Piastrinopenia

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Caso clinico reale. Un paziente di 82 anni giunge alla nostra osservazione con febbre elevata e 80.000 globuli bianchi. All'anamnesi del paziente risulta una leucemia mieloide acuta ed un'anemizzazione secondaria a tale patologie che lo specialista ematologo sta curando con la sola terapia di supporto vitaminico. Eseguiamo un'RX del torace che documenta un addensamento medio-apicale destro. Il paziente inizia un trattamento con 2 antibiotici (ceftriaxone e levofloxacina), oltre che cortisone ev ed antipiretici; il quadro, dapprima drammatico, migliora a mano a mano, ed i globuli bianchi si riducono a 7.000 in 4o giornata di degenza.Stiamo per esultare di gioia, quando il paziente vomita degli ingesti misti a sangue rosato e si copre nel petto di una serie di macchie rosso-bruno, le petecchie. Controlliamo l'emocromo: stavolta le piastrine si sono abbassate ad 8.000. Decidiamo di trasfonderlo con un pool piastrino. Il paziente viene dimesso apiretico, dopo qualche settimana, con una conta di 27.000 piastrine.

Piastrinopenia

Occorre che il loro livello scenda al di sotto delle 50-60.000, che rappresenta la soglia critica, al di sotto della quale è obbligatoria, se non la comparsa spontanea di fenomeni emorragici, per lo meno la possibilità di evocarli a mezzo di apposite prove. In realtà la comparsa di segni di diatesi emorragica non si lascia sempre strettamente correlare al numero di piastrine contenute nell'unità di volume del sangue circolante, anche se questa è la regola che vale per la stragrande maggioranza dei casi; diversi altri momenti possono infatti interferire in senso favorevole o sfavorevole nel condizionamento del fenomeno: la contemporanea presenza di difetti di funzionalità delle piastrine residue, ovvero la coesistenza di segni di difetto della fase vascolare dell'emostasi, ovvero ancora la concomitanza di difetti plasmatici della coagulazione possono elevare la soglia alla quale compaiono le manifestazioni emorragiche o aggravare le estrinsecazioni di queste ultime; mentre, dal canto opposto, una perfetta efficienza funzionale sia delle piastrine, ancorchè diminuite di numero, sia dei meccanismi vascolari dell'emostasi, possono ridurre la facilità e/o l'entità delle emorragie.

Così si spiega come fenomeni emorragici possano mancare del tutto o essere contenuti entro limiti molto discreti pur in presenza di gravi riduzioni della concentrazione piastrinica. Una sindrome emorragica da difetto "piastrinico" (si lascia clinicamente caratterizzare per la prevalenza delle manifestazioni cutanee (petecchie, ecchimosi, etc.) e mucose (soprattutto epistassi, gengivorragie, menometrorragie e, meno frequentemente, emoftoe ed emottisi, melena, ematuria, etc); solo raramente, ed in genere quando il numero di piastrine è inferiore alle 20-30.000/mm3, si verificano emorragie a carico degli organi interni, tra le quali particolarmente temibili sono quelle a carico del distretto cerebrale, con conseguenze drammatiche, a volte fatali (l'emorragia cerebrale rappresenta la più frequente causa di morte da piastrinopenia).

Il paziente presenta petecchie emorragiche, che si visualizzano come macchie viola di dimensioni piccole, quanto la capocchia di uno spillo (vedi foto).  I sanguinamenti, a qualsiasi livello, sono ovviamente facilitati da traumi, da interventi chirurgici anche di modesta entità, da eventi fisiologici (mestruazioni), da somministrazione di determinati farmaci, etc, ma non di rado si verificano senza alcuna causa apparente, in modo affatto spontaneo.

