Gravidanza ed epatopatie
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Gli esami di laboratorio in gravidanza
Gli esiti della maggior parte dei test di laboratorio effettuati durante la gravidanza, quali per
esempio i test della funzionalità epatica, restano sempre entro valori normali.
Ridotti livelli di albuminemia, azotemia ed emoglobina, aumentati livelli sierici
di alfa-fetoproteina, fosfatasi alcalina e trigliceridi e una conta dei globuli
bianchi più elevata rappresentano le poche eccezioni. Tali modificazioni si risolvono
subito dopo il parto, non producono effetti a lungo termine e non sono indice di
malattia.
Poiché è possibile in particolari situazioni valutare erroneamente
gli elevati livelli sierici della fosfatasi alcalina, è necessario fornire ulteriori
spiegazioni sull'argomento. Tale anomalia non supera generalmente un aumento di quattro volte
i valori normali e si manifesta durante il terzo trimestre di gravidanza. L'origine
dell'enzima è placentare; si osserva un ritorno a livelli sierici normali entro
la terza settimana successiva al parto. Non si rileva presenza anomala di aminotransferasi,
eccetto un possibile lieve aumento della bilirubina. Se si rilevano valori anomali
della fosfatasi alcalina, il ricorso al dosaggio della 5'-nucleotidasi e della gamma
glutamiltranspeptidasi può essere di grande aiuto, poiché in assenza di epatopatie
non risulta alterato.
Epatopatie e calcolosi della colecisti
Alcune modificazioni fisiologiche che avvengono durante la gravidanza possono
avere ripercussioni a lungo termine, per esempio l'aumentata sintesi epatica del
colesterolo con conseguente maggiore escrezione nella bile può determinare un incremento
della concentrazione del colesterolo nella bile. Tale alterazione può favorire
la formazione di calcoli biliari nelle multipare.
Epatopatie si possono osservare nel corso del primo o del secondo trimestre di gravidanza
• Ittero accompagnato da iperemesi gravidica
• Colestasi gravidica
• Sindrome di Dubin-Johnson
Epatopatie osservabili nel corso del terzo trimestre di gravidanza
• Colestasi gravidica
• Sindrome di Dubin-Johnson
• Steatosi epatica acuta gravidica
• Tossiemia accompagnata da interessamento epatico
• Rottura acuta del fegato
• Sindrome di Budd-Chiari
A quale algoritmo deve fare riferimento il medico qualora si manifesti un'epatopatia in
una donna in gravidanza?
E’ opportuno considerare diversi fattori nel caso in cui compaia un'epatopatia
in una donna in stato di gravidanza, quali, per esempio, il trimestre di gravidanza,
il grado e la natura delle alterazioni epatiche rilevate dai test, lo stato di salute
della paziente precedente alla gravidanza oltre ai fattori di rischio epidemiologici
che possono svolgere un ruolo eziologico. Queste informazioni possono rivelarsi
di fondamentale importanza ai fini della diagnosi e per un razionale approccio al
trattamento indicato nella paziente.
In caso di gestanti affette da epatopatia acuta, è opportuno prendere in considerazione
(oltre ai fattori elencati nelle domande 3 e 4): epatite virale, colecistite, epatopatia
cronica latente scompensata, epatite da farmaci o epatopatia da abuso di alcol.
Durante la gravidanza è comunque possibile riscontrare la presenza qualsiasi epatopatia;
viceversa la pre senza di steatosi acuta gravidica, tossiemia gravidica e colestasi
intraepatica gravidica si verifica solo in gravidanza.
Il ruolo del profilo biochimico dei test della funzionalità epatica nella diagnosi differenziale
Se l'alterazione predominante è rappresentata dall'alterazione della fosfatasi
alcalina nella donna in gravidanza, si può sospettare:
• Gravidanza normale (terzo trimestre)
• Iperemesi gravidica (primo trimestre)
• Colestasi intraepatica gravidica (terzo trimestre)
• Colelitiasi (sempre)
• Sindrome di Dubin-Johnson (secondo o terzo trimestre)
Se l'alterazione predominante è rappresentata dall'alterazione delle aminotransferasi,
si può sospettare:
• Steatosi epatica gravidica, epatite virale
• Tossiemia con infarto epatico
• Epatite da farmaci
• Tossiemia gravidica
• HELLP ( Emolisi, enzimi elevati e pistrinopenia)
• Epatopatia cronica
L'ipermesi gravidica può risultare da test di funzionalità epatica alterati?
L'ipermesi gravidica rappresenta una rara sindrome rilevabile quasi esclusivamente
nel primo trimestre. La fosfatasi alcalina e la bilirubina possono risultare lievemente
elevate analogamente alle aminotransferasi. Tale sindrome si ripresenta generalmente
anche nelle successive gravidanze.
Che cos'è la colestasi intraepatica gravidica
La colestasi intraepatica gravidica, chiamata anche colestasi gravidica, colestasi
ricorrente benigna gravidica o prurito gravidico, presenta un'incidenza che varia
a seconda della zona geografica. In alcuni paesi europei (Svezia, Polonia) e sudamericani
(Cile) l'incidenza è pari al 10%, mentre in altri paesi europei la percentuale di
colestasi gravidica si attesta sullo 0.1-0.2%. L'origine di tale affezione è tuttora
sconosciuta; sebbene si presenti solitamente nel corso del terzo trimestre, sono
stati osservati casi anche alla 13 a settimana di gestazione. La sindrome mostra
un ampio spettro di presentazioni cliniche: da forme lievi, dove il prurito rappresenta
l'unico disturbo, alla colestasi grave associata a carenza di vitamina K e importante
emorragia postparto. Sebbene tale condizione si riveli solitamente benigna per la
madre, si osserva un'aumentata incidenza di prematurità, sofferenza fetale e mortalità
alla nascita. La colestasi gravidica si ripresenta nelle successive gravidanze e
ha solitamente carattere familiare. Alcuni studi suggeriscono che l'antigene di
istocompatibilità HLA-BW 16 si osserva più frequentemente nelle donne con una storia
di colestasi gravidica esaminate che nei controlli sani. Il campione istologico
epatico rivela, infatti, una moderata colestasi irregolare e focale. Non sono presenti
caratteristiche distintive di altre forme di colestasi. Il trattamento consiste
in una terapia di supporto: colestiramina, 10-12 g/die, per attenuare il prurito
e vitamina K somministrata per via parenterale. Si sconsiglia l'impiego della vitamina
K a causa di un'aumentata percentuale (20%) di emorragia uterina postparto, probabilmente
dovuta a malassorbimento secondario alla colestasi.
Steatosi epatica acuta gravidica
La prima descrizione clinica della steatosi epatica acuta gravidica viene attribuita
a Sheenan nel 1940, anche se la presenza di degenerazione grassa del fegato in donne
decedute durante il puerperio è stata documentata a partire dal 1857. È una condizione
rara, con un'incidenza di 1 caso ogni 13 000 parti. Nella maggior parte dei casi
non si rilevano determinati fattori di rischio. L'inoculazione di grandi dosi di
tetraciclina per via endovenosa o infezioni respiratorie acute hanno talvolta preceduto
la comparsa della sindrome.
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