Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Sindrome coronarica con ST non sopraslivellato

  1. Un Medico per Tutti
  2. Cardiologia
  3. Sindrome coronarica con ST non sopraslivellato
  4. Angina instabile ed infarto, segni
  5. Infarto, angina instabile
  6. Embolia polmonare
  7. Articoli di semeiotica
  8. Dolore toracico di origine gastrointestinale
  9. Dolore addome sedi
  10. Dolore toracico
    di origine polmonare
  11. Semeiotica toracica
  12. Dolore miocardico
  13. Semeiotica del dolore toracico
  14. Dolore toracico
  15. Dolore toracico diagnosi differenziale
  16. Il dolore al petto, diagnosi differenziale
  17. Dolore toracico di origine aortica

Angina infarto stemi nonstemi

Angina infarto NSTEMI

Sindrome coronarica UA NSTEMI

Infarto miocardio

Infarto ed ST sopraslivellato

Sindrome coronarica Non-ST sopraslivellato, NSTEMI

Si definisce UA/NSTEMI la sindrome coronarica a ST non sopraslivellato. Studi ultrasonografìci intravascolari, angiografici e angioscopici suggeriscono che i quadri clinici di UA/NSTEMI sono causati dalla presenza di placche aterosclerotiche complicate che innescano una cascata di eventi con conseguente riduzione del flusso coronarico. La mortalità durante UA/NSTEMI è dovuta soprattutto a morte improvvisa o allo sviluppo di un nuovo o ricorrente infarto miocardico. La formulazione di una diagnosi certa e la possibilità di una gestione ottimale di questi pazienti si fondano sulle prime informazioni raccolte al momento dell'esordio dei sintomi, aggiornate con i dati che vengono acquisiti durante l'evolversi del quadro clinico.

La corretta diagnosi di sindrome coronarica acuta NSTEMI o STEMI è importante ai fini del trattamento del caso. Infatti la gestione iniziale del paziente con UA/NSTEMI differisce dal trattamento riservato ai pazienti con STEMI, basato su una terapia di riperfusione precoce (cfr Infarto ed ST sopraslivellato). Il paziente con sintomi suggestivi di sindrome coronarica acuta dovrebbe essere posto in un ambiente che offra la possibilità di un monitoraggio elettrocardiografico continuo (ECG) e di defibrillazione e dove un ECG a 12 derivazioni può essere ottenuto rapidamente e interpretato in modo accurato entro 10 minuti. La priorità maggiore è identificare i pazienti con STEMI, che dovrebbero essere considerati per una terapia riperfusiva immediata. Ciascun paziente dovrebbe avere una diagnosi provvisoria, di inclusione o esclusione, di:

1) sindrome coronarica acuta(ACS), che può essere classificata come STEMI, NSTEMI o angina instabile (UA);
2) una condizione cardiovascolare diversa dall'ACS;
3) uno specifico disturbo non cardiaco (per es., spasmo esofageo (cfr La manometria);
4) una condizione non cardiaca indefinita.
 

Questa prima disamina è importante per la stratificazione del rischio e il trattamento di eventi pericolosi per la vita.

Cause

L' UA e NSTEMI sono caratterizzati dallo squilibrio tra apporto e richiesta di ossigeno miocardico. La causa più comune di UA/NSTEMI è la riduzione della perfusione miocardica dovuta al restringimento del lume arterioso coronarico causato da un trombo non occlusivo che si sviluppa in seguito alla rottura o all'erosione di una placca aterotrombotica. In genere, il trombo non è occlusivo e, nella maggior parte dei pazienti, la presenza in circolo di marcatori di danno miocardico è imputabile a microemboli di aggregati piastrinici o a frammenti che si sono staccati dalla placca complicata. In secondo luogo, ma non meno frequentemente, si può verificare un'ostruzione dinamica in seguito a uno spasmo acuto e focale di un'arteria coronaria epicardica, come per l'angina di Prinzmetal o angina variante. In terzo luogo, il quadro clinico di UA/NSTEMI può essere provocato dalla presenza di un trombo associato a spasmo coronarico. In particolare nei soggetti con malattia aterosclerotica evolutiva o con restenosi dopo PCI (cfr La coronarografia e l'angioplastica  Linee guida terapia antiischemica  Infarto ed ST sopraslivellato). lndipendentemente dalla causa, il quadro di UA/NSTEMI è caratterizzato dalla presenza di infiammazione a livello vascolare, che sembra svolgere un ruolo determinante nella rottura della placca. Il quadro clinico di UA/NSTEMI secondaria è imputabile alla presenza di cause estrinseche al circolo coronarico. Questi pazienti hanno un sottostante restringimento aterosclerotico coronarico che limita la perfusione miocardica; spesso presentano anche una precedente angina cronica stabile.

UA e NSTEMI si verificano in seguito all'improvviso aumento della richiesta miocardica di ossigeno (per es.,febbre, tachicardia), alla riduzione del flusso sanguigno miocardico (per es., ipotensione), o alla diminuzione della distribuzione miocardica di ossigeno (per es., grave anemia).