Petecchie, caso clinico di piastrinopenia

sotto, porpora da vasculite allergica per assunzione di aspirina e piatrinopenia

Alle indagini di screening emostatico una piastrinopenia, ove presente in forma pura, senza compartecipazione di altri fattori dell'emostasi, si lascia sospettare per un prolungamento del tempo di emorragia, per la positività delle prove di fragilità capillare, per la mancata o ritardata retrazione del coagulo, per le alterazioni abbastanza caratteristiche che emergono dall'analisi del tromboelastogramma ("K" leggermente allungato, ma soprattutto ampiezza massima, "m.a.", ridotta), per la sostanziale normalità dei tests di esplorazione della fase plasmatica dell'emostasi (ma si possono avere ovviamente anche alterazioni dei risultati di quelle indagini emocoagulative che presuppongono anche un efficiente contributo piastrinico, quali il tempo della protrombina residua etc). è comunque al conteggio piastrinico ed eventualmente allo studio della funzionalità piastrinica che spetta in via preliminare il compito di definire le vere ragioni della diatesi emorragica e suggerire, circoscrivendoli, gli altri procedimenti dell'iter diagnostico. Allo studio della funzionalità piastrinica, divenuto in tempi recenti assai più agevole, purchè la piastrinopenia non raggiunga livelli particolarmente bassi (nel quale caso ancor oggi i risultati che si ottengono non sono sempre attendibili e veraci), spetta il compito di precisare l'eventuale coesistenza di una piastrinopatia, cioè di un difetto funzionale piastrinico, evenienza questa spesso presente, perchè alcuni dei principali meccanismi fisiopatologici che intervengono nel determinismo della trombocitopenia possono, in alcuni casi, ledere la funzione piastrinica prima di condizionarne la riduzione numerica nel sangue periferico.


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Criteri classificativi delle piastrinopenie

Vari sono i criteri in base ai quali possono essere classificate le sindromi piastrinopeniche. Da un punto di vista generale si puo' dire che le piastrine diminuiscono di numero quando si rompe l'equilibrio fra produzione e consumo, o perchè risulta deficitaria in senso assoluto la produzione, o perchè la distruzione alla periferia supera il gettito midollare, vale a dire perchè aumentano i consumi. Pertanto la prima classificazione di ordine generale, che puo' essere schematicamente proposta, è quella che distingue le piastrinopenie in due grossi gruppi, comprendente, il primo, tutte le forme condizionate da un deficit, comunque evocato, della produzione (piastrinopenie da piastrinopoiesi insufficiente; piastrinopenie da piastrinopoiesi inefficace) ed abbracciarne il secondo quelle determinate da un eccesso di consumi, indipendentemente dalla natura dei fattori che lo sostengono e quale che sia la sede di tale esaltato consumo. In senso lato puo' essere compresa fra le cause dell'esagerato consumo anche la dispersione esogena di piastrine (grandi emorragie, emodialisi).

Classificazione patogenetica delle piastrinopenie

1) Piastrinopenie da ridotta produzione midollare
a) Per riduzione numerica dei megacariociti (piastrinopoiesi insufficiente)
b) Per difettosa maturazione dei megacariociti (piastrinopoiesi inefficace)
2) Piastrinopenie da trombocitolisi periferica
a) Da causa intrinseca alle piastrine
b) Da causa estrinseca alle piastrine:
- immunologica
- non immunologica
3) Piastrinopenie da distribuzione impropria e da diluizione (piastrinopenie spurie)
4) Piastrinopenie da dispersione esogena
5) Forme particolari:
a) deficit di trombopoietina
b) trombocitopenia ciclica
6) Pseudotrombocitopenie e pseudo- pseudo-trombocitopenie

