Distinguendo in
modo più fine il carattere delle diverse tendinopatie, la clinica è oggi maggiormente
attenta all'uso più razionale delle terapie disponibili e alla ricerca su quelle
orientate a favorire la riparazione dei danni, oltre che a controllare i sintomi.
La tendinite è una degenerazione sintomatica del tendine che si manifesta con dolore, tumefazione, limitazione funzionale in presenza di una risposta riparativa di tipo infiammatorio: alla degenerazione del tessuto si aggiungono marcata proliferazione cellulare e i tipici segni infiammatori. La parola tendinite significa "infiammazione del tendine". Un'infiammazione di per sè comporta la presenza di una vascolarizzazione sanguigna, cosa che al tendine manca: la cosiddetta "tendinite" in realtà è una peritendinite, cioè l'infiammazione del peritenonio, una sottile lamina connettivale a fibre intrecciate che avvolge tutto il tendine. Le tendiniti possono verificarsi in presenza di lesioni subacute o acute, come rotture parziali o totali. Le caratteristiche istologiche della tendinite sono appresso riassunte:
- Perdita dell'orientamento parallelo e della compattezza delle fibre collagene,
riduzione del diametro delle fibre, fratture delle fibre e dei fasci
- Possibile riduzione complessiva del contenuto in collagene ma aumento del tasso
di sintesi di collagene di tipo I e III (processi riparativi)
- Aumento relativo della sostanza amorfa (proteoglicani e GAG) rispetto alla componente
fibrillare nella matrice
- Emorragie
- Depositi di fibrina e fibronectina in prossimità delle microfratture
- Possibile presenza di xantomi, aree calcificate, aree di metaplasia, aree necrotiche
- Marcata proliferazione cellulare, con fibroblasti che assumono le caratteristiche
di miofibroblasti
- Aumento del numero di capillari e arteriole
- Infiltrati infiammatori e presenza di tessuto di granulazione
A. Tendinite: fibre disordinate
e focolaio dispiccata proliferazione vascolare con vasi ectasici.
B. Tendinite: fibre disomogenee, focolai di ipercellularità con presenza
di fibroblasti
Il termine descrive propriamente un processo degenerativo, asintomatico o sintomatico, che vede una progressiva modificazione della struttura istologica del tendine senza che sia presente una componente infiammatoria in misura importante. La tendinosi è caratterizzata da disorganizzazione delle fibre di collagene, che perdono la compattezza e l'orientamento parallelo tipiche del tessuto sano, con o senza aree di necrosi e calcificazione o altri depositi. Un processo degenerativo si verifica normalmente con l'avanzare dell'età: -esso puo' essere favorito e accelerato da alterazioni metaboliche (per es. iperglicemia, ipercolesterolemia), malattie sistemiche, microtraumatismi ripetuti o pregressi macrotraumi. Frequentemente una tendinosi si osserva In soggetti giovani in cui il ten dine è ripetutamente e intensamente sollecitato, tipicamente nello sportive di alto livello. La tendinosi puo' essere pertanto interpretata come esito di una serie d danni cumulativi ciascuno dei quali deriva da un non completo processo di guarigione a seguito di microtrauma.
Le alterazioni istologiche della tendinosi sono appresso riassunte.
- Perdita dell'orientamento parallelo e della compattezza delle fibre collagene,
riduzione del diametro delle fibre, microfratture delle fibre
- Riduzione complessiva del contenuto in collagene ma aumento del tasso di sintesi
di collagene di tipo I e III (processi riparativi)
- Aumento relativo della sostanza amorfa (proteoglicani e GAG) rispetto alla componente
fibrillare nella matrice
- Possibili raccolte di eritrociti e depositi di fibrina e fibronectina in
prossimità
delle microfratture
- Possibile presenza di xantomi, aree calcificate, aree di metaplasia, aree necrotiche
- Distribuzione irregolare dei tenociti, con aree densamente cellularizzate e metabolicamente
attive (cellule con citoplasma abbondante) e aree in cui i tenociti sono scarsi
e poco attivi
- Aumento del numero di capillari e arteriole
- Scarsi o assenti gli infiltrati infiammatori
A. Tendinosi: perdita di orientamento
delle fibre, edema e stravasi ematici.
