Le ostruzioni delle alte vie escretrici rappresentano un argomento di grande interesse urologico poiché molte patologie (malformative, infiammatorie, neoplastiche) possono, in ultima istanza, determinare un quadro ostruttivo. L'ostruzione, a sua volta, può compromettere la funzione renale, talora in modo irreversibile.
Ne consegue che l'urologo è frequentemente chiamato (in urgenza o
in elezione) a risolvere sia l'ostruzione sia le cause che la determinano.
Rispetto al passato, grazie ai progressi nel campo dell'endourologia, la
maggior parte delle ostruzioni viene oggi trattata con interventi mini-invasivi,
come l'applicazione di endoprotesi ureterali e, più raramente, di nefrostomia.
L' ostruzione delle alte vie urinarie è definita come la presenza di un ostacolo
al deflusso dell'urina in un punto dell'apparato urinario compreso tra il calice
renale superiore e il meato ureterale, con conseguente aumento delle resistenze
a monte dell'ostruzione.
Da un punto di vista fisiopatologico, il danno indotto dall'ostruzione si
articola in due fasi: iniziale e tardiva.
La fase iniziale comprende le seguenti modificazioni anatomo-funzionali:
- iperperistaltismo, seguito da adattamento tonico-fasico;
- fibrillazione parietale, non sufficiente a favorire la propulsione anterograda
dell'urina.
L'aumento della pressione all'interno delle vie escretrici, dovuto all'accumulo
di urina, può avere ripercussioni negative sulla funzione renale. In fase
precoce la compromissione della funzionalità del rene è soltanto parziale e
comunque reversibile:
- dal punto di vista anatomopatologico si riscontra ipertrofia delle fibre muscolari della via escretrice a monte dell'ostruzione.
Nella fase tardiva si osservano:
- distensione anelastica del bacinetto;
- dilatazione delle cavità escretrici intrarenali.
In quest'ultima fase l'iperpressione endocavitaria diminuisce consentendo una
ripresa della funzione renale che, tuttavia, non ritorna a livelli fisiologici.
La persistenza di elevati livelli pressori determina, nel tempo, prima
appiattimento delle papille renali e successivamente assottigliamento del
parenchima stesso. A livello interstiziale, gli aumentati livelli pressori
determinano processi flogistici progressivi, che combinati con la perdita di
quota parenchimale, concorrono a un peggioramento progressivo della funzione
renale.
Si instaura cosi il quadro di nefropatia su base cronica ostruttiva.
Dal punto di vista anatomo-patologico si osserva la sostituzione della
componente muscolare della via escretrice ostruita con fibre collagene.
Per gli aspetti puramente funzionali si rimanda ai testi di nefrologia.
Le ostruzioni delle alte vie escretrici possono essere classificate sulla base
di:
- eziopatologia;
- lateralità;
- modalità d'esordio.
- Ostruzioni congenite/acquisite:
congenite: sono rappresentate da tutte le ostruzioni determinate da cause malformative dell'alta via escretrice. Tra queste si citano, per frequenza, le
anomalie del giunto pieloureterale e il megauretere ostruente;
acquisite: sono ostruzioni determinate da una ampia varietà di patologie come
calcolosi, masse retroperitoneali, neoplasie ureterali ecc.
- Ostruzioni estrinseche/endoluminali/parietali:
estrinseche: rientrano in questa categoria tutte le ostruzioni secondarie a
una compressione (o infiltrazione) dall'esterno esercitata sulla parete
ureterale. Tra le patologie che causano compressione ab estrinseco sono inclusi
i tumori del retroperitoneo, le patologie ginecologiche, le neoplasie del retto,
gli aneurismi dell'aorta addominale ecc.;
endoluminali: rientrano in questa categoria le ostruzioni determinate da una
patologia che si genera nel lume della via escretrice. Tra queste la più
frequente è la litiasi endoureterale;
parietali: rientrano in questa categoria le ostruzioni secondarie a una patologia della parete ureterale (o pielocaliceale). In questa categoria sono comprese le neoplasie uroteliali dell'alta via escretrice, le infiammazioni tubercolari stenosanti della parete ureterale e le stenosi secondarie a lesioni iatrogene.
