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La calcolosi renale

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La colica renale

A tutti voi sarà capitato di avere un dolore al fianco che si irradia da dietro in avanti e va verso il basso, fino al testicolo o alla vagina. Talora tale sintomatologia si associa alla presenza di un sedimento nelle urine, con l'emissione di detriti che sembrano la polvere di un mattone rosso macinato.

Stiamo parlando dell'emissione con le urine della sabbia uratica, la causa più frequente di calcolosi.

 

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Cause litiasi urinaria

Essa riconosce le cause più disparate che possono essere sudidivise in:

Cause disendocrine

LITIASI URATICA
LITIASI OSSALICA
LITIASI CALCICA
LITIASI XANTINICA

Cause dismetaboliche

LITIASI CISTINICA
LITIASI URATICA
LITIASI CALCICA

Infezione e stasi

LITIASI FOSFO-

 AMMONIO-MAGNESIACA


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La calcolosi pieloureterale riconosce molteplici cause, suddivise in:
a) Cause endocrine, fra le quali l'iperparatiroidismo è la principale;
b) Cause dismetaboliche, cioè alterazioni del metabolismo che determinano la produzione di sostanze quali sali dell'acido urico, o un eccessivo assorbimento di ossalato
c) Cause infettive e da stasi che determinano la precipitazione di soluti
 In particolare le forme dismetaboliche presentano un fattore litogeno che può risiedere sia a livello extrarenale o meglio prerenale (dispurinia, ipercalcemia, iperassorbimento intestinale di ossalati ecc.), sia a livello renale ossia dei processi di filtrazione glomerulare o di trasporto tubulare che rappresentano la tappa metabolica terminale di molte sostanze.

Infine sono indicate come metarenali quelle calcolosi la cui genesi va ricercata in fattori, quali stasi e infezione, che agiscono a livello della via escretrice e quindi post-renali.


La frequenza relativa delle forme di litiasi in rapporto alla loro composizione chimica è la seguente:
• L. calciche nel 65% dei casi: da ossalato di Ca, fosfato di Ca, carbonato di Ca miste
• L. uratica nel 23% (cfr gotta)
• L. fosfo-ammonio-magnesiaca 2.5%
• L. cistinica 0.3%
• L. miste, cioè calciche, uratica, fosfo-ammonio-magnesiaca cistinica

Età sesso e razza

Il picco di incidenza si registra tra la terza e la quinta decade di vita con un rapporto di circa tre ad uno in favore dei maschi: gli elevati livelli di testosterone, infatti, favorirebbero nell'uomo un aumento della sintesi epatica di ossalato endogeno, mentre i bassi livelli presenti nelle donne e nei bambini fornirebbero loro una relativa protezione dal rischio di calcolosi. Per quanto riguarda le razze, è noto che la negra è quasi immune dalla malattia.

 

Fattori climatici e stagionali

Tutti i rilevamenti concordano nell'indicare una maggiore incidenza di calcolosi durante i mesi estivi. L'aumento di temperatura che si registra nei mesi estivi infatti, provocando un incremento della traspirazione e della sudorazione, determina una iperconcentrazione urinaria.

Fattori genetici

Forme generalmente legate a fattori genetici sono la calcolosi cistinica e xantinica.

Per gli altri tipi di litiasi, l'esistenza di fattori ereditari è certa per le forme uratiche, che compaiono frequentemente in più membri dello stesso nucleo familiare associate spesso alle altre manifestazioni della diatesi urica (gotta, nefropatia uratica).

Nel complesso, in soggetti affetti da nefrolitiasi, accurate analisi genealogiche, che vengano confrontate con analoghi campioni per sesso ed età di soggetti sani, hanno evidenziato una maggiore incidenza di patologia nell'ambito delle famiglie affette.

