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Patologie da assorbimento da radiazioni

La superficie terrestre e su di essa tutti gli esseri viventi sono ininterrottamente esposti a vari tipi di radiazioni (r.) che provengono da sorgenti naturali (r. naturali), alle quali a partire dal secolo scorso si sono aggiunte quelle prodotte tecnologicamente dall'uomo (r. artificiali).

Le r. originano da variazioni di energia nel contesto dell'atomo sia a livello del nucleo che dell'orbita elettronica.

Esse possono essere definite come energia in movimento nello spazio con velocità eguale o prossima a quella della luce e sono caratterizzate dalla capacità di cedere tutta o parte della loro energia alla materia. Sulla base della velocità del loro movimento e dell'assenza o presenza di massa, esse sono distinte in r. elettromagnetiche e r. corpuscolate.

Le r. elettromagnetiche (REM) sono dotate di due proprietà essenziali: lunghezza d'onda e frequenza.

Esse si propagano nello spazio sotto forma di fotoni, cioè di quanti di energia con massa eguale a zero, muovendosi con velocità pari (eguale o prossima) a quella della luce. Le r. cospuscolate sono particelle subatomiche, fornite di massa e di carica elettrica, che si muovono con velocità prossima a quella della luce.

Nella collisione con la materia le radiazioni cedono la loro energia agli atomi ed alle molecole che costituiscono la materia e, nel caso degli esseri viventi agli atomi ed alle molecole presenti nelle cellule e nei fluidi dell'organismo, che l'assorbono con conseguenze che variano a seconda della quantità di energia assorbita e del tempo di esposizione. Sotto questo aspetto, quindi, le radiazioni sono suddivise in r. non ionizzanti (con energia inferiore a 10 eV) ed in r. ionizzanti (con energia superiore a 10 eV).

La ionizzazione, come con maggiori dettagli si dirà in seguito, consiste nell'espulsione dall'orbita in cui ruota di un elettrone che, una volta libero, diventa uno ione negativo, mentre l'atomo privato di esso diventa uno ione positivo.

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La problematica sulle patologie indotte dall'esposizione dell'uomo alle radiazioni (in particolare a quelle ionizzanti) sorse pochi anni dopo l'applicazione diagnostica e terapeutica dei raggi X, scoperti da Wilhelm Conrad Roentgen nel 1895 nel suo laboratorio all'Università di Wurzburg, cioè quando iniziarono a manifestarsi nei radiologi, nei tecnici di radiologia e nei pazienti esposti a dosi eccessivamente elevate di radiazioni gli effetti dannosi provocati dalla ripetuta o protratta esposizione ai suddetti raggi.

Le ricerche di medici, biologi, chimici e fisici fornirono una serie di preziosissimi dati sugli effetti biologici delle radiazioni, un argomento che costituì il corpus doctrina e di una nuova disciplina, la Radiobiologia.


Radioattività di base

Gli esseri viventi sono stati esposti fin dalla loro comparsa sulla terra alla radioattività di base, rappresentata dalle radiazioni cosmiche, da quelle terrestri e da quelle che provengono da esseri viventi. Le radiazioni cosmiche, di cui i maggiori costituenti sono protoni (nuclei di idrogeno), ioni di elio e di altri elementi ed alcuni elettroni, raggiungono continuamente la terra, ma durante il loro percorso interagiscono con atomi presenti nell'aria causando l'emissione di radiazioni secondarie, principalmente elettroni, raggi gamma e mesoni.

Le radiazioni terrestri derivano dalla disintegrazione del radium, del torio, dell'uranio e di altri minerali radioattivi della crosta terrestre, nonché dalla disintegrazione del K40, del C14. Le radiazioni che provengono da esseri viventi sono emesse da isotopi radioattivi, che sono normalmente presenti in essi e costituiscono un'aliquota estremamente bassa della radioattività di base, da considerare del tutto insignificante ai fini di eventuali effetti patologici.

