I PN esercitano una serie articolata di effetti biologici a livello cardiaco, vascolare, cerebrale, renale, surrenalico, del tessuto polmonare e del tessuto lipidico, che, nel loro insieme, risultano potenzialmente utili nei pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico.
Questi effetti sono in parte diretti, mentre in parte risultano mediati attraverso un'interazione complessa con altri sistemi di regolazione, come il RAAS e il SNS, il cui rilievo prognostico nello scompenso cardiaco cronico e solidamente dimostrato e oggetto di interventi farmacologici di modulazione (ACE-i, MRA e beta-bloccanti), che rappresentano attualmente i pilastri del trattamento della sindrome neuroendocrina. Alla luce di queste considerazioni appare evidente l'utilità di un ulteriore intervento farmacologico mirato al potenziamento dell'attività dei PN endogeni.
Tale potenziamento è teoricamente possibile con interventi farmacologici mirati sia al blocco dell'NPR-C sia all'inibizione della neprilisina. La differenza sostanziale tra queste due strategie di intervento farmacologico sta nel fatto che il blocco dell'NPR-C ha conseguenze specifiche sul sistema dei PN e a esso limitate, mentre l'inibizione della neprilisina, stante la capacità di questo enzima di interagire con effettori di sistemi diversi, ha potenzialmente conse-guenze sia sul sistema dei PN sia sugli altri sistemi che esercitano i loro effetti attraverso effettori che rappresentano substrati per la neprilisina.
La via dell'inibizione della neprilisina appare pertanto più complessa, ma anche potenzialmente più efficace se l'intervento farmacologico messo in atto, rispetto all'insieme dei sistemi modulati dalla neprilisina stessa, è in grado di potenziare quelli utili per il paziente scompensato, primi fra tutti i PN e le chinine, evitando, nel contempo, l'attivazione dei sistemi con significato prognostico negativo, primo tra tutti, il RAAS. I peptidi natriuretici ANP, BNP e CNP esercitano una serie articolata di effetti biologici, mediati da recettori specifici (NPR-A e NPR-B), a livello cardiaco, vascolare, cerebrale, renale, surrenalico, del tessuto polmonare e del tessuto lipidico.
Tali effetti sono in parte diretti, mentre in parte sono mediati da un'interazione complessa con altri sistemi di regolazione, come il RAAS e il SNS. I peptidi natriuretici vengono degradati attraverso due distinte modalità: l'internalizzazione a seguito del legame con l'NPR-C e la degradazione enzimatica da parte della neprilisina. Poichè gli effetti dei peptidi natriuretici risultano po-tenzialmente utili nei pazienti affetti da scompenso cardiaco appare evidente l'utilità di un intervento farmacologico mirato al potenziamento proprio dell'attività dei peptidi natriuretici endogeni, da effettuarsi con interventi mirati al blocco dell'NPR-C o all'inibizione della neprilisina.
Quest'ultima opzione appare più complessa, ma anche virtualmente più efficace in quanto potrebbe coniugare, oltre agli effetti positivi legati al potenziamento dei peptidi natriuretici, anche quelli legati all'attivazione di altri sistemi prognosticamente favorevoli, come quello delle chinine.
Lo scompenso cardiaco cronico a funzione sistolica compromessa è una sindrome che sottende una complessa fisiopatologia nell'ambito della quale l'attivazione neuro-ormonale gioca un ruolo di primaria importanza nella progressione del quadro clinico e nel peggioramento della prognosi. Nei pazienti con scompenso cardiaco si verifica, infatti, un'attivazione di alcuni sistemi neuro-ormonali, come il sistema nervoso simpatico (SNS) e il sistema dei peptidi natriuretici (PN), molto precoce, cioè anche in presenza di una disfunzione sistolica ancora asintomatica. La successiva comparsa della sintomatologia clinica va di pari passo con un'ulteriore attivazione neuro-ormonale, che interessa anche il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS).
