La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI o Inflammatory Bowel Disease, IBD) a eziologia sconosciuta che può interessare qualsiasi tratto del canale alimentare, dalla bocca all'ano. La malattia è stata definita, per la prima volta nel 1932, come "ileite terminale" da Crohn, Ginzburg e Oppenheimer.
La malattia di Crohn (MC), come la colite ulcerosa (CU), presenta decorso cronico ricorrente, con sintomi intestinali e manifestazioni extraintestinali, caratterizzato da alternanza di fasi di attività clinica e periodi di remissione. La malattia di Crohn e la colite ulcerosa mostrano aspetti eziopatogenetici comuni ma caratteristiche anatomopatologiche e decorso clinico spesso diversi, in grado quasi sempre di differenziarle.
Tuttavia, il 5-10% delle malattie infiammatorie croniche localizzate unicamente al colon, non è caratterizzabile clinicamente e istologicamente come colite ulcerosa o colite di Crohn e viene classificata come "colite indeterminata" o non classificabile. Definire precisamente queste entità è di relativa importanza nelle forme candidate alla terapia medica, essendo simili per entrambe. Al contrario discriminare tra una CU, una MC e una forma indeterminata è particolarmente importante nelle forme candidate alla terapia chirurgica in quanto la prognosi post-operatoria di quest'ultima è profondamente differente.
La valutazione per eventuali lesioni dell'intestino tenue mediante impiego della videocapsula
endoscopica (presenti essenzialmente nella MC) rappresentano oggi l'approccio
diagnostico più accurato per discriminare tra CU e MC nelle MICI indeterminate
candidate all'intervento chirurgico.
La malattia di Crohn colpisce più frequentemente l'ileo distale e il colon, con
lesioni segmentarie, caratterizzate da aree lese intervallaci da aree esenti da
alterazioni e lesioni con comportamento variabile, di tipo prevalentemente fibrostenosante, fistolizzante o infiammatorie con elevata tendenza alla
recidiva anche doj resezione chirurgica.
La malattia di Crohn è più frequente nei Paesi a elevato sviluppo socioeconomico
e più rara in quelli sottosviluppati, un dato che suggerisce I ruolo di fattori
ambientali nella patogenesi della malattia.
Incidenza e prevalenza
L'incidenza è quasi quadruplicata negli ultimi 25 anni, in particolare nel
Nord Europa. In Italia
l'incidenza è di 3,7-4,2/100.000 ab/anno e la prevalenza di 50-54/100.000 ab,
senza differenza fra uomini e donne. Nei soggetti di età compresa fra 15 e
25
anni, la malattia di Crohn rappresenta la principale causa organica di dolore
addominale ricorrente. La diagnosi viene posta in oltre i due terzi dei casi
prima dei 36 anni e nel 25% prima dei 20 anni.
L'eziologia della malattia di Crohn è sconosciuta. Tuttavia sono stati
identificati alcuni fattori di rischio associati allo suo sviluppo:
Familiarità . Il ruolo della predisposizione genetica e familiare è supportato
da varie os-servazioni. Oltre il 4% dei pazienti ha un con-sanguineo affetto da
malattia di Crohn o colite ulcerosa, il rischio per un paziente con malattia di
Crohn di avere un figlio affetto dalla stessa malattia è circa 10 volte
maggiore rispetto a un soggetto non affetto ed esiste un'elevata concordanza per
la malattia di Crohn nei gemelli omozigoti. Inoltre, in un terzo circa dei
pazienti con malattia di Crohn è presente una mutazione di un gene situato nel
cromosoma 16 (NOD2/CARD15) che codifica per una proteina coinvolta nella
risposta immunitaria nei confronti dei batteri intestinali.
Fumo di sigaretta. Il fumo di sigaretta è l'unico fattore ambientale significativamente associato alla malattia. Il fumo si associa inoltre a un
aumentato rischio di malattia (rischio relativo 2,5-3), a decorso più severo e a una più precoce recidiva
post-chirurgica.
Appendicectomia. Comporta un rischio significativamente aumentato di
sviluppare una malattia di Crohn (rischio relativo 1,6), in particolare entro il
primo anno dall'intervento (rischio relativo 6,5), ma con successiva diminuzione
negli anni successivi. Ciò è dovuto al fatto che la malattia di Crohn, in quanto
l'appendicite acuta potrebbe essere la manifestazione iniziale della malattia di Crohn.
