vedi anche Arni, effetti biologici
I peptidi natriuretici (PN) esercitano una serie articolata di effetti biologici che, nel loro insieme, risultano potenzialmente utili nello scompenso cardiaco cronico a funzione sistolica ridotta.
L'idea di inibire farmacologicamente la neprilisina (NEP) al fine di sfruttare gli effetti favorevoli legati al potenziamento dei sistemi di regolazione modulati da questo enzima, primo tra tutti quello dei PN, è andata sviluppandosi nel tempo attraverso differenti approcci farmacologici, rappresentati dall'inibizione isolata della NEP, dalla somministrazione congiunta di un inibitore della NEP e di un inibitore dell'ACE e di un inibitore aspecifico delle vasopeptidasi.
Nessuno di questi interventi farmacologici ha portato a risultati clinici favorevoli per il fatto che, a seguito dell'inibizione della NEP, l'effetto clinicamente preponderante era il potenziamento del RAAS, risultato di entità tale da annullare o, talora, superare i vantaggi legati all'attivazione dei PN e delle chinine.
L'azione di sacubitril/valsartan si caratterizza per l'attivazione
del sistema dei PN, il blocco del recettore A T l in presenza di alte
concentrazioni di Ang-II potenzialmente utili a seguito dell'interazione con i l
recettore AT2 e l'incremento di attività del sistema delle chinine senza il
raggiungimento di concentrazioni di bradichinina tali da determinare reazioni
avverse clinicamente significative.
Questi tre elementi farmacologici distintivi, mai evidenziati contemporaneamente
in passato, possono giustificare un'efficacia clinica sinora non ottenibile,
garantendo, nel contempo, una buona tollerabilità, compatibile con un impiego
clinico allargato del farmaco.
Dopo i numerosi insuccessi del passato, nel corso dell'attuale decennio con lo sviluppo degli ARNI, inibitori della neprilisina/bloccanti recettoriali dell'Ang-II, di cui sacubitril/valsartan rappresenta il capostipite, è stata messa a punto una nuova e originale strategia per sfruttare clinicamente i vantaggi del potenziamento del sistema dei PN e delle chinine ottenibile con l'inibizione della NEP.
L'innovatività di questa proposta deriva dall'aver preso atto di due aspetti farmacologici fondamentali:
-
gli insuccessi delle precedenti strategie erano legati
al fatto che a seguito dell'inibizione della
NEP l'effetto clinicamente preponderante è i l potenziamento
del RAAS, risultato di entità tale da
annullare o, talora, da soverchiare i vantaggi legati
all'attivazione dei PN e delle chinine;
-
inibire il R A A S associando un ACE-i o utilizzando
un inibitole delle endopeptidasi non è sufficiente
per compensare gli effetti di potenziamento
del sistema stesso indotti dall'inibizione
della NEP.
Le conseguenze di questa presa d'atto erano da una
parte la conferma della necessità assoluta di abbinare
una demodulazione del RAAS all'inibizione della
NEP, dall'altra il fatto che tale demodulazione doveva
essere più marcata rispetto a quella ottenibile con
l'inibizione dell'ACE.
Quest'ultima considerazione ha indotto a esaminare
i possibili vantaggi di associare all'inibizione della
NEP, anziché l'inibizione dell'ACE, il blocco dei recettori
A T I dell'Ang-II, utilizzando un antagonista
recettoriale (ARB). Infatti, ACE-i e ARB, pur essendosi
dimostrati clinicamente equi-attivi nel trattamento
dello scompenso cardiaco cronico a funzione
sistolica ridotta , differiscono in maniera netta
dal punto di vista del meccanismo d'azione.
Le differenze fondamentali consistono nel fatto che, rispetto agli ACE-i, gli
ARB esercitano sul RAAS un blocco:
- specifico, cioè limitato al RAAS, mentre gli ACE-i interagiscono anche con i l
sistema delle chinine;
- completo in quanto si oppone agli effetti dell' Ang II indipendentemente dalla
via metabolica della sua formazione, mentre gli ACE-i influenzano solo la
formazione ACE-mediata dell'Ang-II e non quella dipendente dalle altre vie
enzimatiche in grado di produrre Ang-II;
- selettivo in quanto viene bloccato esclusivamente il recettore A T l , mentre
i l recettore AT2 rimane libero di interagire con l'Ang-II, con ulteriori
effetti positivi per i l paziente scompensato; da questo punto di vista è utile
ricordare che valsartan è l'ARB dotato della più elevata selettività.
L'azione congiunta di un inibitore puro della NEP e di un ARB viene pertanto a
configurare una situazione farmacologica del tutto innovativa. Infatti,
analizzando nello specifico le ripercussioni sui sistemi di regolazione sinora
considerati (PN, RAAS e chinine), sacubitril, con il suo metabolita attivo
LBQ657, in quanto inibitore puro della NEP, garantisce un incremento di attività
del sistema dei FN clinicamente favorevole e un potenziamento del sistema delle
chinine anch'esso favorevole.
Quest'ultimo risulta quantitativamente simile a quello ottenibile con un ACE-i, cioè senza che vengano raggiunti livelli di bradichinina potenzialmente pericolosi (come quelli determinati dagli inibitori delle endopeptidasi), in quanto permane immodificata l'attività demodulante dell'ACE sulla bradichinina stessa.
Infine, per quanto riguarda il RAAS, cioè il sistema di regolazione più critico in presenza di inibizione della NEP, i livelli di Ang-II risultano nettamente incrementati, sia per l'inibizione della NEP esercitata da sacubitril, sia per i l blocco dei recettori A T l , ma, in presenza di concentrazioni adeguate di valsartan, tale incremento non riveste più elementi di criticità anzi, al contrario, può assumere connotazioni positive, in quanto il blocco selettivo esercitato da valsartan previene gli e1ffetti negativi legati alla stimolazione AT1 e rende possibile l'interazione dell'Ang-II, presente ad alte concentrazioni, con i recettori AT2, con ulteriori effetti positivi per il paziente scompensato.
Attivazione del sistema dei PN, blocco del recettore A T l in presenza di alte
concentrazioni di Ang-II potenzialmente utili a seguito dell'interazione con il
recettore AT2, incremento di attività del sistema delle chinine senza il
raggiungimento di concentrazioni di bradichinina tali da determinare reazioni
avverse clinicamente significative sono i tre elementi farmacologici distintivi
dell'azione di sacubitril/valsartan, mai realizzati contemporaneamente in
passato, che possono giustificare un'efficacia clinica sinora non ottenibile nel
paziente scompensato, garantendo, nel contempo, una buona tollerabilità,
compatibile con un impiego clinico allargato del farmaco.
Questi favorevoli presupposti sono stati pienamente confermati dallo studio
clinico PARADIGM HF, nell'ambito del quale sacubitril/valsartan, in pazienti
scompensati con trattamento farmacologico già ottimizzato, ha determinato,
rispetto a enalapril, una significativa riduzione del rischio di mortalità
cardiovascolare (-20%), di ospedalizzazioni specifiche per scompenso (-20%) e di
mortalità generale (-16%).
Gli ARNI, di cui sacubitril/valsartan è il capostipite, rappresentano quindi un
avanzamento significativo, in termini di riduzione di morbilità e mortalità, per
il trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica ridotta,
per i quali rappresentano una nuova fonte di speranza.