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Il DNA

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La genetica molecolare indaga i meccanismi chimici che permettono l'espressione delle informa-2oni genetiche in un individuo e la trasmissione dei caratteri ereditari da un individuo ai propri discendenti. L'unità base dell'eredità è rappresentata dal gene, che in questo contesto può essere definito come il tratto di DNA responsabile della determinazione di un dato carattere. Agli inizi degli anni Quaranta, era noto che i geni determinano i caratteri ereditari e che sono Spiazzati sui cromosomi, ma non se ne conosceva l'esatta natura chimica. Poiché si sapeva che i cromosomi sono costituiti principalmente da acido desossiribonucleico (DNA) e proteine, il depositano dell'informazione biologica doveva essere una di queste due molecole. La maggior parte dei "cercatori riteneva che il materiale genetico fosse costituito dalle proteine e che il DNA, essendo formato da soli quattro nucleotidi, fosse troppo semplice per giustificare la varietà e la ricchezza dell'informazione biologica. Questa ipotesi, però, si rivelò sbagliata. Nel 1944, O.T. Avery, C.M. MacLeod e M. McCarty riuscirono a dimostrare che il depositario dell'informazione genetica era il DNA, la prova decisiva fu però fornita nel 1952 da A.D. Hershey e M. Chase, i quali dimostrarono che i batteriofagi, per introdurre nel batterio ospite il loro materiale ereditario, iniettano una molecola di DNA.

Nucleotidi

Un nucleotide è formato da una base eterociclica azotata legata a uno zucchero pentoso (ribosio, nell'RNA o 2-desossiribosio, nel DNA), legato a sua volta a una molecola di acido fosforico. Idrolizzando un nucleotide si ottiene una molecola di acido fosforico e un nucleoside. La base eterociclica è legata tramite l'atomo di azoto al carbonio anomerico dello zucchero (C1'). Le basi azotate si dividono in due gruppi:
basi pirimidiniche o pirimidine, derivate dall'eterociclo pirimidina: citosina, timina e uracile;
basi puriniche o purine, derivate dall'eterociclo purina: adenina e guanina.

Struttura del DNA

Il DNA è un acido nucleico ed è quindi un polimero lineare di nucleotidi, in cui possono essere presenti quattro diverse basi azotate: due puriniche, adenina (A) e guanina (G), e due pirimidiniche, citosina (C) e timina (T). Nei primi anni '50, James Watson e Francis Crick, analizzando tutti i dati allora disponibili, individuarono la struttura tridimensionale del DNA delineando il noto modello della doppia elica. Secondo il modello di Watson e Crick, la molecola è costituita da due filamenti polinucleotidici avvolti a elica intorno a un asse centrale. Ogni filamento è formato da uno scheletro di molecole di zucchero e gruppi fosfato alternati: il gruppo ossidrilico del C5' di un'unità di ribosio è legato al gruppo ossidrilico del C3' del ribosio successivo attraverso un legame (o ponte) fosfodiestereo. A ogni molecola di zucchero è legata una base azotata, quindi le basi sporgono lateralmente dai filamenti polinucleotidici.due filamenti sono uniti da legami a idrogeno tra le basi azotate che si fronteggiano nella doppia elica.

 Le basi azotate non si appaiano in modo casuale: la distanza tra i due filamenti nella doppia elica è costante, l'appaiamento, quindi, ha luogo necessariamente tra una purina (formata da due anelli) e una pirimidina (formata da un solo anello).  Le basi appaiate sono dette complementari. In particolare, l'adenina si appaia con la ! timina mediante due legami a idrogeno, mentre la guanina si appaia con la citosina attraverso tre legami a idrogeno.

Le regole di Chargaff

Utilizzando la tecnica della cromatografia su carta il biochimico austriaco Erwin Chargaff (1905-2002) riuscì a separare la molecola del DNA nelle basi da cui è formata e a determinare la loro percentuale di abbondanza relativa. I suoi studi fornirono dati molto importanti per la comprensione della struttura del DNA, evidenziata poi da Watson e Crick. Dal lavoro di questo scienziato derivano le regole di Chargaff, riguardanti i rapporti esistenti fra le 4 basi azotate che formano il DNA:
• esiste un rapporto 1:1 tra le basi puriniche (A+G) e le basi pirimidiniche (T+C) contenute nel DNA di una cellula. Il rapporto è costante in ogni specie, ma per specie diverse le percentuali delle varie basi sono diverse;
• in una molecola di DNA a doppio filamento la percentuale di adenina è pari a quella di timina, e la percentuale di citosina a quella di guanina (%A = %T; %C = %G).