Lo schematismo di tale classificazione trova il suo limite naturale nella possibilità che si verifichino delle compensazioni o delle sinergie fra i due meccanismi fondamentali che si trovano alla base delle piastrinopenie, deficit di produzione, eccesso di consumi, nel senso che alla accentuata lisi periferica delle piastrine corrisponda, se le sue condizioni anatomofunzionali sono integre ed efficienti, una maggiore attività piastrinopoietica del midollo intesa teleologicamente a correggere parzialmente o totalmente il compenso sarà tanto più agevole quanto più modesta è l'entità della dispersione o distruzione periferica delle piastrine,  il deficit di bilancio, il quale pertanto potrà essere per un certo tempo in tutto o in parte mascherato dalla reattività compensatoria del midollo emopoietico. In altri termini, grazie ed in virtù delle capacità di adeguamento sia pure non ottimale o imperfetto del midollo alle sollecitazioni periferiche, la piastrinopenia potrebbe risultare inferiore a quella che sarebbe stata se il midollo non avesse risposto allo stimolo periferico ed avesse conservato inalterate le sue capacità produttive. Poichè le attitudini reattive del midollo non sono illimitate, è fatale che prima o poi arrivi il momento in cui il compenso, sia pure imperfetto e relativo, tenderà a farsi sempre meno efficiente e sempre più precario, per cui il gettito midollare di trombociti si porterà, dai valori inizialmente aumentati, prima intorno ai suoi valori normali, in senso assoluto, e successivamente, scenderà al di sotto della norma, con la inevitabile conseguenza di un aggravamento della condizione piastrinopenica, la quale, a questo punto, riconoscerà una duplice origine, periferica e centrale. Tutto questo sta ancora una volta a significare che i fenomeni biologici non possono essere forzatamente inscritti in schemi prefabbricati, che, come tali, non contemplano le eccezioni. Strettamente collegabile a quella testè ricordata, è la classificazione che assume come criterio base l'atteggiamento anatomo-funzionale del midollo. In tal senso le piastrinopenie possono essere distinte in iporigenerative, quando la ricchezza in megacariociti, che delle piastrine sono la naturale matrice, è più o meno sensibilmente ridotta rispetto alla norma, con conseguente riduzione della quantità di piastrine che vengono prodotte e dismesse in circolo, e piastrinopenie iperrigenerative quando invece il quadro midollare si caratterizza per l'abbondanza dei megacariociti e per l'aumento del gettito midollare. Mentre le forme iporigenerative si identificano con le condizioni piastrinopeniche sostenute da un deficit di produzione, quelle iperrigenerative corrispondono alle piastrinopenie da esagerata lisi periferica (splenica ed intravascolare).

La distinzione è importante, perchè essa viene generalmente assunta come criterio orientativo ai fini dell'indicazione o meno della splenectomia, metodo di cura elettivo di talune situazioni piastrinopeniche). Un tempo, per il fatto che nelle forme iperrigenerative i megacariociti, abbondantemente reperibili nel midollo, non presentano figure di campeggiamento in attività piastrinopoietica, si era pensato, nel quadro dell'ipersplenismo vecchia maniera, ad una inibizione della loro maturazione ad opera di presunti principi di origine splenica. Oggi il fenomeno viene più razionalmente spiegato con l'accelerato turn-over delle cellule megacariocitarie violentemente sollecitate a tamponare le perdite periferiche, anche se l'ipotesi di un ipersplenismo piastrinopenico inteso non nel senso esclusivo di un'ipersequestrazione piastrinica nel letto vascolare della milza, ma in quello di una inibizione citomaturativa e citoespulsiva del midollo puo' contare ancora su non pochi elementi a suo suffragio. Si pensi solo alla iperpiastrinosi che residua qualche volta in via permanente all'intervento di splenectomia, intervento che, nell'ambito del concetto della ipersequestrazione splenica, dovrebbe assicurare il ritorno alla norma del livello piastrinico patologicamente abbassato. Infine un'altra classificazione basata su un criterio eminentemente clinico potrebbe essere quella che contempla da una parte le piastrinopenie idiopatiche o essenziali o da cause sconosciute (la loro definizione è solo negativa e forse provvisoria in attesa che si riescano ad individuare i momenti eziologici che ne sono i veri responsabili) e dall'altra le piastrinopenie secondarie da cause note, si tratti di farmaci o di tossine batteriche o virali (piastrinopenie medicamentose ed infettive). A queste due categorie una terza potrebbe essere aggiunta, quella delle piastrinopenie sintomatiche che occorrono nel corso di affezioni varie caratterizzate tutte da una grave compromissione anatomica del midollo (aplasie, metaplasie midollari in corso di leucemie, mielomi, metastasi midollari, con sostituzione delle normali componenti cellulari, ad opera di tessuti neoplastici estranei al midollo, mielosclerosi e via dicendo) in cui peraltro la piastrinopenia rappresenta solo un elemento subordinato di un più vasto e complesso quadro anatomo-clinico che ha fuori del sistema piastrinopoietico il suo epicentro patogenetico e clinico.
 

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