PRESENTAZIONE DEL PAZIENTE CON SINDROME CORONARICA

Vi sono tre manifestazioni principali di UA e NSTEMI:

(cfr Angina ed infarto stemi nonstemi )

(1) angina a riposo;
(2) angina grave di nuova insorgenza;
(3) angina in crescendo.
 

I criteri diagnostici di UA/NSTEMI sono basati sulla durata e sull'intensità dell'angina valutate in accordo con la classificazione della Canadian Cardiovascular Society. La definizione di tre specifiche forme di UA/NSTEMI è utile perchè la fisiopatologia, la prognosi e il trattamento sono differenti. Le forme di nuova insorgenza risultanti dallo sviluppo di una placca coronarica instabile sono quelle più arischio per sindrome coronarica acuta con STEMI state descritte in precedenza. Altri scenari includono UA/NSTEMI entro 6 mesi dopo PCI (coronarografia ed angioplastica), causate quasi immancabilmente dalla restenosi. La nitroglicerina endovena rappresenta la terapia efficace; di solito si usa ripetere la PCI. UA e NSTEMI in un paziente con precedente bypass coronarico spesso implicano aterotrombosi avanzata dei graft venosi e una bassa probabilità di sintomaticità a lungo termine rispetto ad altri pazienti con UA. Sintomi "aspecifici" di ACS includono: dispnea acuta, epigastralgia, dolore toracico atipico per sede, agitazione, alterazione dello stato di coscienza, astenia marcata, sincope. Questi sintomi sono più comuni nelle donne, negli anziani e nei pazienti affetti da lungo tempo da diabete mellito e si associano a un più elevato rischio di morte e di complicanze maggiori.)

Fisiopatologia

Nel corso degli ultimi anni, sono stati identificati numerosi fattori meccanici, cellulari e molecolari che contribuiscono alla rottura della placca (cfr placca ateromasica). La maggior parte delle volte, la rottura di placca si verifica al bordo ("shoulder region") della placca, cioè nella regione di contatto ("spalla") tra placca e parete del vaso adiacente; quest'area, infatti, è ricca di cellule infiammatorie ed è anche maggiormente sottoposta alle forze dello stress legato al flusso (stress tangenziale, shear stress).

Pronto soccorso

Argomenti gastro-enterologia

Argomenti diabetologia

Argomenti cardiologia

Argomenti endo-crinologia

Urologia

Nefrologia

Aritmie

La placca che tende a rompersi (placca ad alto rischio di rottura o "vulnerabile") è caratterizzata da una capsula fibrosa sottile e da un elevato contenuto lipidico, che influenzano le proprietà biomeccaniche della placca stessa, aumentandone la possibilità di rottura. Al contrario, la fibrosi e la calcificazione sembrano diminuire il rischio di rottura. L'erosione dà origine meno frequentemente a un quadro clinico di ACS e di solito si verifica in posizione centrale attraverso un cappuccio assottigliato piuttosto che in corrispondenza delle spalle della placca. L'erosione sembra essere più comune tra le donne fumatrici, mentre la rottura di placca si verifica più frequentemente negli uomini dislipidemici

Infiammazione

Il processo infiammatorio svolge un ruolo centrale nella genesi della rottura della placca e dell'ACS. I macrofagi e i linfociti T si accumulano all'interno della placca aterosclerotica in conseguenza dell'espressione di molecole di adesione sui monociti, sulle cellule endoteliali e sui leucociti; inoltre, il rilascio di citochine proinfiammatorie e di chemochine (come la proteina-1 chemiotattica per i monociti) favorisce I'accumulo di altre cellule infiammatorie nella placca. Le metalloproteinasi della matrice - che includono collagenasi e gelatinasi - sono rilasciate dai macrofagi e degradano il collagene che fornisce resistenza al cappuccio fibroso. Gli inibitori tissutali della metalloproteinasi della matrice vengono normalmente espressi dalle cellule muscolari lisce vascolari. Tuttavia. a livello dell'area vulnerabile del cappuccio fibroso predominano i macrofagi, mentre le cellule muscolari lisce sono scarse, creando uno squilibrio tra gli enzimi deputati alla degradazione della matrice cellulare e i loro inibitori. Questi riscontri indicano che uno stimolo infiammatorio causa una tempesta biochimica" entro la placca ad alto rischio, portando alla rottura del suo cappuccio fibroso. Attualmente si ritiene che I'infiammazione, almeno in alcuni dei pazienti con UA/NSTEMI, possa essere un processo molto diffuso. E' stato infatti dimostrato che nei pazienti con angina instabile è presente una diffusa attivazione neutrofila nell'albero coronarico, anche distanza dalla lesione stenotica. Si ritiene che il quadro clinico di dell'espressione tale fenomeno includa la presenza di placche coronariche complesse, multiple e simultanee al momento della comparsa dei sintomi in alcuni pazienti con UA/NSTEMI.

