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Malattia febbrile prolungata di origine ignota in pazienti adulti

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Malattia febbrile prolungata

Per "febbre di origine ignota" si intende una malattia febbrile (temperatura superiore o uguale a 38,3 oC) presente per almeno 3 settimane, per la quale non è stato possibile identificare una causa eziologica malgrado una valutazione condotta durante un ricovero in ospedale di durata pari a una settimana.

Secondo una definizione qualitativa più recente, per porre diagnosi di febbre di origine ignota sarebbe sufficiente aver sottoposto il paziente ad una "ragionevole" valutazione diagnostica.

Benchè la diagnosi differenziale comprenda più di 200 patologie, in pazienti adulti la maggior parte dei casi è riferibile ad alcune dozzine di possibili cause.

La febbre di origine ignota rappresenta più frequentemente una presentazione atipica di una patologia nota, e non una malattia "insolita".

I sottogruppi di cause più frequenti comprendono infezioni, neoplasie maligne, patologie infiammatorie non-infettive, altre cause. Il medico deve sottoporre il paziente ad un'accurata raccolta anamnestica e ad un esame obiettivo completo, volti ad identificare possibili indizi diagnostici utili per impostare la valutazione iniziale. In assenza di indizi diagnostici il paziente va sottoposto ad una valutazione diagnostica "di minima", che deve comprendere un esame emocromocitometrico completo, radiografia del torace, esame delle urine e urinocoltura, quadro elettrolitico, enzimi epatici, velocità di eritrosedimentazione, livelli di proteina C-reattiva.

Esami ulteriori possono comprendere emocoltura, livelli di lattato deidrogenasi, creatina chinasi, fattore reumatoide, anticorpi antinucleo. Vengono frequentemente condotti anche esami sierologici per il virus dell'immunodeficienza umana ed altri esami sierologici specifici (es. cytomegalovirus, virus di Epstein-Barr, tubercolosi), nonchè ecografie o tomografie computerizzate addominali e pelviche.

Altre indagini specifiche e sofisticate

Nei casi in cui la diagnosi continua a rimanere elusiva, una tomografia ad emissione di positroni con 18F-fluorodesossiglucosio, associata a tomografia computerizzata, può essere di aiuto nel guidare il medico verso l'esecuzione di una biopsia tessutale. Nei pazienti con febbre di origine ignota la somministrazione empirica di antibiotici o di corticosteroidi è in genere sconsigliata. La febbre di origine ignota in un paziente adulto rappresenta una delle condizioni cliniche più impegnative, sia per il medico che per il paziente. Non esistono su questo argomento delle linee-guida pubblicate, nè esiste un approccio standard alla valutazione diagnostica. La stessa definizione di febbre di origine ignota è controversa. La condizione venne descritta per la prima volta nel 1961 in una serie di casi clinici, e venne definita una malattia febbrile (temperatura superiore o pari a 38,3 oC) prolungata, cioè presente da almeno 3 settimane, e per la quale non sia stato possibile identificare una causa eziologica malgrado una valutazione di almeno una settimana condotta durante un ricovero in ospedale. La definizione arbitraria di durata della maggior parte della febbre (pari almeno a 3 settimane) consente un tempo sufficiente per la risoluzione delle patologie acute ed autolimitanti, nonchè per condurre una valutazione iniziale del paziente.

La febbre di origine ignota ricevette una nuova definizione nel 1991; secondo tale definizione la valutazione diagnostica minima doveva essere composta da almeno 3 visite ambulatoriali o da 3 giorni di ricovero in ospedale. Altri autori hanno proposto periodi di tempo più brevi di durata della febbre (es. 2 settimane); in effetti, attualmente, i pazienti si rivolgono al medico più precocemente e ricevono una diagnosi più rapidamente. Uno studio retrospettivo condotto su 226 pazienti, ricoverati per una malattia febbrile, ha determinato il tempo impiegato fino alla diagnosi nel periodo compreso tra la visita iniziale condotta per la febbre ed il termine del ricovero.

Dal punto di vista del tipo di patologia identificata non sono state descritte differenze tra i pazienti che soddisfacevano il criterio diagnostico molto restrittivo del 1991, ed i pazienti in cui la diagnosi era stata raggiunta in meno di 3 settimane.10 Nei casi in cui dopo un'appropriata valutazione diagnostica, condotta a livello ambulatoriale o in ospedale, non si è raggiunta una diagnosi, appare pertanto legittimo presumere la presenza di una febbre di origine ignota. Altri sottotipi di febbre di origine ignota comprendono le forme contratte in ospedale, le forme con neutropenia, le forme associate all'infezione con il virus da immunodeficienza umana.