L'ostruzione può essere monolaterale e bilaterale.
Le prime coinvolgono una sola via escretrice e sono in genere meno gravi. Merita
tuttavia un cenno a parte l'ostruzione nel paziente monorene (congenito o
acquisito) che riveste particolare importanza per i rilevanti risvolti clinici.
L'ostruzione bilaterale può essere determinata da numerose patologie fra cui
neoplasie della vescica, della prostata, del retto, neoplasie ginecologiche che
coinvolgano entrambi gli ureteri o da patologia ostruttiva prostatica con
ritenzione cronica di urina.
- Ostruzione a insorgenza acuta: è una condizione clinica che si verifica in
caso di ostruzione improvvisa al normale deflusso di urina nel lume ureterale.
La più frequente condizione clinica è rappresentata dal passaggio di un calcolo
dalla pelvi all'uretere che, dal punto di vista clinico, determina il quadro di
colica renale. L'iperpressione "improvvisa" che si crea all'interno della via
escretrice è trasmessa al parenchima determinando un repentino arresto della
funzione renale. Tutte le indagini (ad es. uro-TC) eseguite in questa fase,
infatti, documentano una temporanea esclusione funzionale del rene coinvolto. La
funzione renale si ripristina nelle ore successive all'evento acuto grazie
all'attivazione di meccanismi di compenso. Tale condizione, come già ricordato,
acquista particolare rilevanza clinica nel paziente monorene per il rischio di
anuria post-renale.
- Ostruzione a insorgenza progressiva: questa condizione avviene per progressiva
ostruzione del lume ureterale da cause prevalentemente estrinseche o parietali,
decorre spesso in modo asintomatico e talora coinvolge entrambi gli ureteri. In
questa condizione si assiste, dal punto di vista anatomo-funzionale, a una
progressiva dilatazione del tratto urinario ostruito (ureteropielocalicectasia)
fino all'appiattimento progressivo del parenchima renale (idronefrosi).
L'idronefrosi può raggiungere diversi livelli di gravità, in base allo spessore
del parenchima renale residuo.
La presentazione clinica è variabile e dipende da numerosi fattori. In caso di
insorgenza acuta il quadro più frequente è rappresentato dalla colica renale o
dalla comparsa di iperpiressia riconducibile a infezione secondaria. Talora il
quadro clinico può essere dominato dall'infezione fino a un quadro di sepsi
grave o shock settico.
In rari casi (pazienti monorene) si può osservare anuria transitoria e
insufficienza renale acuta.
In genere, nei casi a insorgenza acuta, rimosse le cause dell'ostruzione la
funzione renale ritorna ai valori basali.
Nei casi a insorgenza progressiva, l'ostruzione decorre in modo asintomatico e
il riscontro può essere occasionale o secondario alla sintomatologia correlata
alla malattia di base.
Ad esempio, in caso di neoplasia vescicale infiltrante il tratto terminale degli
ureteri/meati ureterali, la prima manifestazione può essere l'ematuria.
In queste forme si instaura spesso un danno renale che può determinare un quadro
di insufficienza renale cronica; nei casi più gravi e bilaterali il paziente può
presentare anuria ostruttiva. Tipico è il caso del cosiddetto congelamento
pelvico (anteriore), in cui entrambi gli ureteri vengono coinvolti da un
processo neoplastico infiltrante
determinando ostruzione completa bilaterale. Il congelamento pelvico è più
spesso sostenuto da carcinoma prostatico localmente avanzato o carcinoma del
collo dell'utero infiltrante.
A differenza dei casi a insorgenza acuta, in questi casi il danno renale può
persistere anche dopo il trattamento dell'ostruzione.
Come ricordato, l'infezione è una delle complicanze più frequenti
dell'ostruzione e può determinare quadri anche gravi quali la pielonefrite e l'idropionefrosi.
Quest'ultima è definita come presenza di urine purulente a monte del tratto di
via escretrice ostruita e dilatata.
A causa della gravità di questi quadri, talvolta sono proprio i segni
dell'infezione la prima manifestazione clinica di un quadro ostruttivo.
