Come classificare in maniera pratica un paziente che si presenta al vostro ambulatorio di diabetologia, per capire se è indicata o meno la terapia con insulina?
Intanto se non ha più peptide C, cioè se al dosaggio del peptide C, non esiste insulina endogena o se il paziente è affetto da diabete mellito tipo1, è chiaro che deve fare insulina.
Ci sono vari metodi pratici, per es. occorre valutare il suo compenso glicometabolico: quanto è il valore della sua emoglobina glicata? Se si raggiungono valori superiori a 9-10%, è chiaro che il paziente beneficierà del trattamento insulinico; fino a 9.5% chi vi scrive è stato in grado di ottenere un ottimo compenso glicometabolico, ipiegando per es. i farmaci incretinici, GLP1 RA, gli insulinosensibilizzanti, gli anti SGLT2, il vecchio acarbosio, i pioglitazonici, la vecchia repaglinide e la glimepiride, attualmente poco usati ed obsoleti, secondo le nuove linee guida 2019.
Nel caso di pazienti cardiopatici, nefropatici, con malattie vascolari centrali, per esempio ictus cerebrale, in condizioni di severo scompenso metabolico, con scarso valore del peptide C (cioè scarsa produzione di insulina endogena da parte della cellula beta insulare, è chiaro che è indicata la cura insulinica.
Pazienti diabetici,
non critici, ma ancora meritevoli di terapia con antidiabetici orali valgono i
seguenti criteri pratici.
Per la maggior parte di questi pazienti occorre dimostrare che sono in discreto
compenso glicemico:
- glicemia preprandiale <140 mg/di, glicemia postprandiale <180 mg/dl
- Obiettivi glicemici più stretti possono essere appropriati in pazienti stabili
- Obiettivi glicemici meno stretti possono essere ragionevoli in pazienti con severe
comorbidità o negli anziani, dove non occorre stressare troppo la terapia
per il diabete per il rischio di altri effetti collaterali spiacevoli, per
esempio pericolose aritmie in caso di crisi ipoglicemiche.
Iniziare l'infusione per glicemia >180 mg/dl
- Mantenere la glicemia tra 140-180 mg/dl
- Obiettivi più bassi possono essere appropriati in pazienti selezionati, se ottenibili
con sicurezza
- Obiettivi <110 mg/dl non sono raccomandabili: infatti i pazienti tenderebbero
alle pericolose
crisi ipoglicemiche
e, se cardiopatici, potrebbero avere delle artimie. Pertanto è sconsigliabile, o
addirittura controindicato, perseguire un compenso glicometabolico assoluto nel
paziente diabetico anziano e cardiopatico.
In situazioni non critiche:
- nel paziente che si alimenta per os misurare La glicemia almeno prima dei pasti
e prima ili dormire (con la possibilità di aggiungere misurazioni postprandiali
e notturne qualora il controllo non sia soddisfacente o comunque in caso di necessità);
- nel paziente che non si alimenta per os (nutrizione
parenterale o enterale) misurare la glicemia ogni 4-6 ore;
- in corso di infusione insulinica endovenosa continua, invece, il controllo dovrà
essere più serrato, con determinazioni ogni 1-2 ore a seconda delle esigenze cliniche.
Principio attivo
- Nome commerciale- Industria distributrice
Analoghi Rapidi :
- Aspart
- Glulisina
- Lispro
Analoghi ad Azione Prolungata, impiegati per la "basalizzazione", cioè per ottenere
un'azione insulinica lenta durante 18-24 ore che mima la secrezione insulinica fisiologica
di base
- Glargine Lantus Sanofi-Aventis
- Lispro protaminata Humalog Basai Eli Lilly
- Degludec
Umana Regolare (oggi in disuso):
- Actrapid Novo Nordisk
- Humulin R Eli Lilly
- Insuman Sanofi-Aventis
Umana Intermedia (NPH) (oggi in disuso):
- Humulin I Eli Lilly
- Protaphane Novo Nordisk
- Detemir Levemir
Nei pazienti ospedalizzati è ormai ben documentata l'associazione tra iperglicemia
e aumentato rischio di mortalità e di complicanze (infezioni,
prolungamento della degenza, maggiore necessità di terapia intensiva, aumentata
disabilità dopo la dimissione), indipendentemente dal fatto che vi sia una precedente
diagnosi di diabete o che si tratti di iperglicemia/diabete di nuovo riscontro.
Il controllo dell'iperglicemia porta ad un miglioramento della prognosi e degli
outcomes sia nei pazienti critici ricoverati nelle unità di cura intensiva, sia
nei pazienti non critici.