Etiopatogenesi

La formazione dei calcoli urinari costituisce un fenomeno molto complesso, mal riconducibile ad un rigido schematismo capace di favorirne la rapida comprensione. I meccanismi patogenetici differiscono a seconda che si tratti di litiasi calcica, urica, cistinica, xantinica o fosfo-ammonio-magnesiaca anche se, in tutti i casi, esiste un comune denominatore identificabile nella sovrasaturazione urinaria del componente che determinerà, di volta in volta, il tipo di litiasi riscontrato.

Formazione dei calcoli

Come è noto, l'urina mantiene in soluzione forti quantità di sali senza che avvenga comunemente la precipitazione cristallina dei medesimi. Ad esempio l'urina normale contiene ossalato di calcio in concentrazioni che superano spesso i 5-6 mg% che rappresentano il limite massimo di solubilità di questa sostanza a 37°.

Se in una soluzione in cui il solvente sia rappresentato dall'acqua vengono aggiunti cationi calcio ed anioni ossalici ad una certa concentrazione e ad un determinato pH e temperatura, questi invariabilmente danno origine a precipitati cristallini; se i medesimi ioni ad uguale concentrazione, pH e temperatura vengono immessi nell'urina non danno luogo a precipitati e rimangono dissociati in soluzione.

La ragione di tale fenomeno va ricercata nel fatto che l'urina è una soluzione poliionica complessa e la solubilità di alcuni suoi componenti è funzione, oltre che del pH, della temperatura e della concentrazione, anche dell'interazione ionica che esercitano i soluti; è sufficiente ad esempio una modesta quantità di citrati che formano complessi solubili con il calcio ad evitare che tale ione formi composti cristallini con l'ossalato.

In aggiunta a questi fattori fisici, l'urina possiede inoltre dei modulatori biologici che interferiscono nella solubilità urinaria e che vanno identificati sia nella capacità di concentrazione e diluizione che il rene possiede, sia nella presenza nelle urine di particolari sostanze in grado di evitare o quanto meno ridurre i processi di cristallizzazione. Ovviamente tutti i meccanismi protettivi possono alterarsi e possiedono comunque limiti precisi, superati i quali i fenomeni di solubilizzazione o di cristallizzazione dipendono solo dalle leggi fisicochimiche delle soluzioni.

 Ciò ha portato alla formulazione di diverse teorie litogenetiche che riassumiamo come segue: la prima fa risiedere il momento litogeno, nella sovrasaturazione, la seconda lo identifica nella produzione di una matrice proteica e la terza infine nel deficit di inibitori della cristallizzazione. Per ciò che riguarda la prima teoria sappiamo che determinate situazioni morbose possono provocare un eccessivo incremento dei soluti che il rene deve eliminare (ipercalciuria, iperossaluria, iperuricuria). Altre volte l'eccessiva disidratazione può contrarre fortemente la quota idrica, determinando di conseguenza, un'iperconcentrazione urinaria di sali litogeni. Il risultato di entrambi questi meccanismi è che l'urina diviene una soluzione satura o sovrasatura, il che innesta il processo di cristallizzazione.

 

Dieta per i calcoli

Un'alimentazione incongrua può sicuramente intervenire nella genesi della calcolosi renale. In particolare, un eccessivo apporto di sostanze contenenti calcio e/o ossalati, ma soprattutto un regime iperpurinico possono determinare situazioni di sovrasaturazione urinaria in sali litogeni e favorirne quindi la precipitazione.

Inoltre la calcolosi urinaria colpisce preferenzialmente individui che conducono una vita sedentaria; la sua incidenza è più elevata nelle aree urbane, specialmente in quelle industrializzate. Ciò è da correlare ad un più elevato tenore di vita cui corrisponde in genere un'alimentazione iperproteica: la calcolosi urinaria compare infatti con frequenza doppia in individui nella cui dieta siano contenuti oltre 50 grammi giornalieri di proteine nobili rispetto ai soggetti nei quali la media rimanga al di sotto di tale limite, mentre si riduce sino quasi a scomparire (specie la forma uratica) nei periodi bellici in cui si verifica una notevole restrizione alimentare.