B. Tendinosi: focolaio con cellule xantiche e cristalli colesterinici
La peritendinite, sempre sintomatica, è caratterizzata da infiammazione delle
lamine connettivali del peritenonio, spesso associata a tendinosi, ed eventualmente
della guaina sinoviale dei tendini che ne sono provvisti (tenosinovite). Le caratteristiche
istologiche sono riassunte nella tabella
Edema acuto
- Iperemia del peritenonio
- Infiltrati infiammatori nel peritenonio
- Essudati di fibrina che si raccolgono nel peritenonio o all'interno della guaina
sinoviale
Peritendinite: edema, stravasi ematici e micro focolai di fibrina nel peritenonio
L'incidenza delle tendinopatie tende ad aumentare con l'età ed è più fre-quente nel sesso maschile: è stato rilevato ad esempio che la rottura del tendine di Achille è molto più frequente negli uomini, con un rapporto di 4-7:1 rispetto alle donne (Maffulli et al, 2003). Negli Stati Uniti è stato stimato che il 7% delle visite mediche è da attribuire a tendinopatie da sovrautilizzo, mentre nell'ambito della medicina dello sport il 30% delle lesioni direttamente correlate all'attività ha almeno una componente di tendinopatia (Skjong et al, 2012). Se si considera la popolazione generale, le tendinopatie più comunemente rappresentate sono la tendinopatia dell'estensore comune del polso (epicondilite laterale), le tendinopatie della cuffia dei rotatori e le tendinopatie del tendine di Achille. Per la tendinopatia achillea si stima un'incidenza annuale di 2,5 casi ogni 1000 persone nella popolazione generale (Kearney et al, 2013). Le rotture hanno un'incidenza stimata tra 6 e 37/100000 persone nella popolazione generale, dato che aumenta negli sportivi professionisti. L'epicondilite laterale (gomito del tennista) ha una prevalenza annuale dell'1-2% nella popolazione generale (Taylor e Hannafin, 2012). I siti più frequentemente interessati da tendinopatia sono riassunti nella tabella.
- t. di Achille: tendinopatia e peritendinite achillea, rottura del t. di
Achille
- t. del peroniero breve, t. del peroniero lungo: tendinopatia dei peronieri
- fascia plantare: fascite plantare, apofisite calcaneale
- t. rotuleo: tendinopatia e peritendinite rotulea, apicite patellare
- t. quadricipitale: tendinopatia del quadricipitale
- tratto ileotibiale: sindrome del tratto ileotibiale
- t. del bicipite femorale, t. del semitendinoso, t. del semimembranoso:
tendinopatia degli ischiocrurali, sindrome degli ischiocrurali
- t. degli adduttori della coscia: tendinopatia degli adduttori della coscia
(pubalgia)
- t. del sovraspinato, t. dei sottospinato, t. del sottoscapolare, t. del piccolo
rotondo: sindrome da conflitto subacromiale, spalla del nuotatore, tendinopatia
o rottura della cuffia dei rotatori
- t. degli estensori del polso: epicondilite laterale (gomito del tennista)
- t. dei flessori del polso: epicondilite mediale (gomito del golfista)
- t. dell'abduttore lungo del pollice, t. dell'estensore breve del pollice:
tenosinovite di De Quervain
-t. dei flessori delle dita: tenosinovite dei flessori delle dita, dito a
scatto
Nelle tendinopatie diverse cause possono concorrere in misura variabile all'instaurarsi
di alterazioni del tessuto e alla loro manifestazione con sintomi dolorosi e limitazione
funzionale.
L'invecchiamento comporta modificazioni dei tendini sia nella componente cellulare
che nella struttura della matrice.