Altri fattori. Fra gli altri fattori di rischio sono riportati l'uso di
contraccettivi orali, antibiotici, farmaci antinfiammatori non-ste-roidei (FANS)
e abitudini alimentari (dieta ricca di grassi e povera di scorie). Tuttavia, per
nessuno di questi è stata a oggi dimostrata una sicura associazione eziologica.
Aspetto macroscopico
Le lesioni intestinali mostrano tre caratteristiche principali:
1. possibile coinvolgimento di qualsiasi tratto del canale alimentare;
2. segmentarietà ;
3. interessamento di tutti gli strati della parete.
Sebbene le lesioni possano interessare qualsiasi tratto del canale alimentare,
le sedi più frequenti sono l'ileo distale (30-40%), l'ileo distale e il colon
(40-55%) o il solo colon (5-10%). Le lesioni mostrano una tipica distribuzione
segmentaria, con tratti lesi alternati a tratti indenni. Il quadro macroscopico
delle aree lese è principalmente rappresentato da un ispessimento della parete, secondario all'edema, all'infiltrato infiammatorio e alla
fibrosi. La superficie interna mostra ulcere serpiginose, spesso estese in
profondità (fissurazioni). L'interessamento infiammatorio della sierosa e
l'estensione sino a questo livello delle fissurazioni possono produrre aderenze
e predisporre alla formazione di fistole. L'ispessimento parietale e gli esiti
fibrotici della flogosi possono portare allo sviluppo di stenosi, con
caratteristiche variabili per estensione, severità e numero.
Le lesioni della malattia di Crohn e le sue complicanze, incidono sul suo
decorso.
Caratterizzano tre sottogruppi principali di malattia che possono coesistere
nello stesso paziente o evolvere l'una nell'altra nel corso degli anni.
1. Malattia fibrostenosante. Caratterizzata da restringimento del lume
e dalla presenza di stenosi. Queste sono determinate dall'ispessimento
parietale dovuto alla flogosi della parete e/o più frequentemente all'esito fibrotico delle ulcerazioni. Le stenosi possono essere singole o multiple, di
lunghezza variabile, spesso localizzate nell'ileo distale e associate a
dilatazione delle anse prossimali.
2. Malattia fistolizzante o perforante. Caratterizzata dalla
presenza di
fistole, ossia da tramiti posti tra le anse intestinali o con visceri
circostanti. Le fistole originano dalle fissurazioni e da aderenze determinate
dalla flogosi della sierosa e possono mettere in comunicazione le anse
intestinali fra loro (entero-enteriche), con la cute (entero-cutanee),
con la vescica (entero-vescicali), con l'uretere (entero-ureterali) o con la
vagina (retto-vaginali). Le fistole possono inoltre estendersi a fondo cieco nel
retroperitoneo o, più spesso, nel mesentere, dando origine a raccolte
ascessuali.
3. Malattia infiammatoria. Si caratterizza per la presenza di ispessimento
infiammatorio delle pareti in assenza di fistole o stenosi, di
lesioni ulcerose piccole e superficiali (ulcere aftodi) espressione m malattia
più precoce, e/o di lesioni ulcerose profonde e fissurazioni, spesso in comunicazione tra loro e circondate
da aree di mucosa sollevata
dall'edema, talvolta con tipico aspetto "ad acciottolato o selciato" (cobblestone).
Il quadro istologico della malattia di Crohn caratterizzato da una flogosi cronica granulomatosa.
Le principali lesioni sono rappresentata granulomi non caseificanti,
infiammazione discontinua e transmurale con focali aggregati linfocitari e
fissurazioni. I granulomi si osservarli in circa il 60% dei pazienti, sono
costituiti da cellule epiteliodi, cellule giganti di tipo Langhans non mostrano
necrosi.
Sebbene la presenza di granulomi sia un reperto specifico della malattia di
Crohn, il loro mancato riscontro non rappresenta un criterio diagnostico di
esclusione della malattia, essendo presenti spesso in un numero esiguo e sci:
in alcuni pazienti. La flogosi della parete è caratterizzata da aggregati di
cellule infiammatorie, (soprattutto linfociti T e macrofagi) a distribuzione
focale e contemporanea in multipli strati parietali, prevalentemente nella
sottomucosa In alcuni pazienti è possibile osservare lo sviluppo di fibrosi,
secondaria alla riparazione cicatriziale delle lesioni e a conseguente formazione di stenosi.
