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Sepsi o setticemia

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Il caso clinico

Una paziente di 72 anni viene punta da un calabrone; si reca al pronto soccorso per le prime cure del caso, e le viene prescritta terapia con antibiotici ed antistaminici, con scarso risultato. A distanza di 12 giorni giunge alla ns osservazione. Presenta una sepsi, con febbre elevata, sensorio obnubilato. La paziente presenta una lesione iniziale al braccio di sinistra ed una serie di lesioni "a coccarda", diffuse in tutto in corpo, caratterizzate da un area edematosa centrale di forma circolare ed un'area satellitare più arrossata, lesioni che alla digitopressione si ischemizzano (segno dell'infiammazione).

Lesioni a coccarda

Viene prescritta terapia antibiotica dando la preferenza al sulbactam ampicillina gr 2 x 3 ev/die; viene aggiunto un altro antibiotico. Dopo qualche giorno il quadro clinico migliora, il sensorio diventa integro e la paziente viene dimessa. 

La sepsi

Le sepsi o setticemie sono infezioni generalizzate sostenute dal passaggio e successiva permanenza nel sangue di germi patogeni vari, provenienti da un focolaio settico, ovunque localizzato, dimostrabile o no, che si manifestano con una sintomatologia tossinfettiva generale ed eventuali localizzazioni metastatiche nei più diversi organi ed apparati (setticopiemie), capaci a loro volta di alimentare l'immissione e la persistenza nel sangue di nuove cariche microbiche. Condizione pregiudiziale perché si possa parlare di sepsi è la persistente e non transitoria presenza nel torrente sanguigno di germi; nel caso in cui l'immissione avvenga in maniera affatto fugace con pronta eliminazione o neutralizzazione degli stessi, si parla di batteriemia intesa come fase transitoria della malattia di base e non come entità clinica a sé stante. Perché a sua volta, in caso di batteriemia persistente si possa legittimamente parlare di sepsi è necessario che la carica batterica sia tale da aver ragione dei poteri di difesa dell'ospite, poteri di difesa che possono essere preventivamente deficitari o diventare tali in rapporto alla virulenza ed alla invasività del germe in azione. In relazione al decorso le sepsi si distinguono in acute, iperacute, subacute e croniche; queste ultime possono avere una durata molto lunga, un tempo di diversi mesi; mentre le forme iperacute hanno spesso un andamento rapidissimo, fulminante, appena di 24-48 ore.

Eziologia della sepsi

L'eziologia delle sepsi è ovviamente varia, tutti i batteri sia gram-positivi che gram-negativi potendo esserne responsabili; accanto ad essi anche taluni miceti e molte rickettsie sono in grado di originarle. Mentre nel passato, sino all'avvento dell'era chemio-antibiotica, gli agenti eziologici più frequentemente in causa erano lo streptococco ed il pneumococco, oggi prevalgono di gran lunga le sepsi da stafilococco e da gram-negativi, per la più facile sensibilità dei primi ai comuni trattamenti antibiotici che ne fanno rapidamente giustizia. Come meglio sarà detto nel paragrafo dedicato alle infezioni da germi opportunisti, ai nostri giorni sempre maggiore evidenza clinica stanno assumendo, non di rado come corollario di trattamenti antibiotici, corticosteroidei ed antiblastici, talora indiscriminatamente e senza adeguata protezione praticati, le sepsi da microrganismi, abitualmente volgari saprofiti del nostro organismo, che, per il crollo delle difese immunitarie, provocato atrogenicamente o correlabile alla malattia di base, acquisiscono, anche per la eventuale selezione operata dagli antibiotici a carico della "normale" flora batterica, una virulenza tale da renderli selvaggiamente aggressivi. Come è stato già ricordato, la via battuta dai germi per raggiungere il torrente circolatorio è quella che, seguendo i vasi sanguigni e linfatici delle zone interessate, parte dai focolai infettivi, ovunque dislocati e comunque caratterizzati, si tratti di lesioni traumatiche infette, o di ferite chirurgiche contaminate o di suppurazioni circoscritte, quale che sia l'organo ed il tessuto interessato, ovvero di complicazioni secondarie a malattie infettive acute, subacute o croniche (es. osteomieliti).