Oltre a questi sistemi di regolazione, classicamente considerati, l'attivazione neuro-ormonale ne coinvolge anche altri, come le chinine, l'endotelina, l'eritropoietina, le prostaglandine e l'adrenomedullina. Pertanto i sistemi di regolazione coinvolti nella sindrome neuro-ormonale che caratterizza lo scompenso cardiaco cronico sono numerosi e possono essere distinti, dal punto di vista del significato prognostico, in due gruppi con valenza opposta. Del primo gruppo fanno parte i sistemi che perdono rapidamente il loro iniziale ruolo compensatorio, assumendo una valenza prognostica negativa: tra questi rientrano il RAAS e il SNS. Al secondo gruppo appartengono invece i sistemi che mantengono nel tempo un ruolo compensatorio e la cui attivazione assume quindi un significato prognostico positivo. Di conseguenza, un intervento farmacologico orientato a riequilibrare in maniera completa la sindrome neuro-ormonale al fine di migliorare il più possibile la prognosi dello scompenso dovrebbe essere orien-tato a demodulare i sistemi del primo gruppo e a potenziare quelli del secondo.
Sino ad oggi gli interventi che è stato possibile mettere in atto con successo nella pratica clinica riguardano esclusivamente la demodulazione di sistemi con significato prognostico negativo, in particolare del PAAS con farmaci ACE-inibitori (ACE-i, antagonisti del recettore AT 1 dell'angiotensina II (ARB), antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (MRA) e del SNS con farmaci beta-bloccanti. Di conseguenza la triplice terapia con un ACE-i (o se non tollerato un ARB), un MRA e un beta-bloccante rappresenta l'approccio terapeutico iniziale alla sindrome neuroendocrina raccomandato dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) per i pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica compromessa, sintomatici.
Nonostante
l'ottimizzazione delle terapie attualmente raccomandate dalle linee guida per il
controllo della sindrome neuroendocrina, a fronte di una tendenza alla riduzione
della mortalità intraospedaliera, la qualità di vita e la
prognosi dei pazienti che sopravvivono a un ricovero ospedaliero per scompenso
cardiaco rimangono insoddisfacenti. In particolare, la sopravvivenza dei
pazienti in classe funzionale NYHA III e IV risulta analoga o peggiore rispetto
a quella associata alla maggior parte delle neoplasie. Ad esempio dati relativi
a due coorti dello studio Framingham hanno evidenziato una mortalità a 5
anni rispettivamente pari al 62% e al 75% per gli uomini e al 38% e al 42% per
le donne, mentre la mortalità media nello stesso periodo di tempo dei pazienti
affetti da neoplasie negli USA è risultata pari a circa il 50%.
Pertanto, nonostante i successi ottenuti negli ultimi 30 anni con la terapia
farmacologica, il bisogno terapeutico per i pazienti scompensati rimane alto e
la possibilità di modulare la sindrome neuro-ormonale in maniera ancora più
completa per ottenere un ulteriore miglioramento della qualità di vita e della prognosi
è certamente razionale e applicabile a un ampio numero di pazienti. Da questo punto di vista,
risulta particolarmente attraente la possibilità di incrementare i vantaggi già
ottenuti con la demodulazione del RAAS e del SNS attraverso il potenziamento
dei sistemi di regolazione che esercitano effetti potenzialmente positivi, come
quello delle chinine e dei PN.
Inibire la degradazione enzimatica della bradichinina risulta razionale in
quanto la bradichinina stessa esplica azioni che potrebbero rivelarsi utili
nello scompenso cardiaco; da questo punto di vista gli effetti favorevoli
esercitati dagli ACE-i sui sintomi e sulla prognosi possono dipendere in parte
da vasodilatazione, azione fi'brinolitica, inibizione della crescita e della
divisione cellulare che questi farmaci esercitano mediante un potenziamento del
sistema delle chinine. Va tuttavia tenuto presente che un eccessivo
potenziamento degli effetti della bradichinina può associarsi a un aumento di
eventi avversi clinicamente rilevanti, come la tosse e, soprattutto, la
comparsa di angioedema. Ancora più rilevanti per il paziente scompensato
potrebbero essere gli effetti derivanti da un potenziamento del sistema dei PN.
La funzione endocrina cardiaca è stata scoperta più di 30 anni fa e da
allora un numero crescente di dati sperimentali e clinici ne ha confermato la
rilevanza. Nel 1981 de Bold e coll. osservarono che, nel ratto, la
somministrazione endovenosa di omogenato di tessuto atriale determinava una
rapida riduzione della pressione arteriosa, accompagnata da un aumento
dell'escrezione renale di acqua e sodio. Dopo questa fondamentale osservazione,
numerosi gruppi di ricerca hanno purificato, a partire da tessuto atriale,
peptidi di variabili dimensioni molecolari capaci di indurre effetti
natriuretici e il rilasciamento delle cellule muscolari lisce arteriose.
