Lo shock rappresenta una condizione clinica di insufficienza circolatoria con inadeguata perfusione e apporto di ossigeno ai tessuti periferici. Poiché nello shock è costante osservare ipotensione grave e prolungata è bene sottolineare che l'ipotensione costituisce solo un aspetto di questa grave sindrome. Nello shock si verifica un grave danno emodinamico e circolatorio che, non assicurando un'efficiente circolazione ematica sistemica, produce gravi danni a tessuti e organi vitali. Lo shock si caratterizza per la gravità del difetto di perfusione a carico degli organi e tessuti più sensibili all'ischemia, ma soprattutto per la specifica causa che porta al cedimento emodinamico e all'attivazione dei vari meccanismi di adattamento. Per questo si può distinguere uno shock cardiogeno in cui il danno primario è un'alterazione della pompa cardiaca e uno shock ipovolemico in cui si ha una riduzione della volemia per diversi meccanismi. In alternativa, è possibile classificarlo sulla base della reazione vasale presente, ossia shock con vasocostrizione e shock con vasodilatazione.
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a) Shock cardiogeno o congestizio (infarto, cardiomiopatie terminali,
miocarditi gravi, aritmie)
b) Shock ipovolemico, detto anche shock freddo (perdita interna o esterna di
fluidi)
c) Shock distributivo (shock anafilattico con ipovolemia e vasodilatazione;
shock tossico; shock neurogeno o da vasoparalisi o shock caldo)
d) Shock ostruttivo (embolia polmonare, tamponamento cardiaco, pneumotorace).
I sintomi dipendono dalla patogenesi, dalla durata e dal distretto
principalmente interessato. Lo shock più frequentemente riscontrato in patologia
umana è quello distributivo di tipo tossico o shock settico;
e)Shock settico che da solo
rappresenta il 62% di tutti i casi, seguito dallo shock ipovolemico, dallo
shock cardiogeno e dagli altri.
Il sito primario di cedimento dell'omeostasi circolatoria dei diversi tipi di
shock rappresenta il punto di inizio di una cascata che integra tutti gli altri
aspetti che portano a un evento centrale: la diminuzione della perfusione di
organi e tessuti. La figura 1 rappresenta questa integrazione ed evidenzia
questi diversi punti di partenza.
Nello shock cardiogeno è la funzione di pompa del cuore che diventa
insufficiente ad assicurare un'adeguata circolazione sistemica e quindi un'opportuna
perfusione. Caratteristicamente diminuisce la gittata cardiaca e, quindi, la
pressione arteriosa, nonostante una vasocostrizione compensatoria. Quest'ultima
aggrava il difetto di perfusione.
Nello shock ipovolemico la diminuzione del volume ematico può
avvenire per perdita all'esterno di sangue o fluidi ematici (emorragia, diarrea,
disidratazione), o per dislocazione all'interno (emorragie interne, traumi
vari, formazione di trasudati ed essudati imponenti). La diminuzione della
volemia è causa di ridotto ritorno venoso e diminuita gittata cardiaca,
ipotensione e ridotta perfusione dei tessuti.
Lo shock distributivo è caratterizzato da una vasodilatazione
generalizzata che aumenta in maniera abnorme la capacità totale del sistema
vascolare e rende inadeguati i normali meccanismi compensatori del sistema per
adattarsi all'effettivo volume ematico mediante la vasocostrizione. Questo si
verifica in condizioni in cui viene intaccata primariamente (shock vasoparalitico) o secondariamente (shock anafilattico e shock tossico) la
capacità vasocostrittrice e di adeguamento alla volemia. Lo shock distributivo
è aggravato da un eventuale aumento della permeabilità (anafilassi, ustioni
estese, ecc.) che porta a ipovolemia aggiungendo gli effetti dello shock
ipovolemico.
Lo shock ostruttivo infine, è legato a un blocco del sistema
circolatorio come nel tamponamento cardiaco o nell'edema polmonare o in
ostruzioni di varia natura dei grandi vasi.
Con il persistere del rallentamento del circolo e dell'ipotensione, si aggrava
il difetto di perfusione e si innesca un circolo vizioso che provoca il danno ischemico-anossico nei tessuti più sensibili. In particolare: nel cuore
(scompenso cardiaco e glicolisi anaerobia), nel rene (insufficienza renale), nel
muscolo (glicolisi anaerobia) che portano ad acidosi metabolica e aggravano la
diminuzione della gittata cardiaca.
Anche le cellule endoteliali sono colpite dall'anossia con danni fino alla
necrosi; in questa maniera si spostano proteine e liquidi dal plasma
all'interstizio, aggravando l'ipovolemia, mentre la parete vasale diventa
incapace di rispondere a stimoli vasocostrittori. Attraverso queste vie
qualunque tipo di shock può portare a morte l'individuo, se le condizioni di
ipotensione e di ipoperfusione persistono sufficientemente a lungo da provocare
danni irreversibili, soprattutto e più precocemente, alle cellule endoteliali
(shock tossico).
