Coagulazione intravasale disseminata emergenza temibile.

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ematologia cfr anche:

La C.I.D., in relazione alla velocità ed all'entità con cui i vari fattori plasmatici della coagulazione ed i trombociti vengono utilizzati e/o demoliti nonché alla capacità dell'organismo di rimpiazzare i vari componenti consumabili durante il processo emocoagulativo, può essere distinta in:

—forme compensate

—forme ipercompensate

—forme scompensate

Infatti, mentre il processo di coagulazione del sangue "in provetta" determina costantemente il consumo di fibrinogeno, protrombina, F. V, F. VIII, F. XIII e piastrine (componenti pressoché assenti nel siero).
In corso di coagulazione intravascolare il consumo dei fattori plasmatici e delle piastrine può essere assai difforme, anche perché può risentire in modo decisivo della capacità dell'organismo di incrementare la produzione dei vari componenti consumabili; in corso di C.I.D. pertanto i livelli di concentrazione dei fattori plasmatici della coagulazione e delle piastrine possono in alcuni casi rimanere entro valori normali (forme compensate), in altri ancora, per la verità eccezionali, essere addirittura aumentati (forme ipercompensate) ed in altri infine essere chiaramente ridotti (forme scompensate), la riduzione potendo interessare uno o più dei principi consumabili durante il processo emocoagulativo ed essere tale da conferire, a volte, al plasma caratteristiche del tutto sovrapponibili a quelle del siero. Nella C.I.D. il processo emocoagulativo, cosi come l'iperfibrinolisi reattiva, può decorrere in modo clinicamente silente (forme fruste), rendendo addirittura, a volte, indispensabile per la diagnosi il ricorso alla determinazione dell'emivita del fibrinogeno e delle piastrine al fine di documentare un turnover accelerato di questi componenti; il quadro clinico delle forme conclamate di C.I.D. è caratterizzato da una fenomenologia estremamente variabile in relazione alla entità del processo emocoagulativo, al grado di iperfibrinolisi sistemica e locoregionale presente, alla capacità dell'organismo di compensare l'esaltata e patologica utilizzazione dei fattori plasmatici, alle anomalie quantitative e/o qualitative eventualmente presenti a carico delle piastrine, alla sede di prevalente localizzazione delle lesioni e così  via. Le manifestazioni cliniche — che generalmente non fanno difetto nelle forme acute e subacute di C.I.D. mentre possono essere estremamente sfumate, se non del tutto assenti, nelle forme croniche — consistono fondamentalmente in segni e sintomi di trombosi, emorragie e, a volte, anemia emolitica microangiopatica: queste manifestazioni di solito si intrecciano variamente, talora dominando l'intero quadro clinico, talora decorrendo in modo quasi inosservato confondendosi con quelle della situazione morbosa primitiva nella quale si è innestata secondariamente la C.I.D. I fenomeni trombotici si verificano soprattutto a livello del microcircolo; la loro evidenza clinica si ha di solito quando interessano organi particolarmente sensibili all'ischemia e/o quando la deposizione in-travascolare di fibrina è massiva: possono realizzarsi stati confusionali, deficit neurologici di vario tipo, segni e sintomi d'insufficienza renale (a volte sostenuti da una necrosi corticale bilaterale dei reni), d'insufficienza cardiorespiratoria (microembolizzazione massiva del circolo polmonare, cuore polmonare acuto, etc), deficit visivi (amaurosi fugace, fosfeni etc), lesioni ischemiche delle estremità (sino alla gangrena), quadri di panipopituitarismo (che seguono, con un certo periodo di latenza clinica, alla necrosi della ghiandola ipofisaria e che si realizzano, preferenzialmente, nelle C.I.D. che insorgono in immediata vicinanza del periodo del parto), e così via.

Sintomi e segni della CID.

Le manifestazioni emorragiche di solito dominano il quadro clinico della C.I.D. e possono essere estremamente variabili per gravità ed aspetto: petecchie, ecchimosi (vedi foto a lato), epistassi, gengivorragie, sanguinamenti profusi in sede di punture endovenose o intramuscolari, emorragie cerebrali, emorragie retiniche, emorragie dell'apparato gastro-intestinale, sanguinamenti dell'apparato genito-urinario, ematomi muscolari, sottocutanei e fasciali, necrosi emorragica dei surreni, sanguinamenti infrenabili dalle ferite operatorie e dai drenaggi, emorragie per traumi accidentali e così via. Manifestazioni emorragiche e fatti coagulativi solitamente coesistono e si potenziano risultandone così un quadro sindromico apparentemente paradossale. Un ulteriore aspetto, abbastanza peculiare, che viene generalmente offerto dalla C.I.D. è quello dell'esistenza di un'anemia emolitica, cosiddetta microangiopatica, la cui genesi viene ricondotta alla distruzione ed alla frammentazione delle emazie al loro passaggio attraverso i vasi del microcircolo parzialmente ostruiti dalle maglie di fibrina: la presenza, all'esame dello striscio di sangue periferico, di emazie variamente frammentate (schistociti) è pertanto di ausilio diagnostico e può riscontrarsi anche nelle forme fruste di C.I.D. Per quanto riguarda la diagnosi di C.I.D. occorre considerare sulla scorta di tutti entro valori normali (forme compensate), in altri ancora, per la verità eccezionali, essere addirittura aumentati (forme ipercompensate) ed in altri infine essere chiaramente ridotti (forme scompensate), la riduzione potendo interessare uno o più dei principi consumabili durante il processo emocoagulativo ed essere tale da conferire, a volte, al plasma caratteristiche del tutto sovrapponibili a quelle del siero.

