Due classi di farmaci ipoglicemizzanti orali che hanno fatto la storia della diabetologia, oggi 2023, in disuso per gli effetti collaterali: esaurimento della beta cellula. Essi stimolano la secrezione di insulina da parte delle β-cellule pancreatiche: le sulfoniluree, i primi farmaci ipoglicemizzanti orali introdotti nella terapia del diabete di tipo 2, e le glinidi, una classe relativamente più nuova di secretagoghi insulinici analoghi della meglilinide.
In condizioni fisiologiche, l'aumento della glicemia comporta un maggior ingresso di glucosio nella β-cellula pancreatica, che attraversa la membrana plasmatica grazie alla presenza di alcuni trasportatori di membrana quali il GLUT2 e il GLUT1. Il glucosio viene quindi fosforilato a glucosio 6-fosfato dalla glucochinasi e dall'esochinasi e metabolizzato nella glicolisi aerobia, con produzione di ATP. L'aumento dei livelli di ATP all'interno della cellula comporta un aumento del rapporto ATP/ADP, cui sono sensibili i canali del K+ presenti a livello della membrana plasmatica. Questi canali si chiudono, impedendo il regolare ingresso di ioni K+ e determinando una depolarizzazione della membrana plasmatica. Di conseguenza, i canali del Ca++, sensibili alle variazioni dello stato elettrico della membrana, si aprono, con ingresso di ioni Ca++ e avvio dell'esocitosi dei granuli secretori che contengono l'insulina.
Le sulfoniluree e le glinidi si legano a uno specifico recettore, il SUR1, che è parte del complesso macromolecolare in cui sono presenti i canali del K+. Il legame delle sulfoniluree e delle glinidi al SUR1 comporta l'immediata chiusura dei canali del K+, in maniera analoga a quanto avviene in presenza di un aumento della glicemia. Inoltre, vi sono evidenze per cui alcune sulfoniluree, come per esempio la glibenclamide, potrebbero agire direttamente sui granuli secretori contenenti insulina, in cui sarebbero presenti dei recettori SUR1, determinandone l'esocitosi e il rilascio di insulina. E quindi evidente che le sulfoniluree e le glinidi agiscono con meccanismi in parte indipendenti dalle variazioni della glicemia; esse possono quindi favorire una secrezione inappropriatamente elevata di insulina con induzione di eventi ipoglicemici. Questo è particolarmente vero per la glibenclamide, anche per l'effetto diretto sui granuli secretori contenenti insulina. Va infine ricordato che isoforme diverse dei recettori SUR (per esempio il recettore SUR2) sono presenti a livello dei vasi arteriosi e del muscolo cardiaco. Le varie sulfoniluree e glinidi possiedono una diversa selettività nei confronti delle varie isoforme di recettore SUR e possono quindi interferire in vario modo con la chiusura dei canali del K+ a livello vascolare, con conseguente alterazione della funzione contrattile delle cellule muscolari lisce della parete vasale. Da questo punto di vista la molecola meno selettiva è la glibenclamide. Le sulfoniluree sono tuttora tra i farmaci maggiormente utilizzati nella terapia del diabete mellito di tipo 2. Le sulfoniluree si legano a proteine plasmatiche e sono in molti casi metabolizzate a livello epatico; alcune di esse danno origine a metaboliti attivi che sono escreti per via renale. Esistono numerose differenze rispetto alla potenza ipoglicemizzante, al metabolismo e alla durata di azione delle diverse sulfoniluree. è importante sottolineare che, a seguito della trasformazione in metaboliti ancora attivi dal punto di vista farmacologico e della possibilità di entrare nella β-cellula pancreatica con effetti di stimolo persistente della secrezione di insulina, la durata di azione della glibenclamide può superare le 24 ore. Alcune sulfoniluree, che possiedono maggiore durata di azione (clorpropamide, glibenclamide, glimepiride) sono in grado di produrre una maggiore soppressione della produzione epatica di glucosio durante le ore notturne. Questo si traduce in un effetto significativo dal punto di vista clinico sulla iperglicemia a digiuno, ma anche in un maggiore rischio di ipoglicemia.
