Riflessi condizionati, condizionamento classico o pavloviano.
cfr anche La memoria e La memoria, meccanismi
Inizialmente il suono di una campanella evoca nel cane una risposta di orientamento, mentre
la salivazione (risposta incondizionata, RI) viene stimolata normalmente dal cibo (stimolo
incondizionato, SI). Pero' se associamo ripetutamente il suono della campanella
(stimolo condizionato, SC) alla somministrazione del cibo (SI), si determina
nel cane la risposta salivatoria (risposta condizionata, RC) alla presentazione del solo
stimolo condizionato o SC (cioè, suono la campanella ed il cane, anche senza cibo, saliva). All'aumentare del numero di associazioni tra SC e SI,
la risposta condizionata (RC) aumenta fino a raggiungere un plateau. La
presentazione del solo SC determina una progressiva riduzione della RC.
Trascorso un certo intervallo di tempo dall'ultima presentazione del solo SC,
una nuova presentazione del solo SC produce
una RC di ampiezza significativa, segno che l'animale non ha dimenticato il
condizionamento precedente.
Una volta instaurato il riflesso condizionato, SC è in grado di generare la
risposta condizionata anche se non è seguito da SI. Tuttavia si osserva che alle
successive presentazioni del solo SC, cioè se suona la campana ma non
compare il cibo, allora nel cane la risposta condizionata diminuisce gradatamente fino a scomparire. Si assiste,
cioè, estinzione del riflesso. Il
numero di prove per indurre l'estinzione varia considerevolmente. D'altra parte
anche quando una risposta condizionata sembra estinta, essa non è completamente
scomparsa. Se si lascia passare un certo intervallo durante il quale al soggetto
non vengono presentati nè lo stimolo condizionato nè quello incondizionato e
poi si ripresenta il solo stimolo condizionato, ricompare una risposta
condizionata di entita' maggiore di quella osservata prima dell'intervallo di
riposo. A questa ricomparsa si da' il nome di recupero spontaneo.
La presenza del recupero spontaneo sta a indicare che l'estinzione è una forma
di inibizione piuttosto che un oblio. Durante l'estinzione, infatti, SC non
indica piu' il sopraggiungere del rinforzo, ma esattamente il contrario, cioè che
SI non si presentera'.
Come è implicito nel termine operante, il soggetto deve fare qualcosa (operare
sull'ambiente) per ottenere un risultato. Il soggetto impara che uno specifico
comportamento è strumentale per ottenere un certo risultato. Se il risultato è
favorevole, il soggetto tende a ripetere quel dato comportamento; al contrario,
se il risultato è svantaggioso, quel certo comportamento non viene ripetuto.
Questa forma di apprendimento, scoperta da Edward Lee Thorndike (1874-1949), è
stata studiata a fondo da Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) e dalla scuola
del comportamentismo.
La cassetta di Skinner è una gabbia insonorizzata, all'interno della quale, su
un lato a pochi centimetri dal pavimento, protrude una leva connessa con un
apparato opportunamente predisposto per fornire cibo. Se
s'introduce un ratto affamato nella gabbia (questo stato motivazionale è
importante, come si è visto anche nel caso del condizionamento pavloviano) e lo
si osserva, si nota che il ratto gironzola per la gabbia, ogni tanto si alza
sulle zampe posteriori, sempre annusando, manifestando quello che in termine
appropriato si definisce comportamento esplorativo. Per caso, durante questa
inquieta esplorazione, il ratto appoggia le zampe anteriori sulla leva e
l'abbassa (operante): immediatamente la pallina di cibo (rinforzo) cade e,
ovviamente, il ratto la mangia. Il ratto riprende a esplorare e appoggia
nuovamente per caso le zampe sulla leva: di nuovo il cibo cade dal contenitore e
il ratto lo mangia. Questo ciclo si ripete diverse volte e, osservando bene, si
nota come il ratto riduca man mano il tempo dedicato all'esplorazione e, dopo
aver mangiato, vada pressochè immediatamente a premere la leva. In altre parole,
il gesto di pressione sulla leva da evento poco probabile diventa altamente
probabile.
Ruolo che le diverse strutture descritte hanno nella memoria dichiarativa a breve e lungo termine: ruolo del lobo temporale mediale.