Petecchie, caso clinico di piastrinopenia

Petecchie, caso clinico di piastrinopenia

Nella C.I.D. il processo emocoagulativo, cosi come l'iperfibrinolisi reattiva, può decorrere in modo clinicamente silente (forme fruste), rendendo addirittura, a volte, indispensabile per la diagnosi il ricorso alla determinazione dell'emivita del fibrinogeno e delle piastrine al fine di documentare un turnover accelerato di questi componenti; il quadro clinico delle forme conclamate di C.I.D. è caratterizzato da una fenomenologia estremamente variabile in relazione alla entità del processo emocoagulativo, al grado di iperfibrinolisi sistemica e locoregionale presente, alla capacità dell'organismo di compensare l'esaltata e patologica utilizzazione dei fattori plasmatici, alle anomalie quantitative e/o qualitative eventualmente presenti a carico delle piastrine, alla sede di prevalente localizzazione delle lesioni e così via.

Le manifestazioni cliniche — che generalmente non fanno difetto nelle forme acute e subacute di C.I.D. mentre possono essere estremamente sfumate, se non del tutto assenti, nelle forme croniche — consistono fondamentalmente in segni e sintomi di trombosi, emorragie e, a volte, anemia emolitica microangiopatica: queste manifestazioni di solito si intrecciano variamente, talora dominando l'intero quadro clinico, talora decorrendo in modo quasi inosservato confondendosi con quelle della situazione morbosa primitiva nella quale si è innestata secondariamente la C.I.D.

I fenomeni trombotici si verificano soprattutto a livello del microcircolo; la loro evidenza clinica si ha di solito quando interessano organi particolarmente sensibili all'ischemia e/o quando la deposizione intravascolare di fibrina è massiva: possono realizzarsi stati confusionali, deficit neurologici di vario tipo, segni e sintomi d'insufficienza renale (a volte sostenuti da una necrosi corticale bilaterale dei reni), d'insufficienza cardiorespiratoria (microembolizzazione massiva del circolo polmonare, cuore polmonare acuto, etc), deficit visivi (amaurosi fugace, fosfeni etc), lesioni ischemiche delle estremità (sino alla gangrena), quadri di panipopituitarismo (che seguono, con un certo periodo di latenza clinica, alla necrosi della ghiandola ipofisaria e che si realizzano, preferenzialmente, nelle C.I.D. che insorgono in immediata vicinanza del periodo del parto), e così via.

Le manifestazioni emorragiche di solito dominano il quadro clinico della C.I.D. e possono essere estremamente variabili per gravità ed aspetto: pe­tecchie, ecchimosi, epistassi, gengivorragie, sanguinamenti profusi in sede di punture endovenose o intramuscolari, emorragie cerebrali, emorragie retiniche, emorragie dell'apparato gastro-intestinale, sanguinamenti dell'apparato genito-urinario, ematomi muscolari, sottocutanei e fasciali, necrosi emorragica dei surreni, sanguinamenti infrenabili dalle ferite operatorie e dai drenaggi, emorragie per traumi accidentali e così via. Manifestazioni emorragiche e fatti coagulativi solitamente coesistono e si potenziano risultandone così un quadro sindromico apparentemente paradossale. Un ulteriore aspetto, abbastanza peculiare, che viene generalmente offerto dalla C.I.D. è quello dell'esistenza di un'anemia emolitica, cosiddetta microangiopatica, la cui genesi viene ricondotta alla distruzione ed alla frammentazione delle emazie al loro passaggio attraverso i vasi del microcircolo par­zialmente ostruiti dalle maglie di fibrina: la presenza, all'esame dello striscio di sangue periferico, di emazie variamente frammentate (schistociti) è pertanto di ausilio diagnostico e può riscontrarsi anche nelle forme fruste di C.I.D. Per quanto riguarda la diagnosi di C.I.D. occorre considerare sulla scorta di tutti gli elementi di ordine eziopatogenetico e clinico sopra menzionati, che questa sindrome è quasi sempre secondaria ad altre affezioni, dell'esistenza delle quali può a volte essere il primo segno rivelatore (si pensi alla C.I.D. '"spia" della presenza di un carcinoma, specie se metastatizzato, decorso in modo clinicamente silente, ovvero alla C.I.D. come manifestazione clinica d'esordio di una leucosi acuta promielocitica), che può presentarsi con forme a scarsa o nulla espressività clinica ovvero con manifestazioni trombotiche o trombo-emorragiche di estrema gravità e drammaticità.

