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Effetti cronici dell'esposizione al sole: lesioni maligne

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Prima di leggere questo articolo, ricordatevi che qualsiasi lesione della pelle non va trascurata nè trattata a caso. Non fidatevi del primo dermatologo che sottopone a trattamento laser una lesione. Dietro una lesione ulcerata della pelle, si può nascondere un'insidia. Per tale ragione è opportuno intervenire con criterio, bioptizzando la lesione e sucessivamente escidendola con adeguato bordo intorno. Una delle conseguenze più note dell'esposizione cronica al sole è il cancro della cute non melanoma.


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basalioma

I due tipi di tumore della cute non melanomatosi sono il carcinoma basocellulare o basalioma (basal cell carcinoma, BCC) e il carcinoma a cellule squamose o spinocellulare (squamous cell carcinoma, SCC). I momenti principali di induzione del cancro sono tre: iniziazione, promozione e progressione. L’esposizione solare della cute umana determina l'iniziazione neoplastica, un processo in cui le alterazioni strutturali (mutazioni) del DNA provocano un'alterazione irreversibile nelle cellule bersaglio (i cheratinociti) che dà inizio alla cancerogenesi. L'esposizione a un fattore iniziante, come gli UV-B, viene considerata necessaria ma non sufficiente per la cancerogenesi.

Pertanto, le cellule iniziate che non sono esposte a fattori promoventi, in genere, non presentano un'evoluzione neoplastica. Il secondo stadio nello sviluppo del tumore è la promozione, un processo in diverse tappe attraverso il quale l'esposizione cronica alla radiazione solare determina modificazioni epigenetiche che culminano nell'espansione clonale di cellule iniziate e causa lo sviluppo, in molti anni, di proliferazioni premaligne note come cheratosi attiniche, una minoranza delle quali può progredire verso un carcinoma cutaneo. Sulla base di studi estesi sembra chiaro che gli UV-B siano un carcinogeno completo, cioè che possano agire sia come promotori sia come iniziatori di un tumore.

La terza e ultima tappa nel processo di trasformazione maligna è la conversione maligna dei precursori benigni in lesioni maligne, un processo che si pensa richieda alterazioni genetiche aggiuntive nelle cellule già trasformate.

Si pensa che la carcinogenesi cutanea sia causata dall'accumulo di mutazioni del gene p53 soppressore tumorale, come conseguenza del danno al DNA causato dagli UV. Infatti, sia i tumori cutanei umani che murini indotti da raggi UV hanno mutazioni di p53 uniche (transizioni C → T e CC → TT), presenti nella maggioranza di queste lesioni. Alcuni studi hanno dimostrato che gli schermi solari possono ridurre sostanzialmente la frequenza di queste mutazioni di p53 e che possono drammaticamente inibire l'induzione dei tumori. Le mutazioni della p53 sono presenti nella cute umana normale fotoesposta, nelle cheratosi attiniche e nei tumori cutanei non melanoma compresi i carcinomi baso- e spinocellulari. I carcinomi basocellulari esprimono mutazioni anche nel gene soppressore dei tumori noto come patched, che determina un'attivazione dei segnali hedge-hog e un aumento dell'attività di smoothened, che a sua volta a valle causa un'attivazione dei fattori di trascrizione che fanno aumentare la proliferazione cellulare.

Quindi questi tumori possono manifestare mutazioni sia nel gene p53 sia nel gene patched. L’esposizione solare causa i tumori non melanoma e il melanoma della cute, anche se l'evidenza è molto più diretta per i tumori non melanoma (BCC e SCC) che per il melanoma. Quasi l'80% dei carcinomi si sviluppa nelle parti esposte, cioè il volto, il collo e le mani. I principali fattori di rischio comprendono: sesso maschile, esposizione solare nell'infanzia, età avanzata, cute chiara e residenza a latitudini vicine all'equatore. Nei soggetti di etnia bianca  con carnagione più scura (per es., gli ispanici) il rischio d'insorgenza di tali neoplasie è pari a un decimo di quello dei soggetti con carnagione chiara. Negli Individui di etnia nera il rischio associato a tutte le forme di cancro della cute è Minimo.

Ogni anno, negli Stati Uniti, più di 1,3 milioni di persone è colpito da carcinomi della cute; è stato calcolato che in un soggetto di etnia bianca il rischio ili sviluppare tali neoplasie durante tutta la vita è di circa il 15%. Esiste accordo sul fatto che nella popolazione l'incidenza dei tumori cutanei non melanoma sta aumentando del 2-3% l'anno per ragioni sconosciute. Una spiegazione possibile | il diffuso utilizzo di lampade abbronzanti.

