I disturbi ematologici derivano da un'iperproduzione di cellule così come da una carenza. Una o più linee ematopoietiche possono essere iperprodotte nel midollo osseo in risposta a segnali esogeni (per es., esposizione a radiazioni, farmaci) o endogeni (per es., risposte compensatorie fisiologiche, malattie immunitarie).
Le sindromi mieloproliferative principali, classicamente, si
riconducono a 4 forme:
- Policitemia vera (PV): è caratterizzata da una produzione eccessiva di
globuli rossi
- Leucemia mieloide cronica (LMC): è caratterizzata da una produzione
eccessiva di globuli bianchi
- Trombocitemia essenziale (TE): è caratterizzata da una produzione
eccessiva di Piastrine
- Mielofibrosi idiopatica (ossia senza causa nota, MFI): è caratterizzata
da un deposito eccessivo di fibre nel midollo osseo.
Sappiamo che queste malattie tendono a manifestarsi dopo i 50 anni, senza grandi
distinzioni di sesso. è possibile, pertanto, che nel loro sviluppo siano
coinvolti fattori ambientali che solo nel tempo (dopo lunghe esposizioni)
contribuiscono allo scatenarsi del problema.
Una produzione eccessiva di globuli rossi è classificata come policitemia. Non si tratta della poliglobulia che è una condizione di adattamento a condizioni patologiche, per es. la bronchite cronica ostruttiva con ipossiemia. La policitemia esiste in due forme, relativa e assoluta. La policitemia relativa deriva da un'emoconcentrazione associata a disidratazione, che può essere causata da ridotto consumo di acqua, diarrea, vomito eccessivo o uso di diuretici. Il suo sviluppo è solitamente di scarso rilievo e il quadro si risolve con la somministrazione di liquidi o il trattamento della condizione scatenante. La policitemia assoluta si presenta in due forme: primaria o secondaria. La policitemia secondaria, il tipo più comune, è una risposta fisiologica derivante da un'aumentata secrezione di eritropoietina in risposta all'ipossia cronica. Questa ipossia è stata riscontrata in individui che vivono ad alta quota (sopra i 3000 metri), in fumatori con livelli aumentati di monossido di carbonio (CO) e in individui con broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o insufficienza cardiaca congestizia.
Anche forme anomale di emoglobina (per es., HBSanDieg0 o Hbchesapeake) che hanno una maggiore affinità per l'ossigeno, possono causare una policitemia secondaria, così come la se erezione di eritropoietina da parte di alcuni tumori (per es. carcinoma a cellule renali, carcinoma epatocellulare, emangio blastoma cerebrale).
microscopio ottico: midollo, cellularita' policitemia vera |
Esistono vari tipi di policitemia:
Policitemie primitive o idiopatiche
Policitemia rubra vera
Policitemia secondaria familiare congenita
Policitemie o meglio poliglobulie secondarie
- a ipossia
- in coloro che vivono in alta montagna
- in chi è esposto al monossido di carbonio, come nei tabagisti
- nei soggetti con insufficienza respiratoria
- in alcuni soggetti portatori con malattie cardiache caratterizzate da shunt
- a alterazioni ormonali
- nel fibroma uterino
- nell'ipernefroma e nel rene policistico
- dopo trapianto renale
- in tumori epatici e cerebellari
La policitemia vera (PV) (anche conosciuta come policitemia primaria) è una
delle condizioni patologiche collettivamente chiamate disturbi
mieloproliferativi cronici (Chronic MyeloProliferative Disorders, CMPD).
L'immagine documenta il midollo osseo, per come appare alla microscopia.
Altre patologie di questo gruppo includono trombocitosi essenziale, mielofibrosi
idiopatica cronica, leucemia mieloide cronica, leucemia neutrofilica cronica e
leucemia eosinofilica cronica. Tutte derivano da un'anormale regolazione delle
cellule staminali ematopoietiche multipotenti. Le principali caratteristiche
condivise da questi disturbi sono: (1) coinvolgimento di una cellula
progenitrice ematopoietica multipotente; (2) sovrapproduzione di uno o più degli
elementi figurati del sangue in assenza di uno stimolo definito; (3) dominanza
di una cellule progenitrice trasformata sulle cellule progenitrici non
trasformate; (4) ipercellularità o fibrosi del midollo osseo; (5) anomalie
citogenetiche; (6) predisposizione alla formazione di trombi ed emorragie; (7)
trasformazione spontanea in leucemia acuta. La determinazione di una precisa
distinzione tra i CMPD è difficile, se non impossibile, a causa della
sovrapposizione delle caratteristiche cliniche e della mancanza di specifici
marcatori molecolari. Pertanto, la diagnosi è piuttosto impegnativa.