L'estensione e la severità delle lesioni macroscopiche e istologiche è
indipendente dall'attività clinica della malattia.
L'eziologia della malattia di Crohn è sconosciuta. Le attuali conoscenze
suggeriscono che in soggetti geneticamente predisposti, un'inappropriata
risposta immunitaria nei confronti di antigeni presenti nel lume intestinale (microbioma)
possa indurre o perpetuare un processo infiammatorio. Sono stati ipotizzati vari
agenti, sebbene per nessuno di essi sia stato dimostrato un preciso ruolo
eziologico.
Comprendono il Mycobacterium paratuberculosis, riscontrato raramente nelle
lesioni di Crohn (la sua infezione determina un infiltrato granulomatoso simile a quello
della malattia di Crohn e il trattamento con antimicobatterici ha riportato
risultati talvolta soddisfacenti), e il virus del morbillo. L'ipotesi infettiva
è sostenuta principalmente da due osservazioni:
1. le terapie in grado di modulare la composizione batterica intestinale come i
probiotici e gli antibiotici possono modificare l'attività della malattia di
Crohn;
2. la diversione chirurgica del contenuto luminale, ossia la deviazione del
contenuto fecale ottenuta con ileostomia temporanea, migliora il decorso
clinico e previene la recidiva post-chirurgica.
Inoltre, la ricanalizzazione chirurgica, con il ripristino della continuità
intestinale, è seguita dalla recidiva post-chirugica. A oggi tuttavia non sono
stati identificati agenti infettivi responsabili dell'eziologia della malattia
di Crohn.
La malattia di Crohn è caratterizzata da atti-vazione dei linfociti T e dei
macrofagi, con una prevalente risposta immunitaria di tipo cellulo-mediata
associata ad attività e rilascio di mediatori dai linfociti T helper di tipo 1.
Nella mucosa intestinale vi sono infatti aumentati livelli di interferone-γ (IFN-γ),
interleuchina-12 (IL-12), IL-18, IL-21 e tumor Necrosis Factor-α. (TNF-α) in
grado di mantenere e perpetuare il processo infiammatorio.
In un terzo circa dei pazienti affetti da malattia di Crohn è presente una
mutazione del gene NOD2/CARD15, localizzato nel cromosoma 16, che codifica per
una proteina che modula la risposta immunitaria nei confronti dei batteri intestinali. Questo supporta l'ipotesi che un'inappropriata risposta immunitaria geneticamente determinata nei confronti della flora
batterica svolga un ruolo chiave nella patogenesi del danno.
La malattia di Crohn può avere esordio, sintomi e decorso clinico estremamente
variabili.
Nel 10% circa dei casi la malattia esordisce acutamente, simulando un'appendicite. In alcuni pazienti l'esordio dei sintomi classici può essere preceduto, anche di anni, dalla comparsa di una fistola perianale, da manifestazioni extraintestinali o da ritardo di crescita. Nella maggior parte dei pazienti si osservano sintomi caratteristici, sebbene non specifici, come dolore addominale ricorrente, diarrea con o senza sangue, calo ponderale, febbricola, astenia. Il periodo di latenza tra esordio dei sintomi e diagnosi varia tra 0 e 4 anni (mediamente 8-9 mesi) durante il quale sonò spesso poste diagnosi diverse tra cui appendicite, annessite o sindrome dell'intestino irritabile.
La malattia di Crohn mostra un'ampia variabilità anatomopatologica e clinica
dipendente dalle caratteristiche delle lesioni (sede, estensione,
tipo, durata,
complicanze, resezioni) e dell'ospite (età , sesso, stile di vita, fumo,
condizioni psicosociali, familiarità ). La variabile principale è la sede della
malattia schematizzabile in lesioni del digiuno, ileo, ileo-colon, colon e
ano-retto. Le localizzazioni nel tratto gastroenterico superiore (mucosa orale,
esofago, stomaco) sono generalmente associate a lesioni in sedi tipiche. La
malattia perianale è caratterizzata da lesioni anali e perianali come ragadi, fistole e ascessi, estensione delle lesioni, variabile da pochi centimetri a
oltre 1 metro, può influenzare il decorso della malattia, mentre il tipo o
comportamento della malattia, rappresentato dalle forme flbrostenosante,
fistolizzante o prevalentemente infiammatoria, è spesso associato a sintomi
sub-occlusivi, febbre, diarrea e deficit nutrizionale, rispettivamente.
