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Terapia della stipsi funzionale

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Trattamento step by step della stipsi

Il trattamento iniziale della stipsi funzionale si basa su un buon rapporto medico-paziente e su una corretta informazione del disturbo da dare al paziente. E importante valutare attentamente l'evoluzione nel tempo del disturbo, ricercando eventuali abitudini dietetiche o comportamentali potenzialmente responsabili di stipsi. Alcuni individui reprimono o rimandano lo stimolo della defecazione per mancanza di tempo e/o della disponibilità di una toilette. In questo caso può essere utile modificare lo stile di vita e rieducare l'alvo cercando di evacuare in un ambiente confortevole, possibilmente in condizioni di relax fisico e mentale e dopo un pasto, in modo da sfruttare al meglio il riflesso gastro-colico.

I pazienti con rallentato transito nel colon beneficiano particolarmente delle fibre perché la loro azione di distensione intraluminale del colon accelera il transito intestinale stimolando le contrazioni propulsive e/o inibendo le contrazioni segmentanti. Le fibre non sono efficaci nei pazienti con rallentamento rettale.

Il primo tentativo terapeutico è quello di integrare la dieta con fibre solubili. Diversi studi hanno riportato l'efficacia terapeutica dello psillio nella stipsi funzionale. Nei pazienti che non rispondono alla terapia con fibre è opportuno iniziare trattamento con rnacrogol alla dose giornaliera sufficiente a determinare evacuazioni senza sforzo di feci normo conformate. Il macrogol agisce aumentando il contenuto di acqua nelle feci e, diversamente da altri lassativi, non è fermentabile, non è assorbito, non interferisce con altri farmaci e non stimola la motilità colorettale e la sua assunzione giornaliera, a basso dosaggio, non ha effetto catartico. Numerosi studi clinici hanno dimostrato l'elevata efficacia, di circa I'80%, e sicurezza, anche a lungo termine, del macrogol nella terapia della stipsi funzionale. I pazienti che hanno difficoltà ad evacuare malgrado la consistenza delle feci sia stata normalizzata con il macrogol o quelli che, per comorbidità di dispepsia o intolleranza, non possono assumere le soluzioni di macrogol, dovranno ricorrere ad altri lassativi o a terapia di riabilitazione ano-retto-pelvica.

Nuovi metodi, biofeedback

I pazienti con ridotta sensibilità rettale e con disordini funzionali della defecazione si giovano della rieducazione dell'alvo mediante biofeedback.

Per i pazienti che non rispondono alle tecniche di riabilitazione ano-retto-pelvica può essere impostato un trattamento con stimolazione bi-trisettimanale dell'evacuazione, ricercando tra i seguenti rimedi: supposte, clismi di glicerina o lassativi, clismi iperosmolari, clisteri semplici o medicati, scegliendo quello che, a parità di efficacia, sia il meno aggressivo e comporti il minor numero di effetti collaterali. La necessità di ricorrere continuamente alla stimolazione dell'evacuazione con clisteri è generalmente una condizione mal tollerata a lungo termine che suggerisce di prendere in considerazione l'opportunità della terapia chirurgica o della neuromodulazione sacrale. La stipsi è un disturbo della defecazione consistente nella difficoltà di svuotare in tutto o in parte l'intestino espellendone le feci. Sarebbe stato definito dagli stessi pazienti, secondo criteri soggettivi, in termini di ridotta frequenza dell'alvo e disturbi addominali imputati ad una difficoltosa ed insufficiente evacuazione. In ealtà esistono due forme di stipsi: la stipsi da propulsione, comunemente definita "stitichezza", legata effettivamente al rallentato transito, ed una stipsi da espulsione, tecnicamente definita da "out-flow". In questo secondo caso la difficoltà del paziente consiste nella incapacità parziale o totale alla evacuazione.

Si calcola che il 10% circa della popolazione dei paesi industrializzati soffra cronicamente di questo disturbo e molto elevato risulta il costo sociale in termini di giornate lavorative perse e sanitario in termini di consumo di lassativi e purganti. Nel panorama terapeutico di queste due patologie sempre piu' spesso si fa ricorso alla riabilitazione perineale perche' mini-invasiva, efficace, ripetibile ed eseguibile anche a domicilio. La riabilitazione perineale infatti costituisce da parecchi anni un riconosciuto approccio a molteplici patologie disfunzionali del pavimento pelvico: essa si avvale di alcune tecniche tra le quali un ruolo molto importante è rappresentato dal Biofeedback (BFB) o "retroazione biologica" che è una metodica di apprendimento (impiegata nelle UCP, Unione di Specialisti di Colon Proctologia) derivata da alcune teorie proposte in campo psicologico e l'elettrostimolazione. Caratteristica fondamentale dei meccanismi a feedback è la possibilità di acquisire il controllo volontario di certi eventi fisiologici mediante l'informazione istantanea di ritorno, resa cosciente e monitorata grazie ad apposite apparecchiature che trasformano gli eventi biologici in segnali uditivi o visivi. Il bio-feedback e' quindi un sistema che consente di apprendere come influenzare in modo significativo le risposte fisiologiche solitamente al di fuori del controllo volontario o che siano sfuggite alla regolazione volontaria in seguito ad una malattia o un evento traumatico.