Con il progredire
dell'età il volume e la densità dei tenoblasti e dei tenociti diminuiscono; il rapporto
citoplasma/nucleo si riduce, segno di rallentamento metabolico e quindi di minore
potenziale riparativo.
Anche la matrice extracellulare subisce cambiamenti quantitativi e qualitativi. Mentre la
quantità
di collagene si riduce in misura contenuta, le componenti costituite da proteoglicani
e glicoproteine subiscono una riduzione molto più consistente. Lo stesso accade
per il contenuto totale di acqua e fibre elastiche. Oltre alla riduzione quantitativa,
le macromolecole subiscono anche modificazioni qualitative, ad esempio un aumento
del numero di cross link non enzimatico tra fibre di collagene che aumenta il grado
di rigidità dei fasci di fibrille a scapito dell'elasticità. I fasci di collagene,
compatti e paralleli nel tendine sano e giovane, appaiono disposti in modo più disorganizzato
con lassità evidente. Ne deriva un cambiamento delle proprietà meccaniche del tessuto,
con aumento della rigidità, riduzione del modulo elastico e della resistenza alla
trazione.
Una riduzione del lume di arterie e arteriole (generalmente da aumento dello spessore mediointimale) è osservabile. La riduzione degli scambi trofici e l'ipossia che ne conseguono sono state indicate come possibile ragione della degenerazione del tessuto.
Depositi calcificati
e/o depositi di lipidi sono frequentemente osservabili con la progressione dell'età.
Alcune condizioni metaboliche possono favorire la formazione di depositi calcificati
o di grasso, che nel complesso riducono la resistenza del tendine.
L'elevata prevalenza tra sportivi (in particolare negli atleti di èlite) e in
ambito occupazionale testimonia il ruolo del sovraccarico funzionale nel favorire
le alterazioni del tendine all'origine delle tendinopatie.
Le tendinopatie
rappresentano una parte consistente dei problemi muscoloscheletrici che si verificano
negli sportivi di alto livello. Generalmente il danno è di tipo cronico (tendinosi),
riconducibile a un bilancio sfavorevole tra l'attività di stimolo alla sintesi di
collagene favorita dall'attività fisica e l'effetto di usura delle strutture tendinee
(catabolismo delle proteine strutturali del tessuto, frizioni ripetute contro le
strutture circostanti il tendine, traumi da trazioni brusche e intense) dovuto alle
ripetute sollecitazioni. Non di rado, tuttavia, Il danno cronico non adeguatamente
trattato conduce alla rottura (parziale o totale) o all'avulsione, con
necessità
di ricorrere all'approccio chirurgico.
Le tendinopatie dello sportivo, oltre che a fattori intrinseci non modificabili,
possono essere correlate a:
- sedute di allenamento eccessivamente intense
- tempi di recupero insufficienti
- inadeguato lavoro di riscaldamento
- inadeguato lavoro di stretching
- pratica su terreni che impongono forti sollecitazioni (terreni accidentati o in
pendenza)
- uso di calzature, materiali ed equipaggiamento inadeguati.
Sta alla competenza del medico sportivo in accordo con il preparatore valutare nello
sportivo di alto livello le modalità più adatte a ottenere le migliori prestazioni
prevenendo danni alle strutture tendinee. In generale, alla presentazione di un
problema tendineo è ragionevole ricercare gli eventuali cambiamenti nel programma
di allenamento o nei materiali uti-lizzati che possano averne favorito la comparsa,
intervenendo con le opportune correzioni oltre che con la terapia fisica e la terapia
farmacologica.
Anche in ambito lavorativo le tendinopatie sono di riscontro comune. Frequentemente interessano
l'arto superiore e sono correlate a lavori che impongono ai tendini tensioni elevate
e/o movimenti ripetitivi. In questo ambito la medicina del lavoro ha un ruolo particolarmente
importante nella prevenzione delle lesioni tendinee. Una cattiva ergonomia delle
postazioni e degli strumenti di lavoro è spesso alla base della comparsa di tendinopatie.
