Sebbene il dolore abbia strette relazioni con il sistema somatosensoriale, in
particolare con le vie che mediano il tatto, la propriocezione, la termocezione
e l'interocezione, esso rappresenta una vera e propria funzione fisiologica
dell'organismo che ha lo scopo di difesa nei confronti di stimoli nocivi
che si trovano nell'ambiente. Infatti, la stimolazione dolorifica di una parte del
corpo scatena una serie di reazioni riflesse, per esempio, la flessione
di un arto, che permette all'organismo di difendersi dalla sorgente dello stimolo
dannoso. La dimostrazione più chiara dell'importanza del dolore come funzione fisiologica
dell'organismo è data da una neuropatia ereditaria rara, chiamata insensibilità
congenita al dolore.
Esiste anche un dolore cronico, prolungato nel tempo, talvolta anche in assenza
di uno stimolo nocivo. Questo dolore è quello che più interessa la medicina e la
pratica clinica. In tal caso, più che di fisiologia del dolore, si può parlare di
fisiopatologia del dolore.
La definizione di dolore più accettata è la seguente: "Il dolore è un'esperienza
sensoriale ed emotiva spiacevole, associata a un danno tissutale reale
o potenziale, o descritta in termini di tale danno". Con questa definizione
appare chiaro che il dolore può essere percepito in presenza di un danno a un tessuto
oppure anche in assenza di un danno vero e proprio. In quest'ultimo caso si ha per
esempio il dolore psicogeno. Il dolore è quindi un'esperienza complessa in
cui, accanto ai segnali che provengono dal tessuto danneggiato, esiste una modulazione
psicologica a livello dei centri cerebrali superiori. In generale, si parla di dolore
quando si considera l'esperienza globale, risultante dalla somma dei segnali provenienti
dal tessuto danneggiato e dei fattori psicologici che li modulano. Al contrario,
si parla di nocicezione per descrivere tutti i processi di trasduzione bioelettrica
a livello dei recettori dolorifici (nocicettori) e di tutti gli eventi nervosi di
conduzione dei segnali dalla periferia ai centri superiori. In altre parole, mentre
la nocicezione si riferisce a ciò che fa parte della fisiologia oggettiva, il termine
dolore fa riferimento alla fisiologia oggettiva più quella soggettiva, cioè all'esperienza
globale di dolore e sofferenza.
Un'importantissima definizione sia fisiologica sia clinica riguarda i meccanismi
d'insorgenza del dolore. Con il termine dolore nocicettivo s'intende quello
evocato dalla stimolazione dei nocicettori e dalla conseguente attivazione delle
fibre afferenti primarie, mentre con il termine
dolore neuropatico s'intende quello prodotto dal danno a diversi livelli
del sistema nervoso centrale e periferico. Per esempio, un dolore che insorge in
seguito a infiammazione di un tessuto è evocato dalla stimolazione dei nocicettori
da parte di alcuni mediatori dell'infiammazione ed è dunque nocicettivo. Invece,
il dolore che insorge in seguito alla lesione di un tronco nervoso periferico o
del midollo spinale o dell'encefalo è di tipo neuropatico ed è verosimilmente dovuto
alla stimolazione delle vie che conducono l'informazione dolorifica. Questa suddivisione
in dolore nocicettivo e neuropatico riveste un'importanza fondamentale nella pratica
clinica, dal punto di vista sia diagnostico sia terapeutico. Sulla base del luogo
d'insorgenza, il dolore può anche essere suddiviso in somatico e viscerale:
il dolore proveniente dalla cute viene detto somatico superficiale, quello
proveniente dai muscoli, dalle ossa, dalle articolazioni e dal tessuto connettivo
somatico profondo, mentre il dolore proveniente dagli organi interni viene
detto viscerale. Un esempio di dolore somatico superficiale è un'ustione
cutanea, di dolore somatico profondo è un crampo muscolare e di dolore viscerale
è una colica renale.
Il dolore non è solo il risultato di segnali trasportati rigidamente e immutabilmente
dalla periferia ai centri superiori, ma è anche il prodotto di fenomeni plastici
in cui l'attività nocicettiva neuronale può essere modificata sia a breve sia a
lungo termine. Per esempio, la stimolazione nocicettiva prolungata può indurre modificazioni
neuronali che portano alla cronicizzazione del dolore. Infatti, alcuni meccanismi
molecolari e cellulari alla base della trasformazione del dolore acuto in dolore
cronico sono simili ai meccanismi descritti per la memoria a breve e lungo termine.