A queste radiazioni di origine naturale, a partire dal secolo scorso, si sono aggiunte quelle che provengono dalle sorgenti artificiali costruite dall'uomo (in particolare i raggi X di applicazione diagnostica e terapeutica), le quali, secondo i calcoli effettuati, hanno contribuito a raddoppiare la quantità di radiazioni che bersagliano l'uomo, indipendentemente dalle radiazioni che derivano dallo scoppio di bombe atomiche o da quello accidentale di reattori nucleari, responsabili di un ulteriore incremento.

Si ritiene che la maggior parte degli effetti conseguenti alla trasmissione di energia da parte delle radiazioni, che costituiscono la radioattività di base, siano da considerare fisiologici perché indispensabili per la sopravvivenza di varie specie o per l'espletamento di importanti funzioni (processi di fotosintesi nelle piante, visione negli animali) e che gli stessi abbiano contribuito all'evoluzione delle specie. L'eccessiva esposizione ad alcune forme di radioattività naturale, per motivi occupazionali o ambientali, costituisce, però, un documentato fattore di rischio ed in particolare di quello oncogeno.

Ai primi dati epidemiologici di cancerogenesi professionale tra gli operai delle miniere di minerali metalliferi, causata dall'inalazione di particelle a emanate dal radon o dal radium, e tra quelli che manipolavano composti radioattivi indotta dall'ingestione di radium226 si sono in seguito aggiunti altri dati (inquadrabili nel contesto della cancerogenesi ambientale) dimostranti la pericolosità dell'esposizione prolungata e assolutamente inavvertita al radon.

Si tratta di un gas radioattivo, incolore, inodore, insapore e quindi impercettibile ai sensi, presente nei suoli, nelle rocce e nei materiali da costruzione; in particolare alcuni tufi, graniti e pozzolane e, in alcuni casi, l'acqua.

Mentre all'aperto il radon si disperde rapidamente, nei luoghi chiusi come le abitazioni, nelle quali riesce a penetrare attraverso le fessure dei pavimenti, i condotti dei servizi e le giunzioni pavimento pareti, si accumula raggiungendo, a volte, concentrazioni particolarmente elevate.

La Comunità Europea ha stabilito, attraverso la Raccomandazione europea 90/143, due livelli di riferimento di concentrazione del gas radon, superati i quali raccomanda di intraprendere azioni di bonifica: 400/becquerel/m3 per le abitazioni esistenti e 200 Bq/ m3 per quelle ancora in costruzione, come parametro di progetto.

Per i luoghi di lavoro la normativa italiana ha stabilito un livello di azione di 500 Bq/m3, oltre il quale è necessario effettuare ulteriori accurate valutazioni ed eventualmente bonificare gli ambienti. Si ricorda che il becquerel (dal fisico francese Becquerel; simbolo Bq) è l'unità di misura della radioattività, adottata nel 1975 in sostituzione del curie. Consiste nella quantità di nuclide radioattivo che decade spontaneamente subendo in media una disintegrazione al secondo.

Azione patogena ed effetti delle radiazioni non ionizzanti

Le r. non ionizzanti fanno parte dello spettro elettromagnetico con l'esclusione dei raggi X e dei raggi gamma. Esse sono così definite perché fornite di energia inferiore a 10 eV per cui, nella collisione con la materia, l'energia da esse trasmessa non è sufficiente a determinare l'espulsione di un elettrone e ad indurre la formazione di ioni.

Come si è detto, essendo nelle REM l'energia inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda e direttamente proporzionale alla frequenza, le radiazioni non ionizzanti con maggiore potenziale energetico sono quelle ultraviolette, che vengono anche definite eccitanti perché l'energia da esse ceduta nella collisione con gli atomi è in grado di fare saltare un elettrone da un'orbita più interna ad una più esterna, dotata di maggiore energia, fenomeno questo che determina lo stato di eccitazione dell'atomo bersagliato.

