Celso, uno studioso, IV secolo a.C, disse che i segni dell'infiammazione
erano 4:
rubor: rossore, è rosso per vasodilatazione e comporta calor;
calor;
tumor: gonfiore, se il liquido dai vasi si sposta nei tessuti c'è
gonfiore;
dolor: dolore causato dalla compressione esercitata dal gonfiore sulle
terminazioni nervose.
Virchow, un poco più moderno, aggiunse un quinto segnale che è la functio laesa, cioè che se l'infiammazione è importante ne deriva la perdita delle funzione; per es. in un paziente con epatite acuta, senza eliminazione della noxa patogena, ne deriva un processo infiammatorio cronico con deposizione di tessuto fibroso e, dunque, ne deriva la cirrosi e la perdita di funzione. Hunter, uno studioso inglese, parlò di risposta aspecifica, aspecifica vuol dire che non è selezionata solo verso quell'agente di danno che sia chimico, fisico, biologico, anzi ci dice che la risposta infiammatoria, perlomeno nelle prime fasi, è una risposta aspecifica stereotipata, stereotipata vuol dire sempre uguale qualunque sia l'agente flogogeno. Ho detto nelle -prime fasi, cioè vaso-costrizione, vasodilatazione, aumento della permeabilità. Cohnheim facendo esperimenti su tessuti sottili dove il microcircolo si riusciva ad apprezzare (lingua di rana)fece degli studi e vide questa vaso-dilatazione e si rese conto di quello che succedeva.
Metchnikoff, passeggiando sulla spiaggia di Sant'Agata, dove c'era stata una mareggiata, vide delle stelle marine appena spiaggiate e osservò il loro movimento mentre "mangiavano". Stava conducendo degli studi sulle cellule bianche e scoprì la fagocitosi. Non è un caso che Metchnikoff vinse il premio Nobel nel 1908 assieme ad Erlich (quello che ha scoperto gli anticorpi), il primo con la fagocitosi, il secondo con gli anticorpi. All'epoca, Erlich li definiva "fattori sierici". Lewis (erano contemporanei) definì il ruolo dei mediatori (senza mediatori il processo infiammatorio non può avvenire). L'infiammazione è un processo che incomincia, ha varie evoluzioni e finisce nell'infiammazione acuta.
L' infiammazione è la risposta ad un danno per l'organismo, ma talora fa più danno quel meccanismo predisposto a riparare il danno più che il danno in se stesso. La risposta, attraverso la quale, l'organismo tenta di allontanare l'agente dannoso è l'infiammazione e l' agente che causa infiammazione è l'agente flogògeno e l'infiammazione è la flògosi: l'organismo tenta di ripristinare l'omeostasi.
Se l'agente eziologico riesce ad esser
allontanato, tutto torna come prima; si riprista l'omeostasi e l'infiammazione è
definita acuta.
Se
l'agente eziologico, viceversa, non riesce ad esser allontanato e persiste nel tempo,
l'infiammazione è definita cronica. Naturalmente non è solo questa la differenza tra i
due meccanismi. C'è una differenza sostanziale, che consiste nell'attore, cioè
chi recita la risposta. Nell'infiammazione acuta la risposta è del microcircolo
(arteriole, capillari, venule), quindi, il compartimento vascolo-ematico. Allora
nell'infiammazione acuta l'attore della flogosi è il microcircolo, inteso con tutte le sue componenti, il sangue
con la sua parte liquida e la parte corpuscolata. La parte
liquida è il plasma.
La parte corpuscolata è costituita da globuli bianchi, rossi e piastrine.
I globuli bianchi in assoluto sono 4000-9000/mm3. La formula leucocitaria
suddivide i globuli bianchi in
NEUTROFILI 60-70%;
EOSINOFILI 1-4%;
BASOFILI 0.5-1%;
LINFOCITI 25-35%;
MONOCITI 2-8%.