Durante l'ospedalizzazione, l'uso degli ipoglicemizzanti orali (a parte nel paziente
diabetico compensato e con glicemie stabili) è spesso controindicato per le condizioni
cliniche che accompagnano il paziente "acuto" (possibile coesistenza di insufficienza
renale/epatica, cardiocircolatoria, respiratoria, somministrazione di farmaci iperglicemizzanti);
pertanto tutte le linee guida raccomandano la terapia insulinica come il metodo
migliore per ottenere un rapido controllo glicemico nel paziente metabolicamente
scompensato. La terapia insulinica per via sottocutanea deve seguire uno
schema programmato che puo' essere integrato da un algoritmo di correzione basato
sulla glicemia al momento dell'iniezione. Il metodo di praticare insulina solamente
"al bisogno" (sliding scale) deve essere abbandonato.
Per formulare un programma insulinico razionale e fisiologico è sufficiente
seguire 4 tappe:
a. Stimare il fabbisogno insulinico giornaliero
b. Ripartire il fabbisogno insulinico nell'arco della giornata
c. Scegliere il tipo di insulina da usare
d. Usare i boli di correzione
a. Stima del fabbisogno insulinico giornaliero
Il fabbisogno insulinico totale delle 24 ore puo' essere stabilito in base a:
- dose totale di insulina somministrata a domicilio prima del ricovero. Se
il paziente era in terapia insulinica a domicilio e il controllo glicemico risulta
adeguato è possibile mantenere lo stesso dosaggio/schema insulinico. Questo a patto
che il paziente continui ad alimentarsi e dopo aver escluso la presenza di fattori
che possono influenzare il fabbisogno come ad esempio l'uso di corticosteroidi,
una malattia severa, una insufficienza renale acuta etc.
- peso corporeo e caratteristiche del paziente: Kg di peso corporeo x 0,3-0,6 = Ul/die. In genere
0,4 UI/ Kg di peso è una dose iniziale da considerarsi prudente per la maggior parte
dei pazienti. Occasionalmente una dose inferiore, pari a 0,3 UI/Kg, potrebbe risultare più sicura per quei pazienti particolarmente sensibili all'insulina o più a rischio
di ipoglicemia. Anche nel caso di pazienti "nuovi" all'insulina, molti autori suggeriscono
di iniziare con questa dose più bassa per poi aggiustarla nei giorni successivi.
Molti pazienti richiedono più di 0,4 UI/Kg e nei soggetti a rischio di iperglicemia
potrebbe essere appropriato iniziare con 0,5-0,6 Ul/kg (alcuni pazienti possono
richiedere fino a 1 Ul/kg o anche più).
Caratteristiche del Paziente
- Insulino-sensibile: magro, malnutrito, a rischio di ipoglicemia, (soprattutto
se DMT1), anziano, Insufficienza renale acuta o cronica 0,3 (in particolare se dialisi)=
0.3 U/kg/die
- Peso normale, con normale sensibilità insulinica, incluso DT1= 0.4 U/kg/die
- Sovrappeso = 0.5 U/kg/die
- Insulino resistente (obeso) o in terapia con alte dosi di corticosteroidi
= 0.6 U/kg/die
è importante sottolineare che tutti questi calcoli servono solo per dare al clinico
un modo sicuro e razionale per iniziare la terapia. Più importante di questi calcoli
è l'attenta vigilanza del paziente e le modifiche che possono seguire. Infatti l'ospedalizzazione
è un periodo molto dinamico associato a modificazioni anche rapide delle condizioni
cliniche, della severità della malattia, della sensibilità all'insulina, dell'introito
calorico, della terapia farmacologica, tutti fattori che possono condizionare il
controllo glicemico. La presenza di fattori di rischio per ipoiperglicemia devono
aumentare la cautela e l'attenzione (aggiusta verso l'alto la dose giornaliera calcolata
se il paziente è a rischio di iperglicemia, aggiusta verso il basso se a rischio
di ipoglicemia). Poi c'è un metodo pratico per calcolare alla buona quanto insulina
rapida somministrare in un adulto prima di un pasto: una formula empirica
prevede valore della glicemia / 20 = unità, es. ho 200 mg/dl prima del pasto
200/ 20= 10 unità, ma questa formula non ha basi scientifiche, è solo una formula
alla buona e di uso pratico che va corretta poi per ciascuno individuo.
Fattori di rischio associati ad ipoglicemia nei pazienti ospedalizzati:
- soggetti insulino sensibili con basso fabbisogno insulinico giornaliero (es.
Tipo 1 magro)
- malnutrizione o magrezza
- specifiche condizioni cliniche, incluse insufficienza renale acuta o cronica (specialmente
quando è richiesta la dialisi), epatopatia, insufficienza cardiaca, insufficienza
circolatoria (shock), insufficienza surrenalica, alcoolismo
- precedente storia di ipoglicemia o d'instabilità glicemica
- farmaci: sulfoniluree, glinidi, riduzione dose di cortisonici etc.
- riduzione nell'introito nutrizionale (es. per prescrizione medica, ritardo nella
somministrazione dei pasti, interruzione improvvisa della nutrizione linciale o
parenterale, fattori legati alle condizioni cliniche del paziente come nausea etc.)