Clinica

E' ovvio che, così stando le cose, il quadro delle lesioni anatomiche che è dato osservare in corso di sepsi non sia né unitario né patognomonico: prevalgono le alterazioni degenerative a carico del fegato, del rene, del miocardio e le emorragie puntiformi a carico della cute e  delle mucose, che peraltro non mostrano carattere di specificità. Neppure il quadro clinico, in rapporto al non uniforme interessamento dei vari parenchimi, lascia riconoscere l'esistenza di caratteri peculiari chiaramente indicativi della identità del germe che sostiene la sepsi. Tuttavia, pur nella molteplicità e proteiformi la delle manifestazioni cliniche, pur nella diversità del ritmo con cui esse si succedono e delle modalità con cui fra di loro si intrecciano, un fatto è certo e cioè che sin dall'inizio, prima ancora che la fenomenologia clinica abbia raggiunto un assetto ben definito, l'impressione che si avverte è di trovarsi di fronte ad una malattia grave, a rapida evoluzione. In tal senso depongono la precoce compromissione dello stato generale, la intensità delle turbe dispeptiche che rapidamente si instaurano, lo stato di prostrazione dell'ammalato, l'andamento della temperatura che attinge subito livelli elevati, l'elevata frequenza cardiaca, che aumenta più di quanto comporterebbe l'altezza della febbre, le turbe del sensorio che si fa torpido e quasi stuporoso, la cefalea ingravescente, la comparsa di eruzioni cutanee variamente configurate e di piccole infiltrazioni emorragiche a carico della cute e delle mucose; l'aspetto della lingua che è secca, fuligginosa, arrossata ai bordi, come nel tifo.