I recettori responsabili dell'inizio dell'informazione dolorifica a livello periferico
si chiamano nocicettori e sono rappresentati da terminazioni nervose libere
localizzate nella maggior parte delle diverse parti del corpo. I nocicettori sono
le terminazioni delle fibre afferenti primarie che portano i segnali nocicettivi
al midollo spinale. Sono localizzati praticamente in tutti i tessuti dell'organismo
e rispondono a stimoli che causano danno reale o potenziale ai tessuti. Questi recettori
sono sensibili alle forme d'energia degli stimoli che attivano anche altri recettori,
per esempio i meccanocettori. Ciò che, in realtà, differenzia i vari gruppi (per
esempio, i nocicettori dai meccanocettori) è l'intensità dello stimolo. Infatti,
la stessa forma d'energia può attivare un gruppo di recettori se l'intensità dello
stimolo è al di sotto di una determinata soglia, oppure i nocicettori se la soglia
viene superata. L'esistenza di recettori specifici per gli stimoli nocivi è stata
a lungo postulata, ma la dimostrazione conclusiva
dell'esistenza
di fibre afferenti che rispondono specificamente a stimoli nocivi risale alla seconda
metà degli anni Sessanta.
La caratteristica morfologica saliente dei nocicettori è la mancanza di strutture
corpuscolate. Ciò si traduce nel fatto che essi non possiedono (recettori di
tipo C) o possiedono in misura limitata (recettori di tipo Aδ) barriere
che prevengano il contatto con sostanze chimiche presenti nel liquido extracellulare.
Questa peculiarità è alla base del meccanismo di trasduzione degli stimoli nocivi,
che si basa sul danno tissutale provocato dalla liberazione di alcune sostanze che
determinano l'attivazione o la sensibilizzazione dei nocicettori direttamente, per
esempio gli ioni potassio, la bradichinina e alcune prostaglandine, o indirettamente,
per interazione con altre molecole del liquido extracellulare. E stato anche ipotizzato
che i nocicettori stessi partecipino a questo processo liberando neuropeptidi, come
la sostanza P e il peptide correlato al gene della calcitonina (calcitonìn gene-relatedpeptide,
CGRP).
Esistono due tipi di fibre afferenti primarie: C e Aδ.
Le fibre C sono di piccolo diametro e amieliniche e la loro velocità di conduzione
è bassa (circa 0,5-2 m s)- Queste fibre sono attivate principalmente da una classe
di recettori chiamati polimo-dali, in quanto attivati da tre modalità (meccanica,
termica e chimica). La risposta di queste fibre cresce all'aumentare dell'intensità
dello stimolo, sia esso meccanico, termico o chimico, e il loro campo recettivo
è molto piccolo, nell'ordine di pochi millimetri quadri. Le fibre Aδ sono
invece di medio diametro e mieliniche, con una velocità media di conduzione di circa
12-30 m s. Esse sono associate a due tipi di nocicettori: tipo I e tipo IL II tipo
/ ha una soglia alta sia per gli stimoli meccanici sia per quelli te¬mici, un lento
adattamento e campi recettivi nell'ordine di 1-8 cm2. Il tipo II ha una soglia più
bassa; per esempio, mentre l'attivazione del tipo II avviene con uno stimolo di
43 °C, l'attivazione del tipo I avviene a 52 °C. I recettori di tipo II presentano
anche campi recettivi più piccoli e si adattano più rapidamente. Anche le fibre
Afi, di grande diametro e alta velocità di conduzione (circa 30-100 m s), possono
essere coinvolte nella nocicezione. In condizioni normali, queste fibre sono eccitate
da stimoli meccanici a bassa soglia. Tuttavia, in caso di danno tissutale o lesione
nervosa, esse possono divenire le responsabili del fenomeno di allodinia meccanica,
cioè la percezione dolorosa di uno stimolo meccanico che in condizioni normali sarebbe
innocuo. Per capire il significato funzionale delle diverse fibre Aδ e C
può essere utile il seguente esempio. Se si punge con uno spillo una parte del corpo,
per esempio un dito, immediatamente si percepisce un dolore acuto, ben definito
e localizzato, il cosiddetto primo dolore o dolore iniziale, e dopo 1-2 s un dolore
