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Patologia iatrogenica da chemioterapici antibatterici

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Danni da antibiotici e chemioterapici

Lo studio dei possibili danni prodotti dai chemioterapici ha rappresentato un capitolo importante della farmacologia fin dagli albori dell'era antibiotica. Oggi, peraltro, la continua comparsa sulla scena di nuovi farmaci ad azione antibiotica e, soprattutto, le recenti acquisizioni sulla patogenesi di alcune di queste lesioni iatrogeniche rendono il problema molto attuale e richiedono al medico un costante aggiornamento in materia. L'importanza pratica di questo tema della chemioterapia è talmente rilevante che la relativa trattazione non può più essere limitata ad alcune brevi note riportate tra le caratteristiche dei singoli farmaci; è necessaria invece un'approfondita esposizione degli aspetti patogenetici, clinici e, quando possibile, terapeutici attinenti ai danni da antibiotici. Ciò ci ha indotto a dedicare un intero capitolo all'argomento. L'impiego razionale dei chemioterapici richiede al medico non solo una perfetta conoscenza dello spettro d'azione e della cinetica di questi farmaci ma anche dei principali danni che essi possono determinare.

L'incidenza degli effetti collaterali dei farmaci antibatterici risulta estremamente elevata ed alcuni di questi effetti, come vedremo, mettono a volte in pericolo la vita del paziente più della stessa malattia che ha indotto il medico all'antibioticoterapia. è stato calcolato che i danni da chemioterapici si manifestano nel 10,8% dei pazienti ospedalizzati, comportano il raddoppio delle giornate di degenza ed un costo annuale, nei soli USA, di tre miliardi di dollari. Appare pertanto giustificato parlare oggi di malattie da chemioterapici, intendendo con tale termine riferirsi ad una parte discreta della corrente patologia. L'approccio migliore a questo interessante problema, ai fini sia della comprensione che della prevenzione dei fenomeni negativi in questione, è indubbiamente rappresentato dallo studio delle loro basi fisiopatologiche.  Gli effetti collaterali della chemioantibioticoterapia possono essere classificati in vario modo; a nostro avviso la classificazione più razionale, pratica e " mnemonica " è quella che suddivide questi fenomeni sulla base della loro patogenesi è cosi' possibile distinguere:
- danni su base tossica;
- danni da ipersensibilità;
- danni da idiosincrasia;
- danni correlati all'attività antibatterica del farmaco;
- danni correlati ad attività farmacologiche differenti.

BASI FISIOPATOLOGICHE DEI DANNI DA FARMACI

Danni su base tossica da antibiotici

I danni su base tossica sono dose-dipendenti per quanto riguarda la relazione dose-effetto e tempo-dipendenti per quanto riguarda il momento di comparsa delle lesioni e la loro gravità nelle somministrazioni ripetute; sono quindi prevedibili e riproducibili nell'uomo e spesso sperimentalmente in varie specie animali. Questi danni sono correlati, per quanto riguarda le caratteristiche intrinseche del farmaco, da un lato al suo meccanismo d'azione e dall'altro alla sua farmacocinetica. Per quanto riguarda il ruolo del meccanismo d'azione, occorre ricordare che il coefficiente terapeutico di un farmaco (cioè il rapporto tra dose tossica e dose terapeutica) è direttamente proporzionale al grado di tossicità selettiva del farmaco stesso; ragion per cui farmaci con meccanismo d'azione altamente selettivo (come le betalattamine) hanno un elevato grado di tossicità selettiva e quindi un elevato coefficiente terapeutico, cioè una bassa tossicità per l'uomo; mentre antibiotici con un meccanismo d'azione scarsamente selettivo (polimixine, ad esempio) hanno una bassa tossicità selettiva e quindi un basso coefficiente terapeutico, che si traduce in una elevata tossicità sul piano clinico. In posizione intermedia stanno poi tutti quei farmaci che agiscono a vario livello sulla sintesi proteica, i quali, pur avendo un buon potere selettivo verso le strutture delle cellule procariotiche, presentano una modica affinità anche per le cellule degli eucarioti e quindi un variabile grado di tossicità clinica. Comunque, oltre al meccanismo d'azione occorre ricordare, come fattore determinante la tossicità di un chemioterapico, anche la sua farmacocinetica, in quanto l'attività tossica, al pari di quella terapeutica, dipende in gran parte dalle concentrazioni di antibiotico a livello dei singoli distretti tissutali. Cosi', ad esempio, la cefaloridina, pur essendo una betalattamina, e pertanto un farmaco con meccanismo d'azione altamente selettivo e teoricamente poco tossico, presenta in realtà un discreto grado di nefrotossicità, che non è spiegabile tanto sulla base del suo meccanismo d'azione quanto sulla base delle elevate concentrazioni che essa raggiunge a livello delle cellule del tubulo prossimale del rene, con possibili lesioni (fino alla necrosi) di queste cellule. Identica, come vedremo, è la genesi della nefrotossicità da aminoglucosidi. I danni tossici da antibiotici sono quindi essenzialmente correlati al meccanismo d'azione ed alla cinetica del farmaco; non bisogna tuttavia dimenticare che danni tossici si possono osservare anche per alterazioni individuali del paziente, rappresentate da fattori parafisiologici o francamente patologici che siano in grado di modificare la cinetica dell'antibiotico.