Una minore capacità eccitante è espletata anche dalle radiazioni luminose con λ più vicino a quello delle radiazioni ultraviolette.

Le onde radio, che sono le r. dotate di più elevato λ trovano applicazione nella radiotelegrafia, nella radiofonia, nella telefonia, nella trasmissione televisiva e nelle comunicazioni spaziali. Esse provocano effetti biologici ancora non del tutto completamente definiti e per questa ragione da qualche tempo sono stati avanzati dubbi sulla loro assoluta innocuità per l'uomo quando l'esposizione è ripetuta nel tempo.

Le microonde (energia >l eV) inducono un incremento dell'energia rotazionale delle molecole biologiche, in particolare di quelle dell'acqua, il cui attrito induce un effetto termico. Oltre che nei diffusissimi forni usati per lo scongelamento o per la cottura di cibi, hanno trovato applicazione nella telefonia cellulare e nel radar.

L'esposizione prolungata nel tempo dell'uomo per motivi professionali a sorgenti di microonde, come accidentalmente può avvenire nelle industrie televisive, ha provocato l'insorgenza di cataratta ed effetti termici simili a quelli indotti dalle radiazioni infrarosse.

Le r. infrarosse inducono anch'esse sui tessuti un effetto termico, la cui intensità dipende dalla dose, dalla vicinanza alla loro sorgente e dalla durata dell'esposizione. Opportunamente dosate, esse sono adoperate nella diatermia, una forma di terapia usata per il riscaldamento dei tessuti. Una liberazione eccessiva e rapidissima di r. infrarosse, quale è quella che si verifica nello scoppio di ordigni nucleari, provoca nei soggetti da esse colpiti gravissime ustioni, responsabili di morte immediata.

Le r. luminose inducono anch'esse un effetto termico al quale può associarsi un effetto eccitante ad opera di quelle più vicine allo spettro dell'ultravioletto. Esse risultano necessarie al mantenimento della vita in quanto la componente luminosa dello spettro elettromagnetico viene utilizzata dalle piante per i processi di fotosintesi. I tessuti oculari (in particolare quelli del cristallino e della retina) sono tra i più sensibili all'esposizione diretta e prolungata della luce solare ed è per tale ragione che da tempo è subentrato l'impiego protettivo di occhiali dal vetro oscurato, che trattengono una parte di esse. Le lesioni della retina da radiazioni luminose sono gravi e sono determinate dall'effetto Joule, che trasforma l'energia luminosa in energia termica, espletato prevalentemente dalle cellule retiniche.

L'energia delle r. luminose ha trovato applicazioni terapeutiche in Chirurgia (asportazione di escrescenze cutanee) e soprattutto in Oculistica (ad es. terapia della miopia, dell'astigmatismo, dell'ipermetropia, di alcune alterazioni della retina) con l'impiego del laser (Liglit Amplification by Standard Emission of Radiation, cioè amplificazione della luce per mezzo dell'emissione stimolata di radiazioni). Si tratta di un apparecchio che genera un fascio coerente e molto intenso di luce monocromatica che, a mezzo di un sistema di lenti, può essere concentrato su di un bersaglio puntiforme nel quale riesce a polverizzare le molecole da esso colpite.

Le r. ultraviolette sono da considerare r. eccitanti per eccellenza in quanto nella loro collisione con l'atomo trasferiscono una quantità di energia, che induce in esso lo stato di eccitazione. Le r. ultraviolette naturali sono un'importante componente dello spettro di REM emesse dal sole, ma la parte di esse con λ al di sotto di 290 nm, che è quella fornita di maggiore energia e pertanto la più dannosa, è assorbita dalla fascia di ozono, che si estende per 25 km al di sopra di 3050 km dalla superficie terrestre.