Il tipo e la severità dei sintomi dipendono dalle caratteristiche dell'ospite e
delle lesioni. La diarrea cronica, assieme al dolore, è il sintomo più frequente
della malattia di Crohn e può essere diretta espressione delle lesioni o
correlata a malassorbimento di sali biliari e a steatorrea, in particolare nei
pazienti con resezione ileale. Rettorragia e tenesmo sono
associati alle lesioni dei sigma-retto. Il dolore addominale è localizzato prevalentemente in
mesogastrio e fossa iliaca destra ed è variabile per intensità e frequenza In
presenza di stenosi, il dolore è ricorrente e secondario alla distensione delle
anse, mentre nelle forme infiammatorie e fistolizzanti è continuo ed espressione
della flogosi. La febbre, variabile da febbricola (<38° C) a febbre elevata, può
essere associata all'attività della malattia o secondaria a raccolte ascessuali.
Le masse addominali, spesso dolenti alla palpazione e localizzate in fossa
iliaca destra, sono un reperto caratteristico, secondario all'ispessimento
parietale, alla flogosi periviscerale e a complicanze come stenosi, fistole e
ascessi. Il calo ponderale può essere secondario al ridotto apporto calorico, al
malassorbimento e all'aumentato consumo secondario alla flogosi. In età
pediatrica il deficit di crescita rappresenta un sintomo caratteristico della
malattia. Le fistole perianali possono precedere di anni l'esordio dei sintomi
intestinali e mostrano un andamento cronico recidivante con scarsa propensione
alla guarigione spontanea e tendenza a complicarsi con ascessi. Le lesioni
anali includono inoltre iperemia ed edema della cute perianale, ragadi, ulcere
e fissurazioni. Le manifestazioni extraintestinali comprendono manifestazioni
cutanee (eritema nodoso, pioderma gangrenoso), oculari (uveite,
iridociclite, episcierite), articolari (artrite, spon-dilite anchilosante, sacroileite).
Queste sono più frequenti nei pazienti giovani con localizzazione colica. Si
rilevano inoltre complicanze epatobiliari (colangite sclerosante primitiva, colangiocarcinoma) e
tromboemboliche. La calcolosi biliare e la calcolosi
renale ossalica, frequenti nella malattia ileale, sono secondarie a
malassorbimento dei sali biliari e a estese resezioni ileali. Rara è l'amiloidosi
renale con conseguente insufficienza renale cronica.
Il decorso della malattia di Crohn è cronico ricorrente, con alternanza di periodi di riacutizzazione e remissione. La probabilità di remissione dopo una fase attiva è molto elevata (>90), così come la probabilità di riacutizzazione a un anno (>60%). Nel corso della malattia si possono sviluppare complicanze addominali come stenosi, fistole e ascessi che spesso richiedono la resezione chirurgica. Tuttavia, la resezione dopo un tempo variabile è seguita dalla ricomparsa di lesioni, inizialmente ulcere aftoidi e successivamente lesioni più estese e gravi (recidiva endoscopica), non necessariamente associate a ripresa dei sintomi (recidiva asintomatica). Queste possono portare allo sviluppo di nuove complicanze e richiedere nel tempo nuove resezioni chirurgiche. Il decorso clinico della malattia è più severo in caso di esordio giovanile, familiarità per malattie infiammatorie croniche, abitudine al fumo di sigaretta e presenza di malattia fistolizzante.