Un eccesso di acido ossalico nella dieta si è dimostrato particolarmente dannoso, in quanto favorisce la sintesi di calcoli renali di ossalato di calcio; esso è ubiquitario (si trova un po' dappertutto), ma come ricordato alcuni alimenti ne sono particolarmente ricchi: cioccolata, nocciole, coca cola e bevande gassate in genere, succhi di frutta, the, cavoli, piselli, asparagi, spinaci e rabarbaro. Viceversa il succo di limone - che contiene circa il 5-7% di acido citrico - è l'alimento ideale per chi soffre di calcoli renali (anche se, per il rischio di alcalinizzare troppo le urine, andrebbe limitato in presenza di calcoli di fosfato di calcio, calcio carbonato, magnesio fosfato, struvite o ossalato di calcio).

Calcoli renali ed acqua oligominerale

Più che la qualità è importante valutare la quantità di acqua e più in generale di liquidi assunti con la dieta (brodo, tisane, succhi di frutta etc.). Le persone predisposte ai calcoli renali dovrebbero pertanto sforzarsi di bere abbondantemente e ripetutamente nel corso della giornata (almeno 2 litri d'acqua). In caso di predisposizione individuale, o per prevenire future recidive, tale quota può essere aumentata fino a 3 litri. Vanno invece evitate alcune bevande come il tè concentrato (ricco di ossalati), coca-cola (assolutamente sconsigliata in caso di calcolosi fosfatiche) ed alcolici (innalzano i livelli d'escrezione dell'acido ossalico e dell'acido urico).

 

Meccanismi formazione calcoli

Una volta formatosi il cristallo, se persistono le condizioni di saturazione o di sovrasaturazione, si assiste invariabilmente alla sua crescita.

La teoria litogenetica che vuole alla base della formazione del calcolo l'esistenza di una matrice è stata formulata in base al rinvenimento costante di un componente di natura proteica, che appresenta in peso il 5-7% dei calcoli solidi e addirittura l'80-90% della litiasi molle od uroproteica. In effetti le sostanze minerali dei calcoli renali hanno in comune la proprietà di essere relativamente insolubili, ma ciò non basta per spiegare la formazione di un aggregato.

Se infatti un composto poco solubile è contenuto in concentrazione molto elevata nell'urina può precipitare in forma cristallina, ma questo processo non ha nulla a che vedere con la formazione di un calcolo che è cosa ben diversa dal semplice precipitato: i suoi componenti presentano una particolare coesione e spesso un'architettura interna ed esterna molto complessa. Ciò sarebbe reso possibile dall'esistenza di uno "stroma" del calcolo, di natura mucoproteica (uromucoide), formato da fibre a disposizione circolare e radiale e da sostanza interfibrillare amorfa, che agisce come cementante dei componenti cristallini, oppure di un materiale che controlli la cristallizzazione e formi il nucleo del calcolo, costituito da cellule di sfaldamento, coaguli, germi.

La formazione della matrice fondamentale si avrebbe nei tubuli; infatti a questo livello la mancanza di inibitori specifici della cristallizzazione o l'effetto diretto della sovrasaturazione di sali litogeni favorirebbe una cristallizzazione intracellulare con successiva necrosi della cellula, i cui componenti proteici, riversatisi nel lume tubulare, darebbero origine alla matrice medesima. Molte critiche sono rivolte a questa teoria, basate principalmente sul fatto che è stato possibile produrre calcoli artificialmente imitando in vitro il processo di litogenesi da sovrasaturazione, senza l'intervento di sostanze estranee di natura proteica.

