Tutti i farmaci chemioterapici causano effetti indesiderati ed è necessario fare un bilancio tra benefici probabili e tossicità accettabile. Le combinazioni di farmaci sono di frequente molto più tossiche dei singoli agenti. In alcuni tumori, possono avere il vantaggio di incrementare la risposta, ridurre lo sviluppo di resistenza farmacologica e aumentare la sopravvivenza. Tuttavia per alcuni tumori, la monochemioterapia rimane il trattamento di scelta. Vengono di seguito affrontati gli approcci terapeutici per ridurre o trattare alcuni degli effetti indesiderati da farmaci antineoplastici.
Alcuni farmaci citotossici causano una grave necrosi tessutale in caso di fuoriuscita dal vaso. Le preparazioni acide o alcaline e quelle dotate di un'osmolarità maggiore del plasma provocano più facilmente un danno da stravaso. I pazienti molto giovani e gli anziani corrono il rischio maggiore. I pazienti in terapia anticoagulante possono più facilmente perdere sangue nei tessuti circostanti; quelli in terapia con sedativi o analgesici possono non rendersi immediatamente conto dei segni o sintomi iniziali di uno stravaso. Per ridurre il rischio di danno da stravaso, si racco-manda che la somministrazione dei farmaci citotossici sia fatta da personale esperto. Per prevenire gli stravasi deve essere adottata ogni precauzione; ogni farmaco in grado di provocare un danno da stravaso dovrebbe essere infuso in una via centrale e nei pazienti che vengono sottoposti a infusione periferica di un farmaco potenzialmente pericoloso l'accesso venoso dovrebbe essere riposizionato a intervalli regolari.
E' indispensabile seguire con attenzione le raccomandazioni delle aziende produttrici sulle modalità di somministrazione. Lo stravaso deve essere prontamente trattato per evitare la necrosi facendo riferimento alle linee locali, se disponibili, oppure rivolgendosi allo specialista. Un cerotto a base di nitrati posizionato distalmente all'agocannula può migliorare la pervietà delle vene nei pazienti con vene di piccolo calibro o inclini collassare. Si deve chiedere al paziente di riferire subito ogni sintomo di bruciore o dolore nella sede di infusione. Se si sospetta uno stravaso è indispensabile interrompere immediatamente l'infusione senza rimuovere l'accesso venoso prima di avere eseguito un tentativo di aspirazione, allo scopo di rimuovere dai tessuti la maggior quantità possibile di farmaco. A volte è possibile eseguire un'aspirazione quando lo stravaso si raccoglie in un pomfo nella sede dell'iniezione, se è circondato da tessuti duri, mentre il tentativo è spesso infruttuoso se i tessuti sono molli o edematosi.
In genere l’infiammazione
viene trattata con corticosteroidi, sebbene non vi sia una prova di una reale efficacia
in caso di stravaso. Idrocortisone o desametasone possono essere somministrati sia
localmente con infiltrazioni sottocutanee sia con una infusione endovenosa a distanza.
La terapia sintomatica può avvalersi di antistaminici e analgesici. Il trattamento
dipende dalla natura della sostanza lesiva: in alcuni casi bisogna localizzare e
neutralizzare il farmaco, in altri distribuirlo e diluirlo.
La distribuzione e diluizione
della sostanza lesiva si ottiene infiltrando nell'area soluzione salina, applicando
impacchi caldi, alzando l'arto interessato, somministrando ialuronidasi. La tecnica
del lavaggio con soluzione salina (che consiste nell'infiltrare il tessuto sottocutaneo
con soluzione salina fisiologica) può essere efficace ma richiede un parere specialistico.
La ialuronidasi non deve essere somministrata in caso di stravaso di un farmaco
vescicante (a meno che si tratti dell'antidoto specifico o che venga utilizzata
nell'ambito della tecnica di lavaggio). Viene utilizzata per aumentare rapidamente
la permeabilità dei tessuti a liquidi iniettati; per esempio in caso di infusione
sottocutanea di liquidi (ipodermoclisi). Il dexrazoxano è utile per il trattamento
degli stravasi indotti da antracicline. La prima dose deve essere somministrata
il più presto possibile, al massimo entro 6 ore dallo stravaso.