La PV è abbastanza rara, con un'incidenza stimata di 2,3/100000 individui; il
picco di incidenza è tra i 60 e gli 80 anni, con incidenza mediana compresa tra
55 e 60 anni. Comunque, la PV è stata diagnosticata anche in individui con meno
di 40 anni. I maschi hanno il doppio di probabilità di sviluppare la PV rispetto
alle donne. La PV è più comune nei bianchi, particolarmente in quelli del ceppo
ebraico dell'Europa orientale, rispetto agli individui di colore. è raramente
riscontrata nei bambini o in più membri di una singola famiglia, sebbene esista
una forma autosomica dominante caratterizzata da un'aumentata produzione di
eritropoietina.
La policitemia vera (PV) è una condizione neoplastica cronica, non maligna, caratterizzata da una sovrapproduzione di globuli rossi (frequentemente con aumentati livelli di globuli bianchi [leucocitosi] e piastrine [trombocitosi]) e splenomegalia. L'eritrocitosi è la componente essenziale della PV.
La proliferazione clonale dei progenitori eritroidi si verifica nel midollo osseo indipendentemente dall'eritropoietina, sebbene le cellule esprimano un normale recettore per l'eritropoietina. In ogni caso, più del 95% degli individui con PV ha una mutazione acquisita della Janus chinasi 2 (JAK2). JAK2 aumenta l'attività del recettore dell'eritropoietina ed è autoregolata, così che l'attività di JAK 2 diminuisce nel tempo. La mutazione associata alla PV annulla l'attività autoregolatoria di JAK2, rendendo il recettore dell'eritropoietina costitutivamente attivo, indipendentemente dai livelli di eritropoietina. Questi precursori dei globuli rossi dimostrano inoltre sensibilità ad altri fattori di crescita, come l'interleuchina 3 (IL3), il fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi e il fattore di crescita insulinosimile.
Quasi tutti gli individui inizialmente si presentano con splenomegalia ed è frequente un dolore o disagio addominale. Col progredire della patologia molti dei sintomi sono correlati all'aumentata cellularità e viscosità ematica. L'aumento della viscosità, la trombocitemia e la disfunzione piastrinica portano a uno stato di ipercoagulabilità con conseguente trombosi venosa e arteriosa e occlusione vasale. L'occlusione dei vasi ematici maggiori o minori conduce a disfunzione (ischemia) e morte (infarto) dei tessuti. La trombocitemia estrema (>1 500000/mm3 di sangue) aumenta il rischio di eccessivo sanguinamento, piuttoto che di trombosi. L'aumentata viscosità del sangue determina una varietà di alterazioni circolatorie nella PV, come pletora (colorito rossastro della faccia, delle mani, dei piedi, delle orecchie e delle mucose) e occlusione delle vene retiniche e cerebrali. I soggetti affetti, inoltre, possono presentare cefalea, sonnolenza, delirium, mania, depressione psicotica, corea e disturbi visivi. La mortalità per trombosi cerebrale aumenta approssimativamente di cinque volte nei soggetti con PV. Il carico di lavoro cardiaco e la gittata cardiaca rimangono sostanzialmente invariati; tuttavia, l'aumentato volume ematico può far aumentare la pressione arteriosa. Il flusso ematico coronarico può essere interessato con possibilità di angina, sebbene gli infarti cardiovascolari siano relativamente rari.
Altre
evidenze di coinvolgimento cardiovascolare sono il fenomeno di Raynaud e la tromboangioite obliterante.
Inoltre, si possono verificare trombosi gastrointestinali, gastriche e duodenali
con conseguenti emorragie. La trombosi mesenterica richiede un immediato
intervento medico. La splenomegalia e l'epatomegalia derivano da un accumulo di
sangue in questi organi; di conseguenza, i soggetti possono sviluppare
ipertensione portale. Il sistema respiratorio in genere non è interessato dalla
PV, a meno che non si verifichino trombosi ed embolia.
Una caratteristica peculiare della PV, utile per la diagnosi, è il prurito
intenso e doloroso intensificato dal calore e dall'esposizione all'acqua
(prurito acquagenico), in particolare l'acqua calda durante il bagno o la
doccia. L'intensità del prurito è correlata alla concentrazione di mastociti
nella cute e generalmente non si riduce con l'utilizzo di antistaminici o
lozioni topiche.
La PV è frequentemente sospettata sulla base di
caratteristiche cliniche quali eventi trombotici, splenomegalia o prurito acquagenico. La diagnosi di PV è posta in base ai valori ematici e di
laboratorio (Box 92). Un aumento assoluto del numero dei globuli rossi e del
volume ematico totale conferma la diagnosi. L'emoglobina può variare da 18 a 24
g/dL e la conta dei globuli rossi da 7 x 1012 a 7 x 1013/mm3. Gli eritrociti
appaiono normali, ma può essere presente anisocitosi. L'esame del midollo osseo
può essere eseguito, ma non è particolarmente utile a meno che non sia
effettuato in associazione con studi citogenetici e molecolari per rilevare
mutazioni di JAK2. La presenza di mutazioni di JAK2 conferma la diagnosi.