Lesione a coccarda da emboli settici

La febbre, in rapporto al ritmo delle gittate batteriche nel circolo, può essere di tipo continuo o continuo-remittente o avere un andamento intermittente con alternanza di iperpiressia ed apiressia, nel qual caso insorge con brivido e cade con abbondante sudorazione. Alla febbre fanno da corona tutta una serie di manifestazioni che investono praticamente tutti i principali apparati, da quello cardiocircolatorio, con segni di sofferenza miocardica e di danno endocardico (endocardite) a quello locomotore con artralgie, mialgie diffuse, artriti ed osteomieliti; da quello nervoso (cefalea, confusione mentale, ottundimento del sensorio) a quello renale (nefrite, ascessi, albuminuria, ematuria microscopica); dall'apparato digerente (irregolarità dell'alvo, nausea, anoressia, meteorismo) a quello respiratorio (bronchite, broncopolmonite, pleurite) ed emopoietico (anemia). Anche se il quadro clinico generale prima ricordato può legittimare nella sua globalità l'ipotesi di una sepsi, specie quando è evidenziabile la presenza di un focolaio sepsigeno, la diagnosi di certezza si raggiunge solo con l'isolamento dal sangue o dal puntato sternale dell'agente responsabile (emocoltura, sternomielocoltura). Gli altri esami di laboratorio (aumento della VES, leucocitosi neutrofila di grado più o meno elevato, con eventuale riscontro di granulazioni tossiche, ecc.) non sono determinanti ai fini della diagnosi. La terapia poggia sulla individuazione del germe e sul responso dell'antibiogramma, avendo cura, a parità di sensibilità, di dare la preferenza agli antibiotici dotati di minore tossicità e di maggiore maneggevolezza. Dopo queste premesse di ordine generale è forse opportuno dare qualche più specifica, anche se succinta, informazione sulle principali sepsi che più frequentemente occorrono oggi nella pratica medica, cominciando dalle sepsi stafilococciche che, come è stato già ricordato, detengono ai nostri giorni, come frequenza, il primato su tutte le sepsi. Lo stafilococco è il più comune agente eziologico delle infezioni suppurative, ovunque localizzate, dal foruncolo all'ascesso, dalle osteomieliti alle pielonefriti, dalla polmonite all'empiema pleurico, ecc. Di solito la sepsi origina da uno di questi focolai, ma non di rado la stazione di partenza rimane sconosciuta. Il quadro clinico assume, sin dall'inizio, caratteri di particolare gravita ed è dominato dalla febbre, dalle manifestazioni tossinfettive, dalla compromissione dello stato di vigilanza del paziente, con gravi turbe della coscienza, e dalla comparsa di eruzioni cutanee ora pustolo-ecchimotiche, ora emorragiche, ora esantematiche. Fegato e milza sono molto spesso aumentati di volume. Nelle forme settico-piemiche, a parte il diverso andamento della temperatura che diventa chiaramente intermittente, la fenomenologia clinica, più che dai sintomi e segni dello stato tossinfettivo generale, è caratterizzata essenzialmente dalle manifestazioni metastatiche, donde la grande varietà di complessi sindromici che ne possono derivare a seconda dell'organo o degli organi precipuamente interessati dalle metastasi. Come nelle sepsi meningococciche, anche in quelle stafilococciche si possono osservare delle forme iperacute, a decorso rapidissimo, fulminante, in cui l'exitus avviene nel volgere di brevissimo tempo. Il quadro è spesso quello della sindrome di Waterhouse-Friderichsen. La prognosi, nonostante le possibilità di intervento offerte dall'impiego di antibiotici attivi sui ceppi di stafilococco produttori di penicillinasi (meticillina, oxacillina, cloxacillina, dicloxacillina, ecc.) che sono la maggior parte, dev'essere sempre cauta per le complicazioni che possono insorgere in ogni momento del decorso della malattia (mieliti purulente, endocarditi, ecc.). Anche diverse cefalosporine possono trovare utile impiego nelle sepsi da stafiloccochi, sia che si tratti di ceppi penicillino-sensibili che penicillino-resistenti. Il dosaggio consigliato è di 1-2 g ogni 4-6 ore per via intramuscolare o endovenosa. Lo stesso dicasi per la vancomicina che viene usata alla dose di 2-3 g prò/die per via endovenosa in due semministrazioni equidistanziate. Per le sepsi sostenute da ceppi non produttori di penicillinasi, l'antibiotico di elezione è la benzilpenicillina. L'agente eziologico più comune delle sepsi streptococciche è lo streptococco beta-emolitico; meno frequente è l'intervento dello streptococco piogeno e di quello viridante, responsabile quest'ultimo di una particolare forma di sepsi lenta, l'endocardite batterica subacuta, di cui sarà trattato nel capitolo dedicato alle malattie dell'endocardio. Tonsilliti, sinusiti, ascessi dentari, affezioni acute dell'apparato respiratorio, infezioni dell'apparato genitale, soprattutto femminile (sepsi puerperali), lesioni cutanee infette possono costituire altrettanti focolai da cui origina e viene alimentata l'immissione dello streptococco nel torrente sanguigno. A parte l'apprezzamento di alterazioni degenerative ed emorragiche più o meno diffuse, comuni a tutte le sepsi, in quelle streptococciche costante e prevalente è l'interessamento del cuore con particolare riguardo all'endocardio valvolare, in corrispondenza del quale si notano delle vegetazioni rossicce, facilmente friabili di aspetto poliposo o ulcero-poliposo, costituite da trombi piastrinici, batteri e rari macrofagi, che con il tempo si organizzano ed evolvono verso la calcificazione. Frequente è il reperimento di emboli settici a livello di vari organi (polmone, fegato, milza, reni, ossa, ecc.); non eccezionale, nei casi sfavorevoli, l'osservazione di emorragie surrenaliche, mentre abituale è il riscontro di una più o meno marcata anemia, spesso a sfondo emolitico. Clinicamente le sepsi streptococciche possono presentarsi e decorrere in forma lieve con un quadro clinico in cui mancano manifestazioni di particolare gravita ed in cui al riconoscimento della malattia si arriva solo sulla base del risultato dell'emocultura; ma accanto a queste forme altre se ne annoverano in cui sin dall'inizio la fenomenologia appare allarmante e l'evoluzione si preannuncia sfavorevole. Alle sepsi attenuate si contrappongono cioè quelle acute ed iperacute. In queste ultime sono i fenomeni tossinfettivi che appaiono dominanti: la febbre è molto elevata, di tipo continuo o continuo-remittente (nelle complicazioni metastatiche diviene intermittente, insorge con brivido intenso e rimette con abbondante sudorazione), lo stato generale subisce una rapida e progressiva compromissione, compaiono turbe del sensorio, anche gravi, e si apprezzano segni di preoccupante impegno dell'apparato cardiocircolatorio, con tachicardia, dispnea, cianosi, note di marcata sofferenza miocardica; può aversi ittero o subittero, talora di tipo emolitico, cosö come si può assistere alla comparsa di eruzioni cutanee di tipo scarlattiniforme o eritematoso e di manifestazioni emorragiche come da