L'animale di elezione per questi studi è il macaco, il cui cervello è per molti versi simile a quello umano. Il macaco non puo' parlare (dichiarare), ma puo' riconoscere e, quindi, puo' essere sottoposto a test attraverso cui viene valutata la capacita' di riconoscere un certo stimolo visto in precedenza. A questo proposito si utilizza il Wisconsin General Testing Apparatus. L'animale in gabbia ha di fronte una superficie su cui sono praticati diversi fori. Inizialmente la scimmia vede un oggetto campione (un disco, un cubo eccetera) che ricopre uno dei fori. La scimmia viene addestrata a spostare l'oggetto per ottenere la ricompensa contenuta nel foro sottostante. Dopo che l'animale ha ottenuto il cibo, gli si impedisce, mediante uno schermo, di vedere la superficie per un certo tempo (ritardo); successivamente sulla superficie vengono posti due oggetti, uno identico al campione, l'altro diverso, e lo schermo viene rimosso. In alcune situazioni sperimentali la scimmia avra' il compito di spostare il nuovo oggetto (non appaiato al campione) in quanto vi trovera' sotto la ricompensa; in altri casi sperimentali la scimmia avra' il compito di spostare il campione, ricevendo sempre una ricompensa di cibo. In ogni caso la scimmia deve ricordare per un certo tempo la forma dell'oggetto campione (memoria di riconoscimento).
Le scimmie normali spostano correntemente lo stimolo circa nel 90% delle prove,
con ritardi che vanno da pochi secondi a dieci minuti. In seguito a lesione
bilaterale della parte mediale del lobo temporale mediale, la
prestazione è pressochè normale se il ritardo nella rimozione dello schermo
rimane nell'ambito di pochi secondi; questo indica che la memoria di
riconoscimento a breve termine è intatta. Quando, tuttavia, il ritardo aumenta a
pochi minuti, la scimmia commette un numero di errori sempre crescente e
dimentica l'oggetto campione se il ritardo è troppo lungo. La scimmia mostra
deficit nella memoria di riconoscimento a lungo termine.
Usando tale paradigma sono state valutate le diverse aree lese in un paziente
(H.M.) e, per esempio, è stato dimostrato che la lesione bilaterale
dell'amigdala non determina deficit significativi nell'amnesia di tipo
dichiarativo a lungo termine. Nell'insieme, l'ippocampo e la corteccia
che si trova intorno al solco rinale partecipano al processo di consolidamento
della memoria dichiarativa, un processo attraverso il quale il contenuto
mnestico viene trasferito a opportune aree associative corticali.
I pazienti che presentano un analogo quadro fisiopatologico mostrano una
capacita' di recupero dei ricordi formatisi antecedentemente alla causa
dell'amnesia. Questo fatto indica che le strutture lese non sono di per sè
archivi di memoria a lungo termine. Tuttavia, il fatto che si manifesti in
questi soggetti amnesia retrograda di diversa estensione temporale puo'
significare che le strutture mediotemporali, variamente lese nei pazienti,
costituiscono magazzini temporanei (piu' duraturi del serbatoio a breve termine)
dei ricordi prima di essere trasferiti, come forme virtualmente permanenti, in
qualche altra parte della corteccia
H.M., oltre ai difetti mnemonici, mostrava enormi difficolta' nell'orientamento spaziale. Anni dopo l'intervento, la famiglia di H.M. si era trasferita in una nuova casa; fu necessario piu' di un anno per orientarsi nei nuovi locali e per imparare il percorso da una stanza all'altra. Nel ritorno in auto da Boston, dove era stato ricoverato per controlli, ad Hartford, luogo dove risiedeva, era accompagnato dai ricercatori William Beecher Scoville (1906-1984) e Milner. Giunti ad Hartford, gli chiesero indicazioni per raggiungere la sua casa. H.M. senza indugio li guido' per le strade del paese fino a un luogo che gli tornava familiare e qui si fermo' disorientato. Scoville e Milner, in cerca d'aiuto, telefonarono alla madre di H.M. la quale spiego' che suo figlio li aveva condotti nella casa dove avevano abitato anni addietro, prima dell'operazione. In sostanza H.M. non ricordava la strada della casa in cui abitava. Questi dati valutati retrospettivamente sottolineano il ruolo del sistema mediotemporale nella memoria spaziale. Il ruolo che l'ippocampo e le cortecce perippocampali hanno nell'apprendimento e nella memoria è stato in parte chiarito utilizzando ratti sottoposti a protocolli sperimentali.
L'ippocampo è una struttura del sistema limbico relativamente grande accolta
nella compagine della circonvoluzione interna di ogni lobo temporale.
L'ippocampo puo' essere diviso in 3 aree distinte: a) il giro dentato, diviso in
o area CA3 (area 3 del corno di Ammone), o area CA1 (area 1 del corno di Ammone)
e o area CA2 (area 2 del corno di Ammone localizzata tra le due aree
precedenti); b) il subiculum, localizzato alla base dell' ippocampo e che
continua con la c) corteccia entorinale, che è parte della corteccia paraippocampica. Lobo limbico e sistema limbico sono ampiamente
coinvolti nei processi di memorizzazione. Il sistema limbico è costituito da un
insieme di strutture che formano un cerchio anatomicamente congiunto, attorno al
tronco dell' encefalo di strutture filogeneticamente antiche e collegate che
funzionano assieme come un sistema che media memoria, comportamento ed emozioni.
