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IL VIRUS DELLA EPATITE B

aggiornamento per il medico pratico

Il virus della epatite B (Hepatitis B Virus o HBV) è compreso nel genere Orthohepadnavirus ed è l'unico Orthohepadnavirus di interesse medico. HBV non cresce in colture di cellule in vitro. Altri Hepadnavirus, dimostrati in alcuni animali (anatra pechinese, marmotta americana, scoiattolo americano), hanno rappresentato un modello di studio fondamentale per il chiarimento degli aspetti fondamentali di questo gruppo di virus. Il genoma di HBV contiene quattro sequenze codificatrici, parzialmente embricate, denominate C, P, S ed X. I primi tre "geni", reminiscenti dei geni "gag", "pol" ed "env" dei Retrovirus, codificano, rispettivamente, la proteina (capsidica) del "core" virale, l'enzima polimerasico, e le (glico) proteine virusspecifiche di superficie (inserite nell'involucro pericapsidico del virione maturo). Il gene P codifica una proteina di circa 90 kDa alla quale sono associate le attività enzimatiche virusspecifiche, più un piccolo peptide che serve da segnale di inizio (priming domain) dell'attività polimerasica. Il gene C presenta due segnali di inizio della trascrizione e può codificare due proteine: C e C+preC. La proteina C forma il capside ("core") virale (e l'antigene C virus-specifico: Hepatitis Bcoreantigen o HBcAg). La proteina C+ preC, invece, viene avviata verso l'apparato secretorio cellulare e, dopo alcuni tagli proteolitici, viene eliminata all'esterno della cellula, in forma di una proteina di circa 16 kDa, che espone epitopi antigenici peculiari e viene indicata come antigene "e" (HBeAg).

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Il gene S codifica le proteine di superficie (envelope) del virione (di cui esse rappresentano l'antigene specifico: HBsurfaceantigen o HBsAg). Il gene presenta tre segnali di inizio della trascrizione e può codificare tre proteine di diverso peso molecolare: S (24.000 dalton o p24), S+preSl (33 kDa o p33) e S+preSl+preS2 (39 kDa o p39). Le tre proteine, dopo la glicosilazione ed il conseguente aumento del peso molecolare, sono indicate come: gp27, gp36 e gp42. Il gene X codifica una proteina ad attività transattivante sulla trascrizione (promoter) del genoma virale e sulla trascrizione di diversi geni cellulari, che viene aumentata, e che è anche in grado di complessarsi al prodotto del gene oncosoppressore p53, inattivandolo. HBV è assolutamente specifico per la specie umana, ai cui epatociti si lega attraverso l'interazione con uno specifico recettore che sembra costituito (almeno negli Avihepadnavirus) da una glicoproteina della superficie cellulare di 170 kDa (pi 70 receptor) e, dopo la penetrazione nella cellula e l'uncoating, il DNA virale viene trasferito nel nucleo dove, dopo il completamento della struttura bicatenaria del genoma, ad opera degli enzimi cellulari preposti alla "sintesi di riparo", viene trascritto dalla polimerasi II cellulare dando inizio al ciclo di replicazione virale.

Rappresentazione schematica della organizzazione del virione di HBV e degli aggregati di HbsAg. Le proteine dell'envelope sono distinte a seconda della presenza o meno di preS1 e pre S2, in LHBs, MHBs e SHBs.

A differenza di quanto accade nella replicazione dei Retrovirus, la trascrizione del genoma di HBV, non richiede la preventiva integrazione nel genoma cellulare, anche se questa è possibile, come è dimostrato dalla presenza del genoma di HBV integrato in una consistente quota delle cellule del carcinoma epatico primitivo. La maturazione dei vinoni completi avviene a livello delle membrane dell'ergastoplasma ed i vinoni completi sono eliminati dalla cellula attraverso un processo di esocitosi  insieme ad una notevole quota di HBsAg, che viene prodotto in eccesso e si presenta in circolo assemblato sia in forma di particelle rotondeggianti di 20 nm di diametro, sia in forme filamentose di lunghezza variabile.

Il virione completo presenta tre diverse glicoproteine di superficie (Hepatitis B surface o HBs) denominate rispettivamente L (large) HBs, M (medium) HBs e S (small) HBs, a seconda della glicoproteina finale da cui risultano formate. Negli aggregati "filamentosi" di HbsAg sono presenti tutte e tre le diverse glicoproteine, mentre gli aggregati rotondeggianti sono formati solo da SHBs e da una variabile quota di MHBs. HBV non sembra codificare una proteina "M" che abbia le funzioni di "matrice" in grado di favorire l'interazione della porzione interna delle glicoproteine di superficie con il capside o core virale, e questa funzione potrebbe essere svolta da una proteina da stress, la neat shock protein "hsc70" che (almeno nell'Hepadnavirus delle anatre) è costantemente associata alla zona preSi di LHBs, quando la glicoproteina sia orientata con la zona preSi verso l'interno del capside.