La struttura del DNA è dunque paragonabile a quella di una scala a chiocciola, le cui le ringhiere sono formate da unità ibernate di zucchero e gruppi fosfato, mentre i pioli sono costituiti dalle coppie 3 oasi complementari appaiate. La distanza tra una coppia di basi e la successiva è di 3,4 Å e ogni giro completo dell'elica comprende 10 coppie di Poiché ogni molecola di DNA può essere lunga migliaia di nucleotidi, le quattro basi possono combinarsi in un numero enorme di sequenze. A causa della precisa complementarità tra le basi azotate, la sequenza dei nucleotidi di un filamento determina in modo univoco 2 sequenza dei nucleotidi di quello complementare. Ogni filamento ha un'estremità 5' ed un' estremità 3'. Poiché nella doppia elica l'estremità 3' a un filamento fronteggia l'estremità 5' a quello complementare, i due filamenti s dicono antiparalleli. La dimensione del genoma viene descritta in termini di "paia di basi" (in inglese base pair, con sigla bp) che corrispondono a coppie di nucleotidi appaiati. Questa quantità varia notevolmente nei diversi organismi: nei procarioti è nell'ordine di 104-107 paia di basi; negli eucarioti è 108-1011 paia di basi. Il DNA umano (diploide), disteso, avrebbe la lunghezza di circa 2 metri, corrispondenti a circa 6 miliardi di paia di basi.

Replicazione del DNA

Per poter essere trasmesso ai discendenti, il materiale genetico, cioè il DNA, deve essere in grado di duplicarsi. Il processo di duplicazione del DNA ha luogo prima che una cellula si divida ed è chiamato replicazione. Al momento della replicazione, i due filamenti della doppia elica si separano come in una cerniera lampo grazie alla rottura dei legami a idrogeno tra le basi appaiate. Ciascun filamento può così funzionare come stampo per la sintesi di un nuovo filamento a esso complementare, utilizzando i desossiribonucleotidi liberi presenti nella cellula. Gli esperimenti di Meselson e Stahl dimostrarono che la replicazione del DNA è semiconservativa, cioè che ognuna delle due molecole figlie di DNA è costituita da un filamento del DNA parentale (conservato) e da un filamento sintetizzato ex novo. L'intero processo richiede energia e molti enzimi. Un enzima (la DNA-elicasi) e particolari proteine sono necessari, per esempio, per "srotolare" la doppia elica nel punto di origine della replicazione, detto forcella di replicazione.

La sintesi vera e propria del nuovo filamento è catalizzata invece da un gruppo di enzimi noti come DNA polimerasi.

Il processo avviene con modalità leggermente differenti nei procarioti e negli eucarioti: nelle cellule procariotiche vi è un unico punto di origine della replicazione e il processo avviene nel citoplasma, mentre in quelle eucariotiche la replicazione ha luogo nel nucleo e vi sono diversi punti di origine in ogni cromosoma. La DNA polimerasi non può sintetizzare direttamente un nuovo filamento di DNA sul filamento parentale, ma ha bisogno di un primer, o innesco, cioè un breve tratto a doppia elica, da cui iniziare la propria sintesi; questo è permesso dalla sintesi di un breve filamento di RNA. La replicazione procede sempre in direzione 5' -> 3'(perché la DNA polimerasi, come l'RNA polimerasi, catalizza il legame di un nuovo nucleotide all'estremità 3') e questo ha una conseguenza importante: uno dei due filamenti, detto filamento guida (o leading strana), può essere sintetizzato in maniera continua, utilizzando un unico innesco, mentre l'altro filamento, chiamato filamento lento (o lagging strand), deve essere sintetizzato in direzione opposta, sotto forma di piccoli frammenti discontinui, chiamati frammenti di Okazaki, uniti successivamente. Il processo è comunque molto rapido: la velocità di crescita di un filamento varia infatti da 50 nu-:leotidi al secondo (nei mammiferi) a 500 nucleotidi al secondo (nei procarioti). La replicazione del DNA è anche estremamente precisa.