L'iter diagnostico è volto a identificare l'ostruzione, a ricercare le cause
della stessa, a valutare la funzione renale e le eventuali complicanze.
L'anamnesi e l'esame obiettivo rappresentano comunque il primo e più importante
atto e orientano il medico nell'iter diagnostico. Ad esempio, un'ematuria che
preceda una colica depone per una neoplasia dell'alta via e la
presenza di coaguli lunghi e sottili, come stampo dell'uretere, per un'origine reno-ureterale del sanguinamento.
Indagini di laboratorio:
- esami ematochimici: indici di funzionalità renale
(creatinina sierica, clearance della creatinina calcolata), elettroliti,
emocromo, indici di flogosi (PCR);
- esame delle urine e urinocoltura.
- ecografia reno-vescicale: esame di primo livello, identifica in maniera rapida
la presenza di una pielectasia o un'idronefrosi e può orientare
nell'identificazione della causa dell'ostruzione (formazioni vescicali
infiltranti il meato: calcolosi ureterale ecc.);
- uro-TC: permette l'esatta localizzazione dell'ostruzione, l'identificazione
delle cause nonché le possibili complicanze associata (pielonefrite, urinoma,
idropionefrosi). Fornisce inoltre informazioni, pur indirette, sull'eventuale
alterazione della funzione renale dell'emuntore coinvolto;
- scintigrafia renale dinamica: consente di do cumentare il grado di ostruzione
e valutari l'impatto che questa ha sulla funzionalità de rene.
Il trattamento delle ostruzioni dell'alta via escretrice varia in base a numerosi fattori fra cu il tipo di presentazione clinica (acuta vs. croni ca), l'eziologia, il grado di compromissione della funzione renale, l'età e le condizioni generali del paziente. In generale si possono configurare due condizioni:
- ostruzione acuta o ostruzione cronica scompensata (con grave compromissione
della funzione renale) o complicata da infezione. In questi casi si rende
necessario il drenaggio della via escretrice in regime di urgenza a cui seguirà
(se possibile), una volta risolto il quadro acuto, la rimozione della causa che
ha determinato l'ostruzione. Esempio tipico in tal senso è la calcolosi
ureterale complicata da urosepsi: il primo passo è il drenaggio della via
escretrice, a risoluzione del quadro settico si procede alla rimozione della
litiasi ostruente mediante ureteroscopia operativa;
- ostruzione cronica non scompensata né complicata. Nei casi non gravi può anche
essere semplicemente seguita nel tempo. Nei casi in cui vi sia un'iniziale
compromissione della funzione renale si valuta la possibilità di effettuare il
drenaggio della via escretrice in regime di elezione. In altri casi la
risoluzione dell'ostruzione è contestuale al trattamento della patologia. Caso
tipico è la giuntopatia non complicata in cui l'idronefrosi, secondaria alla
stenosi del giunto, non viene elettivamente drenata prima dell'intervento ma
viene risolta in corso di pieloplastica.
Brevemente, il drenaggio della via escretrice ostruita può essere effettuato
mediante:
- applicazione di endoprotesi ureterale: consiste nell'applicazione,
all'interno della via escretrice, di una endoprotesi che "by-passa"
l'ostruzione, consentendo il deflusso dell'urina dalla pelvi renale alla
vescica.
Tecnica chirurgica: il paziente è posto in posizione litotomica bassa. Si
introduce il cistoscopio a livello del meato uretrale esterno e si accede alla
vescica. Si identifica il meato ureterale della via escretrice ostruita e vi si
introduce un cateterino ureterale che viene fatto progredire per 2-3 cm.