non ben definito, diffuso e sordo, denominato secondo dolore o dolore ritardato
(Fig. 18.2). Il primo dolore, cioè il primo a essere percepito, è dovuto alle fibre
Aδ di tipo II che conducono rapidamente, mentre il secondo dolore, percepito
successivamente perché le informazioni nocicettive arrivano più tardi al cervello,
è mediato dalle fibre C che conducono molto più lentamente. Il corpo cellulare delle
fibre afferenti primarie è localizzato nei gangli radicolari, che si trovano nelle
radici posteriori del midollo spinale e nel ganglio di Gasser per quanto riguarda
il territorio d'innervazione del nervo trigemino. I nocicettori hanno un corpo cellulare
piccolo e l'analisi neurochimica del loro contenuto ha dimostrato che vi sono diversi
neurotrasmettitori, come il glutammato e la sostanza P. È bene sottolineare che
l'attività di singole fibre Aδ e C non implica necessariamente l'insorgenza
di una percezione dolorifica. Come avviene per tutti i sistemi sensoriali, la percezione
finale è il risultato dell'integrazione dei segnali a diversi livelli, la quale
richiede fenomeni di sommazione spaziale e temporale, nonché l'attività di altre
fibre e circuiti neuronali.Il concetto di plasticità neuronale gioca qui un ruolo
fondamentale. Infatti, la funzione delle fibre afferenti primarie può essere modulata
da fattori sensitizzanti che ne diminuiscono la soglia e quindi ne aumentano l'eccitabilità.
Per esempio, alcune sostanze prodotte nel tessuto infiammato, come la bradichinina,
l'istamina, la serotonina, le prosta-glandine, la sostanza P e l'adrenalina, sono
in grado di sensitizzare i nocicettori, cioè di indurre uno stato di maggiore eccitabilità.
Ne deriva ciò che viene definita sensitizzazione periferica, cioè delle fibre A5
e C. Basti pensare a una porzione di cute infiammata; la sua stimolazione con uno
stimolo nocivo lieve produce un'esagerata percezione dolorifica. La sensitizzazione
periferica si contrappone alla sensitizzazione centrale, nella quale non sono le
fibre afferenti primarie a essere sensitizzate, bensì i neuroni del midollo spinale.
cfr midollo spinale
Le branche centrali degli assoni dei neuroni nocicettivi dei gangli radicolari entrano
nel midollo spinale e si biforcano rostralmente e caudalmente, estendendosi per
alcuni segmenti spinali nel tratto di Lissauer. Queste ramificazioni entrano poi
nelle corna posteriori del midollo spinale e attivano contatti sinaptici con i neuroni
sensitivi secondari e con diversi tipi di interneuroni. Gli interneuroni connettono,
per esempio, i neuroni sensitivi secondari con i motoneuroni, dando così origine
ai riflessi spinali. Per quanto riguarda il nervo trigemi-no, le branche centrali
dei neuroni del ganglio di Gasser proiettano al nucleo mesencefalico del trigemino.
La sostanza grigia delle corna del midollo spinale è suddivisa citoarchitettonicamente
in dieci lamine, numerate dalla I alla X, a volte conosciute come lamine di Rexed.
Le lamine dalla I alla VI costituiscono il corno posteriore, le lamine dalla VII
alla IX il corno anteriore e la lamina X è situata intorno al canale centrale. L'ingresso
delle fibre nocicettive avviene principalmente a livello delle lamine I, II, IV,
V e X. I neuroni sensitivi secondari sono di due tipi: nocicettivi specifici e ad
ampio spettro dinamico. Mentre i primi ricevono afferenze dalle fibre Aδ e C, i
secondi ricevono afferenze sia dalle fibre nocicettive Aδ e C sia dalle fibre Aβ,
comprendendo perciò un più ampio spettro di informazioni afferenti. Sebbene non
si possa stabilire un'organizzazione precisa, i neuroni sensitivi secondari nocicettivi
specifici sono principalmente localizzati nella lamina I e nella parte esterna della
lamina II, mentre i neuroni sensitivi secondari ad ampio spettro dinamico si trovano
principalmente nella lamina V. I neuroni sensitivi secondari che ricevono le afferenze
non nocicettive Aβ sono invece principalmente localizzati nelle lamine II e IV.