I globuli rossi sono 4.000.000-4.500.000 nella donna, 4500000-5000000 nell'uomo.
Le piastrine sono da
150.000-400.000/mm3. L'emoglobina nella donna 12-14g/100, 14-16g/100 nell'uomo.
Mentre nell'infiammazione acuta è implicato il
compartimento vascolo-ematico, nell'infiammazione cronica gli attori sono le
cellule. Allora la prima la chiameremo angioflògosi, cioè sono
interessati i vasi sanguigni; nell'altro caso, avremo l'istoflògosi, cioè
l'infiammazione nei tessuto. Nell'angioflògosi l'agente eziologico
riesce ad essere allontanato, nel secondo caso l'agente eziologico permane nel
tempo.
Definizione di Rubin del 2006: "infiammazione è la risposta ad un danno da parte del tessuto e del suo microcircolo". Essa è caratterizzata dalla produzione e dal rilascio di mediatori; tali mediatori chimici svolgono un ruolo fondamentale nell'infiammazione intervenendo sul movimento di liquidi dall'interno del vaso verso l'esterno, per cui si crea una pressione che permette al sangue di cedere nutrienti ed acquisire cataboliti.
Nel caso dell'infiammazione che costituisce un momento fisopatologico, si muovono grandi quantità di liquidi dall'interno dei vasi verso l'esterno e, all'interno del vaso, aumenta la viscosità del sangue e le cellule finiscono per trovarsi impilate le une addosso alle altre: i globuli rossi sono più piccoli, biconcavi, e questa loro morfologia consente loro di addossarsi gli uni agli altri quindi, man a mano che esce il liquido, si impilano e si compartimentalizzano al centro del vaso (per motivi fisici) spingendo alla periferia i bianchi che hanno dimensioni maggiori. Il globulo rosso, anche se è piccolo, pesa, pesa perché c'è il ferro.
I globuli bianchi vengono spinti alla periferia dove sono già fisiologicamente marginati, aumenta la quota marginale. Vi è questo aumento di viscosità perché il plasma viene mandato fuori, con queste cellule che si dispongono in maniera diversa, perché la finalità è mandare nel sito di flògosi liquido e cellule. Quindi il liquido ha il compito di diluire l'agente flogògeno, mentre le cellule sono chiamate nel sito di danno da agenti chemiotattici; si tratta di sostanze prodotte nel luogo del danno che svolgono un ruolo di richiamo verso le cellule della linea dei bianchi. I neutrofili che accorrono, sono cellule terminali cioè non proliferano, muoiono dopo che hanno svolto il loro: la fagocitosi.
Essi producono anche citochine. Altre cellule dei neutrofili, sono le cellule dendritiche, i macrofagi, i mastociti, i polimorfonucleati, i natural killer. L'immunità innata è la risposta a patogeni e danni generici. Ma se il processo infiammatorio non giunge a compimento, con l'eliminazione dell'agente patogeno, per cui l'agente dannoso rimane in sito, allora l'infezione diventa cronica e quindi cambieranno gli attori. Intervengono allora delle cellule a vita lunga che hanno la capacità di proliferare, per esempio, linfociti, monociti, macrofagi. La differenza tra monocita e macrofago è che il monocita in circolo non ha attività macrofagica, ma appena esce dal vaso la acquisisce; il macrofago nella sua vita fa 2 cose: fagocitosi e presentazione dell'antigene al linfocita.
Attraverso l'uscita del liquido e delle cellule, l'ospite localizza il danno attraverso l'agente chemiotattico (il quale è maggiormente concentrato nel luogo di flògosi). La cellula, che deve esser orientata, sente, mediante i suoi recettori per le chemochine, questo gradiente di concentrazione e dal luogo meno concentrato va nel luogo più concentrato, cammina ed arriva nel luogo di flògosi dove deve espletare la sua funzione. La funzione principale nell'infiammazione acuta è quella di allontanare in qualche maniera l'agente patogeno che abbiamo chiamato flogògeno perché suscita infiammazione. Se fosse un agente che dà degenerazione lo chiameremo agente degenerativo. Se fosse un agente che dà cancro lo chiameremo agente oncògeno.
