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Meccanismo immunologico della celiachia

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Quali sono le frazioni proteiche del grano responsabili della celiachia?

Il grano è costituito da una miscela proteica che lo rende responsabile dell'innesco di fenomeno immunopatologici e, quindi, della celiachia, condizione questa in cui l'organismo produce sostanze lesione delle proprie strutture.
Il fatto è, però, che i cereali rappresentano fonte di nutrienti ma per  i celiaci, tali prodotti, e in particolare la frazione proteica, rappresentano un fattore lesivo se non letale in quanto non solo sono causa di enteropatia, ma predispongono anche a complicanze neoplastiche.
La componente proteica del grano può essere distinta in quattro classi, in funzione della solubilità, essendo le albumine solubili in acqua, le globuline solubili in soluzione salina, le gliadine solubili in soluzione alcolica e le glutenine non solubili.
La frazione nociva per i pazienti celiaci è rappresentata dalle proteine alcol-solubili dei cereali o prolamine, così chiamate a causa dell'alto contenuto in prolina e glutamina.
Si tratta di una miscela di proteine che, a seconda del cereale di appartenenza, sono state definite gliadina per il grano,  ordeina per l'orzo, secalina per la segale e avenina per l'avena. Tra queste, la gliadina è quella maggiormente studiata, mentre solo recentemente sono stati pubblicati studi riguardanti le prolamine provenienti dagli altri cereali.
A sua volta, anche la gliadina è costituita da molecole estremamente eterogenee che, sulla base della loro mobilità elettroforetica e della sequenza N-terminale, vengono suddivise in tre gruppi maggiori: α, y e ω, che presentano un grado di tossicità decrescente nei confronti della mucosa intestinale dei celiaci. Tra queste, la più studiata è senz'altro la A-gliadina facente parte del gruppo delle a-gliadine, di cui è nota non solo la sequenza aminoacidica, ma anche la immunogenicità dei vari frammenti.


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A tal proposito, occorre precisare che alcuni suoi peptidi esplicano un'azione "tossica", avendo la capacità di determinare l'insorgenza delle caratteristiche lesioni mucosali se somministrati mediante challenge o su coltura d'organo di biopsie perendoscopiche, mentre altri hanno un'azione immunogenica, essendo in grado di stimolare i linfociti T HLA-DQ2 o -DQ8 ristretti provenienti sia da sangue periferico che da mucosa intestinale di pazienti celiaci.

 Inoltre, alcuni peptidi sono definiti "immunodominanti" per la loro potente capacità di attivare i linfociti Più  precisamente, alcuni peptidi che possono essere inattivi o semplicemente immunogenici nella loro forma nativa, diventano immunodominanti dopo la modificazione subita ad opera dell'enzima transglutaminasi tissutale. Tale enzima, universalmente riconosciuto essere l'autoantigene della MC ed il target degli anticorpi anti-endomisio, una volta attivato ad opera di stimoli flogogeni, determina una specifica deamidazione di alcuni peptidi, trasformando un residuo di glutamina in acido glutamico, carico negativamente che incrementerebbe in modo massimale la possibilità di riconoscimento e di legame sia con l'eterodimero HLA-DQ espresso dalle cellule antigene-presentanti che con il recettore delle cellule T.

Tale deamidazione, inoltre, fa sì che alcuni epitopi siano preferenzialmente riconosciuti dai linfociti T a discapito di altri e che quindi avvenga un "epitope focusing" nel corso della malattia. La permanente attivazione della tTG potrebbe determinare una modificazione post-traslazionale anche di molecole del innescando l'autoimmunità secondaria.

 

Perchè avviene una risposta autoimmunitaria in corso di celiachia?

 Per poter essere processati dalle cellule immunocompetenti, gli oligopeptidi derivanti dalla digestione enzimatica delle prolamine introdotte con la dieta, devono attraversare lo strato epiteliale della mucosa intestinale.

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Celiachia ed immunità

Immunità e mucosa intestinale

In condizioni fisiologiche, i peptidi alimentari sono efficientemente idrolizzati a di- e tripeptidi dalle peptidasi presenti sull'orletto a spazzola degli enterociti, prima di essere trasportati attraverso la cellula al polo basale per essere rilasciati a livello della lamina propria.