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Tali fattori sono rappresentati principalmente dall'età neonatale o senile, da una insufficienza epatica e, soprattutto, da una insufficienza renale. In tutti questi casi le modificazioni farmacocinetiche determinano spesso, se non opportunamente considerate, una condizione simile ad un sovradosaggio, con conseguenti lesioni tossiche locali e/o generali.

Cosi', ad esempio, la sindrome grigia da cloramfenicolo può manifestarsi nel neonato, nel paziente con gravissima insufficienza epatica se non si attua un'opportuna riduzione del dosaggio o nel soggetto adulto sano per un sovradosaggio terapeutico. Nei soggetti con particolari patologie d'organo (insufficienza renale, grave insufficienza epatica) ed in quelli che si trovano in particolari condizioni parafisiologiche (gravidanza, età neonatale, senilità), l'incidenza e la gravità  delle lesioni tossiche dipendono dall'impiego più o meno incongruo dei singoli chemioterapici.

Danni da ipersensibilità

Le lesioni su base allergica, a differenza di quelle del gruppo precedente, sono dose-indipendenti, non essendo la gravità del danno proporzionale alla dose somministrata, e tempo-indipendenti, non intercorrendo un periodo di tempo fisso tra la somministrazione del farmaco e la comparsa del danno; ragion per cui le lesioni da ipersensibilità sono spesso imprevedibili e perciò più pericolose, dal punto di vista pratico, di quelle tossiche. Nell'ambito delle lesioni allergiche, a dimostrazione della loro variabilità temporale oltre che clinica, si distinguono classicamente:
- lesioni immediate, che compaiono da pochi minuti ad un massimo di un'ora dopo la somministrazione del farmaco (shock anafilattico, edema angioneurotico, rinite allergica, asma allergico, orticaria);
- lesioni accelerate, ad insorgenza dopo un periodo di tempo variabile tra i 60' e le 72 ore (simili alle precedenti, ma con esclusione dello shock anafilattico);
- lesioni tardive, che si manifestano dopo le 72 ore dall'applicazione dell'antibiotico e, a volte, anche dopo settimane dalla sospensione del trattamento (comprendono tutte le altre manifestazioni allergiche generali o locali).  cfr shock allergico.
Tutti i farmaci antibatterici, seppure con diversa incidenza, sono in grado di determinare manifestazioni da ipersensibilità; è fuor di dubbio, tuttavia, che quelli maggiormente immunogeni sono le betalattamine ed i sulfamidici. La maggior parte dei chemioterapici sono sostanze chimiche semplici e si comportano da apteni, cioè non sono in grado, per quanto non self, di comportarsi da antigeni, ma devono, per acquisire tale caratteristica immunologica, legarsi con carriers, in genere proteine o altre macromolecole. Occorre altresi' ricordare come l'immunogenicità di un chemioterapico possa essere legata al farmaco in sè o, più frequentemente, ai suoi metaboliti. Nella genesi delle varie manifestazioni allergiche da antibiotici possono intervenire tutte e quattro le immunoreazioni patogene di Coombs e Geli: infatti si realizzano con il meccanismo di tipo I tutte le reazioni allergiche immediate ed accelerate, attraverso l'intervento di reagine (IgE); con il tipo II la maggior parte delle manifestazioni ematologiche di natura allergica (anemia emolitica, trombocitopenia, granulocitopenia, agranulocitosi); con il tipo III (da immunocomplessi) sia quadri patologici generali (quali la sindrome tipo malattia da siero, la febbre da medicamenti con eosinofilia, le vasculiti generalizzate, il fenomeno di Arthus, i quadri tipo lupus), sia quadri localizzati (quali la nefrite interstiziale o tubulo-interstiziale, le pneumopatie e le epatopatie allergiche, le lesioni cutanee eritemato-papulose); e con il tipo IV (da ipersensibilità ritardata per sensibilizzazione di linfociti T), infine, soprattutto manifestazioni cutanee, quali le dermatiti da contatto, l'eritema fisso da medicamenti, l'eczema da fotosensibilizzazione e, forse, le più gravi lesioni cutanee acute, come la sindrome di Lyell e la sindrome di Stevens-Johnson.