Possono dare flògosi agenti fisici, chimici e biologici.
Naturalmente, avranno proprietà diverse:
agenti fisici: traumi, radiazioni ionizzanti, eccitanti (questi hanno pure
potere oncògeno o possono provocare anche solo eritema);
agenti chimici;
agenti biologici: tutti la gamma dei microorganismi (virus, batteri,
protozoi).
Nell'infiammazione avremo una impennata nella conta dei globuli bianchi che possano raggiungere anche 20.000 elementi per mm3: ciò accade per es. nelle appendiciti acute con perotonite! Si avrà la perdita di minerali; leucocitosi; modificazione biochimico-cliniche di fase acuta; ci sono alcune proteine che chiamiamo di fase acuta che si elevano; anche la VES (velocità di eritrosedimentazione), la Proteina C-Reattiva compare, quale segni dell'infiammazione, quindi gli effetti sistemici si hanno quando l'infiammazione è importante e comporta la partecipazione di questi sistemi. Il processo infiammatorio ha finalità di diluire, isolare, distruggere la causa. Anche qua avremo l'afflusso di sangue, l'essudazione (il liquido che mandiamo fuori dal vaso nei tessuti si chiama essudato, ex sudo, esco fuori da) quindi il liquido va nel tessuto, diluisce le tossine, fa arrivare nel sito le difese naturali, perlomeno intanto quelle solubili. Nel sangue ci sono difese naturali come le proteine del complemento (sono 9), la funzione del complemento è far arrivare le proteine specifiche che possono essere gli anticorpi (siamo già in una fase avanzata dell'immunità), anche i farmaci arrivano tramite il sangue.
Vi sono, inoltre, i fattori della coagulazione
che vengono messi in moto. Sono 3 i sistemi che si intersecano nella
risposta infiammatoria:
sistema del complemento;
sistema della coagulazione;
il sistema delle chinine.
Perché il sistema della coagulazione? Se il danno ha colpito dei piccoli vasi,
qualcuno li deve riparare, altrimenti avremo l'emorragia; da qui il ruolo della
fibrina, a partire dal fibrinogeno che diventa fibrina e quindi dei piccoli
tappi che si formano nei piccoli vasi danneggiati. D'altra parte,
contemporaneamente comincia e viene promosso il processo riparativo che può
essere di diverso tipo. Qual è la finalità? L'obiettivo alla fine è rimuovere da
quel sito di flògosi il tessuto danneggiato! Una volta che abbiamo eliminato
l'agente eziologico dobbiamo anche eliminare il tessuto danneggiato.
Per ricapitolare, obiettivi della risposta flogistica:
1. isolare, neutralizzare ed eliminare la causa: afflusso di sangue, essudazione
(che diluisce le tossine), affluenza, tramite sempre il sangue, delle difese
naturali (complemento), specifiche (anticorpi) e, eventualmente, dei farmaci
nella zona danneggiata; formazione di fibrina che evita emorragie a
livello di piccoli vasi e limita, inoltre, la diffusione batterica;
2. iniziare e promuovere i processi riparativi;
3. rimuovere dal focolaio il tessuto danneggiato (tramite la fagocitosi).
Alla fine dell'infiammazione acuta, dopo che siamo riusciti ad eliminare
l'agente flogògeno, abbiamo la rigenerazione del normale tessuto se il danno è
stato lieve, se il danno è consistente, abbiamo la formazione della cicatrice (è
un tessuto diverso da quello di origine, non più funzionale) in sostituzione di
quel che abbiamo perduto e non può essere riparato.
