Stafilococchi, la cura

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Antibiotici per la cura degli stafilococchi

Per gli stafilococchi bisogna distinguere in primis la sensibilità all'oxacillina, che è la molecola screening per tutti i beta-lattamici al momento disponibili in Italia. Tra gli stafilococchi coagulasi-negativi (CNS) l'oxacillino-resistenza è correlata anche alla specie e pertanto alcune specie sono sempre sensibili e fenotipi impossibili devono essere rivalutati: ad esempio S. capitis resistente all'oxacillina è un fenotipo impossibile.

Al microscopio ottico, dopo colorazione di Gram, ecco gli stafilococchi disposti a grappolo, Gram positivi

Per i ceppi resistenti all'oxacillina, i farmaci di scelta sono i glicopeptidi. Nell'ultimo decennio si è assistito all'insorgenza di ceppi con piena resistenza (VRSA) o con ridotta sensibilità ai glicopeptidi (VISA) e per meglio rilevare questo fenomeno il livello di resistenza della vancomicina è stato ridotto da 8 a 2 mg/L dal CLSI; la stessa riduzione non è invece stata applicata alla teicoplanina.

Solo recentemente l'EUCAST ha fissato i livelli di resistenza per teicoplanina, fissandoli a >2 mg/L. Altri farmaci che devono essere testati sono: rifampicina, aminoglicosidi, chinoloni, clindamicina e cotrimossazolo. Daptomicina, farmaco battericida contro S. aureus che ha recentemente avuto l'approvazione per le batteriemie e per le endocarditi destre da S. aureus dovrebbe essere testata sui ceppi isolati da endocardite infettiva. Nell'ambito dei ceppi sensibili ai glicopeptidi, esistono ceppi con MIC compresa tra 1 e 2 mg/L che possono avere una sub-popolazione con MIC di 4-8 mg/L e che, come i VISA, sono meno sensibili all'azione battericida dei glicopeptidi; questi ceppi sono detti etero-VISA (hVISA). I ceppi VISA ed hVISA hanno una ridotta sensibilità alla daptomicina, per un meccanismo di ispessimento della parete cellulare batterica, con conseguente ridotto effetto della daptomicina che non riesce più a creare pori trans-membrana - il suo tipico meccanismo d'azione. Tutti questi ceppi devono essere testati per daptomicina.

Un tempo si faceva distinzione tra S. aureus ritenuto patogeno delle valvole native e CNS patogeni per le valvole protesiche, ma in una recente serie di oltre 1.000 endocarditi, S. aureus ha rappresentato il primo patogeno nelle endocarditi su valvole protesiche (25%), mentre un numero non trascurabile di endocarditi su valvole native era provocato da CNS (8%). S. aureus è la prima causa di endocardite nei Paesi sviluppati, spesso con origine nosocomiale o comunque legato a pratiche sanitarie, e l'insorgenza di resistenza parziale ai glicopeptidi ha reso ulteriormente difficile la scelta di un'adeguata opzione terapeutica. Nei pazienti non-tossicodipendenti (non-TD) l'endocardite da 5. aureus interessa il cuore sinistro ed è gravata da letalità elevata, intorno al 25-40%.

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Nei TD colpisce invece in genere il cuore destro e le percentuali di guarigione sono elevate, superiori all'85%. Nelle endocarditi su valvola protesica da 5. aureus si utilizzano regimi a tre farmaci che non sono stati in realtà sperimentati in trial prospettici, ma che sono stati inferiti dall'esperienza ottenuta con i CNS. Pertanto si usa oxacillina + rifampicina + gentamicina per i ceppi oxacillino-sensibili e vancomicina + rifampicina e gentamicina per i ceppi oxacillino-resistenti.

Tra i CNS riveste particolare importanza S. lugdunensis, che è il più virulento tra i CNS, con capacità di provocare ascessi perivalvolari e lesioni metastatiche, ma che fortunatamente è molto spesso sensibile a tutti i farmaci antistafilococcici. La sua identificazione può risultare però difficile.

I CNS sono frequentemente in causa nelle endocarditi su valvola protesica che si manifestano entro un anno dall'impianto; in questi casi tutti i CNS isolati devono essere considerati clinicamente oxacillino-resistenti, anche se l'antibiogramma smentisce la resistenza e la terapia deve essere impostata di conseguenza. In tali casi si usa vancomicina associata a rifampicina e gentamicina.

Se quest'ultima risulta "resistente", devono essere testati altri aminoglicosidi, e se tutti sono resistenti bisogna ricorre a un chinolone "sensibile". I CNS possono sviluppare resistenza alla rifampicina durante il trattamento e pertanto i ceppi isolati da materiale protesico o da emocolture, in caso di ricadute devono essere ritestati per tutte le molecole di interesse, specialmente per quelle coinvolte nel regime terapeutico. Ovviamente l'oxacillina può essere tentata al posto della vancomicina nelle infezioni causate da ceppi sensibili, specie se la sensibilità è verificata al meglio in laboratorio. La teicoplanina può essere usata al posto della vancomicina, ma bisogna ricordare che specie come S. haemolyticus hanno ridotta sensibilità a teicoplanina ma non a vancomicina, e la penetrazione nelle vegetazioni di teicoplanina può risultare non ottimale. La daptomicina è efficace anche contro CNS e può essere un'alternativa alla vancomicina, ma bisogna sottolineare che non ci sono studi prospettici su endocarditi da CNS e daptomicina, e che in questo ambito terapeutico si traslano i risultati ottenuti con 5. aureus. In casi aneddotici - ma pure nella nostra esperienza personale - anche linezolid, che può avere una debole e lenta azione battericida, è stato utilizzato nelle endocarditi che avevano fallito con altri trattamenti o che si erano complicate con ascessi cerebrali. Nei casi che non rispondono, clinicamente con febbre e persistenza dei fenomeni embolici e microbiologicamente con persistenza delle emocolture, bisogna studiare l'azione battericida dei farmaci, determinando la MBC e confrontandola con la MIC, per verificare la tolleranza; in questi casi è necessario ricercare farmaci o combinazioni di antibiotici alternative che dimostrino attività battericida.

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