Oltre ad aggiungere nuovi nucleotidi alla catena in crescita (funzione polimerasica), la DNA poli--ìerasi è in grado di individuare l'eventuale aggiunta di un nucleotide sbagliato al filamento in co-struzione. In caso di errore, l'enzima inverte la sua direzione di marcia rimuovendo i nucleotidi uno a uno fino ad arrivare al punto del nucleotide sbagliato (funzione esonucleasica). Anche altri enzimi, chiamati nucleasi di restauro del DNA, hanno il compito di eliminare eventuali errori rimasti dopo la replicazione: scorrendo lungo la doppia elica, individuano i nucleotidi sbagliati e li sostituiscono con quelli corretti.  Ognuno dei due filamenti di DNA può fare da stampo per la sintesi dell'altro. Si può quindi dire che una doppia elica di DNA reca lo stesso messaggio su entrambi i filamenti.

L'ipotesi un gene ed un enzima

Una volta dimostrato che il DNA contiene tutte le informazioni necessarie per definire lo sviluppo e la fisiologia di una cellula, restava da stabilire in che modo questa molecola svolgesse tale funzione. A questo scopo sono stati importanti gli studi effettuati su microrganismi biochimicamente iterati in seguito a mutazioni. In linea generale, con il termine mutazione si intende un cambiamento nell'informazione genetica di un organismo e mutanti sono detti gli organismi che presentano una mutazione. Studiando i mutanti della comune muffa del pane (Neurospora crassa), 2. Beadle ed E. Tatum dimostrarono l'esistenza, per ciascuna mutazione, di un corrispondente enzima funzionante in modo anomalo. Sulla base dei loro esperimenti, nel 1941 formularono quindi l'ipotesi "un gene-un enzima", secondo la quale un determinato gene è responsabile della sintesi di un determinato enzima, cioè codifica per quell'enzima. L'espressione "un gene-un enzima" fu in seguito modificata in "un gene-una proteina", dal momento che non tutte le proteine, la cui sintesi è controllata dal DNA, sono enzimi. Poiché ulteriori esperimenti mostrarono che le proteine sono spesso costituite da due o più subunità (catene polipeptidiche) la formulazione originale venne corretta ancora una volta nella forma un gene una catena polipeptidica". L'alcaptonuria è un esempio della regola "un gene-una proteina". Questa è una malattia autosomica recessiva che ha come sintomi artrite e urine scure quando esposte all'aria. Il colore scuro è dovuto alla presenza di acido omogentisico, un intermedio della degradazione dell'amminoacido tirosina. Questa sostanza si accumula perché, a causa di una mutazione, viene a mancare uno degli enzimi coinvolti nella degradazione della tirosina.

Dai geni alle proteine: RNA messaggero

Una volta individuata la relazione esistente fra i geni e le corrispondenti proteine prodotte dalla cellula, restava da chiarire come un gene, contenuto nel nucleo e formato da una sequenza costituita da solo quattro tipi di nucleotidi, potesse dar luogo a una catena polipeptidica, sintetizzata nel citoplasma e costituita da una sequenza di venti tipi di amminoacidi. Il passaggio dai geni alle proteine è reso possibile dall'intervento dll'acido ribonucleico (RNA), un acido nucleico diverso dal DNA, ma formato anch'esso da una sequenza lineare di nucleotidi. Il messaggio contenuto in un gene viene copiato (trascritto) sotto forma di RNA, nel nucleo, in un processo chiamato trascrizione. URNA si trasferisce poi dal nucleo al citoplasma, dove il messaggio che esso trasporta viene usato per sintetizzare una proteina (traduzione). Il flusso dell'informazione biologica va dunque sempre dal DNA all'RNA, alle proteine. Il dogma centrale della biologia molecolare ammette un'eccezione: l'enzima trascrittasi in-versa, presente in alcuni virus a RNA, permette la sintesi di un filamento di DNA a partire da una molecola di RNA.

Struttura e funzione dell'RNA

L'RNA differisce dal DNA per alcune caratteristiche:
• lo zucchero pentoso è il ribosio anziché il desossiribosio;
• è costituito da un filamento singolo anziché da una doppia elica;
• contiene quattro basi azotate, tre delle quali (A, G e C) uguali a quelle del DNA e una diversa: al posto della timina si trova infatti l'uracile (U), che al pari della timina si appaia con l'adenina;
• negli eucarioti l'RNA è sintetizzato nel nucleo, ma svolge i suoi compiti nel citoplasma. uracile (U}
Esistono tre tipi diversi di RNA, ciascuno dei quali partecipa alla sintesi delle proteine:
RNA messaggero (mRNA): trasporta l'informazione genetica dal DNA al citoplasma, dove vengono sintetizzate le proteine;
RNA ribosomiale (rRNA): è un elemento costitutivo dei ribosomi;
RNA di trasporto (tRNA): trasporta gli amminoacidi liberi nel citoplasma ai ribosomi, durante la sintesi proteica, e serve per tradurre l'informazione contenuta nella sequenza di nucleotidi dell'mRNA in una sequenza di amminoacidi.