I neuroni nocicettivi specifici rispondono solo a stimoli nocivi, sia meccanici
sia termici, e si ritiene che questi neuroni trasmettano informazioni dettagliate
ai centri nervosi. I neuroni nocicettivi ad ampio spettro dinamico rispondono invece
sia a stimoli innocui (meccanici) sia a stimoli nocivi (meccanici e termici) e sembra
che informino le strutture centrali dell'esistenza di uno stimolo nocivo, senza
tuttavia decodificare le informazioni spaziali e temporali necessarie per la discriminazione
delle caratteristiche dello stimolo.
Una caratteristica peculiare di questa complessa organizzazione è che le fibre afferenti
che provengono dai visceri, cioè dagli organi interni, e quelle che provengono dalle
parti superficiali, come la cute, proiettano alle lamine I, IV, V e X, convergendo
sugli stessi neuroni. Questa convergenza delle informazioni nocicettive viscerali
da una parte e somatiche superficiali dall'altra ha grande importanza dal punto
di vista clinico, rappresentando il substrato anatomofunzionale del dolore riferito.
Le fibre afferenti primarie dal diaframma e dalla spalla convergono sugli stessi
neuroni a livello del midollo spinale. Ciò è valido anche per altre parti del corpo.
Il perché un dolore viscerale venga riferito a livello cutaneo, e
non viceversa, è oggetto di grande dibattito. Sembra che ciò sia legato all'organizzazione
e allo sviluppo dello schema corporeo, che si forma nei primi periodi di vita, soprattutto
sulla base delle esperienze visive e tattili. Costruendo la rappresentazione del
proprio corpo sulle esperienze visive e tattili, viene privilegiato l'aspetto esterno,
anche in considerazione del basso numero di esperienze nocive e viscerali. Perciò,
il sistema nervoso impara ad associare la scarica di alcuni neuroni spinali (quelli
sui quali convergono impulsi cutanei e profondi) a determinate regioni cutanee e
a queste regioni riferisce la sensazione anche quando quei neuroni sono attivati
da stimoli nocivi viscerali o profondi.
Da non confondere con il dolore riferito è il dolore irradiato. La
soglia delle varie strutture muscoloscheletriche determinata sperimentalmente nell'uomo
non è uniforme, essendo il periostio la struttura più sensibile, seguita nel¬l'ordine
dai legamenti, dalle capsule articolari, dai tendini e dai muscoli. Una caratteristica
di notevole rilevanza clinica del dolore originato dalle strutture muscoloscheletriche
è la sua tendenza a diffondere, o a irradiarsi, per distanze considerevoli, a volte
per l'intera estensione di un arto. Il dolore irradiato è qualitativamente simile
a quello presente nella sede di stimolazione o di lesione ed è sempre in continuità
con il dolore del punto stimolato. Dal punto di vista medico, è importante ricordare
che l'irradiazione è tipicamente sempre uguale a ogni successiva stimolazione, tanto
da permettere la costruzione di mappe dell'irradiazione causata dall'interessamento
di determinate strutture. L'area interessata dall'irradiazione del dolore sembra
corrispondere all'innervazione segmentarla del periostio, delle strutture legamentose
e delle inserzioni muscolari; in analogia con quanto si verifica a livello cutaneo,
quest'area viene definita sclerotomo e corrisponde in maniera grossolana ai dermatomeri.
Negli anni Sessanta è stata formulata la teoria del controllo a cancello che, sebbene
non confermata definitivamente, ha avuto un grande impatto dal punto di vista sia
scientifico sia clinico-terapeutico. Questa teoria affermava che i segnali nocicettivi
sono filtrati e modificati quando arrivano al corno posteriore del midollo spinale,
il quale fa appunto da cancello: se questo è aperto i segnali nocicettivi passano,
se è chiuso vengono bloccati. Ovviamente "cancello" è un termine metaforico e si
riferisce a un circuito nervoso che fa passare o blocca l'informazione nocicettiva.
L'impatto scientifico che questa teoria ha avuto consiste nel fatto che il corno
posteriore del midollo spinale viene visto come un integratore nervoso che modula
attivamente i segnali provenienti dalla periferia. L'impatto clinico-terapeutico
riguarda le diverse procedure terapeutiche che sono state sviluppate per bloccare
il dolore a livello del midollo spinale: per esempio, come mostrato nella figura,
la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS) agisce tramite la stimolazione
elettrica delle fibre non nocicettive a grosso calibro (Afi) della parte del corpo
dolorante, le quali andrebbero ad attivare un circuito neuronale inibitorio nel
midollo spinale che bloccherebbe le informazioni nocicettive veicolate dalle fibre
Aδ e C. L'efficacia di tale terapia è tuttora oggetto di dibattito, così come lo
è la stessa teoria del cancello.
