La plasmacellula è la cellula dello stadio terminale della risposta immunitaria umorale. Una plasmacellula, chiamata anche plasmocita, è una cellula del sistema immunitario che secerne grandi quantità di anticorpi. Si tratta del linfocita B effettore, che deriva dalla cellula B attivata che non assume funzioni di memoria. In virtù di questo differenziamento, modifica radicalmente il proprio assetto citologico per adeguarsi alla funzione di fabbrica di anticorpi.
L'attivazione del linfocita B vergine richiede primariamente il legame dell'immunoglobulina di membrana all'epitopo antigenico per cui è specifica, ma questo avvenimento non è sufficiente. Le cellule APC (Antigen Presenting Cells) agiscono come cellule che presentano l'antigene. L'agente patogeno viene catturato da queste cellule per fagocitosi e distrutto dai fagosomi grazie all'azione dei lisosomi che rilasciano su di esso enzimi proteolitici. Una volta distrutto l'agente patogeno, i peptidi in cui è stato ridotto (peptidi antigenici) sono caricati sulle molecole MHC II e poste sulla superficie extracellulare.
A questo punto i linfociti CD4+ T-helper si legano alla molecola MCH II/antigene e provocano poi l'attivazione delle cellule B, che include la differenziazione in plasmacellule e la successiva creazione di anticorpi. Va infine sottolineata l'importanza dei fattori del sistema del complemento, come C3b, per l'attivazione dei linfociti B e dunque la produzione di anticorpi. Dopo essersi divise per circa cinque giorni, i linfociti B attivati si differenziano in cellule B effettici e cellule B della memoria.
Le cellule B immunocompetenti, in seguito a esposizione all'antigene e a stimolazione da parte delle citochine rilasciate dai linfociti T helper, vanno incontro a proliferazione e differenziazione in plasmacellule produttrici ci anticorpi. Le cellule B reattive all'antigene effettuano il riarrangiamento dei geni che codificano per le regioni variabili della catena pesante delle immunoglobuline (V, D, J) ed esprimono Igea e/o IgD di superficie. Dopo stimolazione da parte dell'antigene, le cellule B possono non procedere a ulteriori riarrangiamenti genici e svilupparsi quindi in plasmacellule che secernono IgM. Alternativamente, possono riarrangiare selettivamente i geni delle catene pesanti delle immunoglobuline per passare a secernere IgG, IgA o IgE.
Durante questo processo, alcune cellule possono subire una trasformazione maligna, con conseguente sviluppo di uno dei diversi tipi di tumori delle plasmacellule. Il tumore di plasmacellule più comune e più aggressivo è il mieloma multiplo. Altre malattie che rientrano in questa categoria comprendono i precursori del mieloma maligno (mieloma "smoldering", gammopatia monoclonale di incerto significato [Monoclonal Gammopathy of Undetermined Significance, MGUS]), il mieloma solitario dell'osso e la macroglobulinemia di Waldenstròm. Una caratteristica comune di questi tumori è la secrezione di molecole immunoglobuliniche complete o parziali.
Il mieloma multiplo (Multiple Myeloma, MM) è un tumore clonale delle plasmacellule caratterizzato da lenta proliferazione delle cellule maligne che formano masse nel midollo osseo e in genere determinano la distruzione dell'osso. La maggior parte dei mielomi multipli secerne grandi quantità di proteine monoclonali che ricordano immunoglobuline intatte. L'incidenza di mieloma è raddoppiata negli ultimi 20 anni, forse come conseguenza della maggiore sensibilità dei test usati per la diagnosi. Negli Stati Uniti, il tasso di incidenza annuo è di 5,6 per 100.000. Il mieloma multiplo si osserva in tutte le etnie ma l'incidenza nei neri è circa il doppio di quella nei bianchi. Raramente si presenta prima dei 40 anni e ha un picco di incidenza attorno ai 70 anni. è lievemente più diffuso negli uomini che nelle donne. Le cellule neoplastiche del mieloma multiple risiedono nel midollo osseo e generalmente non si ritrovano nel sangue periferico. Occasionalmente la malattia può diffondersi ad altri tessuti, specialmente nei casi più avanzati.