Il contributo diagnostico che viene offerto dalle indagini di laboratorio è essenziale in caso di C.I.D.

Diagnosi

La diagnosi di laboratorio si avvale di indagini volte fondamentalmente a documentare: a) l'esaltazione del processo emocoagulativo intravascolare:

—presenza di monomeri fibrinici nel plasma: la ricerca dei fibrinmonomeri nel plasma, negativa nei soggetti normali, si effettua solitamente con i "tests di paracoagulazione" (si basano sul principio che alcune sostanze, quali l'alcool etilico o il solfato di protamina, hanno la capacità di scindere i monomeri di fibrina dai complessi solubili che essi formano con i P.D.F. nonché con il fibrinogeno: successivamente r« tale scissione i monomeri tendono a riaggregarsi tra loro formando così un coagulo nel plasma) o con il test di emoagglutinazione (G.R. di gruppo O, rivestiti di monomeri di fibrina, vengono messi in contatto con il plasma del soggetto in esame: se il plasma contiene complessi solubili vi sarà agglutinazione delle emazie grazie all'affinità di questi complessi per i monomeri di fibrina adesi ai G.R.); in alcuni casi possono risultare positivi i tests di crioprecipitazione (i monomeri di fibrina possono legarsi alle globuline, compreso il fibrinogeno, che in alcuni casi precipitano a bassa temperatura);

—dosaggio del fibrinopeptide A: si serve di metodiche di tipo radio-immunologico ed immunoenzimatico (molto delicate ed ancora poco diffuse); nel plasma di un soggetto normale, il tasso di fibrinopeptide A è inferiore a 2 ng/ml;

—presenza di emazie frammentate all'esame dello striscio di sangue periferico;

—altre indagini: ricerca dell'attivazione del F. XIII (operata dalla trombina); valutazione del consumo di antitrombina III (questa antitrombina, di tipo antiesterasico, lega e neutralizza la trombina e forma inoltre con questa dei complessi che vengono successivamente allontanati dal circolo) etc.

b) l'iperfibrinolisi secondaria:

—incremento dei livelli di P.D.F. nel siero: tests immunologici (test di inibizione dell'emoagglutinazione passiva di emazie tannate: test di inibizione dell'agglutinazione di particelle di lattice);

—effetto anticoagulante dei P.D.F. nel plasma: i P.D.F. costituiscono l'antitrombina VI e sono pertanto in grado di prolungare sia il tempo di trombina che di reptilasi che di trombina-coagulasi in quanto agiscono da antitrombina di tipo antipolimerasico; la reptilasi e la stafilocoagulasi sono insensibili alle antitrombine di tipo antiesterasico (quali l'antitrombina III, cofattore eparinico), mentre sono sensibili all'effetto delle antitrombine di tipo anti-polimerasico (quali l'antitrombina VI e V); l'esecuzione del tempo di trombina e di uno degli altri due tests permette di svelare la presenza dei P.D.F. anche nei pazienti sottoposti a terapia eparinica in corso di C.I.D.

—altre indagini: registrazione di un aumento di dissolvimento del coagulo documentabile al tracciato tromboelastografico o persino nel sangue coagulato in provetta; riduzione del tempo di lisi delle euglobine o esecuzione di altre indagini volte a documentare l'incrementata attività fibrinolitica; valutazione dei livelli di plasminogeno, etc.

c) l'eventuale variazione di concentrazione, o comunque il consumo dei fattori plasmatici della coagulazione e di piastrine:

—tempo di trombina, tempo di tromboplastina parziale, tempo di protrombina etc.

—dosaggio del fibrinogeno

—valutazione dei livelli di concentrazione degli altri fattori plasmatici

—conteggio piastrinico

—valutazione dell'emivita del fibrinogeno, delle piastrine etc.

—altre indagini.

È necessario tuttavia considerare che la C.I.D. è, sia dal punto di vista clinico che laboratoristico, un processo dinamico in cui, nei diversi casi e nei diversi momenti, possono prevalere ora la ipercoagulabilità, ora la coagulopatia da consumo, ora il difetto piastrinico, ora l'iperfibrinolisi reattiva e così via, e che pertanto, nel procedimento diagnostico, occorre valutare molto criticamente di volta in volta, i vari dati: così, ad esempio, i monomeri di fibrina possono risultare assenti (perché il processo di coagulazione intravascolare ha da tempo trasformato gran parte del fibrinogeno in fibrina ed in circolo non si trovano quantità svelabili di complessi solubili di fibrina a causa dell'iperfibrinolisi reattiva che può aver scisso i monomeri di fibrina che si sono via via formati etc), ovvero presenti in assenza di una C.I.D. (magari semplicemente per la cattiva qualità del prelievo); i P.D.F. possono non risultare aumentati se sono escreti per via renale, essendo piccoli. Le piastrine possono essere ridotte anche per la malattia di base.

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