Così come avviene per le fibre Aδ e C, anche i neuroni sensitivi secondari delle
corna posteriori possono essere sensitizzati. In tal caso, si parla di sensitizzazione
centrale, per differenziarla da quella periferica. La differenza fra i due tipi
di sensitizzazione è fondamentale in quanto nella sensitizzazione centrale i neuroni
delle corna posteriori rispondono in maniera esagerata non solo ai segnali provenienti
dai nocicettori Aβ e C, ma anche a quelli provenienti dalle fibre non nocicettive
Aβ. Distinguere la sensitizzazione centrale da quella periferica ha un'importanza
pratica e clinica: per esempio, una lesione cutanea è accompagnata da due tipi d'iperalgesia,
cioè di aumentata percezione dolorifica; nella zona della lesione si ha uri iperalgesia
primaria, caratterizzata da un incre-mento della percezione dolorifica agli stimoli
sia meccanici sia termici; nella zona circostante la lesione cutanea, invece, si
ha iperalgesia secondaria, caratterizzata da un'aumentata percezione dolorifica.
Per quanto riguarda il nervo trigemino, le fibre originano dalla parte caudale del
nucleo spinale del trigemino e formano il tratto trigeminotalamico, che è equivalente
al tratto spinotalamico. Mentre le fibre provenienti dal midollo spinale proiettano
nel talamo al VPL, le fibre provenienti dal complesso nucleare trigeminale del mesencefalo
proiettano al nucleo ventroposteromediale (VPM).I tratti spinoreticolare e spinomesencefalico
portano informazioni nocicettive alla sostanza reticolare e al mesencefalo. La caratteristica
fondamentale di queste due vie è l'elevata presenza di collaterali che prendono
contatto con quasi tutte le strutture che si trovano nel mesencefalo, come i nuclei
reticolari, i nuclei parabrachiali, la sostanza grigia peri-acqueduttale, i collicoli
e il nucleo rosso. Il contatto con tutte queste strutture permette a queste due
vie ascendenti di controllare le risposte avversive al dolore, come lo stato di
allerta e le risposte vegetative.
I neuroni d'origine del tratto spinoreticolare sono localizzati prevalentemente
nelle lamine profonde, mentre nella scimmia sono più numerosi nella lamina VII.
Sembra che una parte degli assoni inclusi nel fascio spinoreticolare costituisca
un fascio separato, il fascio spinoparabrachiale, che si differenzia dalle rimanenti
fibre del tratto spinoreticolare per la localizzazione dei suoi neuroni d'origine
(che sono presenti anche nella lamina I) e per le sue proiezioni (che includono
l'amigdala e l'ipotalamo). Al contrario, i neuroni d'origine del tratto spino-mesencefalico
sono localizzati nelle lamine I e nelle lamine V-VIII, più spesso controlateralmente.
È importante sottolineare che esistono numerosi neu¬roni del midollo spinale a proiezione
ascendente, localizzati prevalentemente nelle lamine V-VIII, che possiedono assoni
che lungo il loro decorso si biforcano terminando in due o più strutture bersa¬glio
dei tratti spinotalamico, spinoreticolare e spinomesencefalico. Dunque esiste una
notevole sovrapposizione fra tutte le vie ascendenti sopra descritte.
II tratto spinoipotalamico è una via ascendente identificata solo recentemente,
anche se la sua esistenza era già stata sospettata in passato. Infatti, numerosi
neuroni nocicettivi delle lamine I e V-VIII, che fanno confluire i loro assoni nel
cordone anterolaterale controlaterale, terminano in varie regioni ipotalamiche,
per esempio quella laterale, posteriore e dorsale.
I tratti spinocervicotalamico e le colonne dorsali rivestono un ruolo meno importante
nella nocicezione, essendo deputati principalmente alla trasmissione delle informazioni
tattili. Tuttavia, recentemente si è visto che le colonne dorsali appaiono es¬sere
implicate nel dolore viscerale, cioè nell'integrazione dei segnali nocicettivi che
provengono dagli organi interni.