Infezione

Caratteristiche delle placche aterosclerotiche stabili e instabili. Anche se le placche stabili possono essere associate a un notevole restringimento del lume vascolare, esse sono caratterizzate do un cappuccio fibroso spesso, da un basso contenuto di lipidi e di cellule infiammatorie. Al contrario, le placche instabili sono caratterizzate da un ricco nucleo lipidico e da un cappuccio fibroso sottile. Le cellule infiammatorie, accumulate o livello del bordo dello placco, lo "shoulder region", che è la regione più esposta alle sollecitazioni dello stress tangenziale, contribuiscono alla rottura della placca e ai conseguenti fenomeni trombotici. Nelle lesioni aterosclerotiche umane sono stati individuati dei germi come la Chlamydia pneumoniae, Helicobacter pylori, ed anche movimenti anticorpali contro di essi. Esiste una correlazione tra i fattori di rischio cardiovascolore, disfunzione endoteliole, infiammazione e sindromi coronariche acute. Molti fattori aterogenici proinfiommotori possono causare disfunzione endoteliole e, di conseguenzo, le cellule endotelioli aumentano l'espressione di molecole di adesione. ACE, enzima di conversione dell'angiotensino; CNP, pepfide natriuretico di tipo C; ICAM, molecolo di adesione intracellulare; MCP-1, proteina chemiotattica monocitaria-1; NFκB, fattore nucleore kappa-B; PDGF, fattore di crescita derivato dalle piastrine; PGl2, prostaglandino 12; TGF, fofiore di crescita trasformante: VCAM. molecola di adesione delle cellule vascolari. Lo stimolo che attiva il processo di infiammazione acuta nell'UA non è stato ancora definito chiaramente. L'aterotrombosi stessa, come definita in base all'ipotesi di "risposta a un danno", è una condizione d'infiammazione cronica di basso grado. Persistono pareri discordi sul fatto che agenti infettivi possano svolgere un ruolo primario sia nell'aterotrombosi sia nella trasformazione di una CAD stabile in una forma instabile.

Piastrine e leucociti

Un'attivazione e I'aggregazione piastrinica a livello della area trombogenica di rottura della placca svolgono un ruolo importante nella patogenesi dell'UA/NSTEMI. Infatti, è stato dimostrato che il processo trombotico che si verifica a livello arterioso differisce da quello a livello venoso, per il ruolo cruciale svolto dall'attivazione piastrinica. Quando le piastrine vengono attivate dal collagene, dall'adrenalina, dall'adenosina difosfato (ADP) e dalla trombina, subiscono un cambiamento strutturale e rilasciano le sostanze contenute all'interno dei granuli α, tra cui quelle ad azione vasocostrittiva, come il trombossano A2 e la serotonina e altre ad azione protrombotica come il fibrinogeno e il fattore di von Willebrand. Inoltre, I'attivazione piastrinica provoca un aumento sulla loro superficie dell'espressione e dell'affinità di legame dei recettori GPIIb/IIIa, il cui legame con il fibrinogeno con il fattore di von Willebrand porta ad aggregazione piastrinica. Le piastrine attivate rilasciano anche il fattore solubile CD40 ligand (CD40L), che sembra svolgere un ruolo importante come immunomodulatore e molecola proinfiammatoria, facendo da legame tra le piastrine attivate e il processo infiammatorio. L'attivazione piastrinica e i leucociti interagiscono nella fase acuta dell'UA/NSTEMI facilitando la deposizione del trombo piastrinico. L'interazione tra piastrine e leucociti attivati stimola il sistema coagulativo. I monociti rilasciano il fattore tissutale (tissue factor), una piccola glicoproteina che innesca la cascata coagulativa estrinseca, portando a un aumento nella generazione di trombina. Il fattore tissutale è presente anche nel core lipidico delle placche aterotrombotiche e probabilmente è uno dei principali fattori determinanti della trombogenicità delle placche rotte. Il tissue factor dà inizio alla cascata coagulativa estrinseca, attivando il fattore X in fattore Xa, a sua volta in grado di trasformare la protrombina in trombina. Utilizzando i fosfolipidi derivanti dalla membrana delle piastrine attivate, la trombina catalizzala conversione di fibrinogeno in fibrina, favorendo la formazione di coaguli fibrina-piastrine che ostacolano il flusso coronarico nell'ACS. Gli emboli che derivano dai trombi piastrinici o dal materiale della placca a livello del sito di rottura possono provocare un'ostruzione del microcircolo e dare inizio a una cascata di eventi che includono processi infiammatori locali, danno tissutale, vasocostrizione, richiamo e aggregazione di leucociti e piastrine. Tutti questi fattori contribuiscono ad aggravare la prognosi del paziente con UA/NSTEMI e possono diventare un bersaglio della terapia farmacologica.

argomenti di cardiologia