Questi peptidi sono stati globalmente indicati con il termine di peptidi natriuretici atriali (ANP). In seguito sono stati purificati il peptide
natriuretico di tipo B (BNP), inizialmente indicato con il termine di peptide
natriuretico cerebrale, e il peptide natriuretico di tipo C (CNP) a partire
da tessuto cerebrale porcino.
Tutti i PN sono sintetizzati come pre-ormoni. Il pre-proANP, prodotto
principalmente a livello atriale ma presente anche a livello ventricolare e
renale, è un peptide costituito da 151 aminoacidi. Il clivaggio di un
primo frammento inattivo di 25 aminoacidi dà luogo al proANP, che rappresenta
la forma predominante immagazzinata nei granuli atriali. Il proANP viene a sua
volta frammentato dalla corina, una serin-proteasi di membrana, con formazione
dell'ANP nella sua forma biologicamente attiva, costituita da 28 aminoacidi
(ANP-28). Un processo metabolico alternativo, determinato da altre proteasi,
può portare alla formazione di un peptide di 32 aminoacidi denominato urodilatina, che può svolgere importanti funzioni di regolazione relativamente
all'escrezione renale di sodio e acqua. Lo stimolo primario per la
produzione dell'ANP è rappresentato dalla distensione parietale atriale a
seguito dell'aumento del volume ventricolare. Un altro meccanismo di sintesi
è legato all'aumento della pressione parietale transmurale che, in particolari
condizioni come lo scompenso cardiaco, può dare origine alla sintesi di ANP
anche a livello ventricolare.
Una volta rilasciato, l'ANP raggiunge il seno coronarico, con successiva
distribuzione agli organi bersaglio, sui quali svolge un'attività di tipo
ormonale classica. Va inoltre ricordato che altri ormoni, come l'endotelina,
l'angiotensina II e l'arginina-vasopressina, possono stimolare la
liberazione di ANP. L'ANP è sempre dosabile nel plasma, ma la sua
concentrazione è variabile, potendo aumentare da 10 a 100 volte nei pazienti
con scompenso cardiaco.
Il BNP viene prodotto principalmente dal tessuto ventricolare e la sua
concentrazione plasmatica può aumentare sino a 100 volte in pazienti che vanno
incontro a stress parietale ventricolare, particolarmente per sovraccarico di
volume, o a infarto miocardico.
Il BNP umano viene prodotto come pre-pro ormone di 134 aminoacidi. La
prima attivazione enzimatica determina la formazione del proBNP formato da 108
aminoacidi, che a sua volta viene ulteriormente frammentato, con formazione da
una parte del frammento inattivo, indicato con il termine di N-terminal proBNP,
costituito da 76 aminoacidi, e dall'altra del BNP nella sua forma
biologicamente attiva di 32 aminoacidi.
Il CNP è invece prodotto principalmente a livello cerebrale, ma può essere
presente anche a livello delle cellule endoteliali esposte all'azione di citochine. Rappresenta il PN maggiormente conservato tra le diverse
specie animali, infatti sia la forma a 22 aminoacidi sia quella a 53 aminoacidi
sono strutturalmente identiche nell'uomo, nel maiale e nel ratto, a
testimonianza dell'importante ruolo funzionale. Il proCNP umano è formato da 103
aminoacidi e viene scisso enzimaticamente dalla farina nella forma
attiva formata da 53 aminoacidi (CNP-53). Quest'ultima, in alcuni tessuti,
viene ulteriormente frammentata nella forma a 22 aminoacidi (CNP-22). Benchè le
azioni biologiche del CNP-53 e del CNP-22 siano sostanzialmente identiche,
la loro espressione quantitativa è differente nei diversi tessuti. Il CNP-53 è
la forma prevalente a livello cerebrale, endoteliale e cardiaco,
mentre il CNP-22 prevale a livello del fluido cerebro-spinale. Le
concentrazioni plasmatiche del CNP sono molto basse e non incrementano in
pazienti affetti da scompenso cardiaco. Pertanto, a differenza dell'ANP e del
BNP, il CNP non agisce come ormone cardiaco, ma non può essere escluso un suo
ruolo nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, svolto con modalità autocrino-paracrine.