La fascia di ozono esercita, quindi, un'azione protettiva nei confronti degli effetti prodotti dalle REM solari, comprese quelle ionizzanti, tanto è vero che alcuni scienziati ritengono che la riduzione di essa, il cosiddetto buco dell'ozono causato all'accumulo nell'atmosfera di alcuni composti alogenati (clorofuorocarbonati e bromofluorocarbonati), utilizzati nell'industria del freddo ed anche come propellenti, rappresenti un notevole fattore di rischio per l'umanità a causa del ridotto blocco delle radiazioni solari più pericolose che, a parere di alcuni autori, si sarebbe già reso responsabile dell'aumentata incidenza di tumori cutanei. Delle REM che raggiungono la superficie cutanea, alcune sono riflesse, altre sono assorbite dai cromofori cutanei ed altre ancora trasmesse agli strati più profondi.

I cromofori cutanei, ognuno dei quali assorbe radiazioni con una determinata lunghezza d'onda, sono rappresentati da diverse molecole epidermiche (ad es. basi pirimidiniche e puriniche degli acidi nucleici, melanina, acido urocanico, aminoacidi aromatici, quali fenilalanina, triptofano e tirosina, numerosi lipidi, acidi grassi essenziali) e dermiche (ad es. emoglobina, β carotene e bilirubina, diversi lipidi). Oltre ai cromofori cutanei naturali possono essere presenti nella cute cromofori esogeni (ad es. alcuni coloranti, come gli inchiostri per tatuaggi, il bleu di metilene, il verde Janus); sia gli uni che gli altri subiscono preferenzialmente un incremento di energia vibrazionale che ne induce lo stato di eccitazione, responsabile non solo di danno diretto, ma anche della trasmissione di energia ad altre molecole cioè di amplificazione dei fenomeni innescati dall' irradiazione. ). Si parla meccanismo fotochimico diretto quando l'eccitazione coinvolge soltanto gli atomi dei cromofori e di meccanismo di fotosensibilizzazione quando i cromofori bersagliati dalla r. trasmettono energia ad altre molecole; sia nell'uno che nell'altro caso si realizzano fenomeni dannosi che sono definiti:
a) reazioni fotodinamiche, quando richiedono la presenza di 02 con conseguente formazione di ROS (Reactive Oxygen Species), che provocano un danno ossidativo ad una serie di molecole cutanee e
b) reazioni non fotodinamiche quando il danno, in assenza di 02, è provocato nelle molecole limitrofe alla emissione di radiazioni con à maggiore di quelle assorbite o per effètto termico o per formazione di fotoaddotti con le basi della doppia elica del DNA.
Le fotolesioni cutanee risultano aggravate dalla presenza nella cute di sostanze fotosensibilizzanti endogene, quali le porfirine, ed esogene, quali ad es. essenze di profumi, sulfamidici, sulfaniluree, salicilanilidi, alcuni antibiotici, che possono agire sia direttamente con fenomeni di tossicità (reazioni fototossiche) che con il coinvolgimento del sistema immunitario, inducendo in questo caso le cosiddette reazioni fotoallergiche con un meccanismo simile a quello delle reazioni immunopatogene di IV tipo. Si ricorda che la sensibilità cutanea dell'uomo alle radiazioni solari ed in particolare a quelle ultraviolette è varia, risultando elevata per i soggetti con carnagione chiara e scarsa per quelli con carnagione scura che si abbronzano più facilmente, tanto che in Dermatologia si distinguono sei fototipi differenti dei quali quelli con sensibilità più elevata risultano a maggiore rischio di restare vittime degli effetti a distanza provocati dalla fotoesposizione, in particolare per quanto riguarda la fotocancerogenesi.