La riparazione dell'epidermide attraverso la cicatrice, con la coagulazione del sangue, impedisce l'ingresso dei germi, è una funzione fisiologica quella della cicatrice. Se la cicatrice si forma all'interno del polmone come esito di un processo infiammatorio importante soprattutto cronico dove c'è perdita di sostanza, ripariamo con una cicatrice, ma il polmone, fisiologicamente, ha la capacità di espandersi e, riparando il danno con le cicatrici, diminuiamo la capacità respiratoria del polmone: ne deriva un'offesa più grave del danno stesso, ma la deve fare, non c'è altro modo, per questo vi ho detto che l'infiammazione è una difesa, intanto è una risposta, quel che farà lo vedremo, normalmente è una risposta di difesa. Noi abbiamo migliaia di episodi infiammatori durante la vita e sono di difesa, mentre, a volte non lo sono.
In alcune condizioni, la capacità di eliminare questo tessuto leso (necrotico,
morto) e gli agenti estranei è impedita, allora l'infiammazione diventa cronica.
Infiammazione cronica non significa che è solo una questione cronologica,
ma che rimane la flogosi è anche una questione di partecipazione, là il
compartimento vascolo-ematico, il microcircolo, qua le cellule (linfociti,
macrofagi, fibroblasti che tentano di riparare, creare un cuscinetto attorno)."
Vi sono tre evoluzioni della flògosi:
1) eliminazione dell'agente causale (Infiammazione acuta), se il danno è
lieve il tessuto danneggiato viene riparato, altrimenti viene sostituito da
tessuto fibrotico;
2) perpetuazione o cronicizzazione (sostituzione del tessuto danneggiato
col tessuto fibrotico):
persistenza del danno;
eccesso di fenomeni riparativi connetti vali (fibrosi);
riduzione e perdita di funzionalità
del tessuto o organo;
3) malattia autoimmune (l'agente flogògeno può essere ad esempio un anticorpo
che permane, vedi Tiroidite di Hashimoto).
Nell'infiammazione cronica una evenienza importante è che si crea quasi
un cuscinetto cellulare attorno all'agente eziologico (il granuloma). Per
esempio, c'è una patologia che riguarda il polmone profondo, ma riguarda anche
altri parenchimi (celebrale, renale, etc...), per la maggior parte (circa 90%) è
polmonare, si chiama sarcoidosi, è un'infiammazione cronica granulomatosa
(significa che si forma un granuloma, il granuloma è un cuscinetto di cellule
che si forma attorno ad un agente eziologico per circoscrivere, tipo quello che
faceva l'essudato nell'infiammazione acuta, delimitare, se ci riesce
distruggere, ma non ci riesce, l'agente eziologico). Il granuloma è
un'espressione, non l'unica, dell'infiammazione cronica, questa si chiamerà
infiammazione cronica granulomatosa. Le cellule responsabili sono i
macrofagi, linfociti, con intorno i fibroblasti. In genere i
granulomi sono così costituiti, poi c'è quello più ordinato che è quello
tubercolare dove le cellule sono ben visibili, da libro, se fate una sezione del
granuloma tubercolare è lo stesso del libro; in quelli più complicati non si
capisce nulla, ma la tipologia di cellule è questa. La sarcoidosi,
infiammazione cronica granulomatosa, ha carattere sistemico, non locale.
C'è un agente eziologico, ma nonostante siano passati 100 e più anni dalla
scoperta, non è mai stato trovato, non si sa chi sia questo agente eziologico.
Sono state fatte molte ipotesi: una tubercolosi causata da una batterio? Non si
sa! Non è mai stato isolato. Né un virus, né un parassita, né un microrganismo.