Nella malattia di Crohn si possono sviluppare complicanze locali e sistemiche. Le complicanze locali possono coesistere e la loro frequenza
aumenta con la durata di malattia. Includono fistole interne (entero-enteriche,
entero-vescicali, retto-vaginali) o fistole esterne (entero-cutanee), ostruzione, perforazione, emorragia, ascessi. Le fistole spesso si
associano a stenosi e successivo sviluppo di raccolte ascessuali e hanno scarsa
tendenza alla guarigione spontanea. Le stenosi sono più frequenti nei pazienti
con malattia ileale (complicata da ostruzioni nel 50%) e si manifestano con
sintomi sub-ostruttivi od occlusivi. Lo sviluppo di adeno-carcinoma del tenue o
del colon sede di flogosi rappresenta una complicanza rara, ma possibile. Le
lesioni anali sono più frequentemente associate alla localizzazione colica
della malattia.
Fistole
Ascessi
Ostruzione, sub ostruzione
Perforazione
Emorragie
Adenocarcinoma del tenue o del colon
Cutanee (eritema nodoso, pioderma gangrenoso)
Oculari (uveite, iridociclite, episcierite)
Articolari (artrite, spondilite anchilosante, sacro ileite)
Epatobiliari (colangite sclerosante primitiva, colangiocarcinoma, litiasi
della colecisti)
Renali (litiasi renale ossalica, amiloidosi)
Malattia tromboembolica
La diagnosi di malattia di Crohn è spesso difficile, a causa dell'assenza di sintomi specifici e di un gold standard diagnostico.
La diagnosi di malattia di Crohn viene posta in base all'anamnesi, al quadro clinico e all'esame obiettivo, oltre che sui reperti delle indagini biochimiche e degli esami radiologici, endoscopici e istologici. Tra i reperti obiettivi, le fistole e le manifestazioni extraintestinali sono spesso suggestive della malattia. L'esame obiettivo dell'addome può rilevare dolorabilità in fossa iliaca destra o periombelicale o una massa addominale. Le indagini strumentali non forniscono dati specifici di malattia di Crohn, ma sono spesso utili per differenziarla da altre patologie con simile quadro clinico.
La diagnosi differenziale della malattia di Crohn
comprende numerose patologie: 1. rettocolite ulcerosa; 2. coliti o enterocoliti
infettive di origine batterica tra cui tubercolosi, infezione (ileite) da
Yersinia, colite pseudomembranosa da Clostridium difficile, enterocolite da
Salmonella, Shigella, Campylo-bacter, coliti di origine virale tra cui quella da
Citomegalovirus, e coliti parassitarie come quella amebica; 3. sindrome
dell'intestino irritabile; 4. linfoma; 5. enterocoliti ischemiche e da
radiazioni; 6. carcinoma del colon 7. colite associata a diverticoli; 8.
appendicite; 9. endometriosi intestinale e pelvica; 10. malattia celiaca e
digiuno-i-leite ulcerativa cronica non granulomatosa; 11. altre malattie rare
tra cui la gastroenterite eosi-nofila, la colite microscopica e l'amiloidosi.
La malattia di Crohn è caratterizzata clinicamente da fasi
di attività e di remissione. Il quadro clinico, i reperti obiettivi e le
indagini biochimiche e strumentali, concorrono non solo a diagnosticare la
malattia ma anche a determinarne l'attività . L'attività clinica può essere
definita attraverso la misurazione di specifici indici, utili a standardizzare
e quantificare il giudizio soggettivo del medico. L'indice clinico più
utilizzato è il Crohn's Disease Activity Index (CDAI), il cui valore è
determinato dalla somma di otto variabili moltiplicate per un coefficiente:
numero di evacuazioni liquide/semiliquide, dolore addominale e sensazione
globale soggettiva negli ultimi sette giorni, presenza di manifestazioni
extraintestinali, assunzione di farmaci antidiarroici, massa addominale,
ematocrito e peso corporeo. Il punteggio identifica pazienti in fase di remissione (<150) o in fase attiva (>150). Analogamente al CDAI, sono
stati proposti altri indici endoscopici e radiologici, per valutare l'attività
della malattia e monitorarne la risposta al trattamento.
Indagini biochimiche. Le indagini di laboratorio possono rilevare: anemia
ipocromica sideropenica (da perdita, aumentato consumo e ridotto apporto) o
macrocitica (da ridotto assorbimento di vitamina B12 e/o acido folico).
