ASTROCITOMI

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aggiornamento  per il medico pratico

Il caso clinico reale. Un paziente di 59 anni di Milano giunge alla ns osservazione nel 2005 per una sintomatologia caratterizzata da malessere generale, con improvvisa astenia ed obnubilamento del sensorio. Esegue delle TAC cerebrale in PS (vedi foto) che documentano una lesione occupante spazio che determina shift delle strutture encefaliche, cioè uno spostamento verso un lato e segni di compressione sul midollo. Il paziente effettua un emocromo che documenta leucocitosi neutrofila e presenta all’auscultazione del torace un reperto catarrale. Viene valutato dal neurochirurgo, il quale esclude si possa intervenire chirurgicamente.

Lo stesso specialista effettua un prelievo bioptico della lesione e pone diagnosi di astrocitoma, indicando come possibile trattamento del caso in specie una radioterapia mirata.  Il paziente effettua con successo una terapia antiedema cerebrale con mannitolo 150 ml x 4 volte/die, desametasone 8 mg f. una fiala bis in die, e copertura antibiotica con macrolide e ceftriaxone. In qualche giorno migliora il quadro clinico ed il paziente può finalmente essere dimesso per effettuare la radioterapia.

TAC ENCEFALO: astrocitoma, shift delle strutture e lesione occupante spazio visibile al centro dell'immagine come lesione sfericaTC PRONTA DISPONIBILITA'
Esame eseguito in regime d'urgenza senza infusione e.v. di MdC con TC single slice. Pz con lesione eteroplasica cerebrale (astrocitoma). In atto si documenta in sede talamica dx presenza di lesione espansiva con diametro assiale max di circa 40mm , struttura disomogenea, ipodensa nella regione centrale con esteso cercine periferico iperdenso; tale formazione provoca effetto massa sul terzo ventricolo e sul corno occcipitale del ventricolo laterale dx; coesiste shift controlaterale delle strutture della linea mediana. SFUMATA IPERDENSITA' DI TIPO EMATICO è apprezzabile in corrispondenza del centro semiovale sn , in prossimita' del vertice. Si evidenzia aumentata iperdensita' della tela tentoriale (ematica?). SI DOCUMENTA TOTALE APPIANAMENTO DEI SOLCHI CEREBRALI A CUI SI ASSOCIA DIFFUSA IPODENSITA' DELLA SOSTANZA BIANCA PERIVENTRICOLARE E DEI CENTRI SEMIOVALI COME PER CONDIZIONE DI EDEMA . Dilatato il IV ventricolo, i corni temporali dei ventricoli laterali ed il ventricolo laterale sn. Sarebbe stata utile valutazione comparativa con analogo esame eseguito in precedenza. NECESSARIA CONSULENZA SPECIALISTICA ed approfondimento diagnostico con esame RM.

Definizione.

I tumori derivati dagli astrociti rappresentano le neoplasie primitive intracraniche più comuni. Il loro aspetto neuropatologico è altamente variabile e sono stati compiuti numerosi tentativi di stabilire sistemi di grading istologico in grado di fornire indicazioni affidabili sul decorso clinico. Il sistema di grading tradizionale di Kernohan e Sayre suddivideva i tumori astrocitari in quattro gradi (da I a IV) di malignità. A causa di una serie di limitazioni, tale classificazione è stata abbandonata e sostituita da due sistemi da essa derivati, dei quali il più diffuso è il sistema a quattro gradi di malignità dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il grado I è riservato a varianti specifiche di astrocitoma con prognosi ottima dopo l'asportazione chirurgica.
 

Tra queste si distinguono:
· l’astrocitoma (grado II)

In posizione intermedia vi sono
· l’astrocitoma anaplastico (grado III).
· l’astrocitoma subependimale a cellule giganti (che si riscontra nei pazienti con scle­rosi tuberosa)
· il glioblastoma multiforme, estremo grado di neoplasia, il grado IV un tu­more clinicamente aggressivo.
· l’astrocitoma pilocitico giovanile
· lo xantoastrocitoma pleomorfo.