Comunque, la massiccia presenza dei residui di prolina fa si che tali peptidi siano inaccessibili alla digestione degli enzimi digestivi e pervengano inalterati alle cellule immunocompetenti.

Pertanto, nel caso in cui si verifichi un aumento della permeabilità intestinale primitivo, o secondario ad un qualunque evento stressante, tali oligopeptidi raggiungerebbero la lamina propria in maniera non solo quantitativamente maggiore, ma anche qualitativamente alterata, dal momento che attraverserebbero l'epitelio per via paracellulare piuttosto che per via transcellulare.

Quali cellule immunocompetenti intervengono nella celiachia?

Inoltre, alcuni peptidi sono in grado di elicitare direttamente le cellule mononucleate della lamina propria, ed in particolare quelle monocito-macrofagiche che, attraverso la produzione di una importante citochina immunomodulatoria, la interleuchina (IL)-15, attivano i linfociti intraepiteliali e upregolano la espressione di alcune molecole HLA di classe I da parte delle cellule epiteliali.

In tal modo si perviene ad un'attivazione della immunità innata, senza che tali peptidi siano stati presentati dalle cellule antigene-presentanti professioniste, quali le cellule dendritiche, ai linfociti T CD4+ e senza che i linfociti effettori siano mai venuti a contatto con il peptide originario.

I linfociti intraepiteliali così attivati inducono fondamentalmente apoptosi delle cellule epiteliali.

Quei peptidi, invece, che non sono in grado di stimolare una risposta innata di per sé, verrebbero tradizionalmente captati dalle cellule antigene-presentanti professioniste, processati, complessati con le specifiche molecole del sistema HLA di classe II e presentati ai recettori dei linfociti T CD4+ assieme a molecole costimolatorie.

 Le cellule dendritiche così maturate produrrebbero preferenzialmente IL-18 e interferone (IFN)-α, citochine di fondamentale importanza nel polarizzare la risposta immunitaria in senso T helper 1, e quindi nell'attivare i linfociti T CD4+.

Questi ultimi sono in grado di produrre un particolare pattern citochinico fortemente dominato dall’IFN-y, responsabile a sua volta dell'attivazione dei linfociti T CD8+ citotossici, dei linfociti B, dei monociti e delle cellule stromali.

I linfociti T citotossici danno inizio al braccio effettore della risposta immunitaria che conduce, in ultima analisi, al danno mucosale attraverso un'aumentata apoptosi enterocitaria e un'aumentata produzione di metalloproteasi di matrice (MMP). In particolare, l'aumentata apoptosi enterocitaria è conseguente all'attivazione dei due principali sistemi citolitici linfocitari, il sistema Fas/ligando di Fas ed il sistema perforina/Granzyme, in grado a loro volta di attivare nella cellula bersaglio le vie metaboliche ed enzimatiche dell'apoptosi.

Ma i linfociti T, così come le cellule stromali ed i monociti, una volta attivati da stimoli infiammatori, sono in grado di produrre anche le MMP, specifici enzimi la cui principale funzione è la degradazione di tutte le componenti della matrice extracellulare e della membrana basale epiteliale. In un nostro recentissimo studio abbiamo dimostrato che, in corso di MC attiva, si assiste alla produzione di un particolare profilo di MMP caratterizzato dalla prevalenza della MMP-12 o metalloelastasi, i cui livelli correlano sia con gli elevati livelli di IFN-y, che con il grado di atrofìa mucosale morfometricamente valutato.

Da queste evidenze sperimentali si deduce che l'IFN -y è la citochina chiave di tutto il braccio effettore della cascata immunitaria responsabile delle lesioni mucosali e che la MMP-12, digerendo la membrana basale, indurrebbe gli enterociti ad andare incontro a quella particolare tipologia di apoptosi da distacco (o anoichisi), con conseguente collasso dell'architettura del villo.  L'aumentata apoptosi enterocitaria, a sua volta, altera l'integrità della barriera mucosale favorendo l'esposizione del sistema immunitario ad un'abnorme quantità di antigeni, amplificando e perpetuando la flogosi intestinale. L’eliminazione del glutine dalla dieta determina una restituito ad integrum della mucosa intestinale e la regressione dei sintomi.

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