Durante le fasi attive della malattia si riscontrano frequentemente
leucocitosi, aumento di VES, proteina C reattiva e mucoproteine. Si possono
riscontrare ipoalbuminemia (da perdita e ridotto apporto), ipocolesterolemia e
ipotrigliceridemia (da malassorbimento) e alterazioni elettrolitiche (secondarie
alla diarrea cronica). L'esame copro-colturale e parassitologico delle feci è
essenziale per escludere le malattie infettive citate nella diagnosi
differenziale. Il sospetto di malattia infiammatoria intestinale può essere
supportato dall'aumentata concentrazione di calprotectina fecale, un test che
rileva una specifica proteina contenuta nei granulociti nelle feci.
La colonscopia con ileoscopia retrograda (o
ileocolonscopia) è l'esame diagnostico di riferimento, in quanto consente la
visualizzazione della superficie mucosa e l'esecuzione di biopsie. L'ileocolonscopia
rileva lesioni alternate a aree macroscopicamente indenni. Le lesioni più
frequentemente osservabili sono ulcere aftoidi o ulcere confluenti di varia
morfologia, interposte a aree di mucosa edematosa con tipico aspetto "ad
acciottolato" (cobblestoné ) e stenosi, talvolta non valicabili con l'endoscopio. L'esofagogastro-duodenoscopia è raccomandata in presenza di
sintomi riferibili al tratto gastroenterico superiore (nausea, vomito,
epigastralgie) al fine di valutare eventuale presenza di lesioni esofagee,
gastriche e/o duodenali, associate a tipiche localizzazioni ileali e/o coliche,
neh'1-3% dei pazienti.
Le indagini radiologiche sono cruciali per supportare o
confermare il sospetto diagnostico di malattia di Crohn, per definirne la sede,
l'estensione, le complicanze addominali e l'attività della malattia. Tra queste,
l'entero-Tomografia Assiale Computerizzata (entero-TC), l'entero-Risonanza
Magnetica Nucleare (entero-RMN), e l'ecografia intestinale sono oggi le
indagini di riferimento e hanno sostituito esami radiologici tradizionali come
lo studio del tenue seriato con bario, il clisma dell'intestino tenue e il
clisma opaco con doppio contrasto. Ecografia intestinale, entero-TC ed
entero-RMN, permettono di rilevare l'ispessimento flogistico delle pareti
intestinali e, grazie alla distensione delle anse effettuata con mezzo di
contrasto orale o introdotto con sonda naso-gastrica (soluzioni elettrolitiche
non riassorbibili come il polietilenglicole o PEG), possono accuratamente
diagnosticare le complicanze come stenosi, fistole e ascessi. Le tre metodiche
mostrano comparabile accuratezza diagnostica, ma grazie alle loro
caratteristiche trovano impieghi differenti: ad esempio la TC e l'entero-TC sono
utilizzate prevalentemente nelle diagnosi delle complicanze e nei pazienti con
sintomatologia acuta; l'entero-RMN e l'ecografia sono indicate come indagini
preliminari per la diagnosi della malattia e per il follow-up delle lesioni,
grazie alla loro non invasività e all'assenza di radiazioni ionizzanti. L'esame radiologico diretto dell'addome è ancora utile nel sospetto di
occlusione (ad esempio, livelli idro-aerei e distensione delle anse ileali) o di
perforazione intestinale.
Non essendo nota l'eziologia della malattia di Crohn, non esistono terapie
curative. Gli obiettivi della terapia medica sono:
induzione della remissione;
mantenimento della remissione;
prevenzione della recidiva post-chirurgica.
In generale, la malattia in fase di attività lieve o lieve-moderata può essere
curata ambulatorialmente, mentre la malattia in fase attiva severa richiede
spesso il ricovero.