Danni da idiosincrasia

Le lesioni da antibiotici su base idiosincrasica si manifestano soltanto in particolari soggetti che presentano carenze enzimatiche costituzionali geneticamente trasmesse. Gli esempi più tipici di questa patologia sono costituiti dalle anemie emolitiche in pazienti con deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi ed in pazienti con particolari emoglobinopatie (emoglobine instabili quali l'Hb Zurigo, l'Hb Torino, ecc.) a seguito della somministrazione di sulfamidici, cloramfenicolo. nitrofuranici, acido nalidixico; e dai danni da isoniazide in pazienti inattivatori rapidi (lesioni epatiche) o inattivatori lenti (polineuriti). Esistono poi altre manifestazioni patologiche nella cui genesi si invoca un meccanismo idiosincrasico: tra queste ricordiamo l'anemia aplastica dose-indipendente da cloramfenicolo, che si osserva prevalentemente in alcune etnie centro- e nord-europee (Svizzera, Germania, Gran Bretagna) e nordamericane, mentre è un evento eccezionale in altre popolazioni, soprattutto mediterranee. Si tratta verosimilmente di una intolleranza isotossica su base genetica simile a quella osservata con il cloramfenicolo nei soggetti con favismo o con emoglobinopatie. La teoria della genesi idiosincrasica dell'anemia aplastica da cloramfenicolo è avvalorata dal fatto che questo raro ma grave quadro patologico è stato osservato in gemelli monocoriali.