Le radiazioni UV sono più penetranti di quelle luminose; nello spettro elettromagnetico la loro banda, compresa tra i 200 ed i 400 nm, è suddivisa in tre regioni:
a) UVC (r. UV con A compresa tra 200 e 290 nm), che sono dotate di potente azione battericida e sono totalmente trattenute dalla fascia di ozono;
b) UVB (r. UV corte, con A compresa tra 290 e 320 nm), che sono le maggiori responsabili delle reazioni eritemigene, del fotoinvecchiamento ed anche della comparsa di mutazioni;
c) UVA (r. UV lunghe con A compresa tra 320 e 400 nm), che vengono assorbite pressoché esclusivamente da molecole esogene fluorescenti, che emettono radiazioni luminose.
Gli effetti indotti dall'irradiazione ultravioletta sulla cute variano: nel caso di una sola o di poche esposizioni prolungate si parla di effetti immediati mentre nel caso di esposizioni ripetute costantemente nel tempo per motivi di lavoro o di diporto o anche estetici, si parla di effetti a distanza.
I motivi estetici consistono nell'esposizione ripetuta nel tempo a raggi ultravioletti della luce solare o anche a quelli generati da sorgenti artificiali, al fine di ottenere una abbronzatura duratura.
Gli effetti immediati si manifestano con una reazione infiammatoria a carico della cute e della congiuntiva che si risolve rapidamente, senza lasciare reliquati.
Sulla superficie cellulare sono presenti fotocettori che trasducono il segnale tramite l'attivazione del fattore di trascrizione NFkB, che determina il rilascio di citochine proflogistiche, come si dirà nel capitolo sull'Infiammazione a cui si rimanda. Tra le cellule epidermiche, le cellule di Langerhans sono indotte all'apoptosi mentre i cheratinociti vanno incontro ad iperplasia come anche i melanociti nei quali viene stimolata la melaninogenesi. Le radiazioni UV sono assorbite dalla melanina che, pertanto, esercita un'azione protettiva; l'abbronzatura è, quindi, da considerare, quindi, una forma di adattamento all'esposizione prolungata ai raggi solari. Le manifestazioni cliniche consistono nella comparsa di eritema o al massimo di bolle ed in uno stimolo all'abbronzatura ed in assenza di protezione oculare in una flogosi congiuntivale.
Nelle esposizioni ripetute nel tempo si verificano nella cute effetti tardivi, cioè alterazioni irreversibili simili a quelle prodotte dall'invecchiamento (cheratosi attiniche, cioè aumento dello strato corneo, acantosi, cioè ispessimento dell'epidermide, atrofia del derma, rugosità, discromasie). é stato dimostrato che l'atrofia dermica è essenzialmente dovuta alle modificazioni indotte sulle molecole del collageno dalle metalloproteasi, la cui sintesi risulta stimolata dall'irradiazione ultravioletta.
Nel complesso la cute si presenta secca e desquamata. Le manifestazioni cliniche, definite nel loro insieme dermatiti attiniche, si presentano più imponenti quando nella eziopatogenesi delle lesioni sono coinvolte sostanze fotosensibilizzanti.
A livello del DNA sono soprattutto i raggi UVB quelli che inducono la dimerizzazione di basi pirimidiniche e puriniche ed altri danni, come con maggiori dettagli si dirà nel capitolo sulla Cancerogenesi fìsica a cui si rimanda. Anche se, nella maggior parte dei casi, questi danni del DNA sono riparati, essi possono causare mutazioni che possono indurre la comparsa di carcinomi basocellulari o spinocellulari e di melanomi specialmente nei soggetti portatori di mutazioni a carico di geni che codificano per gli enzimi preposti alla riparazione del DNA.
 