 

Diagnosi differenziale

Le patologie responsabili della febbre di origine ignota si sono modificate con il passare del tempo, in conseguenza di modificazioni dei pattern di malattia e dello sviluppo di nuove tecniche diagnostiche. La diagnosi differenziale comprende più di 200 patologia  secondo diverse rassegne di casi clinici, tuttavia, l'eziologia della febbre di origine ignota sarebbe sostanzialmente limitata ad alcune dozzine di patologie; i pazienti presentano spesso una forma atipica di una patologia comune. Le più comuni cause di febbre di origine ignota comprendono cause di tipo infettivo (20-40% del totale), neoplasie maligne (20-30%), malattie infiammatorie non-infettive (10-30%), cause miste (10-20%) e cause non individuate (più del 50% dei casi).

 Le patologie infiammatorie non-infettive comprendono tipicamente malattie del connettivo, vasculiti, patologie granulomatose.

Nei paesi sviluppati le patologie infiammatorie non-infettive e le febbri senza una diagnosi rappresentano una percentuale elevata delle febbri di origine ignota. Nei paesi in via di sviluppo vengono invece riscontrati tassi più elevati di infezioni e di neoplasie. Una percentuale compresa tra 15% e 35% dei pazienti muore per una causa associata alla febbre di origine ignota (in genere infezioni o neoplasie maligne); la maggior parte dei pazienti in cui non è possibile identificare una causa eziologica, d'altro canto, presenta infine un recupero o un'evoluzione benigna, con una buona prognosi.

Possibili indizi diagnostici in pazienti con febbre di origine ignota

Anamnesi

Esposizioni ambientali Acqua dolce Leptospirosi Condizioni di vita (es.  Tubercolosi)
Esposizioni in ambito lavorativo Cytomegalovirus, virus di contatto con malati Epstein-Barr, tubercolosi (es. pazienti ricoverati in ospedale, bambini) Animali domestici, animali Brucellosi selvatici.
Viaggi recenti, in particolare- Specifiche in base alla regione  in aree geografiche con (es. febbre Q in alcuni paesi -patologie endemiche europei)
Anamnesi familiare: Condizioni febbrili eredi- Febbre familiare del Mediterraneo
Anamnesi patologica: Patologie addominali Epatite alcolica, cirrosi, malattia di Crohn, Storia di trasfusioni Epatiti B e C, virus immunodeficienza umana
Neoplasie maligne: Metastasi
Malattie psichiatriche Febbre "fittizia"
Recenti ricoveri in ospedale: Infezioni nosocomiali Comportamenti a rischio Sostanze stupefacenti per Ascessi, endocarditi, osteomielite, via endovenosa mieliti Esposizione a infezioni traumatiche, Virus da immunodeficienza
Anamnesi chirurgica: Protesi Osteomielite
Esame obiettivo: Caratteristiche eruzioni cutanee,  Adenovirus, virus herpes simplex,  eritema multiforme, virus dell'immunodeficienza,  meningococcemia, malattie trasmesse da zecche
Congiuntivite o uveite Malattia di Stili dell'adulto, leptospirosi, lupus eritematoso sistemico
Epato- o splenomegalia; Epatopatia alcolica, carcinoma, masse addominali, cytomegalovirus, virus prezzabili alla palpazione di Epstein-Barr, leucemie, linfomi, Tumefazione articolare o dolore, Malattie intestinali infiammatorie, malattia di Lyme, lupus eritematoso sistemico, Linfoadenopatia Malattia da graffio del gatto, cytomegalovirus, virus Epstein-Barr, virus immunodeficienza umana, Informazioni tratte dalle referenze bibliografiche

Pronto soccorso

Gastroenterologia

Diabetologia

Cardiologia

Endocrinologia

Urologia Nefrologia

Aritmie

Cause comuni di febbre di origine ignota

Causa
- Infezioni Batteriche
(20-40%): Ascessi addominali o pelvici, Ascessi dentali, Endocardite, Sinusite, Tubercolosi (in particolare extrapolmonare/disseminata) Infezioni delle vie urinarie  Virali : Cytomegalovirus Virus di Epstein-Barr Neoplasie Carcinoma colon-rettale maligne
- Leucemie (20-30%):  Linfomi (Hodgkin o non-Hodgkin)
- Malattie Malattie del connettivo: infiammatorie Malattia di Stili dell'adulto non-infettive Artrite reumatoide Lupus eritematoso sistemico Malattie granulomatose Malattia di Crohn Sarcoidosi Sindromi vasculitiche Arterite a cellule giganti Polimialgia reumatica/arterite temporale
- Cause miste Da farmaci (10-20%) Febbre "fittizia", Malattie tromboemboliche,  Tiroidite

Infezioni più frequenti

In occasione della valutazione iniziale, gli esami per la ricerca delle infezioni più comuni devono comprendere un emocromo completo con formula leucocitaria, quadro elettrolitico, enzimi epatici, esame delle urine e urinocoltura, emocoltura, radiografia del torace. In assenza di indizi circa una possibile sede di infezione il paziente va sottoposto ad una valutazione diagnostica più approfondita.