L'effetto delle sulfoniluree è quello di aumentare la responsività delle β-cellule pancreatiche al glucosio, con maggiore secrezione di insulina per ogni livello di glicemia. Pertanto, le sulfoniluree possono essere impiegate soltanto in pazienti con diabete di tipo 2 in cui sia presente una funzione β-cellulare residua. L'effetto ipoglicemizzante si traduce in una riduzione dei livelli di HbA1c di circa 1-2%. è noto come l'efficacia delle sulfoniluree, sebbene possa essere maggiore rispetto ai farmaci insulino-sensibilizzanti nelle prime settimane di trattamento, si riduca poi sensibilmente con il passare del tempo. Questo fenomeno è stato ben evidenziato dallo studio ADOPT, in cui pazienti con diagnosi recente di diabete di tipo 2 sono stati trattali in monoterapia con glibenclamide, metformina o rosiglitazone. 1 pazienti trattati con glibenclamide erano quelli in cui la glicemia a digiuno e la HbA1c erano più rapidamente controllati nei primi 3-6 mesi di terapia, ma si deterioravano maggiormente e più rapidamente a partire dal secondo anno di terapia. Questo risultato indica una minore capacità della sulfonilurea glibenclamide di preservare la funzione β-cellulare pancreatica nel tempo, sebbene non sia del tutto chiaro se la relativa perdita di efficacia dipenda da una riduzione della massa β-cellulare, come viene suggerito da alcuni dati sperimentali prodotti in isole pancreatiche umane in cui la glibenclamide ha mostrato una intrinseca capacità di indurre apoptosi β-cellulare. Una spiegazione alternativa è che la β-cellula pancreatica possa desensibilizzarsi funzionalmente all'effetto del farmaco con il passare del tempo, e potrebbe invece riprendere a rispondere dopo un periodo più o meno lungo di wash-out. Altre sulfoniluree, come la gliclazide, potrebbero avere invece effetti più duraturi sul controllo glicemico rispetto alla glibenclamide, come suggerito dall'andamento dei livelli di HbA1c nello studio ADVANCE.
Sebbene l'efficacia delle sulfoniluree aumenti in maniera significativa con l'aumentare della dose utilizzata, l'impiego delle dosi massimali è sconsigliato perché il beneficio clinico sui livelli di HbA1c è modesto e perché aumenta il rischio di ipoglicemia. Nei soggetti anziani, in cui è spesso presente una riduzione della funzione renale di entità variabile, andrebbero evitate le sulfoniluree a più lunga durata di azione per il possibile fenomeno di accumulo c invece preferite quelle a più breve durata di azione. Le sulfoniluree possono essere somministrate in monoterapia o in combinazione con altri ipoglicemizzanti orali, con i farmaci incretinici o con l'insulina. Le glinidi, repaglinide e nateglinide, sono secretagoghi β-cellulari a più breve durata di azione rispetto alle sulfoniluree, impiegati nella terapia del diabete mellito di tipo 2 in monoterapia (in pazienti che non tollerano la metformina o in cui questa è controindicata) o in associazione con la metformina e il pioglitazone. In Italia, la nateglinide non è disponibile. Le glinidi hanno una struttura molecolare differente rispetto a quella delle sulfoniluree, ma esercitano i loro effetti attraverso i SUR e agiscono in modo simile alle sulfoniluree stimolando la secrezione insulinica attraverso la chiusura dei canali del K+ATP-dipendenti nelle β-cellule pancreatiche. L'efficacia clinica della terapia con le glinidi, relativamente alla riduzione dei livelli di HbAlc, è simile a quella delle sulfoniluree. La repaglinide è metabolizzata principalmente nel fegato ed è eliminata per oltre il 90% con la bile. Pertanto, può essere somministrata in presenza di insufficienza renale moderata-severa senza che sia necessario modificarne la dose. Nei confronti delle sulfoniluree, la repaglinide ha efficacia simile, effetto moderatamente maggiore sull'iperglicemia postprandiale e un rischio di ipoglicemia lievemente inferiore. Va assunta a dosaggi variabili da 0,5 a 4 mg prima di ciascun pasto principale.
La somministrazione va evitata se non si consuma il pasto. è da sottolineare come nel documento di consenso ADA/ EASD (American Diabetes Association/European Association for the Study of Diabetes) sulla terapia ipoglicemizzante nel diabete di tipo 2 le glinidi non vengano menzionate; gli estensori di quel documento hanno adottato questa posizione ritenendo che in confronto con le sulfoniluree, le glinidi abbiano un costo maggiore e dati clinici e terapeutici che non ne giustificherebbero il maggior costo.