Nell'induzione della remissione i corticosteroidi rappresentano i farmaci
convenzionali più efficaci. Il metilprednisolone (iv o im) o il prednisone (per os) (1 mg/kg) inducono la remissione nel 65-85% dei pazienti. La
sospensione
dell'alimentazione per os (nutrizione parenterale o enterale) o la terapia
antibiotica (ciprofloxacina e metronidazolo) possono aumentarne l'efficacia. Il
30-40% dei pazienti responsivi diviene steroi-do-dipendente o mostra più
raramente refrattarietà alla terapia. Questo richiede l'impiego di terapie
biologiche, tra cui le principali sono gli anticorpi monoclonali anti-TNF-α. (infliximab
o adalimumab). Questi farmaci, somministrati per infusione endovenosa (infliximab)
0 sottocute (adalimumab), possono indurre la remissione clinica e in alcuni casi
anche endoscopia nei pazienti refrattari a terapie convenzionali e la
chiusura, almeno temporanea, di fistole perianali refrattarie nel 70 e 50% dei
pazienti, rispettivamente. Essendo questi farmaci potenti immunosoppressivi,
non sono scevri da possibili effetti collaterali. Fra questi, i più importanti
sono la leucopenia, le infezioni virali e la slatentizzazione dell'infezione
tubercolare che deve essere esclusa prima del trattamento). Nella malattia meno attiva può
essere indicato l'uso di uno steroide a ridotta biodisponibilità sistemica, come
la budesonide (9 mg/die), che è associata a minore induzione di effetti
collaterali. L'uso di immunosoppressori, come l'azatioprina, e il suo
metabolita 6-mercaptopurina, e il metotrexato, è prevalentemente indicato nel
mantenimento della remissione, in particolare nei pazienti con malattia
cronicamente attiva o steroido-dipendente, nella terapia delle fistole perianali
e delle manifestazioni extraintestinali. Anche alcuni antibiotici sono efficaci
nel ridurre l'infiammazione intestinale e nel trattamento delle manifestazioni
extraintestinali e cliniche correlate all'overgrowth batterico. Il
metronidazolo e la ciprofloxacina sono efficaci in particolare nella malattia
ileo-colica e colica e nella malattia perianale.
Nel mantenimento della remissione, i salicilati (sulfapiridina e mesalazina),
gli immunosoppressivi e le terapie biologiche possono prolungare la durata
della remissione. Tuttavia, in relazione al maggior rischio di effetti
collaterali, questi ultimi vengono riservati ai pazienti con profilo cortico-dipendente. La prevenzione della recidiva post-chirurgica è trattata con
con mesalazina e azatioprina.
Le indicazioni chirurgiche nella malattia di Crohn comprendono le complicanze
acute e croniche e il fallimento della terapia medica. Tra le complicanze
croniche includiamo la stenosi intestinale cronica, la cancerizzazione,
l'intolleranza alla terapia medica, la fistolizzazione soprattutto quando
coinvolge altri organi quali vescica, ureteri e annessi. Tra le complicanze
acute vengono descritte l'occlusione intestinale, la perforazione o
l'ascessualizzazione, l'emorragia e la colite tossica. La persistenza di
malattia attiva nonostante il trattamento massimale, ovvero l'impossibilità di
sospendere il trattamento con steroidi, detta anche steroidodipendenza, è
considerata fallimento della terapia medica. In alcuni casi l'indicazione
chirurgica si presenta con carattere d'urgenza in presenza di peritonite da
perforazione, colite tossica, emorragia o shock settico. La risoluzione della
complicanza settica mediante drenaggio percutaneo di raccolte ascessuali appare
prioritario rispetto al trattamento resettivo che possibilmente viene rinviato a
un tempo successivo. L'occlusione intestinale è un evento relativamente
frequente nella malattia di Crohn. Trattandosi prevalentemente di occlusioni di
piccolo intestino, è opportuno cercare la risoluzione non chirurgica del quadro
ostruttivo posiziemando un sondino naso-gastrico e instaurando una terapia
antiedemigena sistemica che risulta efficace nella maggior parte dei casi. Ciò
consente di attuare uno studio adeguato del tratto digestivo e, se necessario,
di pianificare un intervento in elezione possibilmente con tecnica mininvasiva.
L'intervento chirurgico è necessario in circa il 70% dei pazienti con malattia
di Crohn. Poiché spesso sono necessari reiterati interventi (dal 30 al 70% dei
casi a seconda delle casistiche) a causa del recidivare della malattia, la
chirurgia deve essere finalizzata al risparmio dell'intestino. La resezione
intestinale rappresenta la soluzione chirurgica più utilizzata e rappresenta il
70-80% degli interventi eseguiti per ileo-colite di Crohn. Essa è inoltre la
prima scelta nei pazienti portatori di una complicanza fistolizzante e nella
colite di Crohn (colectomia totale con ileo-retto-anastomosi o la
proctocolectomia totale con ileostomia).
argomenti di gastroenterologia