La velocità di eritrosedimentazione (VES) ed i livelli di proteina C reattiva (PCR) sono reattanti nonspecifici di fase acuta che fanno parte di routine della valutazione diagnostica di un paziente febbrile. Un valore di VES estremamente elevato (100 mm/ora o ancora più elevato) suggerisce la presenza di patologie come ascessi addominali o pelvici, osteomieliti, endocarditi. La VES non consente tuttavia di discriminare tra patologie autoimmunitarie attive e infezioni; inoltre, sia neoplasie sia patologie infiammatorie non-infettive possono causare innalzamenti di VES e di PCR.

Secondo una review, un valore di VES superiore o uguale a 100 mm/ora possiede un'elevata specificità per neoplasie maligne (96%) ed infezioni (97%), ed è caratterizzato da un valore predittivo positivo pari a 90%. Una VES normale possiede un elevato valore predittivo negativo per l'arterite tem-porale. Una VES non elevata non possiede tuttavia un significativo valore diagnostico, e non consente di escludere la presenza di neoplasie e di altre condizioni patologiche. Il livello di PCR costituisce un marker sensibile per infezioni e infiammazioni, ma non possiede una sensibilità sufficiente per discriminare tra processi patologici specifici.

Uno studio prospettico recente ha evidenziato che la probabilità di individuare una causa della febbre è più elevata tra i pazienti con livelli elevati di VES e PCR. La procalcitonina è un nuovo marker specifico di infezioni batteriche. Diversi studi hanno dimostrato che la procalcitonina possiede una specificità compresa tra 70% e 98%; nei confronti delle infezioni batteriche la specificità della procalcitonina sarebbe superiore a quella di altri marker. L'esame può essere utile per distinguere tra febbri da cause batteriche e febbri da patologie infiammatorie non-infettive; il ruolo della procalcitonina nella valutazione dei pazienti con febbre di origine ignota non è tuttavia attualmente definito.

 

Indagini da richiedere in primo livello

Emocromo completo, radiografia del torace, esame delle urine, urinocoltura, sierodiagnosi di Widal e Wright, Velocità di eritrosedimentazione, proteina C-reattiva, quadro elettrolitico, enzimi epatici, Lattato deidrogenasi, creatina chinasi, emocoltura, anticorpi antinucleo, fattore reumatoide, esami sierologici (virus di Epstein-Barr, cytomegalovirus, virus dell'immunodeficienza umana), Derivato proteico purificato/test di rilascio di gamma-interferone, ecografia o tomografia computerizzata addominale e pelvica

Ulteriore valutazione diagnostica

Prendere in considerazione misurazione livelli di ferritina, crioglobuline, anticorpi citoplasmatici antineutrofili, esami funzione tiroidea, esami del complemento, striscio sangue periferico, elettroforesi proteine sieriche. Se disponibili, tomografia ad emissione di positroni con 18F fluorodesossiglucosio/tomografia computerizzata, Biopsia tessutale in base alle indicazioni (linfonodi, fegato, arteria temporale, midollo osseo).

Gli esami ematici maggiormente indicati in questa fase comprendono le crioglobuline (che risultano elevate in pazienti con endocardite, lupus eritematoso sistemico, leucemie, linfomi), esami del complemento, esami sierologici, esame di uno striscio di sangue periferico, elettroforesi delle proteine sieriche, esami di funzionalità tiroidea. Gli esami sierologici sono utili solo in presenza di indizi diagnostici, oppure nei casi in cui il paziente viva o abbia recentemente viaggiato in aree geografiche in cui la patologia sospettata è prevalente.

Esami di imaging

Nell'ambito della valutazione secondaria possono es-sere utili tomografie computerizzate (TC) del torace, della cavità addominale o dello scavo pelvico. In uno studio condotto su pazienti con febbre di origine ignota, TC di torace e addome hanno presentato elevata sensibilità (pari, rispettivamente, a 82% e 92%); gli autori hanno concluso consigliando l'esecuzione di questi esami nei casi in cui la valutazione iniziale non consente di individuare la causa della febbre. La specificità della TC è risultata compresa tra 60% e 70% (dati che confermano quelli ottenuti da studi precedenti).

L'ecocardiografi'a è consigliata in presenza grafia Doppler venosa è indicata nei casi in cui si sospetta una tromboembolia. L'esame di imaging con risonanza magnetica dell'arco aortico e dei vasi principali del collo è utile nei casi in cui si sospetta una vasculite.