Danni per azione antibatterica

Si tratta di lesioni prodotte integralmente o in parte da modificazioni microbiologiche indotte dai chemioantibiotici. Con questo meccanismo patogene-tico si possono realizzare due differenti tipi di danni iatrogenici: quelli dipendenti da fenomeni biotropici (da massiva lisi batterica) e quelli da dismicrobismo. Il fenomeno biotropico più noto è la crisi di Jarisch-Herxheimer, che si manifesta in soggetti luetici (adulti, bambini o neonati) alla prima dose elevata di un farmaco antiluetico (arsenobenzoli, mercuriali, ma soprattutto penicilline): il fenomeno è legato ad una lisi massiva delle spirochete con successiva liberazione di endotossine (lipopolisaccaridi). La sintomatologia, grave e talora mortale, è rappresentata da febbre elevata, brividi, vomito, a volte convulsioni, manifestazioni cutanee, collasso e possibile reazione focale con riacutizzazione di sintomi già presenti. Altri fenomeni biotropici sono quelli che si osservano frequentemente in alcune malattie infettive all'inizio di un trattamento antibatterico con dosi elevate di farmaci: nella febbre tifoide con cloramfenicolo, tiamfenicolo o ampicillina (accentuazione dello stato tifoso e dell'esantema, collasso cardiocircolatorio, sindrome pseudoperforativa); nella brucellosi con tetracicline, cloramfenicolo o streptomicina (esacerbazione febbrile, stato di shock); e soprattutto nelle sepsi da Gram-negativi (possibile comparsa di shock endotossinico, cfr sepsi). Tutti i danni da antibiotici dipendenti da fenomeni biotropici possono essere prevenuti con dosaggi contenuti dei singoli farmaci all'inizio del trattamento antibatterico. Il dismicrobismo, invece, è una diretta conseguenza dell'attività antibatterica di vari chemioterapici (soprattutto di quelli ad ampio spettro), che si estrinseca non soltanto con la soppressione del microrganismo patogeno ma anche con la distruzione della flora saprofitica presente normalmente nell'organismo, specialmente - ma non esclusivamente  a livello del tubo gastroenterico. La flora intestinale va cosi' incontro a squilibri più o meno gravi, con conseguente prevalenza (o colonizzazione) di alcune specie batteriche, non più frenate dai normali fenomeni di antagonismo microbico e di inibizione competitiva. Per quanto riguarda le alterazioni indotte sulla microflora intestinale dai vari antibiotici, occorre ricordare come quelli più attivi nei confronti della flora aerobia siano la doxiciclina e l'eritromicina e quelli più attivi sulla flora anaerobia la clindamicina, la doxiciclina e l'eritromicina. Tra gli antibiotici usati per via parenterale, quelli che determinano le maggiori alterazioni sia sulla flora intestinale aerobia che su quella anaerobia sono il cefoperazone e la piperacillina. Al dismicrobismo possono seguire due distinti fenomeni patologici: fenomeni carenziali, legati alla mancata sintesi vitaminica da parte di alcuni batteri, ed infezioni sovrammesse.
Tra i fenomeni carenziali spiccano le tricomelanoglossia, le manifestazioni gastroesofagee, le stomatiti, le glossiti, le manifestazioni anorettali, le vulvovaginiti, ecc. La somministrazione di vitamine del complesso B, ma soprattutto di fattori biologici, previene e/o migliora questi fenomeni. Ben più pericolose risultano le possibili infezioni sovrammesse, che sono vere e proprie superinfezioni da selezione microbica. I microrganismi più frequentemente in causa sono lo stafilococco, gli opportunisti Gram-negativi, i clostridi ed i miceti del genere Candida, che possono dare quadri anche molto gravi a localizzazione intestinale (enterocolite pseudomembranosa) o extraintestinale (sepsi). Occorre qui segnalare come recenti ricerche abbiano dimostrato che i fenomeni di dismicrobismo dipendono non solo dallo spettro d'azione dei farmaci impiegati ma anche dalla loro velocità e percentuale di assorbimento a livello intestinale. Non si osserverebbero infatti (sperimentalmente nell'animale) fenomeni di colonizzazione conseguenti al dismicrobismo con l'impiego di farmaci rapidamente e totalmente assorbiti, quali - ad esempio -alcuni chinoloni.