Le alterazioni ultrastrutturali e studi biochimici indicano che il mancato
rifornimento di ossigeno ai mitocondri produce una caduta dell'ATP e la paralisi
delle pompe ioniche e l'instaurarsi del rigonfiamento prima mitocondriale e poi cellulare e, infine, necrosi legata soprattutto alle alterazioni
dell'omeostasi del calcio citosolico. I danni necrotici e poi apoptotici si
possono ulteriormente estendere durante la fase di riperfusione, sempre a causa
dell'aumento della concentrazione citosolica di calcio.
Viene di solito innescato da un'insufficienza acuta della pompa cardiaca come si
verifica nell'infarto del miocardio, nelle miocarditi acute e fulminanti, nelle
cardiomiopatie dilatative in fase di scompenso e nel tamponamento cardiaco
da
versamento pericardico (ematico, essudato o trasudato). Nell'infarto e nelle
miocarditi la gittata cardiaca si deteriora progressivamente e rapidamente con
l'aumentare dell'inefficienza contrattile del miocardio, mentre nel tamponamento
cardiaco, in mixomi atriali e nell'embolismo a partenza polmonare si ha una vera
ostruzione al riempimento atriale (alterazione meccanica) e conseguente ridotta
gittata cardiaca. Nello shock cardiogeno è caratteristica la congestione venosa
dei principali organi (polmoni, fegato, intestino, reni, ecc.). L'ematocrito è
di solito normale.
è più spesso uno shock emorragico, ossia legato a grave emorragia con perdita
netta di 15 ml di sangue per Kg di peso corporeo per una media di circa 1,5
litri, ossia un terzo del volume ematico totale. In queste condizioni si riduce
drasticamente il ritorno venoso, diminuisce l'allungamento di partenza delle
fibre miocardiche per diminuito riempimento dell'atrio e del ventricolo, con
diminuzione del volume ventricolare di fine diastole; quest'ultimo è il
principale motivo della caduta pressoria. Si attua una caratteristica e
immediata reazione
vasocostrittrice di compenso, prevalentemente a carico del circolo superficiale,
per cui il paziente appare tipicamente freddo e sudato. I tessuti periferici
vanno incontro a ridotta perfusione con relativa ischemia. La gravità di
quest'ultima, la sua durata e la sensibilità dell'organo interessato determinano
il danno a vari parenchimi che progressivamente vanno verso il danno
irreversibile fino alla morte cellulare. L'ematocrito che nelle prime fasi
appare del tutto normale, può successivamente diminuire per il richiamo nel
compartimento vasale di liquidi dai tessuti, come tentativo di compenso
all'ipovolemia. Per questo la cute e le mucose possono apparire secche e
disidratate. Lo shock emorragico si verifica in seguito a gravi ferite (rottura
di un'arteria), traumi, schiacciamento, interventi chirurgici.
è più frequentemente dovuto a sepsi generalizzate (shock settico), più raramente a motivi non infettivi (shock anafilattico e shock vasoparalitico).
E' costantemente presente una rapida e abbondante liberazione di mediatori
vasodilatatori e permeabilizzanti in seguito a una reazione tra un allergene e
le IgE legate alla membrana di basofili e mastcellule. Si determina anzitutto
una vasodilatazione sistemica che abbassa le resistenze periferiche.
Contemporaneamente la permeabilizzazione delle giunzioni strette fra le cellule
endoteliali permette il passaggio di proteine plasmatiche nell'interstizio
(diminuzione della pressione oncotica plasmatica) alle quali si accompagna
l'acqua per motivi osmotici; questo determina un'ipovolemia proporzionale alla
quantità di plasma passato nell'interstizio e un aumento della viscosità del
sangue (inspissatio sanguinis) con tipico aumento del valore ematocrito. Una
simile liberazione di mediatori si può avere come reazione alla
somministrazione di siero eterologo (forme gravi di malattia da siero) se le
proteine etcrologhe (siero) permangono nel sangue fino alla comparsa di IgE; la
formazione di immunocomplessi e il loro legame a basofili e mastcellule provoca
un quadro simile allo shock anafilattico. Lo shock che si verifica nelle
ustioni gravi appare simile in molti aspetti patogenetici a quello anafilattico.
Nelle zone ustionate, per l'attivazione della risposta infiammatoria, si
verifica il passaggio nell'interstizio e poi la perdita di notevoli quantità di
proteine plasmatiche per l'abbondante essudato sieroso e questo determina un
quadro sistemico simile a quello descritto per lo shock anafilattico.
Si verifica primitivamente una vasodilatazione sistemica e vasoparalisi
associate a forti emozioni, traumi e incidenti. E dovuto a una prevalenza
dell'attività del sistema parasimpatico accompagnato da alterazioni secondarie
della funzione di pompa e riduzione
della frequenza cardiaca (bradicardia). Anche il circolo superficiale appare
bloccato, poiché non si attua la compensazione di vasocostrizione che privilegia
l'afflusso di sangue agli organi interni a scapito del circolo superficiale.
Questo rende ragione del fatto che il paziente risulta caldo al tatto, al
contrario di quanto visto nello shock ipovolemico. L'ematocrito risulta normale.