Trascrizione

La trascrizione è il processo mediante il quale l'informazione contenuta in un gene viene copiata (trascritta) in una molecola di mRNA. La sintesi dell'mRNA è catalizzata da un gruppo di enzimi, il più importante dei quali è l'RNA polimerasi. Nel punto di attacco dell'enzima i due filamenti del tratto di DNA corrispondente a un gene (o a un gruppo di geni) si aprono e uno di essi funziona da stampo per la sintesi di una molecola di mRNA a esso complementare, con un meccanismo simile a quello della replicazione. L'RNA polimerasi si sposta lungo il filamento stampo di DNA aggiungendo via via nuovi ribonucleotidi all'estremità 3' del filamento di mRNA nascente; si dice infatti che la trascrizione avviene in direzione 5' --> 3'. Per iniziare la sintesi, l'RNA polimerasi si lega a una sequenza specifica sul DNA, detta promotore; un'altra sequenza specifica, detta segnale di terminazione, indica il punto di arresto della trascrizione. Nella trascrizione, a differenza di ciò che accade nella replicazione, viene copiato solo uno dei due filamenti di DNA, riconosciuto dalla RNA polimerasi per la presenza del promotore. Come nella replicazione, il nuovo filamento di RNA sintetizzato è complementare, e non identico, al tratto di DNA stampo da cui è stato copiato. Nei procarioti la trascrizione avviene nel citoplasma e l'mRNA neoprodotto può essere utilizzato immediatamente per la sintesi proteica. Negli eucarioti, invece, la trascrizione ha luogo nel nucleo e l'mRNA deve essere modificato prima di migrare nel citoplasma. Quasi tutti i geni degli eucarioti pluricellulari sono infatti discontinui, sono cioè formati da un'alternanza di sequenze codificanti (che vengono tradotte in proteine), dette esoni, e sequenze non codificanti, dette introni. Il DNA di un gene discontinuo viene trascritto completamente, copiando sia gli esoni che gli introni e formando un mRNA immaturo; prima che l'mRNA lasci il nucleo gli introni vengono quindi eliminati e gli esoni saldati in sequenza per formare l'mRNA maturo (questo processo è detto splicing).

Prima maturazione dell'mRNA negli eucarioti
Prima dello splicing l'mRNA degli eucarioti subisce due processi particolari:
• mentre l'mRNA è ancora in trascrizione, all'estremità 5' viene aggiunto un "cappuccio" (in inglese cap) che protegge l'mRNA dalla degradazione. Questo è dato da un nucleotide insolito: la 7-metilguanosina;
• all'estremità 3' viene aggiunta una coda di 100-250 nucleotidi di adenina (o poli-A) in un processo detto poliadenilazione. La funzione non è completamente nota, ma pare che favorisca l'esportazione dal nucleo al citoplasma e che sia necessaria per un corretto inizio della traduzione.
La parte centrale di un mRNA, quella che contiene le informazioni per assemblare gli amminoacidi, è detta open reading trame (in italiano "cornice di lettura") o ORF. Alle estremità 5' e 3' di ogni ORF si trovano gli elementi regolativi.

Il codice genetico

La traduzione del messaggio contenuto nell'mRNA (scritto con un linguaggio basato su 4 nucleotidi in una proteina (scritta con un linguaggio basato su 20 amminoacidi) è permessa da un sistema di corrispondenza, che è detto codice genetico. Se la corrispondenza tra nucleotidi e amminoacidi fosse 1:1, i 4 nucleotidi potrebbero specificare solo 4 amminoacidi. Se un amminoacido corrispondesse a una successione di due nucleotidi, sarebbero possibili in totale 16 (= 42) combinazioni, ancora insufficienti per specificare tutti gli amminoacidi necessari. Il codice è invece basato su triplette di nucleotidi, dette codoni, che rendono possibili 64 (= 43) combinazioni, più che sufficienti per codificare i 20 amminoacidi. Il codice genetico presenta una serie di interessanti caratteristiche:
• contiene un segnale di inizio, rappresentato dal codone AUG (che codifica per l'amminoacido metionina);
• contiene dei segnali di fine lettura, rappresentati da tre codoni di stop (o codoni non senso);
• non è ambiguo: un dato codone specifica sempre un unico amminoacido. Per esempio il codone AUU codifica sempre l'isoleucina (Ile);
• è ridondante (o degenerato): quasi tutti gli ammi-noacidi sono specificati da più di un codone. Per esempio, l'isoleucina è codificata dai codoni AUU, AUC e AUA;
• è universale, cioè è valido per tutti gli organismi, con pochissime eccezioni.
I codoni sinonimi differiscono spesso solo per il terzo nucleotide; la presenza dei sinonimi costituisce una difesa contro le mutazioni, perché, in caso si verifichi una mutazione, abbas-sa la probabilità di inserire un amminoacido sbagliato durante la sintesi proteica.