Azione patogena delle radiazioni ionizzanti

Le r. ionizzanti, che comprendono i raggi X ed i raggi γ  e le r. corpuscolate, sono tutte fornite di un elevato contenuto energetico (>10 eV) in grado di indurre negli atomi con cui collidono l'espulsione di un elettrone dall'orbita più esterna in cui esso ruota. Questo fenomeno è definito ionizzazione primaria perché provoca la formazione di una coppia di ioni: uno positivo, rappresentato dall'atomo che ha perduto l'elettrone, e l'altro negativo, rappresentato dall'elettrone espulso. Se questo ha assorbito una quantità di energia superiore a quella sufficiente a determinare la sua espulsione, esso durante il suo percorso extraorbitario la cede agli altri costituenti della materia con cui entra in collisione (ionizzazione secondaria).
La ionizzazione, primaria o secondaria che sia, è considerata un'azione diretta delle r. ionizzanti perché consegue all'immediato trasferimento di energia agli atomi bersagliati.
L'azione indiretta consiste, invece, nella cessione di energia all'acqua, che nel caso degli esseri viventi rappresenta il maggior costituente dell'organismo, sia nel compartimento extracellulare che in quello intracellulare. La ionizzazione o radiolisi dell'H,0 comporta la formazione di ROS, che provocano ulteriori alterazioni nelle molecole dell'organismo.
La difesa contro l'azione diretta delle r. ionizzanti è data dalla schermatura con lastre di piombo, che non sono oltrepassabili da esse, mentre per la difesa dal danno ossidativo indotto dai ROS, l'organismo dispone di diversi mezzi, rappresentati, oltre che dai composti riducenti contenenti gruppi sulfidrilici ( —SH), quali ad es. il glutatione e la cisteamina, da diversi enzimi, quali la superossido dismutasi (SOD), che rimuove il radicale superossido anione, la catalasi, che da due molecole di H202 forma 2H20 e 02, la perossidasi, che ha la stessa azione della precedente ma richiede la presenza di una molecola riducente.

Effetti delle radiazioni ionizzanti

Le prime informazioni sugli effetti patogeni indotti dalle radiazioni ionizzanti si ebbero in conseguenza della diffusione per scopi diagnostici e terapeutici dei raggi X sia perché i radiologi ed i tecnici dei reparti di radiologia, ancora ignari del rischio che correvano, si esponevano frequentemente alle radiazioni durante l'attività lavorativa, sia perché non pochi pazienti venivano sottoposti alle radiazioni ionizzanti in dosi eccessive. L'esperienza accumulata consentì di sviluppare sistemi di protezione adeguati per cui oggi gli addetti ai laboratori di radiologia sono praticamente esenti da rischi. Questa prima esperienza sugli effetti dannosi provocati da radiazioni artificialmente prodotte, si aggiungeva a quella riguardante le conseguenze della lunga esposizione occupazionale a radiazioni naturali, quali la comparsa di tumori solidi, specie polmonari, e di leucemie negli operai delle miniere di uranio in Boemia. Infine la terza ed ancora più tragica esperienza si ottenne nei sopravvissuti allo scoppio delle bombe atomiche che nella 2a guerra mondiale furono sganciate su Hiroshima e Nagasaki in Giappone ed in tempi più recenti nei soggetti sopravvissuti agli incidenti dei reattori nucleari, tra i quali si ricordano per la loro gravità quello di Three Mile Island in Pennsylvania (1979). quello di Chernobyl in Ucraina ( 1986) e quello di Fukushima in Giappone (2011).

Effetti sulla cute dopo applicazione di radioterapia: notare l'area cutanea desquamata, ipercromica,  a forma rettangolare, centrata sulla scapola sinistra, dopo irradiazione con mascheratura  su lesione da linfoma cutaneo a cellule T. Caso personale


