In Italia gli unici vertebrati velenosi sono rappresentati dalle vipere. Ne esistono quattro specie: la piu' diffusa e' la Vipera aspis. La Vipera berjs e' diffusa nel Nord Italia, mentre la Vipera ammodytes, la piu' grande e pericolosa, si trova soprattutto nelle Prealpi e nelle Alpi Venete. In Abruzzo, Marche ed Umbria si trova la piccola Vipera ursini.
Il veleno della Vipera aspis contiene: fattori emorragizzanti, enzimi proteolitici, fosfolipasi A, jaluronidasi, fattori attivanti la coagulazione, fattori liberatori di amine vasoattive. La maggior parte di queste molecole ha un alto peso molecolare: la diffusione nei tessuti e' quindi piuttosto lenta e l'azione tossica si esplica in gran parte localmente, attraverso meccanismi citotossici e di attivazione (o inibizione) della coagulazione. Solo la Vipera ammodytes, fra le vipere che vivono in Italia, produce una neurotossina, a molecola piccola e quindi facilmente diffusibile, capace di produrre paralisi respiratoria nei piccoli animali.
La ferita e' caratteristica per la presenza del segno dei due denti veleniferi (due puntini alla distanza di circa 0,5 cm l'uno dall'altro). I sintomi sono:
- dolore acuto
locale;
- edema con flittene emorragiche;
- necrosi emorragica fino alfa gangrena;
- vomito, ipotermia.
- talvolta danno epatico e renale, aritmie e alterazioni ECG.
Il quadro clinico e' molto variabile da soggetto a soggetto: ancora maggior confusione
deriva dalla paura e dall'ansia provocata aal morso. Infatti spesso non e' facile
distinguere se i sintomi accusati siano dovuti alla paura o alla diffusione sistemica
del veleno.
La morte si verifica soprattutto nel caso sfortunato in cui il veleno venga iniettato
direttamente in una vena: la mortalita' rimane comunque molto bassa.
1) Rassicurare il paziente e tranquillizzarlo, se necessario con un ansiolitico.
2) Immobilizzare l'arto (per rallentare l'assorbimento del veleno).Analgesici: non
somministrare antireumatici non steroidei per il rischio di complicazioni emorragiche.
E preferibile usare paracetamolo associato o meno a codeina.
3) E preferibile non incidere la ferita e non succhiare o aspirare: si rischia di
traumatizzare i tessuti senza ridurre molto l'assorbimento del veleno. C'e' inoltre
il rischio dell'assorbimento del veleno da parte della bocca del soccorritore.
4) Un laccio emostatico puo' essere applicato prima di effettuare l'incisione o per
muovere il paziente, se il trasporto puo' durare piu' di 30 minuti: controllare che
il polso rimanga palpabile. Se l'edema che si forma nella sede del morso e' notevole
e tende a produrre una stasi piu' accentuata, bisogna spostare prossimalmente il
laccio.
Questa manovra e' criticata da alcuni Autori, per il rischio di provocare o aggravare
emorragie.
5) Evitare la somministrazione di siero antivipera, che rischia di essere piu' pericoloso
dello stesso veleno.
7) Far giacere il paziente su di un lato: in caso di vomito iniettare un antiemetico
per via ev (metoclopramide): evitare la via im per il rischio di ematomi.
8) In caso di edema angioneurotico, iniettare clorfeniramina 5 mg ev ed eventualmente,
adrenalina (0,5-1 mi per via ipodermica).
1 ) Controllare le lesioni locali e l'eventuale linfoadenomegalia.
2) Controllare la pressione arteriosa, il polso, la diuresi.
3) Eseguire, se possibile, un prelievo di sangue per elettroliti, creatininemia,
PTT, attivita' protrombinica ed eseguire un esame delle urine.
4) Valutare la gravita' dell'avvelenamento: la presenza dei segni di gravita'
e' indice
di una diffusione sistemica del veleno e impone il ricovero ospedaliero per il
trattamento con siero immune per via sistemica.
N.B.: I segni di neurotossicita' non risentono della somministrazione di siero: questo
infatti non contiene anticorpi inattivanti la neurotossina.
5) Profilassi antibiotica .
6) Profilassi antitetanica.
7) Una complicazione particolare del morso di vipera e' la cosiddetta "Sindrome da
edema in compartimenti chiusi da fasce" (per es. il polpastrello delle dita o la
loggia tibiale anteriore). L'edema che segue al morso puo' portare ad una estesa
necrosi muscolare da compressione, se non si provvede allo sbrigliamento chirurgico
del compartimento: questo d'altra parte va eseguito con estrema cautela per il rischio
di gravi emorragie.
Leucocitosi superiore
a 20.000.
Aumento di CPK e transaminasi.
Emoglobinuria e mioglobinuria.
Anemia grave.
Spiccata emoconcentrazione.
Oliguria.
Rapida diffusione dell'edema.
Tumefazione dolente dei linfonodi regionali.
Blefaroptosi (costituisce in genere il primo segno di neurotossicita').