Nell'arco dell'ultimo secolo il quadro delle malattie più comuni nel mondo sviluppato si è molto modificato. Fino alla metà del secolo scorso le malattie più diffuse, temibili, erano quelle causate da agenti infettivi: la tubercolosi, le polmoniti, il tifo intestinale, la poliomielite. Malattie acute che la scoperta della penicillina, e poi di altri grandi antibiotici, e i vaccini hanno di fatto risolto con un conseguente allungamento della vita media. Negli anni '50-70, gli infarti ed i tumori sono diventati le prime cause di morte degli uomini e delle donne, e tuttora lo sono, anche se in modi ed in quantità molto diverse da prima. Anche in questo caso il progresso della scienza medica ha modificato la vita dei pazienti. Nuovi farmaci, interventi chirurgici sempre più avanzati e strumenti diagnostici ed organizzativi sempre più raffinati hanno ridotto sensibilmente la mortalità per le malattie cardiovascolari acute e per le neoplasie. La storia dei progressi medico-scientifici, tuttavia, non ci deve trarre in inganno: tutti questi miglioramenti ci hanno portato oggi a saper trattare sempre meglio un gran numero di patologie. Ma trattare non vuol dire guarire. E questo il principale motivo per cui oggi ci troviamo di fronte ad un numero progressivamente crescente di malattie croniche. Croniche significa che non guariscono, che durano per tutta la vita, che accompagnano la persona ogni giorno. E, come ormai sappiamo bene, che possono provocare gli episodi di acuzie che così bene combattiamo, ma che sarebbe ancora meglio riuscire a prevenire.
Può sembrare paradossale ma se assumiamo che il nostro organismo funziona come un'automobile, che per muoversi ha bisogno del carburante, ovvero la benzina che bruciata produce energia, allora la nostra benzina sono gli alimenti ed il motore che brucia la benzina sono le cellule di tutto l'organismo.
L'esempio un po' grossolano serve per capire al volo che i cibi che noi mangiamo contengono fondamentalmente tre elementi in grado di produrre energia : le proteine, i grassi e gli zuccheri. Ciò che l'organismo considera la "benzina super" sono gli zuccheri ed in particolare uno zucchero molto semplice, il glucosio, che viene assorbito attraverso l'intestino e sciolto nel sangue.
Dal sangue il glucosio per essere "bruciato" e produrre energia deve entrare in ogni cellula. L'ingresso del glucosio dentro le cellule non è un meccanismo semplice: esiste una specie di "porta" obbligatoria attraverso la quale deve passare, una porta che ha anche un nome, si chiama Glut 4, e che ha una specie di "serratura" che può essere aperta solo in presenza di una sostanza, un ormone, l'insulina, che funziona come una "chiave di accesso" per aprire la porta Glut 4.
L'insulina è una grossa proteina prodotta da una speciale ghiandola che si trova nel pancreas, fatta di specifiche cellule che "sentono" la quantità di glucosio che gira nel sangue e, in presenza di quantità aumentate, come dopo un pasto, aumentano la loro capacità di secrezione dell'ormone. Il diabete è proprio la condizione in cui questo meccanismo non funziona: il paziente diventa come quel ricco che ha perso la chiave del suo scrigno. Troppo glucosio a disposizione ed incapacità ad assimilarlo dentro le cellule.
La cura del diabete consiste, appunto, nel fare funzionare nuovamente questa chiave di accesso dentro la toppa, cioè la chiave insulinica, per fare scattare il meccanismo che conduce il carburante dentro le cellule. Talora la chiave la abbiamo persa per esaurimento della beta cellula perchè non si produce più la "chiave" insulinica e dobbiamo introdurla da fuori con le iniezioni di insulina; altre volte la serratura funziona male (fenomeno dell'insulino-resistenza) ed occorre sbloccare la toppa, per così dire, con lo svitol (farmaci insulinosensibilizzanti, es. metformina e pioglitazone). Adesso esiste una nuova classe che fa eliminare con le urine il glucosio nel sangue in eccesso (farmaci inibitore del recettore SGLT2) e trova particolare indicazione nei soggetti obesi e nelle "buone forchette". È stato ormai dimostrato da tutta la ricerca clinica e scientifica che la presenza di iperglicemia cronica nel tempo provoca un danno alla circolazione: infatti il diabete è considerata la "malattia dei vasi con la glicemia elevata". Ad essere danneggiate sono le pareti dei vasi sanguigni, in particolare delle arterie, piccole o grandi che siano, e dei vasi capillari. Il danno consiste in un lento e progressivo indurimento delle pareti dei vasi, ulteriormente aumentato dall'ipertensione (pressione arteriosa alta) e dall'eccesso di grassi circolanti (colesterolo, trigliceridi). Si formano sulle pareti delle "placche", il cui nome scientifico è "ateromi", che non solo riducono la possibilità di passaggio del sangue, ma che spesso creano delle vere e proprie "ferite" interne, che possono andare incontro ad infiammazione e a "trombosi", ossia completa occlusione. Una trombosi in un'arteria coronarica provoca l'infarto, in un'arteria del cervello provoca un ictus, in un'arteria delle gambe può portare anche all'amputazione di un arto.
L'insulina prodotta in queste persone, tuttavia, non riesce a svolgere tutti i suoi
compiti dando luogo a quella che viene chiamata: insulino-resistenza".
In questo caso una particolare condizione genetica, ereditaria, tende a far accumulare
molti grassi nell'addome e questo eccesso di grasso fa sì che l'insulina non funzioni
come dovrebbe. Il risultato è ancora una volta la difficoltà del glucosio a passare
dentro le cellule per essere bruciato e una quantità eccessiva di glucosio che ristagna
all'interno della circolazione sanguigna. L'organismo cerca allora di produrre più
insulina, e per un po' ci riesce, ma ad un certo punto la capacità delle "insule
pancreatiche" non è più in grado di rispondere alle necessità. Questo tipo di diabete,
detto anche "diabete dell'adulto" o "non insulino-dipendente", non obbliga la sostituzione
dall'esterno dell'ormone mancante e compare in genere solo dopo i 40 anni, o, molto
spesso, solo nelle ultime decadi di vita delle persone. In Paesi dove si assiste,
da molti anni, ad una crescente presenza di obesità per un'alimentazione incongrua
anche in età infantile o adolescenziale, il diabete di tipo 2 sta iniziando a presentarsi
anche nelle fasce di età più giovane, con problematiche sanitarie di rilevante importanza.
Il diabete gestazionale è una forma che compare durante la gravidanza, quasi sempre
senza alcun sintomo da parte della donna, ma che viene scoperto durante i normali
esami che si eseguono nel corso della gestazione. E molto importante che venga eseguito
un test di diagnosi del diabete gestazionale nelle donne in gravidanza, specie se
esiste familiarità per il diabete, dal momento che questa forma di diabete può essere
molto pericolosa per il bambino, sia per il rischio molto alto di aborto, sia per
le possibili malformazioni fetali alla nascita. Quasi sempre il diabete gestazionale
scompare dopo il parto, ma le donne che hanno avuto questa forma di diabete hanno
un'elevata probabilità di diventare poi diabetiche successivamente.
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