Quest'ultimo è apparso decisivo nell'indurre le autorità giapponesi a fermare i reattori nucleari e quelle di altri Paesi a bloccare i programmi di fornitura energetica da reazioni nucleari. Gli effetti patologici indotti dalle radiazioni ionizzanti sono numerosi e la loro gravità dipende dalla quantità di energia radiante assorbita dalle cellule o dall'intero organismo.
Tutte le cellule sono danneggiate dall'esposizione alle r. ionizzanti, ma quelle che, a parità di dosaggio, che subiscono la maggiore sensibilità sono le cellule staminali e le cellule proliferanti; la gravità del danno è anch'essa proporzionale alla dose assorbita, come dimostrato, anche sperimentalmente, dal fatto che la morte per necrosi consegue per tutti i citotipi alla somministrazione di una dose superiore ai 10 Gy, e che a dosi comprese tra 1 e 2 Gy muoiono preferenzialmente le cellule in attività proliferativa. Le ricerche condotte con dosaggi di r. ionizzanti inferiori ai 5 Gy, che consentono generalmente la sopravvivenza cellulare, sono quelle che hanno fornito i dati più interessanti perché hanno permesso di stabilire che il danno dei vari costituenti cellulari consegue sia all'azione diretta (interazione con le molecole bersaglio) che a quella indiretta (stress ossidativo) e che esso diventa responsabile di effetti immediati (acuti) e di effetti che si manifestano a distanza di tempo.
Tra le molecole cellulari che subiscono il danno immediato, il DNA costituisce il bersaglio preferenziale delle r. ionizzanti: esso va incontro a rotture di uno o di tutti e due i suoi filamenti polinucleotidici, ad appaiamento anomalo di basi, ad ossidazione delle stesse, a formazione di legami con proteine, un insieme di eventi che diventa responsabile di mutazioni ed anche della comparsa di anomalie cromosomiche.
Tuttavia, lo stress ossidativo, oltre a danneggiare vari costituenti cellulari, induce anche fenomeni che assumono rilevanza ai fini della riparazione del danno al DNA e della sopravvivenza cellulare, quali:
a) l'attivazione di p 53, che bloccando il ciclo cellulare consente alla cellula di innescare i meccanismi di morte per apoptosi, se il danno del DNA è grave, o di provvedere alla riparazione dello stesso quando è contenuto;
b) l'attivazione del fattore trascrizionale Nf/cB, che, come lo stress ossidativo, favorisce l'attivazione di numerosi geni, compresi quelli che codificano per molecole facenti parte dei sistemi enzimatici preposti alla riparazione del DNA.
Sia l'apoptosi che la riparazione del danno subito dal DNA assumono un ruolo preventivo su alcuni effetti tardivi, soprattutto per quanto riguarda la cancerogenesi. La radiolesione non risparmia le proteine, che si denaturano ed i vari costituenti lipidici, in particolare i fosfolipidi delle membrane che rivestono la cellula e gli organuli cellulari, che subiscono fenomeni perossidativi. Il danno acuto che colpisce le cellule della linea germinale, se non provoca infertilità, può indurre mutazioni, che possono diventare responsabili della trasmissione di malattie ereditarie alla prole. Tra gli effetti tardivi, che generalmente conseguono all'irradiazione eseguita per motivi terapeutici e che si manifestano anche a distanza di qualche decennio, i più frequenti, oltre all'infertilità, sono la cancerogenesi, la comparsa di cataratta, e la fibrosi che può interessare uno o più organi della regione corporea irradiata, essendo le altre regioni schermate durante l'irradiazione. La fibrosi rappresenta l'esito di un processo riparativo abnorme con formazione di un eccesso di tessuto cicatriziale, indotto sia direttamente dall'irradiazione che indirettamente, cioè in conseguenza di alterazioni della rete vascolare che provocano fenomeni ischemici responsabili di deficiente apporto di ossigeno e di nutrienti ai tessuti.

Patologie conseguenti allo scoppio di bombe atomiche o ad incidenti nei reattori nucleari