La terza teoria infine è quella della ridotta attività inibitoria. Gli inibitori della cristallizzazione vengono comunemente divisi in organici ed inorganici. Appartengono al primo gruppo sostanze muco proteiche a basso peso molecolare fra le quali sono da ricordare i Glicosaminoglicani (GAGs), frazione di acidi mucopolisaccaridici, i più importanti dei quali sono il solfato Il di eparina, l'acido ialuronico e l'acido condroitinsolforico che si sono dimostrati in vitro potenti inibitori della crescita e soprattutto della aggregazione dei cristalli di ossalato di calcio.

Degna di interesse è la costatazione che l'attività dei GAGs è modulata dall'entità dei valori dell'uricuria. In corso di aumentata escrezione urinaria di urati l'attività dei GAGs sedurrebbe infatti del 30-40% favorendo la precipitazione del calcio ossalato; ciò servirebbe a giustificare l'osservazione di litiasi ossaliche in malati nei quali l'unica alterazione metabolica riscontrabile è proprio una iperuricuria. I pirofosfati, i citrati, il magnesio e lo zinco sono gli inibitori inorganici maggiormente accreditati.

Il loro meccanismo di azione non è ben conosciuto, ma una loro aumentata escrezione urinaria riduce la cristallizzazione dei sali di calcio; probabilmente ciò è dovuto ad un'accentuata solubilità dei composti e al blocco dell'accrescimento del cristallo qualora esso sia riuscito a formarsi. Discorso a parte merita la Vitamina B6, da alcuni inserita nel gruppo degli inibitori della cristallizzazione ma che in realtà non è in grado di svolgere alcuna azione anticristallizzante. Dato però che interviene nel metabolismo dell'ossalato, una sua eventuale carenza può favorire una maggiore sintesi di acido ossalico endogeno con conseguente aumento della sua concentrazione urinaria. A questi fattori descritti vanno poi aggiunti, come corresponsabili della litogenesi, altri fattori di natura meccanica. I

l calcolo infatti è sempre il risultato finale di un processo che inizia con la nucleazione dei cristalli, con la loro successiva crescita o aggregazione e con la loro permanenza nella cavità escretrice. Ma per quanto grandi possano essere i cristalli, le loro dimensioni sono sempre dell'ordine di pochi micron e cioè nettamente inferiori al lume di una normale via escretrice. Come può quindi un cristallo permanere nella cavità renale ed accrescersi senza essere espulso? La risposta è fornita probabilmente dalla considerazione che, nelle litiasi disendocrina e dismetabolica, il processo litogenetico inizia a livello intranefronico e, per essere più precisi, a livello dei dotti collettori in prossimità della lamina cribrosa della papilla renale. Una volta formatosi l'aggregato, si passerà alla fase di espulsione del medesimo dalla papilla verso il calice.

E' solo a questo livello che il rapporto tra il volume del microlito ed il calibro del condotto attraverso cui esso deve passare può creare delle difficoltà meccaniche che, rallentandone l'espulsione, ne provocheranno per un certo tempo la persistenza nella papilla con una parte procidente nel lume del calice. Si produrrà allora sulla superficie emergente una successiva cristallizzazione che aumenterà di intensità col crescere delle dimensioni.

Una volta precipitato nel calice, il destino del calcolo è in stretta dipendenza dei fattori meccanici rappresentati dal suo peso, dalle caratteristiche di superficie e dal tipo di rapporto che contrae con l'epitelio.

Esso quindi può passare nella pelvi e da essa nell'uretere oppure rimanere nel bacinetto e continuare a crescere fino a raggiungere dimensioni tali che ne impediscano la possibilità di fuoriuscita attraverso l'uretere. Per concludere e riassumere, è verosimile che il processo litogenetico, iniziato dalla sovrasaturazione, vuoi per un danno tubulare e la produzione di una matrice, vuoi per un meccanismo di nucleazione omogenea, sia poi regolato dalla presenza o meno di inibitori specifici.

Quindi i due maggiori fattori che controllano l'aggregazione e la crescita dei cristalli nelle urine sono il grado di saturazione ed il livello dell'attività inibitoria.


Articoli di nefrologia ed urologia