La stipsi cronica
è solitamente distinti in tre diversi aspetti:
stipsi silente
stipsi complicata
stipsi riferita.
La stipsi silente è tale perché inespressa, come avviene, ad esempio nei bambini, per difetti cognitivi, per alterazioni psicologiche, per errati convincimenti sulla gestione dell'alvo ovvero per uso abitudinario di sostanze lassative che vengono considerate da chi le assume non farmaci, ma parte integrante delle consuetudini quotidiane. La stipsi complicata può manifestarsi per l'accumulo di feci e/o fecalomi nel colon-retto in chi ha stipsi silente, nelle forme più lievi e frequenti, come senso di distensione e gonfiore addominale e, nelle forme più gravi, con incontinenza e diarrea paradossa ovvero, senza preavviso, con ostruzione e/o perforazione da ulcera stercoracea, volvolo e ritenzione urinaria. La stipsi cronica riferita è definita come la manifestazione sintomatica di un'alterazione dell'atto evacuatorio avvertito come difficile o insoddisfacente e/o una ridotta frequenza dell'alvo che perdura da almeno sei mesi.
La storica definizione di stipsi basata sulla ridotta frequenza dell'alvo si è arricchita di due altri elementi caratterizzanti: la difficoltà evacuativa e la consistenza delle feci, aspetti che possono, tutti o in parte, rientrare nei più recenti criteri diagnostici di Roma III. La forma delle feci dipende dal contenuto di acqua e dal tempo di transito nel colon. Forma delle feci tipo 1-7 secondo la scala di Bristol. Tuttavia il quadro clinico del paziente con stipsi può essere più complesso della definizione perché all'alterazione della defecazione si associano spesso altri sintomi quali distensione, gonfiore e dolore addominale, sensazione di malessere generale che possono essere altrettanto, se non addirittura più, invalidanti dei disturbi dell'alvo. Inoltre le alterazioni dell'alvo e i disturbi intestinali interferiscono notevolmente su abitudini quotidiane, ritmi lavorativi, impegno sociale, alimentazione. Il 13% dei pazienti con stipsi dichiara di non aver potuto svolgere attività lavorative in media 22 giorni all'anno. In definitiva, il quadro clinico della stipsi cronica non è soltanto determinato dalle caratteristiche dell'alvo ma anche da come queste ultime influenzano ed interagiscono con le abitudini, le attività giornaliere, il comportamento e le reazioni psicologiche del singolo paziente.
Esistono dei criteri che consentono di dare una definizione della
stipsi cronica funzionale, criteri che sono stati condivisi al congresso di Roma
III.
criteri diagnostici di Roma III per STIPSI CRONICA FUNZIONALE
1. Presenti negli ultimi 3 mesi, ma con esordio da almeno 6 mesi, due o più delle
seguenti caratteristiche:
a. Sforzo in almeno il 25% degli atti defecatori
b. Feci dure o ammassate in almeno il 25% degli atti defecatori
c. Sensazione di incompleto svuotamento rettale in almeno il 25% degli atti defecatori
d. Sensazione di ostruzione/ostacolo in almeno il 25% degli atti defecatori
e. Ricorso a manovre manuali per facilitare almeno il 25% degli atti defecatori
(ad esempio evacuazione digitale, innalzamento manuale del pavimento pelvico)
f. Meno di 3 evacuazioni alla settimana
2. Le feci non formate sono raramente presenti in assenza dell'uso di lassativi
3. Non vi sono criteri sufficienti per la diagnosi di Sindrome dell'Intestino Irritabile
(SII)
Studio del transito del colon con marcatori radiopachi,visibili come piccoli punti luminosi, per il resto si apprezza coprostasi e spasmi della cornice colica e delle anse ileali |
ANORETTALI
Patologia emorroidaria
Ragade anale
Intussuscezione retto-rettoanale.
Prolasso rettale
Rettocele
Ulcera solitaria del retto
Distensione e dolore addominale
Occlusione intestinale
Perforazione intestinale
Volvolo
Incontinenza fecale
Ritenzione urinaria
Effetti indesiderati dei lassativi
La rilevanza clinica della stipsi cronica sarà quindi espressione del grado di disagio
e sofferenza del paziente e potrà variare da lieve a grave, ed essere, in alcuni
casi, del tutto incapacitante. Generalmente, se di grado lieve e/o con presentazione
intermittente, la maggior parte di chi ne è affetto ricorre, traendone vantaggio,
a variazioni nella dieta, aumentando il contenuto di fibre, e all'automedicazione
con l'uso di lassativi al bisogno. In una percentuale minore di pazienti, tuttavia,
per la persistenza nel tempo e il grado di severità, il disturbo può configurare
di per sé una condizione cronica ed invalidante di sofferenza, che richiede l'intervento
del medico e la necessità di un trattamento continuativo.