Danni per attività differenti a quella farmacologica

Questi effetti collaterali sono legati ad attività farmacologiche dei chemioantibiotici diverse dall'attività antibatterica. Vi rientrano due distinti fenomeni:
- modificazioni indotte da farmaci antibatterici sulle risposte immunologiche;
- interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche di vari chemioterapici tra loro e/o con altri farmaci.
In questi ultimi anni si è andato progressivamente sviluppando lo studio delle modificazioni indotte da chemioterapici sulle risposte immunologiche. Studi recenti ed accurati hanno dimostrato che esistono farmaci in grado di deprimere o di esaltare in vitro (ed a volte anche in vivo), a dosi terapeutiche, le seguenti attività immunitarie:
- motilità, fagocitosi ed altre funzioni dei leucociti polimorfonucleati;
- attività dei T-linfociti ed immunità cellulo-mediata;
- produzione di anticorpi e/o attivazione del complemento.
I dati fino ad oggi disponibili siano stati acquisiti quasi tutti in vitro e solo di rado anche in vivo. Indubbiamente queste alterazioni rientrano nell'ampia gamma di effetti collaterali che i farmaci antibatterici possono determinare nell'uomo. Per quanto riguarda la loro importanza pratica, è probabile che, per brevi terapie in ospiti non immunologicamente compromessi, esse siano di trascurabile rilievo. Non altrettanto, presumibilmente, può essere affermato per gli ospiti compromessi e, soprattutto, immunologicamente compromessi. Ben più importante appare nella pratica corrente il ruolo delle interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche nel determinare molesti o anche gravi effetti collaterali. Per quanto attiene alle interazioni farmacocinetiche, importanti alterazioni, che si traducono in danni per l'uomo, possono verificarsi a livello di tutte le tappe della cinetica dei farmaci: assorbimento, trasporto, distribuzione, meta-bolizzazione ed eliminazione. Tra le interazioni farmacocinetiche che si realizzano a livello dell'assorbimento esterno dobbiamo ricordare quelle tra neomicina (o aminopenicilline per os, o tetracicline) e contraccettivi orali, con riduzione dell'effetto contraccettivo (e possibili gravidanze indesiderate) per probabili modificazioni indotte dall'antibiotico sul circolo entero-epatico dell'estroprogestinico. Circa il trasporto, vanno segnalate le interazioni che intervengono a livello del legame con le sieroproteine tra sulfamidici (o altri farmaci) ad elevato legame farmaco-proteico ed alcuni ipoglicemizzanti orali (tipo sulfaniluree), con possibile spiazzamento di una parte della quota legata dell'antidiabetico e conseguenti gravi ipoglicemie (anche per dosi di quest'ultimo farmaco in precedenza ben tollerate). Un identico meccanismo riconoscono i danni riscontrati nel corso della somministrazione contemporanea di sulfamidici o di chinoloni ad elevato legame con le sieroproteine e di alcuni anticoagulanti orali o di fenitoina: anche in questo caso lo spiazzamento di una parte dell'anticoagulante o dell'antiepilettico può implicare preoccupanti, serie conseguenze se non si interviene opportunamente con una riduzione del dosaggio del farmaco interagente con il chemioterapico. Anche il methotrexate può essere spiazzato ad opera di sulfamidici dal legame con le sieroproteine in corso di trattamento associato sulfamidici-methotrexate, con temibili conseguenze (gravissime depressioni midollari con pancitopenia). Per quanto concerne la tappa della distribuzione, gravi danni possono prodursi in conseguenza della somministrazione contemporanea di due farmaci dotati entrambi di elevata affinità per lo stesso tessuto (ma in questo caso si tratta, in realtà, di una interazione farmacodinamica); tali danni si verificano, ad esempio, per la somministrazione contemporanea di aminoglucosidi e poli-mixine o vancomicina o alcune cefalosporine, quali cefaloridina e cefalotina (aumento della nefrotossicità di entrambi gli antibiotici); di aminoglucosidi o viomicina o polimixina B e diuretici del tipo acido etacrinico o anche furose-mide (aumento dell'ototossicità dell'antibiotico); di aminoglucosidi o alcune cefalosporine (soprattutto cefaloridina) e diuretici del tipo acido etacrinico o furosemide (aumento della nefrotossicità dell'antibiotico); di aminoglucosidi o tetracicline e metossifluorano, un anestetico generale (gravissime insufficienze renali acute); di aminoglucosidi o polimixine o lincosamidi o alcune tetracicline e miorilassanti del tipo succinilcolina o tubocurarina (blocchi neuromuscolari); di cotrimossazolo e tiamfenicolo o azatioprina o diuretici (gravi trom-bocitopenie e leucopenie); di ampicillina o amoxicillina ed allopurinolo (aumentata incidenza di rash cutanei da aminopenicillina, cfr effetti indesiderati da antibiotici). Tra le interazioni farmacocinetiche che possono determinare