L'ippocampo è coinvolto nel consolidamento della working memory a
breve termine nella memoria dichiarativa a lungo termine. Lesioni
della sola amigdala causano solo alterazione di elementi mnemonici legati
alle emozioni, mentre un danno selettivo dell' ippocampo o delle aree
associative con cui è in connessione (cortecce peririnale e paraippocampica)
determina evidenti effetti sulla memoria esplicita. Nell'uomo le nozioni
conservate come memorie esplicite vengono inizialmente elaborate in una o piu'
delle cortecce associative polimodali (cortecce prefrontale, libica e
parieto-temporo-occipitale). Da qui le informazioni vengono trasferite alle
cortecce paraippocampica e peririnale, e quindi alla corteccia entorinale,
al giro del cingolo, all'ippocampo, al subiculum ed infine di nuovo alla
corteccia entorinale. L'ippocampo è forse specializzato nella costruzione di una mappa spaziale
dell'ambiente. Anche i sofisticati esperimenti eseguiti a partire dagli anni
Settanta dallo scienziato inglese John O'Keefe avvalorano questa ipotesi.
Registrando singoli neuroni dell'ippocampo, egli ha dimostrato che essi
aumentano la loro frequenza di scarica quando l'animale si trova in una ben
precisa posizione. Per esempio, se il ratto si trova in una gabbia, una cellula
sara' silente fino a quando esso non si trovi nell'angolo nord-est, un'altra
aumentera' la frequenza di scarica solo se il ratto si trova al centro della
gabbia e via dicendo. Il distretto spaziale che evoca la risposta massima viene
chiamato campo locazionale e le cellule che si comportano in tale maniera sono
dette cellule di luogo (place cell). Il campo locazionale ricorda il campo
recettivo dei neuroni dei sistemi sensoriali, in quanto, mentre il campo
recettivo è quella zona di una superficie sensoriale che, se stimolata, modula
l'attivita' di un neurone, il campo locazionale è quella zona dello spazio
circostante che attiva un neurone ippocampale qualora l'animale si posizioni in
essa.
Non sono ancora state registrate cellule di luogo nell'ippocampo umano, ma ci
sono studi condotti con la PET che dimostrano il coinvolgimento dell'ippocampo
dell'essere umano nell'identificazione di un percorso e nell'orientamento.
Si deve intendere la memoria spaziale un tipo a sè stante di memoria oppure
è
solo un aspetto particolare della memoria dichiarativa? Se è vera la seconda
ipotesi, dagli studi eseguiti sui ratti sottoposti a compiti di orientamento si
puo' capire come l'ippocampo lavori nel formare un ricordo di tipo dichiarativo?
Sembra ormai chiaro che con mappa cognitiva non deve intendersi un'olistica rappresentazione dello spazio, una specie di mappa geografica dove ciascun
punto è definito da coordinate cartesiane, come la mappa retinotopica dell'area
visiva primaria. Infatti, le cellule di luogo non codificano lo spazio punto a
punto, ma soprattutto non rispondono solo a campi locazionali di tipo spaziale.
La frequenza di scarica è influenzata dalla velocita' con cui l'animale si muove,
dalla direzione, da stimoli non spaziali (stimoli visivi, olfattivi), da una
precisa relazione temporale o spaziotemporale tra due stimoli e anche dal
compito che l'animale sta eseguendo.
Istruttiva a questo proposito è l'analisi dell'attivita' delle cellule di luogo
quando un ratto esegue un compito mnemonico in un labirinto a T. Partendo dalla
base della T, l'animale è indotto (tramite ricompensa) a percorrere
alternativamente il braccio destro o sinistro. Vi sono quindi due sottocompiti
(la prova del giro a sinistra e quella del giro a destra), ma entrambe le prove
hanno un percorso comune attraverso lo stelo della T. Se le cellule di luogo
avessero significato topologico, in entrambe le prove si dovrebbe registrare un
aumento della frequenza di scarica in un gruppo di cellule comune quando il
ratto percorre lo stelo della T e in gruppi diversi quando il ratto percorre i
due bracci della T. Questa previsione si è rivelata errata in quanto in ciascuna
delle due prove (stelo-braccio destro e stelo-braccio sinistro) vengono
attivate cellule diverse. Questo indica che l'ippocampo codifica le due prove
separatamente. Sulla base di questi studi si ritiene che l'ippocampo non sia una memoria dello
spazio
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