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PIOGLITAZONE

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Nei pazienti che non tollerano terapie con metformina (diarrea, insufficienza renale ecc.), ma che necessitano di una terapia antidiabetica insulinosensibilizzante, ipolipemizzante e cardioprotettrice, trovano indicazione i glitazoni. Si tratta di una classe di farmaci antidiabetici orali che sono  agonisti dei fattori di trascrizione PPAR-y (detti PPAR-y agonisti o tiazolidinedioni o glitazoni) rappresentano una classe di farmaci con azione insulino-sensibilizzante ed effetti benefici sul compenso glico-metabolico, sulla dislipidemia e su alcuni parametri di rischio cardiovascolare. Il primo di questi farmaci, il troglitazone, e' stato introdotto negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta, ma e' stato successivamente ritirato per la comparsa di alcuni casi fatali di epatotossicita'. Dal 1999, sono disponibili per la terapia del diabete mellito di tipo 2 due molecole strutturalmente simili al troglitazone, il pioglitazone e il rosiglitazone, prive di effetti epatotossici. Recentemente, in Europa il rosiglitazone e' stato ritirato dal mercato a causa di un rapporto beneficio/sicurezza giudicato non favorevole; pertanto, l'unico tiazolidinedione utilizzabile in Italia per la terapia del diabete mellito di tipo 2 e' il pioglitazone.

Meccanismo di azione

I tiazolidinedioni sono agonisti dei fattori di trascrizione nucleari PPAR-y (Peroxisome Proliferator Activated Receptors-y). I PPAR si legano a specifiche regioni del DNA, chiamate PPREs (Peroxisome Proliferator Response Elcments), localizzate nell'area promoter dei geni oggetto della regolazione. I PPAR agiscono in associazione con un altro fattore di trascrizione della famiglia dei recettori nucleari, il recettore per l'acido retinoico (RXR), con il quale formano un eterodimero stabilmente legato alle sequenze PPRE. Il legame degli agonisti specifici con l'eterodimero ne determina una modificazione conformazionale con la dissociazione di corepressori, che mantengono il complesso PPAR-RXR in forma inattiva, e il legame a coattivatori, come la PPAR-binding protein p300 o il PPAR-y co-activator-1 (PGC1); questo si traduce nell'attivazione o nell'aumento dell'attivita' trascrizionale.

Il risultato di questa complessa serie di interazioni molecolari e' l'aumentata espressione di geni specifici regolati dai PPAR. Tuttavia, accanto all'aumento dell'espressione genica, l'attivazione di PPAR-y e' seguita anche da processi di repressione genica, che spiegano in larga misura l'azione antinfiammatoria di queste molecole. Infatti, l'attivazione di PPAR-y da parte dell'agonista e' anche seguita dalla repressione dell'attivazione di altri importanti fattori di trascrizione che regolano la risposta infiammatoria, quali per esempio NPkB.. Conseguentemente, viene ridotta l'espressione di un'ampia serie di geni proinfiammatori, sia nel tessuto adiposo che in altri tipi cellulari, quali le cellule del sistema immunitario (macrofagi, linfociti) e dell'apparato cardiovascolare (cellule endoteliali e cellule muscolari lisce). In pai titolare si assiste alla riduzione dell'espressione di citochine proinfiammatorie(IL-1β, TNF-α, interferone-y, IL-6), chemochine (MCP-1), molecole di adesione (ICAM-1, VCAM-1) e sostanze vasoattive (endotelina-1).

La conseguenza di questi complessi effetti di regolazione genica, sia di stimolo che di repressione, e' apprezzabile a livello di diversi organi e tessuti coinvolti nella patogenesi del diabete di tipo 2. I PPAR-y, infatti, sono espressi prevalentemente nel tessuto adiposo, ma anche in altri tessuti quali il muscolo scheletrico, il fegato, il cuore, il iene, le cellule endoteliali e nelle stesse β-cellule pancreatiche. L'attivazione dei PPAR-y nel tessuto adiposo ne promuove la differenziazione e attiva risposte metaboliche quali la captazione del glucosio e degli acidi grassi e la sintesi di lipidi. Inoltre, viene modulata l'espressione di ormoni adipocitari, con riduzione di leptina, resistina, TNF-α e dell'enzima 11-β-idrossisteroido-deidrogenasi di tipo 1 (11-β-HSD), che inducono insulino-resistenza, e aumento di adiponectina, che invece favorisce l'insulino-sensibilita'. Gli effetti metabolici dell'attivazione dei PPAR-y nel tessuto adiposo si traducono quindi in un aumento della sensibilita' insulinica nell'intero organismo attraverso la riduzione della produzione di sostanze che interferiscono con l'azione insulinica (citochine, FFA) e l'aumento di adiponectina.

