione colpisca 1 soggetto su 3100. Sembra che la patologia possa essere responsabile di ictus nei giovani o di una forma di malattia con parestesie periferiche, febbre (scambiata per febbre mediterranea familiare) lesioni glomerulari e proteinuria che puo' essere scambiato per sclerosi multipla. In Italia quasi 70.000 persone sono affette da Sclerosi Multipla, sono invece circa 500 quelle diagnosticate Fabry.

La Malattia di Anderson-Fabry è legata al cromosoma X. Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile.

I padri con la Malattia di Anderson-Fabry non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi, ma solamente alle figlie femmine; viceversa una donna affetta ha il 50% di possibilità di trasmetterlo sia alla prole di sesso maschile che femminile. La Malattia di Anderson-Fabry è un raro disordine genetico provocato dalla carenza dell'enzima lisosomiale α-galattosidasi A.

La carenza di questo enzima porta all'accumulo progressivo di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (GL-3), nei tessuti viscerali e nell'endotelio vascolare di tutto l'organismo. La carenza enzimatica ed il conseguente accumulo progressivo di GL-3 (la causa fondamentale della Malattia) porta al coinvolgimento vascolare essenzialmente a livello renale, cardiaco e del  sistema nervoso centrale. I pazienti affetti da questa patologia possono andare incontro ad un peggioramento della qualità di vita a causa di complicanze di natura renale, cardiaca,  cerebrovascolare o ad una combinazione di esse; tali complicanze possono portare, intorno alla quarta o quinta decade di vita, ad una morte prematura.

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Dipende dagli organi colpiti e se si tratta della forma classica(rara, 20% dei casi) oppure della forma atipica (80% dei casi).

Manifestazioni Neurologiche

Acroparestesie, caratterizzate da fastidio e dolore cronico, urente, ad accessi piu' o meno lunghi, ai palmi delle mani e alle piante dei piedi
Crisi di Fabry, caratterizzate da episodi di dolore agonico, invalidante; di frequente hanno origine alle estremità da dove poi si irradiano alle strutture piu' profonde; possono durare minuti o settimane e sono spesso indotte da stress emotivo, variazioni di temperatura, esercizio fisico.
Astenia (colpisce circa il 10% delle femmine e dei maschi)
Intolleranza al caldo, al freddo e all'esercizio fisico
Perdita di udito e tinnito auricolare

Manifestazioni Dermatologiche

Angiocheratomi: cicatrici cutanee rosso-violacee che non tendono a schiarire con la pressione, distribuite principalmente nella zona tra ombelico e ginocchia
Ridotta sudorazione: ipoidrosi o addirittura anidrosi

Manifestazioni Gastrointestinali

Dolore post-prandiale, crampi addominali, nausea e diarrea

Manifestazioni Oculari

Cornea verticillata: opacità corneali "a elica", che non compromettono la corretta visione (presenti circa nel 70% delle femmine)
Lesioni dei vasi congiuntivali e retinici ed opacità lenticolari

Manifestazioni Cerebrovascolari

Ictus precoce
Trombosi
Attacchi ischemici transitori
Emiparesi
Vertigini/senso di instabilità
 

Manifestazioni Cardiache

Ipertrofia ventricolare sinistra
Difetti della conduzione
Aritmie
Ipertensione atriale
 

Manifestazioni Renali

Insufficienza renale
Proteinuria
 

Diagnosi

La diagnosi è genetica, e si avvale della ricerca del gene disvitale GLA. Sembra che con le nuove tecniche di ricerca del microrna sia possibile avere una diagnosi in anticipo, cosi come avviene
per alcuni tipi di cancro. Per ulteriori informazioni č possibile contattare il prof. Giovanni Duro, CNR di Palermo, che si occupa della ricerca in questo settore

Terapia

Il trattamento deve prima di tutto essere indirizzato ad attenuare il dolore della persona tramite difenilidantoina, carbamazepina, gabapentin e pregabalin. In seguito si deve pensare all'insufficienza
enzimatica con terapia sostitutiva con enzima prodotto dalla moderna biotecnologia agalsidasi alfa e beta. Qualora vi fossero, comunque, danni d'organo, il trattamento si attua con le terapie
organo-specifiche.

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