Le caratteristiche specifiche che si associano a un comportamento aggressivo sono l'ipercellularità, l'atipia nucleare e citoplasmatica, la proliferazione endoteliale, l'attività mitotica e la necrosi. La proliferazione endoteliale e la necrosi sono solitamente considerate come indicatori importanti del potenziale di crescita rapida e di invasione del tessuto sano circostante. La classificazione dell'OMS include sistemi di grading paralleli dei tumori oligodendrogliali ed ependimali. Un altro diffuso sistema di grading per i tumori astrocitari, il sistema Saint Anne-Mayo, assegna un punto per ciascuna delle seguenti caratteri­stiche istologiche: atipia nucleare, mitosi, proliferazione endoteliale e necrosi. Si ottiene così uno schema di grading a quat­tro stadi che si correla discretamente bene con la prognosi. Un limite comune a tutti gli schemi di grading, in particolare quan­do vengono applicati sulla base di un solo campione bioptico, è che i tumori astrocitari presentano un aspetto istologico che può variare da regione a regione e nel corso del tempo. Gli astracitomi a basso grado spesso recidivano con un grado istopatologico più elevato e decorso clinico più aggressivo. Anche le misurazioni quantitative dell'attività mitotica pos­sono fornire indicazioni sul decorso. L'indice di proliferazio­ne può essere determinato misurando l'assorbimento di bromo-desossiuridina (BUdR), un analogo della timidina, all'interno del tessuto tumorale. La sostanza viene somministrata per via endovenosa prima dell'intervento chirurgico e se ne esamina l'assorbimento nei nuclei cellulari tumorali su campioni bioptici, per mezzo di anticorpi monoclonali BUdR-specifici, otte­nendo una stima quantitativa della sintesi di DNA. Tra gli altri metodi utilizzati per valutare l'attività mitotica vi è la marcatu­ra immunoistochimica mediante anticorpi contro l'antigene nucleare delle cellule in proliferazione (proliferating celi nuclear antigen, PCNA) o con un anticorpo monoclonale detto Ki-67 che riconosce una proteina istonica espressa dalle cellule proliferanti ma non da quelle in stato quiescente. I valori ottenuti da queste misurazioni sono correlati alla malignità del tumore. In generale la prognosi per i pazienti con astrocitoma non è buona. In un gruppo di pazienti finlandesi in cui è stato utilizzato il sistema di grading dell'OMS, la sopravvivenza media è stata di 93,5 mesi per i pazienti con astrocitoma di grado I o II, 12,4 mesi per i pazienti con astrocitoma di grado III (astrocitoma anaplastico) e 5,1 mesi per quelli con tumore di grado IV (glioblastoma). Negli Stati Uniti la sopravvivenza media dei pazienti con tumore ad alto grado di malignità è di circa 12 mesi. Oltre all'aspetto istologico, i fattori associati a una prognosi ne­gativa sono l'età superiore a 65 anni e un basso livello funzio­nale, in base alla scala di performance di Karnofsky, al momento dell'esordio dei sintomi.

Astrocitomi a basso grado di malignità

Gli astrocitomi a basso grado di malignità sono più comuni nei bambini che negli adulti. L'astrocitoma pilocitico del cervelletto, così definito per le tipiche cellule fusate, è il tumore cerebrale più comune dell'età infantile. Si tratta in genere di un tumore istologicamente benigno, con buona demarcazione dal tessuto cerebrale adiacente e con possibile presenza di aree cistiche. Sussiste l'indicazione all'intervento chirurgico di escissione e la sopravvivenza a lungo termine in assenza di malattia è la regola. Il trattamento ottimale delle altre forme di astrocitoma a basso grado è oggetto di controversie: per i pazienti sintomatici, con deficit neurologici focali o epilessia scarsamente controllata con la terapia farmacologica, l'asportazione chirurgica è il trattamento di prima scelta. Per quanto concerne la radioterapia postchirurgica, vi sono opinioni discordanti; benché la terapia radiante sia in grado di ritardare la recidiva, secondo alcuni au­tori il trattamento va riservato alle recidive, in cui il tumore può ripresentarsi con un fenotipo più maligno. Nei casi in cui è pos­sibile solo una biopsia o un'asportazione parziale, in genere si intraprende una terapia radiante con fascio esterno dopo l'intervento. Nei pazienti asintomatici o con sintomi minimi alla presentazione va eseguita una biopsia o la resezione del tumore. Non è stato dimostrato che la scelta di rimandare l'intervento chirurgico definitivo e la terapia radiante fino al momento in cui il paziente diviene chiaramente sintomatico comporti conse­guenze negative. La chemioterapia non riveste alcun ruolo definito nella terapia degli astrocitomi a basso grado di malignità.
 