Il biofeedback e' una tecnica riabilitativa del pavimento pelvico che punta ad una rieducazione completa del paziente attraverso una serie di esercizi, una sorta di ginnastica dello sfintere anale, volti ad allenare determinati muscoli a contrarsi e determinati altri a rilasciarsi. Il BFB e' indicato specialmente nei i pazienti con incontinenza fecale primitiva o secondaria (es. dopo intervento chirurgico) e nei i pazienti con stipsi da patologie della muscolatura del pavimento pelvico (dissinergia pelvica, contrazione paradossa del muscolo pubo-rettale). L'esame consiste nell'introduzione nel canale anale e parte dell'ampolla rettale di una piccola sonda che registra le pressioni esercitate sulle proprie pareti. La sonda e' connessa ad un computer che elabora i dati ricevuti e li trasforma in impulsi e in barre di colore differente a seconda che si tratti di contrazione o rilasciamento.

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Il paziente sara' quindi invitato ad eseguire come detto degli esercizi ed a verificarne la corretta esecuzione attraverso i dati espressi sul monitor. Ogni sessione dura circa 15 minuti e non richiede alcuna preparazione intestinale Al biofeedback, si associa molto spesso l'elettroterapia, ginnastica passiva, che consiste in una stimolazione delle fibre muscolari con  corrente elettrica di bassa ampiezza. Anche in questo caso si tratta di un piccolo elettrodo inserito nel canale anale a paziente e' sdraiato sul lettino ed ogni sessione dura circa 10 minuti. Di solito, le due procedure vengono effettuate nella stessa seduta, una dopo l'altra. In alcuni casi è indicata la prosecuzione a casa della riabilitazione mediante apparecchio portatile domiciliare, così da ottenere un rinforzo nel tempo dei risultati ottenuti. Tuttavia prima di intraprendere forme di trattamenti invasivi è opportuno ricercare con attenzione la presenza di eventuali fattori psicologici e sociali. Qualora le manifestazioni cliniche della stipsi siano associate o riferibili a fattori psicosociali, può essere utile la consulenza ed il supporto psichiatrico. La presenza di un disordine psicologico andrebbe sospettata quando i pazienti negano le evacuazioni, quando i sintomi sono sproporzionati rispetto ai reperti obiettivi dei test funzionali, quando il dolore o il gonfiore addominale o i disturbi della defecazione sono continui, non legati allo svuotamento intestinale e non migliorano malgrado il trattamento.

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Chirurgia nella stipsi

La terapia chirurgica viene presa in considerazione nei pazienti non rispondenti soddisfacentemente alle terapie farmacologiche e che non abbiano manifestazioni cliniche della sindrome dell'intestino irritabile né gravi alterazioni psicologiche. Rettocele e intussuscezione rettale sono spesso presenti in pazienti con disturbi della defecazione, ma essendo comunque frequenti nella popolazione generale, non esistono criteri obiettivi standardizzanti, ma solo valutazioni cliniche del ruolo patogenetico svolto da queste alterazioni anatomiche nel causare disturbi defecatori nel singolo paziente. La terapia chirurgica è in grado di eliminare la intussuscezione rettale o prolasso interno, correggere il rettocele e ristabilire la continuità anatomica della parete rettale. Non è invece più efficace della terapia con macrogol nel migliorare la stipsi ed inoltre non è priva di rischio per l'alto numero e la gravita delle possibili complicanze. La neuromodulazione mediante stimolazione elettrica delle radici sacrali, S2 o S3 o S4, mediante elettrodi, già sperimentata con successo nel controllo della incontinenza anale, è stata usata con risultati favorevoli anche in casi di stipsi. L'applicazione definitiva per via chirurgica degli elettrodi sulle radici sacrali con impianto sottocutaneo dello stimolatore avviene solo dopo aver ottenuto una risposta positiva con un primo tentativo eseguito con elettrodi rimovibili inseriti per via transcutanea.

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