Tipicamente il midollo è ipercellulare, ma non in modo tale da consentire una
differenziazione da quello presente in altri disturbi mieloproliferativi.
Osservazioni sulla morfologia alterata dei megacariociti, sulla formazione di
addensamenti di cellule anomale e sull'aumentata fibrosi aggiungono specificità
all'analisi del midollo osseo. Elevati livelli sierici di eritropoietina non
sono utili per la diagnosi, poiché in molti individui con PV tali livelli sono
normali o bassi. Il trattamento della PV è impegnativo e diretto a minimizzare i rischi di
trombosi e prevenire la progressione verso la mielofibrosi e la leucemia acuta.
Nei soggetti a basso rischio (per es., quelli con meno di 60 anni o senza storia
di trombosi e senza fattori di rischio per patologie cardiovascolari) la terapia
raccomandata è il salasso (da 300 a 500 mL per volta al fine di ridurre
l'eritrocitosi e il volume di sangue) e basse dosi di acido acetilsalicilico. I
salassi sono inizialmente effettuati 23 volte alla settimana fino a quando
l'ematocrito si riduce sufficientemente e vanno ripetuti ogni 34 mesi per
mantenere un ematocrito di sicurezza (inferiore al 45%). L'acido
acetilsalicilico è utilizzato per le sue proprietà antitrombotiche (riduzione
del trombossano).
L'idrossiurea, un antimetabolita che blocca la sintesi del DNA e riduce la
cellularità vascolare, è il farmaco di scelta per la mielosoppressione.
Diversamente da altri farmaci simili, l'idrossiurea riduce il rischio di
complicanze trombotiche ma non aumenta il rischio di sviluppare una leucemia.53
Il fosforo radioattivo (32P) è stato usato in passato per sopprimere
l'eritropoiesi. Il suo effetto può durare fino a 18 mesi. Tra gli effetti
collaterali del trattamento con 32P vi è la soppressione dell'ematopoiesi e il
farmaco può provocare anemia, leucopenia o trombocitopenia. Anche la leucemia
acuta è un effetto collaterale, sebbene molto
spesso si sviluppi dopo 7 anni o più dal trattamento, rendendo questa terapia
più vantaggiosa nei soggetti anziani.
L'IFNa è stato usato in caso di fallimento delle altre forme di trattamento.
L'INFa inibisce la crescita dei progenitori anormali e blocca le azioni delle
citochine che possono portare allo sviluppo di mieloflbrosi. La terapia con
INFa è complicata dalle sue proprietà proinfiammatorie; pertanto, sono comuni
febbre, sintomi similinfluenzali e anche complicanze più gravi. L'INFa non è
costantemente efficace negli adulti ad alto rischio, ma è utilizzato nei
soggetti che sono intolleranti all'idrossiurea, nei giovani e nelle donne
gravide.
Il trattamento con inibitori della via di JAK2 ha portato alla riduzione di
molti sintomi associati alla malattia (per es., trombosi) e a un significativo
miglioramento della qualità di vita. Tuttavia, l'obiettivo ottimale che
definisce il successo del trattamento (ematocrito) e gli effetti
sull'aspettativa di vita non sono stati ancora determinati. Studi recenti che
hanno valutato gli effetti del salasso, dell'idrossiurea o di entrambi hanno
concluso che l'obiettivo di un ematocrito di mantenimento inferiore al 45% è
preferibile a un obiettivo tra il 45 e il 50%. II mantenimento di un
ematocrito più basso ha portato a una significativa riduzione della mortalità
per cause cardiovascolari o per eventi trombotici gravi.
Solitamente la sopravvivenza varia da 10 a 15 anni. A ogni modo, senza un
trattamento appropriato il 50% dei soggetti con PV muore entro 18 mesi dalla
comparsa dei primi sintomi. La causa primaria, di morte è la trombosi, che è
più frequente nei soggetti anziani e in quelli con precedenti complicanze
vascolari. La morte per emorragia è rara, ma più comune nei soggetti con
elevata conta piastrinica e in quelli che assumono farmaci antipiastrinici. La
conversione a leucemia mieloide acuta (Acute Myeloid Leukemia, AML) si verifica
spontaneamente nel 10% dei soggetti entro 15 anni e fino nel 50% dei casi entro
20 anni. Questa leucemia è generalmente refrattaria ai trattamenti
convenzionali. La conversione ad AML è più probabilmente correlata al
trattamento con agenti mielosoppressivi citotossici come il clorambucile.57 Gli
individui trattati solamente con interferone o idrossiurea presentano la
stessa incidenza di conversione di quelli non sottoposti a trattamento. Sebbene
la PV sia una malattia cronica, una terapia appropriata conduce alla remissione
e alla prevenzione di importanti morbilità.
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