Infiltrati polmonari e chemioterapia

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I pazienti con neoplasia possono presentare dispnea associata al reperto di infiltrati interstiziali diffusi, evidenziati alla radiografia del torace. Tali infiltrati possono essere dovuti alla progressione della neoplasia maligna, alla tossicità da trattamento, a infezioni e/o ad altre malattie non correlate. Essi presentano tosse, febbre, dispnea che talora necessita di un trattamento specifico con antibiotici, ossigenoterapia con maschera di Venturi e cortisonici. In alcuni casi particolari si deve ricorrere a tecniche specifiche: leucoferesi.

Eziologia degli infiltrati polmonari

L'eziologia è multifattoriale; tuttavia, più comunemente gli infiltrati polmonari si verificano come conseguenza del trattamento. L'infiltrazione dei polmoni da parte della neoplasia maligna è stata descritta in casi di leucemia, linfoma, carcinoma della mammella e altri tumori solidi. I linfatici polmonari possono essere infiltrati diffusamente (linfangite carcinomatosa), con risultante aumento diffuso della trama alla radiografia del torace.  Il paziente è spesso lievemente dispnoico all'inizio, ma l'insufficienza polmonare si sviluppa rapidamente nell'arco di settimane. In alcuni pazienti la dispnea precede le alterazioni riscontrate alla radiografia del torace e si accompagna a tosse non produttiva.  Questa sindrome è caratteristica dei tumori solidi.

La Polmonite -

RX torace: focolaio broncopneumonitico medio-apicale
destro in pz con leucemia mieloide acuta

Nei pazienti leucemici, un'infiltrazione diffusa peribronchiale e peribronchiolare è frequente ma può essere asintomatica. Tuttavia, alcuni pazienti si presentano con infiltrati interstiziali diffusi, sindrome da blocco capillare alveolare e dispnea. In queste situazioni i glucocorticoidi possono fornire un sollievo sintomatico, ma deve essere iniziata prontamente una chemioterapia specifica. Anche l'accumulo di blasti leucemici nel sistema capillare polmonare può causare dispnea e insufficienza respiratoria nei pazienti con leucemia mieloide acuta. Questa complicanza è legata strettamente a un'elevata conta periferica di blasti (più di 100000/microl) e a un breve tempo di raddoppio della massa tumorale. Alcuni pazienti con leucostasi polmonare possono presentare infiltrati diffusi, nodulari e/o flocculari alla radiografia del torace. Oltre alla dispnea, si possono manifestare capogiri, confusione, acufeni, atassia, offuscamento della vista e anomalie retiniche dovute a leucostasi nei vasi cerebrali.
La leucoferesi e/o la chemioterapia dovrebbero essere iniziate senza ritardo. L'irradiazione polmonare può ridurre i sintomi. Numerosi agenti citotossici come la bleomicina, il metotrexato, il busulfan e le nitrosuree possono produrre un danno polmonare. Le più frequenti presentazioni comprendono polmoniti interstiziali, alveoliti e fibrosi polmonari. Alcuni agenti citotossici, tra cui il metotrexato e la procarbazina, possono causare una reazione di ipersensibilità acuta. La citosina arabinoside si associa a edema polmonare non cardiogeno. Una polichemioterapia citotossica, la radioterapia e la presenza di una malattia polmonare preesistente possono potenziare la tossicità polmonare.

L'ossigeno può potenziare gli effetti dei farmaci e i danni da radiazioni. Nei pazienti dovrebbe essere mantenuta la più bassa concentrazione alveolare di O2 inspirato in grado di mantenere la saturazione dell'emoglobina.
L'esordio dei sintomi può essere insidioso. Questi comprendono, dispnea, tosse non produttiva e tachicardia. I pazienti possono presentare rantoli crepitanti bibasilari, crepitii in fase di fine espirazione, febbre e cianosi. La radiografia toracica generalmente mostra un quadro interstiziale (talvolta intralveolare) più accentuato alle basi del polmone, che può essere anche simmetrico. Possono verificarsi piccoli versamenti pleurici. Una condizione di ipossiemia con ridotta capacità di diffusione del monossido di carbonio è sempre presente. I glucocorticoidi possono essere utili nei pazienti in cui la tossicità polmonare è in relazione con la radioterapia o con la chemioterapia a base di mitomicina C, busulfan, metotrexato o procarbazina.

Il trattamento è altrimenti di supporto. Una polmonite da radiazioni e/o una fibrosi polmonare sono effetti collaterali relativamente frequenti della radioterapia toracica quando il dosaggio eccede i 40 Gy e può trattarsi di una condizione acuta o cronica.

Esordisce di solito 2-6 mesi dopo il completamento della radioterapia. La sindrome clinica, di gravita variabile, consiste in dispnea, tosse con scarso espettorato, febbre modesta e un iniziale infiltrato indistinto alla radiografia del torace. L'infiltrato e il danno tissutale generalmente sono confinati al campo di irradiazione. In seguito si può sviluppare nel paziente un infiltrato alveolare a chiazze al broncogramma aereo, che può progredire fino all'insufficienza respiratoria acuta, talvolta fatale. Una biopsia del polmone può essere necessaria per porre la diagnosi. Infiltrati asintomatici riscontrati occasionalmente dopo radioterapia necessitano di trattamento.

Tuttavia, il prednisone dovrebbe essere somministrato a pazienti con febbre o altri sintomi. Il dosaggio deve essere ridotto lentamente dopo la risoluzione della polmonite da radiazioni, poiché una brusca sospensione dei glucorticoidi potrebbe determinare un aggravamento della polmonite. Una fibrosi da radiazioni ritardata può verificarsi anni dopo la radioterapia ed è segnalata da dispnea da sforzo. Spesso è lieve, ma può progredire fino all'insufficienza respiratoria cronica. La terapia è di supporto.

La polmonite è un problema comune nei pazienti sottoposti a terapia antineoplastica. La polmonite batterica tipicamente determina un infiltrato localizzato alle radiografie del torace. La terapia dipende dal microrganismo causale. Quando in un paziente febbrile compare un infiltrato interstiziale diffuso, la diagnosi differenziale è ampia: polmonite da Pneumocystis carinii, da citomegalovirus o da patogeni intracellulari come i micoplasmi e Legionella; effetto di farmaci o radiazioni; progressione del tumore; polmonite non specifica; infezione fungina.

Diversi studi hanno comunque dimostrato come un intervento empirico con trimetoprim-sulfametoxazolo più eritromicina in pazienti non neutropenici e con ceftazidime in aggiunta a questi antibiotici nei pazienti neutropenici copra quasi ogni possibile diagnosi trattabile (eccetto la progressione tumorale) e produce sopravvivenze globali buone, sovrapponibili a quelle di strategie basate su interventi invasivi precoci come il lavaggio broncoalveolare o la biopsia a torace aperto. Se il paziente non migliora entro quattro giorni, una biopsia del polmone a torace aperto è la procedura di scelta. La broncoscopia con lavaggio broncoalveare può essere effettuata in pazienti non idonei alla chirurgia. Nei pazienti con infiltrati polmonari che si presentano apiretici, l'insufficienza cardiaca e l'embolia polmonare multipla costituiscono parte della diagnosi differenziale.

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