nella pratica corrente effetti collaterali più o meno gravi meritano ampio rilievo anche quelle che si realizzano a livello della metabolizzazione. Vi sono infatti vari chemioantibiotici che, essendo in grado di comportarsi o da induttori o da repressori enzimatici, possono influenzare in modo positivo o negativo i processi di metabolizzazione di farmaci somministrati simultaneamente. Tra i chemioterapici che si comportano da induttori enzimatici dobbiamo ricordare la rifampicina e la griseofulvina: l'associazione di questi antibiotici con farmaci metabolizzati a livello epatico implica in genere una più rapida inattivazione di questi ultimi, con perdita della loro attività terapeutica (e riflessi posologici spesso importanti), ma non veri e propri danni. Le uniche associazioni che hanno determinato in pratica effetti collaterali di rilievo sono quelle tra rifampicina ed estroprogestinici (inefficacia del contraccettivo orale, con gravidanze indesiderate); tra rifampicina e corticosteroidi (riduzione degli effetti terapeutici del derivato corticosteroideo e possibili gravi sindromi da carenza all'inizio del trattamento rifampicinico in pazienti precedentemente cortisonizzati); tra rifampicina ed isoniazide (aumento dell'epatotossicità dell'isoniazide). Appare ovvio come in tutti questi casi la misura terapeutica da adottare, se l'associazione fra tali farmaci è indispensabile, sia quella di un aumento di dosaggio del farmaco maggiormente metabolizzato per effetto dell'induzione enzimatica; l'unico caso in cui questi regola non è valida è quello dell'associazione tra rifampicina ed isoniazide. nel corso della quale l'aumentata metabolizzazione del farmaco associato alla rifampicina non si traduce in una sua minore attività terapeutica bensi' in un aumento della sua tossicità. Altrettanto importanti e, anzi, spesso più gravi sono gli effetti collateral connessi con processi di repressione enzimatica. I farmaci antibatterici che più frequentemente determinano una repressione enzimatica sono alcuni sulfamidici (sulfadiazina, sulfafenazolo, sulfisossazolo, cotrimossazolo ), cloramfenicolo, alcuni macrolidi (soprattutto la triacetiloleandomicina e letromicina, ma non la josamicina, la miocamicina e la midecamicina), alcuni imidazolici antimicotici (soprattutto il miconazolo, ma anche il ketoconazolo), il metronidazolo ed alcuni chemioterapici antitubercolari (soprattutto isoniazide, ma anche il PAS, la cicloserina e l'etionamide). Tra le associazioni che si sono dimostrate pericolose le più importanti e note io quelle tra sulfamidici (o cloramfenicolo, o miconazolo) ed ipoglicemizzanti orali (tipo sulfaniluree); tra sulfamidici (o cloramfenicolo, o metronidazolo, o miconazolo) ed anticoagulanti orali; tra sulfamidici (o cloramfenicolo miconazolo, o isoniazide) e fenitoina; tra eritromicina (o triacetilolean-domicina) ed ergotamina (o carbamazepina, o teofillinici); tra isoniazide (o miconazolo) e carbamazepina. In tutti questi casi, per effetto della ridotta abolizzazione del farmaco associato determinata dall'antibiotico, si sono avute, nei casi in cui non siano state applicate opportune riduzioni del dosaggio, sindromi tossiche da sovradosaggio. Infine, interazioni farmacocinetiche pericolose, possono intervenire anche a livello dell'eliminazione. Tra queste ricordiamo quella tra cefaloridina e lbutazone, con riduzione dell'eliminazione renale dell'antibiotico e potenziamento della sua nefrotossicità; quella tra diuretici ed aminoglucosidi, con ridotta eliminazione dell'antibiotico e potenziamento della sua ototossicità; ! i ancora quella fra tetracicline e carbonato di litio, con competizione tra i . farmaci relativamente alla loro eliminazione renale ed incremento della tossicità da litio. Per quanto riguarda le interazioni farmacodinamiche, a parte quanto già nalato a proposito della tappa della distribuzione, è importante ricordare quelle tra antibiotici che modificano la flora intestinale, determinando indirettamente una riduzione nella sintesi di vitamina K (aminopenicilline, aminoglucosidi per os, cloramfenicolo, tetracicline, sulfamidici) ed anticoagulanti orali, con un potenziamento dell'effetto anticoagulante. è superfluo sottolineare come tutte queste interazioni farmacologiche debbano essere opportunamente conosciute dal medico per evitare errori terapeutici e debbano essere opportunamente spiegate ai pazienti affinchè non assu"" mano spontaneamente farmaci che possono interagire tra loro. Il problema delle interazioni tra farmaci è un capitolo della chemioterapia e di tutta la farmacologia in continua evoluzione: pertanto, è opportuno non amministrare simultaneamente due o più farmaci che non abbiano sicuramente dimostrato l'assenza di incompatibilità o di interazioni farmacologiche tra loro
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