capillarotossicosi. Nelle forme fulminanti il quadro può essere quello della sindrome di Waterhouse-Friderichsen. Nelle forme acute, che rientrino per cosö dire nella normalità della presentazione della sepsi, il quadro è intermedio fra quello delle forme attenuate e quello delle iperacute; ma è pur sempre grave, anche se l'andamento della febbre non è uniforme e la compromissione del sensorio meno pronunciata. Milza e fegato appaiono sempre aumentati di volume, e possono risultare dolenti alla palpazione per la presenza di infarti superficiali. Costante è anche la tendenza ad una rapida anemizzazione del paziente in cui l'anemia, con i caratteri dell'anemia infettiva, può denunciare contemporaneamente segni di esaltata emolisi. Nel decorso delle forme acute più facile e più facilmente apprezzabile è la compartecipazione al quadro anatomo-clinico della sepsi di diversi organi ed apparati: nefrite diffusa o parcellare, ascessi renali, ascessi epatici, angiocoliti, empiema pleurico, miocarditi, endocarditi, pericarditi, osteomieliti, flemmoni, peritoniti purulente. La diagnosi poggia ovviamente sull'isolamento e sull'acquisizione dei caratteri biologici del ceppo di streptococco responsabile della sepsi. Mentre la prognosi delle forme attenuate è sempre favorevole, specie se si interviene tempestivamente con adeguate misure terapeutiche, quella delle forme iperacute è sempre severa e spesso sfavorevole. Anche la prognosi delle forme acute dev'essere sempre riservata: essa dipende in gran parte dalla precocità con cui viene instaurato il trattamento antibiotico e dalla efficacia dell'antibiotico prescelto sulla base delle indicazioni dell'antibiogramma. Il quadro clinico delle sepsi da pneumococco, per lo più a partenza dalle vie aeree superiori ed inferiori (sinusiti, tonsilliti, otiti, bronchiti, polmoniti) non si differenzia sostanzialmente da quello delle altre sepsi batteriche, per cui non staremo qui a ripeterci. Anche qui tutti gli organi ed apparati possono essere coinvolti dal processo morboso, aversi cioè, accanto alle manifestazioni generali comuni a tutti gli stati setticemici, la comparsa di segni e sintomi legati alla peculiare localizzazione delle lesioni metastatiche. A prescindere dall'apparato respiratorio, da cui spesso la sepsi origina, queste possono interessare l'endocardio valvolare, sede di formazioni ulcero-vegetanti che si impiantano non di rado su pregresse alterazioni reumatiche dei lembi valvolari del cuore sinistro; il sistema nervoso (meningiti e meningoencefaliti), l'apparato articolare (artriti purulente e sieropurulente), il peritoneo (peritonite pneumococcica), ecc. La diagnosi si avvale delle medesime tecniche di indagine che trovano comune impiego nelle sepsi di qualsivoglia altra eziologia (emocoltura). La prognosi dipende dalla gravita del quadro clinico, dalla compartecipazione anatomica di importanti organi ed apparati, soprattutto dell'endocardio e delle meningi, dalla Decorrenza di inusuali complicazioni (apoplessia surrenalica) e dalla tempestività ed efficacia della terapia instaurata. Questa ha come pilastri fondamentali la somministrazione di sulfamidici e/o l'impiego di penicillina o di tetraciclina. Ovviamente la scelta del mezzo di cura più indicato dovrà essere suggerita dai dati dell'antibiogramma. La caratteristica peculiare della sepsi meningococciche, oggi fortunatamente di sempre più rara osservazione, è quella di avere spesso un decorso acuto, fulminante e di concludersi nello spazio di sole poche ore o al massimo di 1-2 giorni con il quadro drammatico della sindrome di Waterhouse-Friderichsen. Su questa sindrome, cui è stato ripetutamente accennato anche a proposito di altre sepsi, è giunto il momento di spendere qualche parola, rinunciando alla descrizione delle rimanenti manifestazioni del quadro clinico che ricalcano fedelmente quelle di tutte le sepsi. La sindrome di Waterhouse-Friderichsen, dovuta all'improvviso crollo della funzione delle surrenali, sede di improvvise, massicce emorragie, è un evento drammatico che insorge in maniera improvvisa, talora fulminea e che si lascia caratterizzare dall'improvviso precipitare delle condizioni dell'apparato cardiocircolatorio, con brusca caduta della pressione arteriosa, segni di collasso periferico, tachicardia, dispnea, cui si accompagna spesso febbre elevata oltre i 40o. Il quadro da shock di tipo endotossinico, quasi sempre irreversibile, che porta rapidamente alla morte del paziente, è preceduto di qualche ora dalla comparsa di manifestazioni petecchiali al volto, al tronco ed agli arti che tendono ad estendersi ed a confluire fra di loro dando luogo alla formazione di chiazze emorragiche più o meno estese, a livello della cui parte centrale si possono notare delle zone di necrosi che si ricoprono di escare. Altro segno premonitore del dramma che si appresta ad esplodere è l'apprezzamento di una diffusa marezzatura livida o di chiazze ecchimotiche che ricordano quelle da ipostasi cadaverica. In contrasto con l'estrema gravita del quadro clinico, il sensorio si mantiene vigile ed integro sino alla fine. La sindrome di Waterhouse-Friderichsen non è l'unica complicazione temibile che può far precipitare l'evoluzione, già di per sé grave, di una sepsi meningococcica e condizionarne la prognosi. Viene descritta infatti specie nei neonati e nei lattanti, meno nell'infanzia, e raramente negli adulti una forma encefalitica o meningoencefalitica fulminante con coma irreversibile, convulsioni, iperpiressia e rapido exitus e una forma mista surrenalico-encefalitica anch'essa il più delle volte a esito letale. Anche per le sepsi meningogocciche la terapia di elezione è rappresentata dall'associazione sulfamidici-penicillina, con facoltà di sostituzione, ove opportuno, della penicillina e suoi analoghi (ampicillina) con cloramfenicolo ove l'antibiogramma dovesse suggerirlo. I sulfamidici più comunemente adoperati sono quelli che oltrepassano la barriera ematoencefalica raggiungendo concentrazioni ottimali nel liquor; parimenti penicillina, ampicillina e cloramfenicolo debbono la preferenza che viene ad essi accordata non solo alle loro proprietà antibatteriche, ma al potere che essi hanno di varcare la barriera liquorale. Altro esempio di sepsi da cocchi gram-negativi da ricordare dopo quella meningococcica è la sepsi gonococcica, che, ancor più delle forme meningococciche, ha perso molta dell'importanza che ebbe nel passato, quando, nell'era prechemio-antibiotica, non esistevano gli attuali mezzi di cura e di profilassi dell'infezione. La caratteristica che sul piano clinico contraddistingue la sepsi gonococcica, il cui quadro fenomenologico ripete per il resto quello di tutte le sepsi, è l'impegno articolare precoce, con interessamento soprattutto delle grandi articolazioni, ginocchio in special modo, dove la presenza di liquido purulento porta a progressiva distruzione dell'articolazione con conseguente anchilosi della stessa.