Molti mielomi sono aneuploidi e presentano un numero di
cromosomi che varia da 44 fino a un assetto quasi tetraploide. Le traslocazioni
cromosomiche (punti di rottura) sono responsabili dello sviluppo del mieloma
nella maggior parte dei soggetti. La principale traslocazione interessa la
catena pesante delle immunoglobuline sul cromosoma 14, che si rilocalizza in
siti contenenti geni coinvolti nel ciclo cellulare (cicline) sui cromosomi 11(ql3),
12(pl3) e 6(p21), oncogeni sui cromosomi 16(q23), 8(q24) e 20 e il gene per il
recettore del fattore di crescita dei fibroblasti sul cromosoma 4(pl6). Il
progressivo sviluppo di ulteriori alterazioni genetiche secondarie causa la
transizione verso una forma di mieloma multiplo aggressivo.
Proliferazione delle cellule di mieloma e progressione della malattia. Lo
sviluppo del mieloma maligno è causato da molteplici cambiamenti genetici e
inizia con una traslocazione che coinvolge i geni delle catene pesanti
delle immunoglobuline sul cromosoma 14 o una delezione nel cromosoma 13.
Il fenotipo intermedio è spesso geneticamente instabile e ciò conduce a
ulteriori mutazioni che danno origine al mieloma.
IL-6, interleuchina-6;
KRAS, omologo dell'oncogene virale del sarcoma di ratto V-Ki-ras Z Kirsten; MGUS,
gammopatia monoclonale di incerto significato; MIP-1a, proteina infiammatoria
dei macrofagi 1a; NRAS, omologo dell'oncogene virale RAS (v-ras) del
neuroblastoma; OPG, osteoprotegerina; RANKL, attivatore del recettore del
fattore nucleare KB (ligando); VGEF, fattore di crescita dell'endotelio
vascolare. La patogenesi molecolare del mieloma multiplo include anche mutazioni in
protooncogeni e, più raramente, l'inattivazione di geni oncosoppressori. La
tempistica e la causa esatta delle alterazioni genetiche e del loro accumulo non
sono note, ma è probabile che inizialmente si verifichino nella fase tardiva
dello sviluppo delle cellule B dopo esposizione all'antigene. I ricercatori
stanno analizzando le varie alterazioni epigenetiche che si verificano nel
mieloma multiplo, come per esempio i cambiamenti nei microRNA e le alterazioni
cromatiniche generali.
Le plasmacellule maligne hanno origine da un clone di cellule B che produce
quantità eccessivamente elevate di una classe di immunoglobuline (in genere IgG,
occasionalmente IgA e raramente IgD o IgE). La trasformazione maligna può
iniziare precocemente nello sviluppo delle cellule B, forse prima del contatto
con l'antigene negli organi linfatici secondari. Le
cellule di mieloma tornano al midollo osseo o ad altri siti nei tessuti molli.
Il loro ritorno è favorito da molecole di adesione che le aiutano a dirigersi
verso siti che promuovono l'espansione continua e la maturazione.
Le cellule di mieloma, nel midollo osseo, secernono direttamente il fattore di
crescita degli epatociti e il peptide correlato al paratormone e aderiscono alle
cellule stromali, inducendole a produrre molteplici citochine (per es., IL-6,
IL-1, TNF-a, TNF-B, IL-11, proteina infiammatoria dei macrofagi). Queste
proteine, in particolare l'IL-6, agiscono come fattori che attivano gli
osteoclasti stimolandoli a riassorbire l'osso. Questo processo dà luogo a
lesioni ossee e ipercalcemia dovuta al rilascio di calcio in seguito alla
demolizione dell'osso.
L'anticorpo prodotto dalle plasmacellule trasformate in genere è alterato e
contiene interruzioni, delezioni e altre anomalie; è frequentemente indicato
come paraproteina (proteina anomala del sangue). A causa dell'ampio numero di
plasmacellule maligne, l'anticorpo anomalo, chiamato proteina M, diventa la
proteina più abbondante nel sangue nell'80% dei pazienti con mieloma. La soppressione delle plasmacellule normali da parte del mieloma dà
origine a una riduzione o alla completa assenza di anticorpi normali. L'eccesiva
quantità di proteina M può anche contribuire a molte manifestazioni cliniche
della malattia. Il mieloma può produrre catene leggere delle immunoglobuline in
forma libera (proteina di Bence Jones) rilevabili nel sangue e nelle urine in
circa l'80% dei pazienti; ciò contribuisce al danno delle cellule tubulari
renali.
segue >> La clinica, diagnosi, staging e cura del plasmocitoma