Quello che si sa molto bene è la patogenesi. Non conosco la causa, ma so quali
sono gli effetti provocati dalla causa sconosciuta. Non conosciamo la causa, ma
sappiamo che c'è stato qualcosa che ha provocato l'afflusso di linfociti
e di monociti che diventano macrofagi. Appena escono dai vasi,
essi presentano un antigene sconosciuto a dei linfociti. C'è un
aumento dei valori delle proteine di fase acuta, quindi c'è
un'infiammazione, un aumento dell'ACE (prodotta da cellule epitelioidi)
quando il granuloma è formato. C'è la febbricola, la quale non è mai un evento
positivo, c'è qualcosa che non funziona; nel caso della sarcoidosi polmonare
compare la tosse: una tosse secca, irritativa, continua che stanca la persona,
ma non produttiva, determinata dalla compressione dei bronchi: c'è qualcosa che
comprime i bronchi, una formazione diremmo, ma non è un tumore. La stanchezza,
l'anoressia, la debolezza muscolare accompagnano il quadro clinico. Nel
primo stadio di questa malattia, malattia infiammatoria cronica, quello che si
vede è un aumento dei linfonodi mediastinici, da qui la compressione
bronchiale. L'aumento di volume dei linfonodi vuol dire che c'è una risposta
infiammatoria, e vanno a comprimere strutture circostanti. Se ci sono impegnati
i linfonodi, vuol dire che c'è una risposta immunitaria verso un antigene
sconosciuto. In genere l'infiammazione cronica dopo qualche mese si ferma, ma
nel 20% dei casi puo' progredire e giungere al secondo stadio: questa
infiammazione dai linfonodi mediastinici si trasferisce quindi agli
alveoli per trasformarsi in un'alveolite linfocitaria, un'infiammazione
cronica. Per sapere che abbiamo un'alveolite linfocitaria dobbiamo andare a
guardare all'interno dell'alveolo. C'è una metodica cruenta, ma a volte
necessaria per definire questo tipo di patologia, che si chiama lavaggio bronco
alveolare o BAL. Quindi c'è il broncoscopio che deve arrivare nel polmone
profondo e qui, tramite l'inoculazione di una soluzione fisiologica (10 cm alla
volta), si lava dopodiché si aspira. Si ripete tutto fino a consumare circa 200
cm di questa soluzione. Si è visto che con questa metodica vengono su non solo
le cellule di sfaldamento, ma viene su una fotografia cellulare di quello che
c'è nell'alveolo profondo. Verranno su le cellule che stanno nell'alveolo (per
dire patologico si deve avere davanti il fisiologico, i sacri testi dicono che
c'è una normalità). Nell'alveolo polmonare normale troviamo macrofagi che fanno
le pulizie. Qualcuno ha fatto il citogramma, cioè una fotografia delle cellule
che sono là, grosso modo ci sono 100 mila cellule per mi (si chiama cellularità
normale). Se io, nella persona che sto sottoponendo a questa metodica, invece di
100 mila cellule, trovo 1 milione di cellule, cioè 10 volte tanto, dirò che è
aumentata la cellularità. Non è senza motivo che aumenta la cellularità, quando
ci sono più cellule vuol dire che c'è qualcosa che ne ha suscitato l'aumento, e
poi le vado ad esaminare. Fisiologicamente su 100 cellule si repertano per il
90% macrofagi, mentre per il restante 10%, abbiamno un BAL composto
da 7-8% di linfociti, 1-2% di granulociti, ma pochissimi, e altri
tipi cellulari che non ci riguardano. Quindi il rapporto è 90-10 più o meno. Se
eravamo davanti a 100 mila cellule: 90 mila sono macrofagi, 10 mila sono
linfociti ed altri. Il ruolo è chiaro: i macrofagi servono per ripulire dagli
antigene. Ma in questa condizione patologico di cui stiamo parlando
c'è una continua presentazione di un antigene che noi non conosciamo, ma che
deve necessariamente essere presente, perché questi macrofagi continuano a
presentare antigeni ai linfociti T naive, se siamo davanti a
un'infiammazione, questi T naive diventeranno TH1, TH17.
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