Sintesi proteica

La sintesi proteica, indicata anche come traduzione è l'ultima tappa del processo di espressione di un gene. Avviene nel citoplasma e ha sede sui ribosomi. Al processo partecipano tutti e tre i tipi di RNA: l'mRNA, che trasporta il messaggio, l'rRNA, che è parte integrante del ribosoma, e il tRNA, che fa da "interprete" traducendo il linguaggio degli acidi nucleici in quello delle proteine. Questa molecola è infatti in grado da un lato di legare gli amminoacidi, dall'altro di ricono-scere i codoni dell'mRNA grazie a una tripletta di nucleotidi, detta anticodone, complementare a uno specifico codone sull'mRNA. I tRNA sono molecole relativamente piccole, formate da circa 80 nucleotidi e rappresentabili con una struttura a trifoglio. Ogni cellula ne contiene almeno un tipo per ogni amminoacido; il legame fra un tRNA e lo specifico ammi-noacido è catalizzato da uno specifico enzima amminoacil-tRNA-ligasi. I ribosomi possiedono tre importanti siti di legame: uno per l'mRNA, nella subunità minore, e due per il tRNA: il sito P (sito peptidilico) e il sito A (sito amminoacilico).  La principale eccezione è rappresentata dal DNA mitocondriale, il cui codice è diverso da quello nucleare. Inoltre, in un piccolo gruppo di protisti, i codoni UAA e UAG, anziché essere codoni di stop, codificano per l'amminoacido glutammina. La sintesi di una proteina avviene in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione.
• Nella fase di inizio l'estremità 5' dell'mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma. A questo complesso si associano poi la subunità maggiore del ribosoma e il primo tRNA legato al suo specifico amminoacido (amminoacil-tRNA), che si appaia con il suo anticodone al codone di inizio e va a occupare il sito P.

• La successiva fase di allungamento inizia con l'inserimento nel sito A di un amminoacil-tRNA con un anticodone complementare a quello del secondo codone dell'mRNA. A questo punto si forma il legame peptidico tra i primi due amminoacidi e contemporaneamente il tRNA che occupava il sito P esce dal ribosoma. Il ribosoma si sposta quindi di un codone lungo l'mRNA (in direzione da 5' a 3'), in modo che il secondo tRNA con i due amminoacidi attaccati vada ora a occupare il sito P. Nel sito A tornato libero si porta un terzo amminoacil-tRNA e si forma un nuovo legame peptidico. L'operazione si ripete più volte legando gli amminoacidi uno dopo l'altro secondo la specifica sequenza contenuta nell'mRNA che dirige la sintesi, fino a che la catena polipetidica è completa. Il sito P accetta di volta in volta il tRNA che lega la catena polipeptidica in crescita, mentre il sito A è sempre occupato dal tRNA legato al nuovo amminoacido che andrà ad aggiungersi alla catena.
• Quando il ribosoma arriva a uno dei tre codoni di stop, a cui non corrisponde nessun tRNA, si ha la terminazione: la traduzione si interrompe, la proteina si stacca dal tRNA, che a sua volta abbandona il sito P, e le due subunità del ribosoma si dissociano. Tutto il processo di sintesi proteica richiede una notevole quantità di energia, fornita dall'idrolisi dell'ATP via via che durante l'allungamento il primo ribosoma si sposta lungo l'mRNA, l'estremità 5' rimasta libera può iniziare a essere letta da un altro ribosoma. Lo stesso filamento di mRNA può quindi essere letto contemporaneamente da più ribosomi, l'insieme dei quali è detto polisoma. La sintesi delle proteine è comunque un processo molto rapido, che richiede pochi secondi; la sua /elocità è tale da far fronte in ogni momento alle necessità cellulari, che variano da cellula a cellula e da proteina a proteina.

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