Gli studi di imaging di medicina nucleare non sono invasivi, consentono di visualizzare l'intero organismo e di definire la localizzazione di cause infettive o infiammatorie di febbri di origine ignota. Sono stati recentemente condotti studi per valutare se la tomografia con emissione di positroni con 18F fluorodesossiglucosio è utile o meno per "guidare" ulteriori esami diagnostici, in particolare in pazienti con valori elevati di VES o di PCR. Il 18F fluorodesossiglucosio viene captato dalle cellule infiammatorie e neoplastiche in conseguenza dell'elevato flusso glicolitico presente in tali cellule. Un ibrido tra TC e tomografi'a ad emissione di positroni con 18F fluorodesossiglucosio presenta una resa diagnostica più elevata (sensibilità 56-100%; specificità 75-81% l8). Il 18F fluorodesossiglucosio presenta una captazione migliore e viene eliminato più rapidamente rispetto ad altri radionuclidi utilizzati in passato (es. gallio Ga67 citrato), ma è costoso e la disponibilità della strumentazione è limitata.

Biopsie

Biopsie epatiche, linfonodali o dell'arteria temporale possono essere utili per porre una diagnosi definitiva. Uno studio prospettico condotto su 192 pazienti ha evidenziato che la biopsia possiede una resa diagnostica pari fino a 35% (10-35%), in particolare quando l'esame viene condotto in una fase relativamente tardiva della valutazione del paziente, cioè quando le infezioni sono meno probabili, mentre divengono più frequenti le neoplasie maligne e le pa-tologie infiammatorie non-infettive. La biopsia epatica, esame associato ad una resa diagnostica compresa tra 14% e 17%, può evidenziare un'epatite granulomatosa e può consentire di determinarne la causa, che può essere infettiva, infiammatoria o di tipo neoplastico. Le biopsie linfonodali sono maggiormente utili nella diagnosi di linfomi, malattie infettive, patologie granulomatose.

In pazienti di età superiore o pari a 55 anni l'arterite temporale è responsabile di più del 15% dei casi di febbre di origine ignota; nei pazienti di questo ambito di età, pertanto, l'esecuzione di una biopsia dell'arteria temporale deve essere presa in considerazione. Anche la biopsia del midollo può essere la diagnosi utile, in particolare in presenza di neoplasie e di malattie infettive, e soprattutto nei pazienti affetti da tubercolosi. Uno studio condotto su 280 pazienti febbrili ricoverati in ospedale ha evidenziato che la biopsia del midollo osseo è risultata utile per la diagnosi in quasi il 2 5 % dei 130 pazienti che sono stati sottoposti all'esame. L'aspirazione del midollo osseo e l'esame colturale possiedono invece una resa diagnostica pari solo a 0-2%.

Terapia empirica ed invio del paziente ad uno specialista. Cicli terapeutici empirici con antibiotici o con cor-ticosteroidi consentono raramente di definire la diagnosi e, in assenza di indicazioni cliniche specifiche, la loro utilizzazione nel trattamento di pazienti con febbre di origine ignota va scoraggiata. In qualsiasi fase della valutazione il consulto con uno specialista (es. infettivologo, reumatologo, ematologo/oncologo) è appropriato.

Neoplasie maligne e patologie infiammatorie non-infettive

Nei casi in cui malgrado le indagini descritte la causa della febbre continua ad essere ignota, il medico deve procedere con alcuni esami volti ad identificare neoplasie maligne e patologie infiammatorie non-infettive. Un aumento dei livelli di lattato deidrogenasi può essere indicativo di patologie infettive o ma-ligne, come malaria, linfomi, leucemie. Può essere utile anche la misurazione dei livelli di ferritina. In un paziente con malattia febbrile prolungata il riscontro di livelli elevati di ferritina può indicare la presenza di una neoplasia maligna (in particolare patologie mieloproliferative) o di altre patologie infiammatorie non-infettive, come lupus eritematoso sistemico e arterite temporale. Secondo alcuni autori il livello di ferritina da utilizzare come cutoff, allo scopo di prevedere la presenza di una causa non-infettiva della febbre, sarebbe pari a 561 ng/mL (1261 pmol/L). Aumenti estremi dei livelli di ferritina (superiori a 1000 ng/mL [2247 pmol/L}) possono indicare una malattia di Stili dell'adulto. Le infezioni rappresentano la causa più comune di aumenti particolarmente significativi di VES; in assenza di evidenze di patologie infettive, tuttavia, il riscontro di valori di VES superiori o uguali a 100 mm/ora deve indurre il medico a prendere in considerazione neoplasie maligne, nefropatie, patologie infiammatorie.


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