I PN esercitano le loro azioni biologiche attraverso l'interazione con specifici recettori di membrana. Nei mammiferi sono stati riconosciuti tre recettori distinti, denominati rispettivamente recettore per i PN di tipo A (NPR-A), di tipo B (NPR-B) e di tipo C (NPR-C). Gli NPR-A sono altamente espressi a livello renale, surrenalico, ileale, aortico ènei tessuti polmonare e adiposo. Gli NPR-B sono stati identificati in elevate concentrazioni a livello polmonare, surrenalico, renale, uterino, ovarico, cerebrale (dove l'NPR-B rappresenta il PN prevalente) e nei fibroblasti. NPR-A e NPR-B rappresentano due dei cinque recettori transmembrana associati alle guanilato-ciclasi identificati nell'uomo e determinano le azioni biologiche dei tre PN. In particolare con NPR-A interagiscono prevalentemente l'ANP e il BNP, mentre con NPR-B interagisce prevalentemente il CNP. NPR-C non sembra possedere alcun effetto enzimatico intrinseco e in particolare non esercita attività connesse alla guanilato-ciclasi. E stato identificato a livello atriale, mesenterico, placentare, renale, aortico (sia nell'endotelio sia nelle cellule muscolari lisce), surrenalico, cerebrale e cerebellare e assolve a funzioni di clearance nei confronti di tutti i PN.
I PN esercitano i loro effetti biologici prevalentemente attraverso il legame
con NPR-A e NPR-B, l'attivazione della guanilato-ciclasi e la produzione di GMP
ciclico (cGMP), il secondo mediatore intracellulare. Quest'ultimo esercita
i suoi effetti legandosi a tre classi di proteine (Fig. 2): i canali ionici cGMP
regolati, le proteinchinasi cGMP-dipendenti di tipo I alfa e beta e di tipo II e
le fosfodiesterasi (PDE). Il legame del cGMP con le diverse classi di PDE può
determinare effetti differenziati: degradazione dello stesso cGMP (PDE5),
attivazione della degradazione del cAMP (PDE2), inibizione della degradazione
del cAMP (PDE3B). Pertanto il cGMP, attraverso questo complesso insieme di
effetti intracellulari, è in grado di regolare i livelli di cAMP e dello stesso
cGMP e quindi, in ultima analisi, lo stato energetico cellulare.
Non stupisce quindi che la stimolazione di NPR-A e NPR-B, attraverso
l'incremento di concentrazione del cGMP, dia luogo a numerosi effetti biologici che, considerati complessivamente, risultano potenzialmente utili nel
paziente affetto da scompenso cardiaco.
Tali effetti possono cosi' essere riassunti: a livello cerebrale inibizione del
SNS e dello stimolo della sete; a livello cardiaco inibizione dell'ipertrofia
e
della fibrosi ventricolare; a livello vascolare rilasciamento della muscolatura
liscia, diminuzione delle resistenze periferiche e riduzione del volume
circolante; a livello renale aumento della natriuresi, della diuresi e della
permeabilità capillare glomerulare, riduzione della sintesi di renina; a livello surrenalico inibizione della sintesi di aldosterone; a livello polmonare
broncodilatazione; a livello del tessuto lipidico, incremento della
lipolisi.
Tra questi effetti, nel paziente scompensato assumono particolare rilievo
quelli a livello cardiaco, vascolare, renale e surrenalico, che meritano di
essere analizzati nello specifico.
A livello cardiaco l'azione anti-proliferativa e antifibrotica è legata al
fatto che i sistemi di regolazione favorenti l'ipertrofia (RAAS e SNS)
stimolano recettori accoppiati con il sistema della proteina-G (GPCR),
determinando l'attivazione della fosfolipasi C (PLC), con aumentata produzione
di inositolo trifosfato (IP3) e attivazione della calcineurina, che, in ultima
analisi, attiva la trascrizione dei geni ad azione ipertrofizzante). ANP
e BNP eserciterebbero il loro effetto anti-ipertrofico stimolando l'NPR-A e
l'attivazione, mediata dalla proteinchinasi G (PKG), del sottotipo 4 del
regolatore della
proteina-G, opponendosi cosi' allo stimolo esercitato da RAAS e SNS, antagonismo
che si traduce in una soppressione della trascrizione dei geni ipertrofizzanti.
Pertanto, per quanto riguarda l'ipertrofia e la fibrosi cardiaca, nel paziente
scompensato un'attivazione farmacologica del sistema dei PN andrebbe ad
amplificare ulteriormente l'effetto determinato dall'i-nibizione farmacologica
del RAAS e del SNS ottenuta, rispettivamente, con ACE-i e beta-bloccanti.