Adeguati programmi di prevenzione dovrebbero quindi includere l'attenta valutazione
ergonomica dei luoghi di lavoro, proponendo soluzioni semplici ma con un potenziale
elevato beneficio:
- impiego di utensili con elevato grip e ampia superficie di contatto con l'impugnatura
per distribuire meglio sulla mano le forze applicate;
- impiego di utensili con impugnatura ergonomica per favorire l'allineamento polso-mano,
di cui sono un esempio i coltelli ergonomici nel settore della macellazione, dove
è particolarmente frequente il riscontro della tenosinovite di De Quervain;
- postazioni organizzate in modo che il sollevamento di eventuali pesi avvenga il
più possibile vicino al tronco per non sollecitare eccessivamente schiena e arti
superiori;
- impiego di adeguati dispositivi e procedure di sicurezza nella movimentazione
dei carichi;
- rotazione delle mansioni, pause adeguate, sorveglianza e programmi di educazione
del personale.
Ad aumentare il contribuito degli stress meccanici possono intervenire fattori
anatomici quali malallineamento, dismetria degli arti, particolare conformazione
dei processi e delle prominenze ossee: un esempio è la correlazione tra diverse
morfologie dell'acromion e diversa prevalenza di lesioni della cuffia del rotatori
(Natsis et al, 2007). L'insufficienza della muscolatura puo' dare origine a disfunzioni
del movimento che favoriscono la comparsa di tendinopatla: un esempio frequente
sono le disfunzioni scapolari correlate con la tendinopatia della cuffia dei rotatori.
L'esposizione a chinolonici e a corticosteroidi per via sistemica, specie se
concomitante, è stata associata a un aumento di probabilità di rottura dei tendini.
Tra gli antibatterici i chinolonici mostrano una frequenza di effetti avversi muscoloscheletrici
superiore a quella di altre classi (il 14% contro il 3% circa di tutti gli effetti
avversi riportati). Tra questi sono stati riportati casi di tendinopatia e rotture
di tendine, principalmente a carico dell'achilleo ma anche della cuffia dei rotatori
(Leone et al, 2003; Owens e Ambrose, 2005). L'incidenza di tendinopatia achillea
o rottura da chinolonici è stata stimata in circa 3 casi ogni 1000 pazienti trattati
(Owen e Ambrose, 2005). I corticosteroidi sono associati a un aumento della
probabilità
di rottura sia quando somministrati localmente in numero di dosi superiore a tre-quattro
(si veda il capitolo trattamento) sia quando somministrati per via sistemica a dosi
medio-alte: in questo caso un effetto inibitorio sulla sintesi di collagene è stato
osservato ed è verosimilmente correlato all'aumento della probabilità di rottura
(Khaliq e Zhanel 2003; Kannus et al in Maffulli, 2005).
Un capitolo del tutto peculiare nella patogenesi delle tendinopatie è quello
metabolico, probabilmente ancora poco considerato nella sua rilevanza. Molte malattie
metaboliche - incluse quelle più comuni, come l'ipercolesterolemla, il diabete,
la sindrome metabolica associata al sovrappeso comportano un sensibile rischio
di degenerazione tendinea. Ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei sembrano giocare
un ruolo rilevante nel metabolismo del collagene che, come detto, è determinante
per le proprietà biomeccaniche dei tendini. In particolare l'Ipertiroidismo si accompagna
a un aumentato catabolismo del collagene, sia delle sue forme solubili che delle
sue forme insolubili, mentre l'ipotiroidismo si associa a un ridotto catabolismo
del collagene (Oliva, Muscles Ligaments Tendons J. 2013). Tendinopatie sintomatiche
si associano spesso all'ipotiroidismo, e la correzione del deficit ormonale si accompagna
spesso al sollievo sintomatico (Oliva, Muscles Ligaments Tendons J. 2013). è inoltre
dimostrato che recettori per gli ormoni tiroidei sono presenti nei tessuti dalla
cuffia dei rotatori (Berardi, ISMuLT 2014) e che l'esposizione a ormoni tiroidei
dei tenociti isolati dalla cuffia ne promuove la crescita e contrasta i fenomeni
di apoptosi (Oliva, Celi Death Dls 2013).