Va differenziato dalla vasoparalisi dovuta a un danno alla parete vasale che si
verifica nello shock tossico.
è lo shock più frequente in patologia umana ed è legato di solito a gravi
infezioni sistemiche. La risposta infiammatoria sistemica non controllata può
produrre danni lontano dal sito primario in organi suscettibili, dando luogo
ad insufficienze funzionali di varia gravità, fino alla irreversibilità del
danno. Questo quadro costituisce la malattia multiorgano. I tessuti
istologicamente più colpiti sono i linfonodi e la mucosa gastrointestinale,
mentre gli organi più suscettibili dal punto di vista clinico (insufficienza
funzionale) sono il fegato, il cervello, il cuore, i reni e i polmoni. La
malattia multiorgano si manifesta anche nel primitivo e principale
coinvolgimento di numerosi microcircoli nel corso di manifestazioni sistemiche
della risposta infiammatoria legata alla formazione di immunocomplessi e
all'attivazione diretta di cellule infiammatorie circolanti. Le
glomerulonefriti da immunocomplessi e le microvasculiti polmonari, cerebrali e periferiche rappresentano
esempi di coinvolgimento a distanza di organi non primitivamente impegnati nella
reazione difensiva.
Un quadro più grave, evoluzione della malattia multiorgano, è la sindrome
settica che comprende lo shock settico o endotossico. Questa è dovuta
all'abnorme attivazione e amplificazione di una risposta infiammatoria
sistemica con produzione di una grande quantità di citochine stimolate dai
prodotti batterici. Questa tempesta citochìnica, è responsabile della produzione
di grandi quantità di mediatori flogistici che contribuiscono al danno
funzionale e anatomico di vari organi che frequentemente esita nella morte.
Lo shock settico rappresenta l'evoluzione più grave del mancato controllo della
risposta infiammatoria, della tempesta citochinica e della
malattia multiorgano con l'aggiunta di una grave complicazione: la successiva
attivazione di meccanismi antinfiammatori locali che portano all'indebolimento
di importanti sistemi di difesa e all'anergia immunitaria. In
questo quadro è determinante l'incapacità dei linfociti di fornire un'adeguata
risposta difensiva contro l'invasore responsabile dello stato infiammatorio e
la conseguente progressione del danno fino alla morte per shock irreversibile.
Lo shock settico presenta tipicamente le seguenti caratteristiche:
a) vasodilatazione periferica con evidenti danni vasali;
b) mancata risposta alla terapia con vasocostrittori (noradrenalina, angiotensina II, endoteline, vasopressina);
c) danni secondari alla pompa cardiaca;
d) attivazione di meccanismi antinfiammatori che non risolvono la lotta contro
l'agente scatenante;
e) il persistere di questo circolo vizioso dannoso porta al danno emodinamico
grave e di difficile reversibilità tipico dello shock tossico.
Il danno vasale appare più grave rispetto alle altre condizioni di shock con
vasodilatazione (es. shock anafilattico, shock da ustioni), perché la
muscolatura liscia vasale risponde poco o non risponde affatto ad alcun stimolo
vasocostrittore endogeno o esogeno. Le possibili cause della paralisi vasale
sembrano principalmente legate agli effetti delle citochine sulle cellule della
parete vasale, di crescente gravità:
a) possibile necrosi o apoptosi delle cellule endoteliali e delle cellule
muscolari lisce a causa dell'anossia prolungata e dell'attivazione dell'apoptosi
da parte del TNFa e dell'IL1; i livelli di TNFa si correlano bene con la
gravità dello shock settico, come per esempio nella meningococciemia e in molte
infezioni da Gramnegativi;
b) diminuita estrazione dell'ossigeno dal sangue legata prevalentemente al
rallentamento del circolo o al suo blocco per formazione di microtrombi;
c) prevalenza dell'attività di vasodilatazione per aumento delle prostaglandine vasodilatatorie, aumento della produzione di NO per aumento dell'espressione
della iNOS indotta dalle endotossine batteriche e diminuzione della secrezione
di vasopressina. In quest'ultimo meccanismo i vari segnali convergono
nell'aumento del cGMP e nell'iperpolarizzazione della cellula muscolare liscia
con apertura di un canale del K+ sensibile all'ATP che mantiene la muscolatura
vasale del tutto rilassata.
In conclusione, la gravità dello shock tossico, che nelle fasi iniziali appare
controllabile dalla diminuzione delle citochine circolanti (anticorpi
monoclonali e recettori troncati circolanti scavengers di citochine),
successivamente appare precipitare verso l'irreversibilità con l'attivazione di
meccanismi antinfìnfiammatori che, deprimendo principalmente l'attività dei
linfociti, impediscono la difesa adattativa contro il danno e quindi la
riparazione dei danni vasali. Il progressivo aggravamento del danno emodinamico
porta ad uno shock di difficile reversibilità.
In questo tipo di shock si verifica un blocco del sistema circolatorio per
ostacolo al flusso del sangue. Condizioni di questo genere si riscontrano nel
tamponamento cardiaco nell'embolia polmonare, in alcuni tipi di pneumotorace e
in ostruzioni di varia natura dei grandi vasi.
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