- età avanzata
Fattori di rischio associati a iperglicemia nei pazienti ospedalizzati:
- insulino resistenza
- farmaci: glucocorticoidi, catecolamine, tacrolimus, ciclosporina
- malattie acute importanti (dolore, trauma, procedure chirurgiche, sepsi, ustioni,
ipossia, malattie cardiovascolari, scompenso cardiaco, stress psicofisico etc):
la "risposta allo stress" si associa a rilascio di ormoni della controregolazione
- aumentato introito calorico (es. ripresa dell'alimentazione, inizio nutrizione
enterale o parenterale)
Una volta calcolato il fabbisogno insulinico giornaliero, va deciso come somministrarlo. Lo schema di
terapia insulinica raccomandato è quello Basal-Bolus. Esso prevede la somministrazione
di insulina ad azione prolungata/intermedia (1-2 volte die) allo scopo di ricreare
la "secrezione basale" di insulina necessaria a sopprimere la produzione
di glucosio e chetoni nei periodi di digiuno, associata alla somministrazione di
insulina ad azione rapida (analogo rapido/umana regolare) ai pasti principali necessaria
a controllare l'aumento glicemico postprandiale. Tale schema terapeutico, in particolare
con l'uso degli analoghi dell'insulina, oltre a riprodurre la secrezione
fisiologica pancreatica, si è dimostrato essere il più efficace, rapido e sicuro
(in termini di eventi ipoglicemici) per il controllo glicometabolico nel paziente
con scompenso iperglicemico in ospedale; viene quindi ritenuto, ad oggi, il modello
di riferimento da tutte le linee guida sulla terapia insulinica in ospedale.
- il 40-50% come basale
- il restante 50-60% come boli prandiali suddivisi in parti uguali ai
3 pasti principali (o il 20-40-40% rispettivamente a colazione, pranzo e cena).
Se l'introito nutrizionale viene interrotto o marcatamente ridotto la quota insulinica
nutrizionale deve essere ridotta in modo proporzionale.
Esempio pratico
Per es. un paziente
di peso normale, potrà somministra 6 unità di novorapid a colazione, 10-12 a pranzo,
8 unita' a cena; per quanto riguarda la basale essa sarà la somma di 6+12+8, cioè
26 unità, tenendo conto che la prima glicemia del mattino alle ore 8 (picco massimo
d'azione dell'insulina basale) mi farà da guida per regolare praticamente il dosaggio
insulinico, cioè se al mattino mi sveglio con glicemie di 160-180 mg/dl, allora
devo incrementare il dosaggio della mia insulina lantus o detemir. E' chiaro?
La scelta di quale insulina usare come basale e quale come prandiale si basa sulla farmacocinetica/ farmacodinamica delle insuline a disposizione. Una durata d'azione particolarmente lunga, fino a 42 ore, che permette sia nei pazienti con diabete di tipo 1 che di tipo 2, una flessibilità nell'orario di somministrazione dell'insulina da un giorno all'altro, con un intervallo minimo di 8 ore tra le somministrazioni, senza compromissione dell'efficacia o rischio di ipoglicemia. Un vantaggio importante per giovani e anziani: svincolati dalla rigidità oraria della somministrazione dell'insulina. Una novità è rappresentata dall'insulina deglutec (tresiba), impiegata per la basalizzazione del paziente con diabete. Tresiba è stato esaminato nell'ambito di tre studi principali, a cui hanno partecipato 1578 pazienti affetti da diabete di tipo 1, e di sei studi principali, a cui hanno partecipato 4076 pazienti con diabete di tipo 2. Negli studi sul diabete di tipo 1 Tresiba è stato confrontato con insulina glargine o insulina detemir (altre insuline a lunga durata d'azione). Ai pazienti veniva inoltre somministrata insulina prandiale ad azione rapida. Negli studi sul diabete di tipo 2 Tresiba è stato confrontato con insulina glargine, insulina detemir o sitagliptina (un medicinale orale per il diabete di tipo 2); al bisogno, i pazienti potevano anche assumere altri medicinali per diabete o insulina prandiale ad azione rapida. Tutti gli studi misuravano la concentrazione ematica di una sostanza del sangue denominata emoglobina glicosilata (HbA1c), che è la percentuale di emoglobina nel sangue che si lega al glucosio. L'HbA1c dà un'indicazione dell'efficacia del controllo del glucosio nel sangue. Tre studi sono durati un anno, sei sono stati condotti per sei mesi. Dagli studi è emerso che Tresiba è efficace almeno quanto altre insuline a lunga durata d'azione nel controllare i livelli di glucosio nel sangue nei pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2, ed è più efficace di sitagliptina nei pazienti con diabete di tipo 2. Nell'ambito degli studi, la riduzione media dei livelli di HbA1c con il trattamento a base di Tresiba è stata di 0,6% nei pazienti con diabete di tipo 1 e di 1,2% nei pazienti con diabete di tipo 2.