Oltre al ginocchio, che ne costituisce la sede più frequente, l'artrite gonococcica, che di solito è monolaterale, può colpire la caviglia, l'articolazione coxofemorale, quella temporo-mandibolare ed il polso. Altro dato che merita di essere ricordato è la frequenza con cui si assiste alla comparsa di lesioni cutanee sotto forma di papule, petecchie, pustole, che possono assumere aspetto emorragico o necrotico. Penicillina, ampicillina, amoxocillina, tetraciclina, eritromicina e cefalosporina sono già antibiotici che trovano elettivo impiego. Se il trattamento viene instaurato in tempo, si evitano tutte le complicazioni che possono intervenire nel corso della malattia e che comprendono, oltre alle localizzazioni articolari già ricordate, quelle meningee, endocardiche ed epatiche, anche se di gran lunga meno frequenti delle prime. Di solito sono sufficienti 4-5 giorni di trattamento con benzil-penicillina o un'unica somministrazione di benzatin-penicillina (2.400.000 U) per aver ragione dell'infezione. Risultati ancor più spettacolari si possono ottenere con la spectinomicina in un'unica dose di 2-4 g. Infine qualche brevissimo accenno va fatto anche di altre sepsi da germi gram-negativi che saranno ulteriormente prese in considerazione a proposito delle infezioni da germi opportunisti, e di cui ci limiteremo qui a fornire delle informazioni di ordine generale. Gli agenti eziologici più frequenti di questa sepsi appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae. In genere si tratta di germi che sono abituali commensali del nostro organismo e che, in virtù di particolari circostanze favorevoli che vengono a determinarsi, soprattutto, ma non solo, per l'uso prolungato di antibiotici a largo spettro d'azione con eliminazione della comune flora microbica, acquistano di rimbalzo una virulenza notevolissima, dando luogo alla insorgenza di infezioni che si mostrano difficilmente dominabili, in quanto sostenute da germi selezionati e refrattari alla più gran parte degli antibiotici disponibili.