Attraverso il cateterino si inietta quindi il mezzo di contrasto (mdc) e si
esegue una uretero-pielo-calico-grafia: con essa è possibile documentare il
decorso dell'uretere, il livello dell'ostruzione e la dilatazione della via
escretrice a monte, qualora sia possibile il passaggio di mdc. Una volta
acquisite queste informazioni si fa risalire attraverso il cistoscopio e lungo
la via escretrice un filo guida, generalmente idrofilia), che supera
l'ostruzione e raggiunge le cavità escretrici intrarenali. Coassialmente al filo
guida si fa risalire l'endoprotesi e, quando l'estremo prossimale di questa
raggiunge la pelvi (l'endoprotesi è visibile mediante fluoroscopia - scopia Rx)
si rimuove il filo guida. Dopo questa manovra le due estremità dell'endoprotesi
(craniale e prossimale) si arricciano e si posizionano rispettivamente a livello
della pelvi e della vescica. La presenza dei due "riccioli" rende ragione del
nome con cui comunemente vengono chiamate le endoprotesi (doppio J). Le urine
possono defluire all'interno del doppio J (che è cavo e poli-fenestrato) o fra
questo e la parete ureterale; puntura renale con applicazione di nefrostomia:
consiste nell'applicazione di un piccolo catetere(detto catetere nefrostomico)
del diametro di 8-10 Ch, per via percutanea (ovvero attraverso una puntura in
regione lombare) all'interno della via escretrice intrarenale. Questo permette
di drenare la via escretrice indipendentemente dalla sede e dall'eziologia
dell'ostruzione. In genere tale procedura viene eseguita in caso di fallimento
di tentativo di applicazione di doppio J per via endoscopica (detta anche
retrograda o ascendente) o nei casi in cui le condizioni cliniche la ritengano
necessaria.
Tecnica chirurgica: il paziente viene posto tradizionalmente in
posizione prona, anche se oggi diversi autori hanno proposto la posizione supina
sia per l'applicazione della nefrostomia sia per le procedure percutanee
complesse. Si esegue anestesia locale, a livello della regione lombare, anche se
è buona norma l'assistenza dell'anestesista che può intervenire in caso di
dolore non controllato. Sotto guida ecografica si valutano la conformazione del
rene e l'entità della dilatazione. Successivamente, si procede a puntura del
rene mediante ago mandrinato di Chiba (18 Gauge). In genere la puntura avviene a
livello del terzo inferiore del rene, l'ago attraversa il parenchima renale ed
"entra" nella via escretrice a livello del calice inferiore. Il percorso
dell'ago è controllato mediante ecografia e, in parte, mediante fluoroscopia
(scopia Rx). Alla rimozione del mandrino la fuoriuscita di urina (limpida o
purulenta) dall'ago conferma il corretto accesso alla via escretrice e consente
di raccogliere del materiale per esami colturali o citologici. Successivamente,
la tecnica ricalca quella descritta da Seldinger per l'accesso vascolare. In
breve: attraverso l'ago si fa progredire un filo guida lungo la via escretrice.
Poiché il tramite generato dall'ago ha calibro insufficiente al passaggio del
catetere nefrostomico si procede a dilatazione progressiva del tramite mediante
dilatatori fatti progredire coassialmente al filo guida. Una volta terminata la
dilatazione del tramite si applica, sempre coassialmente al filo guida, il
catetere nefrostomico. Infine, si rimuove il filo guida e si osserva il corretto
drenaggio delle urine dal catetere nefrostomico. Tutte le manovre sono
controllate mediante scopia Rx. Al termine della procedura viene applicato, in
regione lombare, un sacchetto in materiale plastico che ha lo scopo di
raccogliere le urine drenate dal catetere. La procedura, nella maggior parte dei
casi, richiede pochi minuti e ha una bassa percentuale di complicanze tra cui si
ricorda, poiché l'ago attraversa il parenchima renale, il sanguinamento dal
tramite nefrostomico.
Nelle ore successive a una procedura di drenaggio della via escretrice in
pazienti con grave insufficienza renale da ostruzione cronica, si può instaurare
il quadro di poliuria "post-disostruttiva". Tale quadro, più frequente dopo il
trattamento dell'anuria ostruttiva bilaterale (ad es. congelamento pelvico), si
caratterizza per spiccata poliuria e squilibrio elettrolitico con grave
ipopotassiemia e alterazioni dell'equilibrio acido-base. Per questo motivo il
quadro elettrolitico di questi pazienti deve essere monitorato e, se necessario,
corretto. Inoltre, nelle forme particolarmente gravi e complicate, non va
sottovalutata la possibilità di eseguire trattamento dialitico temporaneo
nell'attesa che migliori il quadro funzionale renale e si risolvano le
complicanze.