Nelle persone più vicine all'ipocentro dello scoppio degli ordigni nucleari bellici la morte avvenne immediatamente a causa degli effetti termici e traumatici indotti dall'esplosione.
E' stato calcolato che, quando la dose assorbita supera i 5- 6 Gy, la morte, preceduta da imponenti fenomeni neurologici e psichici, sopravviene inesorabilmente nell'arco di qualche ora per rapida caduta della pressione sanguigna ed insufficienza cardiaca conseguente alla liberazione massiccia di molecole vasoattive, che inducono perdita di liquidi ed elettroliti. Il rischio di morte risulta, inoltre, notevole anche nelle persone che hanno assorbito una dose di r. compresa tra 2 e 4, 5 Gy. A distanza di minuti o di ore dall'irraggiamento si manifesta la cosiddetta malattia da raggi, che inizia con una fase prodromica della durata di qualche ora o qualche giorno, caratterizzata da astenia, nausea, vomito, diarrea, eritema, alla quale fa seguito un periodo di latenza di una o due settimane durante il quale si ha la risoluzione dei sintomi suddetti. Inizia, quindi, la malattia conclamata che si manifesta con tre sindromi diverse:
a) la sindrome cerebrale, conseguente al dosaggio più elevato e costantemente ad esito mortale, caratterizzata da sintomi neurologici imponenti, per cui la terapia è soltanto palliativa;
b) la sindrome gastrointestinale, caratterizzata da imponente diarrea causata dalla distruzione degli epiteli di rivestimento delle mucose intestinale, che può anche andare incontro a risoluzione grazie ad una adeguata terapia antibiotica e idratante;
e) la sindrome emopoietica, caratterizzata da gravissima pancitopenia, che rende i pazienti suscettibili ad infezioni da germi opportunisti o patogeni, passibile di risoluzione con terapia antibiotica e trapianto di midollo osseo.
Coloro che riescono a superare la malattia da raggi, restano inesorabilmente esposti al rischio degli effetti a distanza provocati dalle r., quali l'insorgenza di neoplasie e la fibrosi che coinvolge vari organi.

Il fallout radioattivo

Si intende per fallout radioattivo la ricaduta sulla superficie terrestre di contaminanti radioattivi, cioè sia di radionuclidi derivati da radiazioni cosmiche e presenti nell'atmosfera (fallout naturale) che di quelli lanciati nell'atmosfera fino ad oltre diecina di km di quota dallo scoppio di ordigni nucleari pacifici, quali i reattori nucleari, o bellici, quali le bombe atomiche (fallout accidentale).

La pioggia radioattiva inizia un paio d'ore dopo l'esplosione sul luogo in cui questa si è verificata con le polveri di maggiore peso (fallout primario) e continua per diversi giorni in luoghi situati anche a distanza di molti km (fallout secondario) perché le particelle più leggere, sono trasportate in varie direzioni dai venti.
Mentre il fallout naturale è praticamente privo di conseguenze patologiche per gli esseri viventi in quanto può indurre soltanto piccole variazioni della radioattività di base, quello accidentale può essere fonte di pericolosità, dimostrata dal fatto che questa in alcune regioni ha subito un aumento di oltre 100 volte in varie regioni europee   dopo l'incidente di Chernobyl mentre, dopo quello di Fukushima il fallout secondario è stato rilevato nelle regioni settentrionali del continente americano ed anche in alcune regioni dell'Europa, senza però dover suscitare, a giudizio degli esperti, preoccupazioni.
Dei vari isotopi radioattivi presenti nel fallout i più pericolosi sono quelli a lento decadimento (cesio 134, cesio137, stronzio90, plutonio239) che si depositano oltre che sulle acque sul fogliame e che, raggiunto il suolo, vengono assorbiti dalle piante, molte delle quali costituiscono l'alimento essenziale di animali, compresi i bovini. Gli isotopi radioattivi del fallout, quindi, raggiungono l'uomo anche indirettamente attraverso la catena alimentare con l'assunzione di acqua potabile, di latte, di alimenti vegetali ed animali.

L'isotopo di più facile identificazione, che attraverso il fallout finisce col raggiungere l'uomo, è lo iodio131, che fortunatamente ha un'emivita di 8 giorni. Tuttavia tra le conseguenze a lungo termine che si sono verificate nei soggetti ucraini esposti al fallout radioattivo primario conseguente all'incidente di Chernobyl, il carcinoma papillifero della tiroide si è caratterizzato per la sua notevole incidenza. Di grande interesse è stata la constatazione che in questa neoplasia le mutazioni a carico del gene ret coinvolgono gli stessi codoni che risultano alterati nei tumori tiroidei dello stesso tipo a substrato ereditario.

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