Il diabete
risulta associato a una maggiore frequenza di calcificazioni tendinee; circa un
terzo dei soggetti con diabete insulino-dipendente mostra calcificazioni tendinee
(Oliva 2012). La glicosilazione non enzimatica delle proteine della matrice extracellulare
e la conseguente formazione di cross link è stata proposta come uno dei meccanismi
in grado di Innescare i cambiamenti patologici del tessuto che conducono, infine,
alla comparsa di aree calcificate e di impoverimento delle proprietà biomeccaniche
del tendine (Snedeker, ISMULT 2014). La formazione di questi prodotti terminali
di glicazione avanzata (AGE) da una parte potrebbe aumentare il grado di
rigidità
del tendine dall'altra renderebbe meno efficiente il fisiologico processo di rimodellamento
(che prevede anche la rottura enzimatica dei cross link nelle aree interessate)
che interviene nella fase finale del processi autoriparatlvl del tendine (Clement
2010).
In modelli animali di diabete mellito (topi) il tendine del sovraspinato, il rotuleo
e l'Achilleo rispondono alle sollecitazioni meccaniche in modo differente rispetto
ai tendini di animali non affetti da diabete mellito (Connizzo, 2014). Sempre negli
animali (topi obesi con diabete di tipo 2) è stata mostrata minore capacità riparativa
dei tendini dopo lesione nei topi diabetici rispetto a quelli non diabetici, che
si riflette in proprietà biomeccaniche inferiori: in questa esperienza la minore
capacità riparativa è stata attribuita proprio a un difetto nella fase di rimodellamento
della matrice (David 2014). Queste osservazioni recenti sono coerenti con il dato
secondo cui l'assenza di diabete mellito è uno dei fattori predittivi di un migliore
esito dell'intervento di sutura della cuffia dei rotatori (Fermont 2014).
Sovrappeso e obesità
possono ridurre o annullare gli effetti be-nefici e proanabolici che un allenamento
moderato ha sui tendini di soggetti normopeso. Alcuni autori hanno attribuito cio'
al fatto che il tessuto adiposo produce adipochine che hanno un'azione proinfiammatoria
e aumentano l'espressione, da parte dei tenociti, di citochine, ossido nitrico metalloproteasi
(MMP). L'azione proteolitica delle MMP sulla matrice extracellulare del tendine,
in particolare, puo' spiegare perchè l'obesità influenza negativamente le
proprietà
dei tendini (Abate 2012). Significativo è anche il dato epidemiologico: le
tendinopatie ricorrono confrequenza fino a 6.6 volte maggiore nei pazienti obesi
rispetto ai soggetti normopeso (Abate, ISMULT 2014).
L'iperlipidemia favorisce la deposizione di xantomi nella compagine del tessuto tendineo. L'associazione tra l'Ipercolesterolemia familiare e la presenza di xantomi tendinei è nota da tempo, e d'altra parte la presenza di xantomi è stata osservata come degenerazione tipica insieme con altre caratteristiche istologiche nel tendini di Achille che vanno incontro a rottura spontanea (Kannus 1991, Soslowsky 2014). Un'elevata prevalenza di ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia è stata osservata in pazienti con tendinopatia della cuffia dei rotatori rispetto a quelli che non presentano tendinopatia (Abboud 2010). Un aspetto cruciale di tutte le tendinopatie di natura metabolica è la prolungata fase sintomatologicamente silente, in cui il danno anatomico è presente e in corso di progressiva evoluzione. La possibilità di trattamenti preventivi, ovviamente a base di composti privi di eventi avversi o destruenti con terapia prolungata, merita la dovuta attenzione. Cio' vale, in questi casi, molto spesso al di fuori della gestione specialistica ortopedica, che giunge a occuparsi della tendinopatia di solito tardivamente.