Carcinoma spinocellulare

Si stima che negli Stati Uniti ogni anno 30 milioni di soggetti utilizzano lampade abbronzanti e tra questi oltre 2 milioni di adolescenti. Il rapporto fra esposizione al sole e sviluppo del melanoma è meno chiaro, ma diversi elementi sostengono tale associazione. I maggiori fattori di rischio per il melanoma sono la storia familiare di melanoma, la presenza di nevi displastici multipli e un pregresso melanoma. I melanomi possono insorgere in età giovanile, indicando che il periodo di latenza prima della crescita tumorale è l'in breve che per i carcinomi della cute.

 I melanomi sono i tumori a più rapida crescita nell'ambito delle neoplasie umane maligne. Studi epidemiologici condotti su immigrati di etnia simile indicano che i soggetti nati in un'area, o che in essa sono emigrati prima dell'età di 10 anni, presentano una maggiore incidenza in età specifica di melanoma rispetto ai soggetti emigrati più tardi. Pertanto, appare logico concludere che vivere nelle regioni più soleggiate sin dalla nascita o dalla prima infanzia aumenta il rischio di melanoma. In generale, il rischio non è correlato all'esposizione solare cumulativa, ma può essere in rapporto con la durata e l'estensione dell'esposizione nell'infanzia. Studi epidemiologici hanno dimostrato che l'utilizzo di lampade abbronzanti è un fattore di rischio per il melanoma.

Una metanalisi di 17 studi caso-controllo in pazienti con melanoma ha portato alla conclusione che l'effetto protettivo degli schermi solari contro questo tipo di tumore non può essere provato, ma ciò è dovuto probabilmente all'impossibilità di controllare fattori confondenti quali la stabilità dello schermo solare e la frequenza di applicazione. Poiché non sono disponibili studi prospettici che forniscano una risposta al problema, sembra ragionevole raccomandare ai pazienti a rischio di melanoma la fotoprotezione, evitando l'esposizione solare e utilizzando schermi solari ad alta protezione e indumenti protettivi.

Effetti immunologici dell'esposizione al sole

L'esposizione alle radiazioni solari causa immunosoppressione locale (inibizione delle risposte immunitarie nei confronti di antigeni applicati nel sito di irradiazione) e sistemica (inibizione delle risposte immunitarie nei confronti di antigeni applicati in aree lontane non irradiate). Lo spettro d'azione dell'immunosoppressione UV-indotta riproduce fedelmente lo spettro d'assorbimento del DNA. I dimeri di pirimidina nelle cellule di Langerhans possono inibire la presentazione dell'antigene. Lo spettro di assorbimento dell'acido urocanico dell'epidermide riproduce fedelmente lo spettro d'azione dell'immunosoppressione UV-B-indotta.
L'isomerizzazione trans-cis dell'acido urocanico indotta dagli UV nello strato corneo porta al suo assorbimento sistemico, con conseguente effetto immunosoppressivo. Inoltre, la somministrazione di dosi modeste di raggi UV-B sulla cute umana riduce il grado di sensibilizzazione allergica nei confronti di un allergene molto potente come il dinitroclorobenzene. Ciò è associato alla deplezione delle CL epidermiche indotta dalle specie reattive dell'ossigeno. Dosi più elevate di radiazioni provocano la riduzione delle risposte immunitarie ad antigeni introdotti per via epicutanea o intracutanea in sedi lontane dalla zona irradiata.

Anche queste risposte soppressive sono associate all'induzione di linfociti T suppressor antigene-specifici e possono essere mediate da fattori tuttora indefiniti liberati dalle cellule epidermiche nella sede di irradiazione. Un'importante conseguenza dell'esposizione cronica alla luce solare e della concomitante immunosoppressione è l'aumento del rischio di tumori cutanei. Forse la principale dimostrazione del ruolo svolto dall'immunosoppressione nell'aumentare il rischio di tumori cutanei non melanoma proviene da studi su pazienti sottoposti a trapianto d'organo in terapia immunosoppressiva cronica anti-rigetto. Più del 50% dei pazienti trapiantati sviluppa carcinomi baso- e spinocellulari e questi sono i tumori maligni più comuni che insorgono nei soggetti immunosoppressi che hanno ricevuto il trapianto di un organo solido. Anche i virus del papilloma umano (human papilloma virus, HPV) possono avere un ruolo nell'aumento del rischio di carcinomi spinocellulari in questi pazienti, poiché i tumori mostrano la presenza di HPV-DNA in circa l'80% dei casi. Questi soggetti necessitano di attenti monitoraggi periodici e fotoprotezione rigorosa, utilizzando schermi solari, indumenti protettivi e cercando di non esporsi al sole.

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