Dermatiti bollose

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Si tratta di lesioni bollose della cute e/o delle mucose si riscontrano abbastanza di frequente e si osservano in molteplici situazioni cliniche. Possono infatti verificarsi per traumatismi meccanici ripetuti. Altre cause sono rappresentate da eccessiva irradiazione solare, per ustioni, per congelamenti, per contatto con sostanze fotoreattive di origine vegetale seguito da esposizione ai raggi ultravioletti, per azione di alcali forti o di veleni di insetti come la cantaridina.
Possono peraltro anche essere una conseguenza dell'assunzione parenterale di medicamenti specie a base di iodio e di bromo, o far parte di sindromi farmacoindotte complesse, quali l'eritema fisso e la necrolisi epidermica tossica. Lesioni bollose si osservano inoltre costantemente in alcune genodermatosi come l'epidermolisi bollosa, in affezioni batteriche come l'impetigine e la staphylococcal scalded skin syndrome. 

Occasionalmente, si può avere in malattie virali come l'herpes zoster, nella disidrosi, nel lichen planus e nel lichen scleroatrofico. In questo capitolo peraltro si farà cenno solo a una peculiare entità bollosa acantolitica, il pemfigo, e ad alcune patologie della giunzione dermo-epidermica spesso o talora bollose, come il pemfigoide di Lever, l'herpes gestationis, il pemfigoide cicatriziale, l'eritema polimorfo e la dermatite erpetiforme.

PEMFIGO

Il pemfigo è una dermatite bollosa acantolitica ad evoluzione abitualmente cronica, che interessa la cute e le mucose.

Epidemiologia

La malattia è presente in tutto il mondo e in tutte le razze, ma con marcate variazioni regionali di incidenza globale e di incidenza dei diversi tipi clinici. Sono di solito colpiti individui fra i 40 ed i 70 anni senza predilezione di sesso, e solo occasionalmente bambini e adolescenti. La varietà endemica del Brasile, nota anche come fogo selvagem, viene peraltro frequentemente osservata in giovani adulti e nel 15% dei casi interessa soggetti di età inferiore ai 16 anni.

Eziopatogenesi

L'eziologia del pemfigo non è nota, ma nella genesi dell'affezione sicuramente intervengono fattori ereditari e molteplici fattori inducenti. La predisposizione genetica è documentata dai rari casi familiari della malattia e dal riscontro con frequenza maggiore rispetto alla restante popolazione degli aplotipi HLA-DR4 o HLA-DRW6. L'intervento di fattori inducenti è documentato dai numerosi casi di pemfigo conseguenti alla somministrazione di medicamenti, come la D-penicillamina, la tiopronina, la rifampicina, il captopril, il fenobarbital e derivati del pirazolone. Anche agenti fisici come ustioni, radiazioni ultraviolette e radiazioni ionizzanti possono in alcuni casi scatenare un pemfigo che, inizialmente localizzato nella sede dell'insulto fisico, successivamente si estende ad altre regioni.

Esistono inoltre casi di pemfigo conseguente a neoplasie, sia di natura linfoproliferativa come timomi e linfomi, sia di natura epiteliale come carcinomi bronchiali e carcinomi epidermoidi, in cui il trattamento del tumore ha portato a parziale regressione delle lesioni pemfigose.

Infine, diversi agenti virali sono stati incri-minati come possibili fattori inducenti il pemfigo e in particolare, in base a conside-razioni epidemiologiche, pemfigovolgare (lesioni bollose)risulta molto pro-babile che la varietà brasiliana della malattia sia sostenuta da un agente infettivo, forse un arbovirus, veicolato da artropodi. Nella patogenesi del pemfigo hanno un ruolo centrale autoanticorpi della classe IgG, con predominanza di quelli della sottoclasse IgG4, diretti contro complessi antigenici presenti a livello di due giunzioni intercellulari, i desmosomi e le tight junctions.

Ricerche sperimentali in vitro hanno infatti evidenziato che il siero dei pazienti pemfigosi è in grado di indurre acantolisi in colture di epidermide umana normale, anche in assenza di complemento, e ricerche in vivo hanno dimostrato che, iniettando il siero dei pazienti pemfigosi nel peritoneo di topi neonati, si ottengono lesioni cutanee simili a quelle della malattia umana sul piano clinico, istologico e immunologico.

Confermano il ruolo patogeno di questi autoanticorpi le rare osservazioni di lesioni bollose acantolitiche transitorie nei neonati figli di madre portatrice di pemfigo e i risul-tati clinici che si ottengono con la plasmaferesi.

Circa la natura dei complessi antigenici del pemfigo, recenti studi hanno permesso di accertare che nella variante volgare gli autoanticorpi si legano a una glicoproteina di 130 kilodalton facente parte di un complesso trimolecolare di 210, 130 e 85 kilodalton, e che nella variante foliacea il legame avviene con una glicoproteina di 160 kilodalton, la desmogleina, facente parte di un complesso trimolecolare di 260, 160 e 85 kilodalton. Questo legame determinerebbe l'acantolisi tramite la liberazione dai cheratinociti dell'attivatore del plasminogeno con conseguente innesco della fibrinolisi, tramite l'attivazione del complemento o, più probabilmente, disturbando l'assemblaggio o la funzione dei complessi trimolecolari di adesione.