Astrocitomi ad alto grado di malignità

La grande maggioranza degli astrocitomi che si sviluppano in età adulta è ad al­to grado di malignità, ha sede sopratentoriale e non presenta un margine netto di demarcazione tra tessuto patologico e tessuto sano. Nei tumori ad alto grado di malignità le cellule neoplastiche migrano dalla massa tumorale principale e infiltrano il tessuto cerebrale normale, spesso seguendo i fasci di sostanza bianca. Le indagini radiologiche non sono in grado di definire con precisione l'estensione del tumore, che in genere si dimostra fatale, benché una piccola percentuale di pazienti sopravviva a lungo. A differenza delle neoplasie maligne sistemiche, che portano a morte quando insorgono complicazioni secondarie alla metastatizzazione, nei gliomi gli effetti fatali sono legati alla crescita locale. In stadio avanzato i gliomi, soprattut­to quelli localizzati nella fossa posteriore, possono metastatizzare al midollo lungo le vie liquorali; le metastasi al di fuori del SNC sono rare. Il trattamento degli astrocitomi ad alto grado di malignità è basato sulla somministrazione di glucocorticoidi, sulla terapia chirurgica, sulla terapia radiante e sulla chemioterapia. La terapia con desametasone viene in genere istituita al momento della diagnosi e proseguita durante il periodo di terapia radiante. Al termine della terapia radiante il dosaggio viene progressivamente ridotto alla dose minima tollerata. La resezione chirurgica totale non è possibile e, data la caratteristica infiltrazione dei tessuti circostanti sani, l'intervento chirurgico ha lo scopo di ottenere un campione significativo di tes­suto per la diagnosi istopatologica e di contenere l'effetto massa. In genere gli astrocitomi accessibili vengono asportati con approccio aggressivo nei pazienti di età inferiore a 65 anni in buone condizioni cliniche e in alcuni casi selezionati di pazienti più anziani. Il valore di questa pratica terapeutica è stato con­fermato da studi retrospettivi che hanno dimostrato che l'esten­sione della massa tumorale asportata, stimata confrontando i reperti radiologici pre- e postchirurgici, presenta una correlazione diretta con la sopravvivenza. Non è noto quanto la selezione dei pazienti influenzi questi dati ed è possibile che i pazienti più giovani e più sani, in condizioni neurologiche migliori, siano in grado di tollerare meglio un intervento chirurgico aggressivo rispetto ai pazienti più anziani o in condizioni cliniche peggiori. La radioterapia postchirurgica prolunga la sopravvivenza e migliora la qualità della vita dei pazienti con astrocitoma ad alto grado di malignità, benché la durata di questo beneficio sia solo di qualche mese. Con il solo trattamento a base di prednisolone la sopravvivenza media dei pazienti di età inferiore ai 65 anni con glioblastoma è di 7-9 mesi. La sopravvivenza aumenta fino a 11-13 mesi con la terapia radiante. Nel trattamento dei gliomi primitivi l'irradiazione cerebrale mirata è meno tossica e altrettanto efficace dell'irradiazione panencefalica. In genere si concentra il trattamento sulla massa tumorale, definita attra­verso TC o la RM con mezzo di contrasto, aggiungendo 3-4 cm di margine. Una dose totale di 5000-7000 cGy viene sommini­strata in 25-35 frazioni uguali, per cinque giorni alla settimana.
Il ruolo della radiochirurgia stereotassica e della brachiterapia interstiziale non è definito. Per radiochirurgia stereotassica si intende la somministrazione di una singola dose di radiazione altamente mirata su un volume preciso di tessuto. Vi sono tre me­todi per eseguirla: il gamma knife consiste in una serie di sorgenti di radiazioni gamma poste in una semisfera intorno al capo del paziente. Controllando il dosaggio emesso da ciascuna sor­gente si può somministrare una dose di radiazione elevata a un tumore di forma irregolare in una singola seduta, con esposizione minima del tessuto sano circostante. Effetti analoghi possono es­sere ottenuti con un acceleratore lineare modificato o con una sorgente di particelle pesanti, facendo ruotare il paziente o la sorgente. Questi ultimi sistemi sono particolarmente costosi e sono disponibili in pochi centri. Potenzialmente, con la radiochirurgia stereotassica è possibile ottenere l'ablazione totale del tumore senza craniotomia e l'intera procedura può essere eseguita in un solo giorno; il suo limite principale è che può essere utilizzata solo per tumori di piccole dimensioni, in genere non più di 3 cm di diametro. La brachiterapia interstiziale, che consiste nell'impianto stereotassico di semi radioattivi all'interno della massa tumorale, viene in genere riservata alle recidive di tumore a causa della sua tossicità (in particolare necrosi del tessuto cerebrale normale). La chemioterapia ha un ruolo marginale nel trattamento degli astrocitomi ad alto grado e spesso viene utilizzata come terapia complementare dopo la chirurgia e la radioterapia. Le nitrosuree, comprese la carmustina (BCNU) e la lomustina (CCNU) sono tra gli agenti più efficaci disponibili. Dato che caratteristicamente il glioma infiltra il tessuto cerebrale sano nei punti in cui la barriera ematoencefalica è relativamente integra, gli agenti liposolubili come le nitrosuree, che sono in grado di attraversare la barriera, possono raggiungere più facilmente le cellule neoplastiche rispetto ad agenti idrosolubili. Tra gli approcci sperimentali ricordiamo l'infusione per via intrarteriosa di chemioterapici, la somministrazione dei farmaci dopo degradazione osmotica della barriera ematoencefalica e i protocolli di chemiotera­pia intensiva con il supporto di trapianto del midollo autologo.
 
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