A livello vascolare ANP e CNP sono in grado di determinare il rilasciamento
della muscolatura liscia attraverso l'interazione rispettivamente con NPR-A e
NPR-B. Entrambi i recettori incrementano la concentrazione
intracellulare di cGMP, che attiva la protein-chinasi G1 (PKGI), la quale, a sua
volta, inibisce il recettore dell'IP3. Ne conseguono effetti sui complessi
calcio/ATPasi della membrana plasmatica e delle membrane del reticolo
sarcoplasmatico (SERCA), nonchè sul canale calcio/potassio (BKCa), con
diminuzione della concentrazione di calcio libero citoplasmatico e, di
conseguenza, inibizione della contrazione muscolare.
L'ANP esercita sul rene un'azione complessa, che si compone di effetti
glomerulari, tubulari e sulle cellule juxta-glomerulari, tutti mediati
attraverso l'interazione con l'NPR-A. A livello glomerulare l'ANP aumenta la
pressione di filtrazione e, di conseguenza, il filtrato glomerulare, attraverso
un effetto emodinamico legato a un'azione coordinata sulle resistenze vascolari
dell'arteriola afferente, che vengono ridotte, e dell'arteriola efferente, che
vengono incrementate. Inoltre va ricordato che l'ANP determina un incremento
della conduttività idraulica capillare e della permeabilità dell'endotelio
a macromolecole come l'albumina, potendo quindi determinare un aumento
dell'albuminuria che, in questo caso, non è espressione di un danno glomerulare
permanente e non riveste quindi il significato prognostico negativo che assume
invece nel paziente affetto da insufficienza renale cronica. In aggiunta a
questo effetto emodinamico, l'ANP incrementa la natriuresi e la diuresi
mediante azioni svolte sul tubulo. In particolare nella porzione prossimale viene antagonizzato lo stimolo favorente il trasporto di sodio e acqua esercitato
dall'angiotensina II. Inoltre, a livello del tubulo collettore, l'ANP riduce
il riassorbimento di sodio e acqua inibendo il canale cationico amiloride-sensibile.
Entrambi questi effetti tubulari sono mediati dall'incremento di concentrazione
del cGMP. Infine, l'ANP esercita effetti a livello delle cellule dell'apparato
juxta-glomerulare, con riduzione della secrezione di renina mediata da un
processo dipendente dalla protein-chinasi GII (PKGII) e ciò sottolinea, ancora
una volta, le strette relazioni funzionali tra RAAS e sistema dei PN.
Concentrazioni fisiologiche di ANP concorrono a regolare la pressione arteriosa
anche attraverso un'inibizione del RAAS in quanto l'ANP stesso è in grado di
inibire la sintesi di renina, angiotensina II (come già evidenziato
relativamente agli effetti sull'apparato juxta-glomerulare renale) e
aldosterone. In particolare, per quanto riguarda l'aldosterone, l'ANP è in
grado di inibirne la secrezione direttamente a livello del surrene.
Nella corticale
del surrene l'ANP è in grado di ridurre la sintesi di aldosterone basale e
quella mediata sia dall'angio-tensina II sia dall'ACTH. Questi effetti
sono sicuramente mediati dall'interazione con l'NPR-A, mentre più controverso è
un eventuale ruolo dell'NPR-C. Il meccanismo con cui l'ANP determina un'inibizione della sintesi di
aldosterone sembra coinvolgere la fosfodiesterasi E2 (PDE2), altamente espressa
nella corticale del surrene. L'incremento di cGMP determinato dalla formazione
del legame tra ANP e NPR-A attiverebbe la PDE2, che, a sua volta, degraderebbe
il cAMP, che rappresenta il più potente determinante intracellulare della
sintesi di aldoste-rone. Un altro meccanismo coinvolto nell'inibizione
della sintesi di aldosterone potrebbe essere la proteina regolatoria della
sintesi steroidea presente nelle cellule della corticale surrenalica.
Oltre agli effetti qui descritti in maniera specifica, non va dimenticato che
anche le azioni potenzialmente favorevoli dei PN a livello polmonare e del
tessuto lipidico potrebbero avere rilievo clinico in pazienti scompensati che
presentino, come patologie associate, una BPCO e/o una sindrome metabolica.
E' accettato che i PN vengono degradati attraverso due distinte modalità:
- internalizzazione a seguito del legame con l'NPR-C
- degradazione enzimatica da parte dell'endopeptidasi neutra 24.11 (neprilisina).