HBV è relativamente stabile sia nella organizzazione genomica che nella composizione antigenica. Tuttavia, poiché la replicazione avviene attraverso un intermedio ad RNA, la "variabilità" genomica di HBV è sicuramente maggiore di quella che si osserva negli altri deossiribovirus. Esistono, quindi, tra i diversi virus circolanti, alcune differenze in un certo numero di sequenze nucleotidiche (ad esempio quella del gene 5) che hanno consentito di identificare, a tutt'oggi, otto diversi genotipi di HBV, indicati con le lettere da A ad H, il cui studio può essere utilmente impiegato a scopo epidemiologico. L'Italia è interessata dal genotipo A (ubiquitario) e dal genotipo D presente nell'Europa meridionale. I genotipi B e C sono presenti in Asia, il genotipo E è prevalente in Africa, mentre gli USA sono interessati dai genotipi F e G (quest'ultimo frequente anche in Francia), ed il genotipo H è soprattutto presente in Sud America. Tra i diversi genotipi possono, ovviamente, essere presenti anche piccole differenze antigeniche neWHbsAg che però non sono tali da impedire l'efficacia universale dell'immunità indotta dal vaccino (si veda in seguito). Fanno eccezione alcune varianti virali che occasionalmente possono comparire nel corso di epatiti croniche che si accompagnano ad una continua replicazione virale, che possono sfuggire (escape mutants) all'azione neutralizzante degli anticorpi antiHbsAg preesistenti. L'epatite B, è un'affezione a lunga incubazione (fino a 6 mesi) che si trasmette esclusivamente per via interumana, attraverso l'inoculazione accidentale o iatrogena (quest'ultimo tipo di trasmissione si verificava solo prima della identificazione di HBV e dei controlli successivamente instaurati sui donatori e gli emoderivati) di sangue infetto e che può trasmettersi, quindi, anche per via sessuale. L'infezione è trasmissibile anche dalla madre al feto, per via transplacentare o come infezione perinatale.

L'epatite B, prima del controllo dei donatori, reso possibile dalla identificazione del virus e dallo sviluppo delle relative tecniche diagnostiche, era presente con frequenza particolarmente elevata in soggetti sottoposti a trasfusioni multiple ed incide tutt'ora, come rischio professionale, anche in varie categorie di medici (chirurghi, dentisti, nei reparti di dialisi, etc.) e di altro personale sanitario. L'epatite B è particolarmente frequente in condizioni di scarsa igiene ambientale ed in comunità particolari (tossicodipendenti, malati mentali, etc.) o in rapporto a particolari abitudini (tatuaggi) e la sua diffusione è favorita da una notevole termoresistenza del virus.

Nel periodo iniziale dell'infezione i virioni sono presenti in circolo in apprezzabile quantità, insieme ad un eccesso di particelle di HBsAg e di HBeAg eliminato dalle cellule infette, per diminuire in seguito alla risposta immunitaria umorale e cellulomediata che bloccando il virus nell'ambiente extracellulare ed eliminando le cellule infette porta la malattia a guarigione. In un certo numero di casi, una non efficiente e pronta risposta immunitaria può consentire l'instaurarsi di un'infezione cronica, che può talora protrarsi anche per lungo tempo con una scarsa o nulla sintomatologia clinica ma che in una variabile percentuale di casi, con ogni probabilità attraverso l'attivazione di fenomeni autoimmuni e di lesioni da immunocomplessi, può esitare in gravi ed irreversibili danni epatici.

La diagnosi eziologica di infezione si basa si ricerca dei vari indizi di presenza virale (HBsAg, DNA virale, antigene "e") e sulla ricerca di anticorpi anti HBcAg (gli anticorpi contro la proteina capsidica core, i primi a comparire) e antiHBsAg, la cui presenza e versa combinazione consente di stabilire lo stadio cela infezione e la eventuale guarigione o cronicizzazione.
 

Trattamento e profilassi dell'infezione da HBV

La terapia delle infezioni acute da HBV è in genere solo sintomatica. Il trattamento delle infezioni croniche con interferone alfa e Beta è usato con discreti risultato. Anche alcuni inibitori della trascrittasi inversa, come lamivudina o 3TC e l'adefovir sembrano dotati di una ragionevole azione terapeutica. Un analogo strutturale della guanina (entecavir ) che ha un'ottima diffusione nel comparto intracellulare, dove viene fosforilato a trifosfato, è stato introdotto nella terapia dell'epatite cronica da virus B. L'entecavir compete efficientemente con la deossiguanosina inibendo tutte le funzioni  della DNA polimerasi virale, con risultati clinicamente apprezzabili. Il controllo dell'epatite B è legato soprattutto ricerca nel sangue dei donatori della presenza di marcatori che segnalino l'esistenza di infezioni acute in fase preclinica o di infezioni croniche subcliniche, nei donatori stessi. I recenti progressi nelle possibilità diagnostiche i questo livello (basate soprattutto su metodi radioimmunologici e immunoenzimatici) hanno fatto drammaticamente diminuire le epatiti da trasfusione di sangue ed  emoderivati o comunque legate a pratiche terapeutiche. Più difficile è il controllo della diffusione dell'infezione in particolari collettività (omosessuali, tossicodipendenti, età) per la presenza di seri ostacoli culturali ad un'efficace azione sanitaria. La somministrazione di preparazioni di gammaglobuline, ad elevato titolo in anticorpi antiHBsAg, ouò essere presa in considerazione, come misura profilattica, in soggetti esposti al rischio di infezione (contaminazione accidentale con sangue o emoderivati inretti in personale sanitario, etc.) anche se le opinioni in merito sono discordi. è stato dimostrato che gli anticorpi contro gli antigeni di superficie (HBsAg) del virus della epatite B danno efficacia protettiva nei confronti dell'infezione sperimentale nell'uomo. Tale dimostrazione ha aperto la strada all'allestimento di vaccini per la profilassi cell'infezione. Il primo vaccino è stato allestito con particelle di HBsAg separate, mediante centrifugazione differenziale, dai virioni completi, isolate dal siero di soggetti con infezione cronica e trattate con vari procedimenti aventi lo scopo di inattivare eventuali altri virus presenti nel sangue dei donatori. Oggi è disponibile un vaccino allestito mediante tecniche del DNA ricombinante, formato dalle proteine codificate dal gene S, clonato ed espresso in idonei vettori, che ha il notevole vantaggio di potere escludere il rischio, sia pure meramente ipotetico, della presenza di litri virus resistenti al procedimento di inattivazione.

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