Specie le infezioni delle vie urinarie e dell'apparato genitale femminile o delle vie biliari sono alla fonte delle sepsi da germi gram-negativi. Anche per queste sepsi vale la regola che le manifestazioni generali non si allontanano da quelle delle altre sepsi, anche se, per la scarsa o nulla sensibilità agli antibiotici di volta in volta impiegati, il loro decorso è di solito più protratto e le complicazioni più frequenti (endocarditi, meningiti purulente, ascessi cerebrali, ascessi polmonari, pleuriti purulente). Fra le complicazioni le più gravi sono l'insufficienza renale acuta con uremia, e lo shock endotossinico dovuto alla liberazione delle endotossine dalla lisi massiva dei corpi batterici con tutti i fenomeni che ne conseguono (febbre elevata a rapida insorgenza, raffreddamento e cianosi delle estremità, dei padiglioni auricolari, del naso; brusca caduta della pressione arteriosa, contrazione della diuresi, shock ipovolemico). La prognosi dipende, oltre che dalla gravita del quadro clinico, anche dalla natura del germe che sostiene la sepsi: le sepsi da Proteus sono le più gravi, quelle da E. Coli le meno severe. Anche la possibilità di intervenire con antibiotici cui il germe in causa si dimostri sensibile è un importante fattore che condiziona l'evoluzione della sepsi. L'ampicillina, la carbenicillina, e gli aminoglicosidi (tobramicina, gentamicina, amikacina, sisomicina) sono gli antibiotici che forniscono i migliori risultati. Per quanto concerne da ultimo le sepsi da anaerobi, a parte la gravita del quadro clinico che abitualmente le contraddistingue e le difficoltà che si oppongono alla loro precoce identificazione, esse hanno la prerogativa di provocare la rapida e grave anemizzazione del paziente per l'occorrenza di crisi emolitiche tossiche secondarie alla distruzione massiccia di globuli rossi. Tali crisi di deglobulizzazione massiva con emoglobinemia, emoglobinuria, collasso, insufficienza renale acuta erano un tempo di frequente osservazione nelle sepsi puerperali da Clostridium welchii. La terapia di elezione consiste nella somministrazione, anche per via endovenosa, di penicillina a forti dosi (15-20 milioni di unità prò die).

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