Clinica delle dermatiti bollose

Il pemfigo sul piano clinico viene da tempo suddiviso in quattro varianti; il pemfigo volgare, il pemfigo vegetante, il pemfigo seborroico o eritematoso e il pemfigo foliaceo; tale suddivisione è ancora utile ai fini descrittivi. Sul piano istologico, immunopatologico e molecolare, esistono peraltro solo due varianti della malattia, quella con acantolisi soprabasale, che comprende il pemfigo volgare e vegetante, e quella con acantolisi subcornea, che comprende il pemfigo seborroico ed eritematoso. Di recente infine è stata risonosciuta l'esistenza di un'ulteriore varietà dell'affezione, denominata pemfigo erpetiforme o spongiosi eosinofila.
Il pemfigo volgare è la forma più frequente e più grave. Nella grande maggioranza dei casi esordisce con lesioni erosive del cavo orale, più spesso localizzate al terzo posteriore delle guance e alle gengive e/o con lesioni periombelicali.

Al cavo orale le erosioni sono precedute da una fugace fase bollosa, resa talora evidente dalla presenza di un orletto epiteliale scollato periferico. Le manifestazioni cutanee consistono in bolle fredde, ossia in elementi bollosi che insorgono su cute non eritematosa; hanno dimensioni da pochi millimetri ad alcuni centimetri, forma emisferica, tetto sottile e contenuto sieroso limpido. Esercitando una pressione sul tetto della bolla, essa spesso si allarga dimostrando in tal modo la sua natura acantolitica, ossia la perdita di coesione fra i cheratinociti.

Questa perdita di coesione è anche dimostrabile strisciando con forza un oggetto smusso su una zona di cute apparentemente sana, specie in corrispondenza dei piani ossei, come la regione presternale o pretibiale. Si osserva infatti in tal modo il cosiddetto segno di Nikolsky, ossia lo slittamento dei piani più superficiali dell'epidermide su quelli profondi, con conseguente comparsa di un'abrasione. Questo segno nel pemfigo volgare è abitualmente diffuso pur potendo essere solo perilesionale.

Oltre alla mucosa orale e alla cute, la malattia può interessare il faringe, la laringe, l'esofago, la congiuntiva e la regione anogenitale con lesioni di tipo erosivo. La sintomatologia soggettiva è all'inizio scarsa, ma in presenza di lesioni estese il dolore e il bruciore sono intensi, l'alimentazione difficoltosa e si verifica una notevole perdita di liquidi, di proteine e di sali con progressivo decadimento delle condizioni generali. Il pemfigo vegetante è una variante molto rara del pemfigo volgare, in cui l'affezione non interessa almeno in fase iniziale, le mucose e in cui le lesioni cutanee sono quasi esclusivamente localizzate alle grandi pieghe e alle regioni ombelicale anogenitale.

 Il pemfigo vegetane si manifesta con una fugace fase bollosa a cui seguono erosioni con marcata proliferazione del fondo. Si costituiscono in tal modo vegetazioni mammellonate, molli, umide e maleodoranti, circondate da un sottile orletto epiteliale scollato verso l'interno, residuo del tetto della bolla. Il segno di Nikolsky è solo perilesionale. Lo stato generale si mantiene a lungo buono. Il pemfigo seborroico o eritematoso è la varietà più frequente dopo quella volgare, da cui si distingue notevolmente sul piano clinico. Interessa infatti, almeno all'esordio, solo le zone seborroiche, ossia il volto, in cui può assumere disposizione a farfalla come il lupus eritematoso, le spalle, il dorso e la superficie anteriore del torace. Si manifesta con chiazze eritematose, ricoperte da squame umide e untuose, con piccole bolle fragili, con erosioni molto superficiali .

Mancano di solito lesioni mucose. Il segno di Nikolsky è facilmente evocabile e spesso diffuso. Il pemfigo foliaceo, a cui può essere assimilato il pemfigo brasiliano o fogo selvagem, è una varietà della malattia molto simile al pemfigo seborroico ma ad evoluzione eritrodermica. Come il pemfigo seborroico si manifesta infatti inizialmente con bolle flaccide molto superficiali che evolvono in squamocroste lamellari.

La cute è di colorito rosso cupo. Le squame si rinnovano in continuazione. Col tempo compare alopecia e si manifestano onicodistrofie. Le mucose sono a lungo risparmiate. Il pemfigo erpetiforme, conosciuto anche come spongiosi eosinofila, è un'affezione che si manifesta con lesioni eruttive di tipo eritemato-edematoso o eritemato-vescico-bolloso, fortemente pruriginose. Rari sono i sintomi mucosi.

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