E' importante ricordare che l'attivazione di processi biochimici che portano a migliorare la capacita' dell'adipocita di immagazzinare lipidi, attraverso l'induzione di geni che regolano la captazione dei grassi (lipoproteinlipasi, proteina legante gli acidi grassi aP2, trasportatore di acidi grassi FATP-1) e la lipogenesi (SREBP1, SCD-1), comporta, a livello sistemico, la ridistribuzione dei substrati energetici: aumenta la quota di trigliceridi immagazzinata nel tessuto adiposo, e diminuiscono i livelli dei lipidi circolanti e l'accumulo ectopico di trigliceridi nel fegato e nel muscolo scheletrico, che, come e' noto, contribuisce in maniera importante all'insulino-resistenza. Inoltre, l'attivazione di PPAR-y promuove la formazione e l'incremento numerico di adipociti piu' piccoli, metabolicamente piu' attivi nel convertire gli acidi grassi in trigliceridi, localizzati prevalentemente nel compartimento sottocutaneo. Per tutti questi motivi, il trattamento con PPAR-y agonisti e' in grado di correggere, in misura maggiore rispetto alla metformina, molte delle alterazioni del segnale insulinico presenti nel paziente con diabete di tipo 2; esso rappresenta quindi un approccio terapeutico in grado di intercettare i meccanismi patogenetici responsabili della comparsa dell'iperglicemia.

Vanno infine ricordati due aspetti specifici conseguenti all'attivazione di PPAR-y nella β-cellula pancreatica e nell'apparato cardiovascolare. Il trattamento con PPAR-y agonisti, a livello della β-cellula, realizza un effetto protettivo sulla sopravvivenza cellulare e sulla funzione secretoria, sia mediante meccanismi indiretti (correzione della glueotossicita' per l'effetto antiiperglicemizzante; correzione della lipotossicita' per l'effetto di detossificazione degli FFA), sia attraverso effetti diretti, rappresentati dalla riduzione dell'espressione del fattore trascrizionale NFKB e delle citochine proinfiammatoric, con conscguente riduzione dei livelli di apoptosi e preservazione della massa β-cellularc e della secrezione di insulina.

Gli effetti sulle isole pancreatiche e sulle β-cellule sono verosimilmente rilevanti per spiegare gli effetti degli agonisti di PPAR-y sulla preservazione della funzione β-cellulare nei pazienti con diabete di tipo 2. Per quanto riguarda, invece, l'apparato cardiovascolare, va ricordato che l'espressione di PPAR-y e' stata dimostrata anche nelle cellule della parete vascolare cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, monociti/macrofagi) e nelle lesioni aterosclerotiche, suggerendo un possibile ruolo dei farmaci agonisti di PPAR-y nella modulazione delle funzioni vascolo-endoteliali. In modelli sperimentali, in vitro e in vivo, i PPAR-y agonisti producono effetti positivi su varie tappe dell'atcrogcncsi: riduzione della migrazione e proliferazione delle cellule muscolari lisce, riduzione della risposta di tipo infiammatorio di monociti e macrofagi, riduzione della sintesi di metallo-proteinasi della matrice (enzimi proteolitici che possono mediare la rottura della placca aterosclerotica). Queste risposte possono essere legate a effetti diretti dell'attivazione di PPAR-y nelle cellule vascolari o anche agli effetti sistemici associati alla modulazione della funzione endocrina del tessuto adiposo. Inoltre, il trattamento con PPAR-y agonisti in soggetti con diabete di tipo 2 migliora la disfunzione endoteliale, come si evince dalla riduzione del PAI-1 e del fibrinogeno e dalla migliore performance del letto arteriolare dopo stimolo con agenti vasodilatatori. Passando a correlati di carattere clinico, e' da rilevare che il trattamento con PPAR-y agonisti riduce lo spessore intimamedia a livello carotideo, noto marker di aterosclerosi precoce, e la percentuale di restenosi di stent coronarici in pazienti diabetici e non diabetici, con cardiopatia ischemica, sottoposti ad angioplastica.

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