Dexrazoxano: (cardioxane, riduce lo stress ossidativo indotto da antracicline).
La cardiotossicità da antracicline è dose-dipendente, cumulativa e potenzialmente fatale. Il dexrazoxano è autorizzato per la prevenzione della cardiotossicità causata da doxorubicina o epirubicina in pazienti affetti da cancro avanzato o metastatico sottoposti a terapia con antracicline. Il dexrazoxano ha effetti immunosoppressivi che possono essere additivi a quelli della chemioterapia.
Le ulcere della bocca sono una complicazione comune della chemioterapia antineoplastica, che si associa soprattutto con la somministrazione di fluorouracile, metotrexato e antracicline. L'approccio migliore è la prevenzione. Una buona igiene del cavo orale (attraverso sciacqui frequenti e spazzolando i denti con uno spazzolino morbido 2-3 volte al giorno) è in genere efficace. Succhiare un cubetto di ghiaccio durante l'infusione del fluorouracile è di aiuto. Se si sviluppano ulcere si possono impiegare sciacqui con soluzioni saline ma non ci sono prove valide a favore dell'uso di collutori antisettici o antinfiammatori. In generale, le mucositi sono autolimitanti, ma se si associano a una scarsa igiene orale possono essere il focolaio di partenza di infezioni sistemiche. L'acido folinico (somministrato come calcio formato) è usato per contrastare l'azione di antagonista dei folati del metotrexato e ciò facilita il rapido recupero della mucosite. L'acido folinico è utilizzato anche nel trattamento del sovradosaggio da metotrexato, insieme ad altre misure atte a mantenere il bilancio idrico ed elettrolitico e a gestire una possibile insufficienza renale. La somministrazione dell'acido folinico e del fluorouracile insieme nel trattamento del cancro del colon-retto metastatico incrementa il tasso di risposta rispetto alla somministrazione del solo fluorouracile. Il calcio levofolinato, un isomero dell'acido folinico, è usato per la terapia di salvataggio successiva alla somministrazione del metotrexato. Il dosaggio del calcio levofolinato è in genere la metà del calcio foli-nato. Per le stesse indicazioni, di recente è stato introdotto anche il disodio folinato. Il palifermin, fattore di crescita umano dei cheratinociti, è autorizzato per il trattamento delle mucositi del cavo orale nei pazienti con neoplasie ematologi-che sottoposti a terapia mieloablativa con supporto di cellule staminali ematopoietiche autologhe.
La cistite emorragica è una manifestazione di tossicità uroteliale spesso associata all'uso di ciclofosfamide e ifosfamide e causata dal metabolita acroleina. Il mesna reagisce selettivamente con tale metabolita nel tratto urinario, prevenendone gli effetti tossici. Il mesna è usato abitualmente (di preferenza per bocca) in pazienti sottoposti a terapia con ifosfamide e ciclofosfamide per via endovenosa ad alte dosi (per esempio più di 2 g) o in pazienti che hanno tossicità uroteliale dopo un trattamento con ciclofosfamide.
L'allopurinolo si usa per prevenire l'iperuricemia indotta da farmaci citotossici. La somministrazione del farmaco va iniziata 24 ore prima della chemioterapia; i pazienti devono essere idratati in modo adeguato. Il dosaggio di mercaptopurina o azatioprina va ridotto in caso di somministrazione contemporanea di allopurinolo. La rasburicase, un'urato ossidasi ricombinante, è autorizzata per la profilassi e il trattamento dell'iperuricemia acuta, prima e durante la chemioterapia, in pazienti con tumori ematologici. Fa calare rapidamente l'uricemia ed è particolarmente utile nel ridurre le complicanze in seguito al trattamento delle leucemie e dei linfomi di grandi dimensioni.