ANP, BNP e CNP, pur con affinità differenti, sono in grado di legarsi all'NPR-C.
A seguito della formazione del complesso recettore-peptide viene promosso un
processo di internalizzazione. Una volta avvenuta l'internalizzazione, il
complesso viene scisso e l'NPR-C può essere riespresso a livello della
membrana cellulare.
Il PN internalizzato, invece, va incontro a un processo di degradazione
enzimatica di cui è principalmente responsabile l'enzima degradante l'insulina
(IDE). I siti di clivaggio a livello dei quali agisce la IDE sono stati
identificati e risultano differenti per i diversi PN.
Il secondo meccanismo di degradazione dei PN si realizza attraverso una frammentazione enzimatica a opera della neprilisina. Si tratta di una metalloproteasi zinco-dipendente presente in numerosi tessuti, espressa sulla membrana cellulare delle cellule effettrici. Questo enzima si caratterizza per la presenza di una larga porzione extracellulare con funzione catalitica, una singola regione transmembrana e una breve porzione intracellulare costituita da 27 aminoacidi, con terminale aminico. La neprilisina è in grado di aggredire enzimaticamente tutti i PN, ma con affinità diverse per ciascuno di essi. I siti di clivaggio sono differenti per i diversi PN. Alcuni studi hanno evidenziato che, analogamente ad altre metalloproteasi di membrana, la neprilisina può essere rilasciata dalle membrane cellulari stesse, dando luogo a una forma cosiddetta solubile, che mantiene le proprietà catalitiche originali e la cui concentrazione plasmatica correla, nei pazienti scompensati, con il rischio di eventi cardiovascolari, potendo ricoprire, almeno potenzialmente, un ruolo di marcatore diagnostico e/o prognostico. Un altro aspetto fondamentale dell'attività della neprilisina, sia nella sua forma legata alla membrana cellulare sia in quella circolante, è la non specificità dell'effetto catalitico.
Infatti, oltre ai PN, la neprilisina è in grado di metabolizzare diversi altri peptidi che esercitano effetti cardiovascolari e metabolici anche di segno opposto. Tra questi vanno ricordati l'angiotensina I e II, la bradichinina, la sostanza P, l'adrenomedullina e l'endotelina-1.
E' rilevante considerare che l'affinità della neprilisina per questi diversi substrati è differenziata, pertanto l'effetto biologico deve essere considerato come la risultante di una somma algebrica di effetti derivanti dall'inibizione di sistemi di regolazione con attività in parte sinergica e in parte opposta, sia dal punto di vista emodinamico sia per quanto riguarda gli aspetti strutturali.
La direzione e l'intensità dell'effetto risultante sono potenzialmente variabili nelle diverse condizioni fisiologiche e patologiche, in quanto a loro volta dipendenti sia dal grado di attivazione dei singoli sistemi sia dall'affinità che la neprilisina ha per i rispettivi effettori.
Il contributo relativo dei due meccanismi di degradazione dei PN,
recettore-mediato ed enzima-mediato, è stato indagato in diversi modelli
animali,
utilizzando sia bloccanti dell'NPR-C sia inibitori di tipo diverso dalla
neprilisina.In condizioni fisiologiche l'infusione di peptidi con azione bloccante l'NPR-C
ha effetti sulla concentrazione di ANP circolante leggermente superiori o
analoghi rispetto a quelli ottenibili con gli inibitori della
neprilisina.Tuttavia, in tutti i modelli considerati, un incremento
massimale delle concentrazioni plasmatiche dei PN è ottenibile solo con
l'ini-bizione di entrambe le vie di degradazione. In condizioni patologiche
associate a incremento significativo delle concentrazioni dei PN, come lo
scompenso cardiaco cronico, il sistema di degradazione recettore-mediato può
risultare saturato e, di conseguenza, l'inibizione della neprilisina può
giocare un ruolo più rilevante ai fini di un incremento ulteriore di
concentrazione dell'ANP. Per quanto riguarda BNP e CNP, entrambe le vie di
inattivazione contribuiscono al metabolismo, ma l'esatto rapporto quantitativo
delle due vie non è noto. In particolare, è possibile che l'inibizione della neprilisina possa ridurre la degradazione del CNP in alcuni tessuti, come il
tessuto renale, ma non in altri, come il tessuto polmonare.
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