Le sulfoniluree rappresentano dei secretagoghi β-cellulari con notevole capacità
di stimolo della secrezione insulinica, ma anche con alcuni limiti legati al loro
meccanismo di azione. Infatti, poiché la stimolazione della secrezione insulinica
avviene in maniera non sempre dipendente dai livelli di glicemia, potendo essere
indotta anche in presenza di livelli di glicemia non elevati, si realizza un aumento
del rischio di indurre episodi di ipoglicemia, a volte severa. Inoltre, un altro
limite di alcune sulfoniluree è quello di indurre un aumento della secrezione di
insulina con un certo ritardo rispetto alla normale fisiologia, cui fa seguito una
persistente stimolazione della secrezione stessa. Questo effetto si traduce in un
controllo non ottimale della glicemia postprandiale e nell'aumento del rischio di
ipoglicemia nella fase postprandiale tardiva. Il rischio di ipoglicemia associato
all'uso di sulfoniluree è da 4 a 6 volte superiore rispetto a quello osservato quando
vengono utilizzati farmaci ipoglicemizzanti quali la metformina e i tiazolidinedioni,
che non hanno capacità intrinseca di produrre eventi ipoglicemici. Alcune glinidi
stimolano la secrezione di insulina con un profilo cinetico che appare più vicino
a quello fisiologico. è il caso della nateglinide, che rispetto alla glibenclamide
riesce a controllare meglio il picco glicemico postprandiale e a determinare una
minore riduzione della glicemia 4-6 ore dopo il pasto. Il rischio di ipoglicemia
nei pazienti trattati con sulfoniluree aumenta notevolmente in presenza di alterala
funzione renale o epatica e quando il paziente è trattato con altre classi di farmaci
(per esempio, salicilati, sulfonamidi, librati, anticoagulanti), a causa delle complesse
interazioni farmacologiche tra le sulfoniluree e questi altri farmaci, che possono
comportare una riduzione della clearance delle sulfoniluree e fenomeni di accumulo.
Un altro effetto avverso delle sulfoniluree e delle glinidi è l'aumento di peso.
L'uso delle sulfoniluree comporta un aumento di peso relativamente modesto, di pochi
kg, che è verosimilmente legato all'aumento dei livelli di insulina, con effetti
anabolici sul tessuto adiposo, e al rischio di ipoglicemie con conseguente defensive
eating, cioè l'assunzione di alimenti da parte del paziente a scopo difensivo per
prevenire e/o evitare le ipoglicemie. L'aumento di peso associalo alle sulfoniluree
è di entità inferiore rispetto a quello indotto dai tiazolidinedioni. Non sembra
che esistano differenze relativamente alla capacità di sulfoniluree e glinidi, rispettivamente,
di favorire l'aumento di peso. Alcuni studi suggeriscono che le sulfoniluree potrebbero
associarsi a outcome avversi di natura cardiovascolare. L'UGDP (University Group
Diabetes Study), diversi anni fa, segnalò un aumento della mortalità per malattie
cardiovascolari in soggetti che assumevano tolbutamide. L'associazione non è stata
confermata da altri studi come il DIGAMI 2 (Diabetes mellitus Insulin Glucose infusion
in Acute Myocardial Infarction 2), né dallo studio UKPDS (United Kingdom Prospettive
Diabetes Study), che non ha evidenziato eventi cardiovascolari o cerebrovascolari
sfavorevoli in pazienti in trattamento con sulfoniluree rispetto ai pazienti in
terapia con insulina. La glibenclamide potrebbe avere un effetto negativo sul precondizionamento
ischemico, che permette al tessuto miocardico colpito da ischemia di essere più
resistente rispetto a un nuovo evento ischemico; in tal modo potrebbe contribuire
a un peggior recupero della funzione miocardica in pazienti con diabete di tipo
2 e malattia coronarica. Le sulfoniluree di nuova generazione come la glimepiride,
più selettive per i SUR presenti a livello della β-cellula pancreatica rispetto
ai SUR espressi nel cuore, potrebbero essere meno gravate da effetti negativi sul
precondizionamento ischemico. Non sono disponibili dati clinici sulla modulazione
della funzione vascolare e contrattile del miocardio in pazienti diabetici di tipo
2 trattati con glinidi.