La terapia dermatologica si avvale di presidi chimici, fisici e chirurgici come quella di altre branche della medicina, ma almeno in parte risulta peculiare per la possibilità di impiego dei preparati chimici non solo per via generale ma anche per via locale e per l'uso frequente dei trattamenti fisici. Essa è eziologica quando agisce sui fattori responsabili della dermatosi; patogenetica se rivolta a bloccare i meccanismi del danno tissutale; sintomatica se atta a sopprimere la manifestazione clinica e/o la sintomatologia soggettiva a essa correlata.
Con possibili eccezioni un trattamento sistemico per via orale, intramuscolare o endovenosa risulta indicato in presenza di dermatosi notevolmente estese; in caso di patologie dermiche profonde o ipodermiche; quando siano coinvolte sedi extracutanee e in genere ogni qualvolta il risultato ottenibile per questa via sia presuntivamente migliore di quello ottenibile per via locale. Riguardo i numerosi farmaci che possono venire utilizzati per via generale si farà un breve cenno solo al dapsone, agli psoraleni e ai retinoidi in quanto sostanze di impiego quasi esclusivamente dermatologico.
Il dapsone o DDS è un diaminodifenilsolfone che, se talora viene utilizzato per la chemioprofilassi antimalarica, trova la sua principale indicazione nel trattamento della lebbra, della dermatite erpetiforme e dell' eritema elevatum diutinum, dove agirebbe non tanto per le sue proprietà batteriostatiche quanto per la capacità di inibire con meccanismi ancora non del tutto noti l'afflusso di polimorfonucleati neutrofili nei tessuti.
Il dapsone, somministrato per via orale alla dose di 50-300 mg/die, viene facilmente
assorbito dal tubo digerente e raggiunge la massima concentrazione plasmatica dopo
4-6 ore dall'assunzione. Il farmaco è metabolizzato nel fegato e ha un'emivita plasmatica
di 2-4 giorni. Determina eccezionalmente reazioni idiosincrasiche e allergiche,
agranulocitosi, psicosi acute e neuropatie periferiche, mentre causa regolarmente
un'anemia emolitica e una metaemoglobinemia dose-dipendenti. In soggetti con deficit
della glucosio-6-fosfatodeidrogenasi l'emolisi più essere massiva per cui è consigliabile
dosare sempre questo enzima prima di iniziare la terapia. Durante il trattamento
verranno effettuati controlli frequenti dei leucociti e dell'emoglobina e periodici
test di funzionalità epatica e renale.
Gli psoraleni, come gli isopsoraleni o angelicine, sono sostanze triadiche che si formano in molte piante per fusione di un anello furanico con un anello cumarinico. In terapia vengono utilizzati il 4,5,8-trime-tilpsoralene, l'8-metossipsoralene e il 5-metossipsoralene. che somministrati per via orale alla dose di 0,6-0,8 mg/kg di peso corporeo vengono facilmente assorbiti dal tubo digerente, raggiungendo la concentrazione massima nel sangue e nei tessuti dopo 1-3 ore dall'assunzione secondo il tipo di preparazione usata. Gli psoraleni non svolgono direttamente alcuna azione farmacologica, ma se attivati dai raggi ultravioletti di tipo A sono in grado di bloccare la sintesi del DNA legandosi alle basi pirimidiniche e di alterare le pareti cellulari per degradazione ossidativa dei costituenti lipidici.
Questa loro fototossicità viene sfruttata nel lattamento combinato fisico-chimico noto come fotochemioterapia, trattamento utilizzato con varie modalità e con variabili risultati nella psoriasi e nei linfomi cutanei di tipo T e, dal momento che ripetute reazioni fototossiche stimolano gli elementi del sistema melanocitario, anche per la ripigmentazione di chiazze di vitiligine. Il rischio immediato della fotochemioterapia è di somministrare una dose eccessiva di raggi ultravioletti con la comparsa di una grave reazione fototossica che raggiunge l'acme dopo 48-96 ore.
I rischi a lungo termine sono lo sviluppo di cataratta e la degenerazione attinica cutanea con possibile comparsa di tumori. Gli psoraleni come so-stanze chimiche sono invece ben tollerati, se si eccettua una frequente nausea specie con l'8-metossipsoralene che somministrati per via orale alla dose di 0,6-0,8 mg/kg di peso corporeo vengono facilmente assorbiti dal tubo digerente, raggiungendo la concentrazione massima nel sangue e nei tessuti dopo 1-3 ore dall'assunzione secondo il tipo di preparazione usata.
Gli psoraleni
non svolgono direttamente alcuna azione farmacologica, ma se attivati dai raggi
ultravioletti di tipo A sono in grado di bloccare la sintesi del DNA legandosi alle
basi pirimidiniche e di alterare le pareti cellulari per degradazione ossidativa
dei costituenti lipidici. Questa loro fototossicità viene sfruttata nel trattamento
combinato fisico-chimico noto come fotochemioterapia, trattamento utilizzato con
varie modalità e con variabili risultati nella psoriasi e nei linfomi cutanei di
tipo T e, dal momento che ripetute reazioni fototossiche stimolano gli elementi
del sistema melanocitario, anche per la ripigmentazione di chiazze di vitiligine.
Il rischio immediato della fotochemioterapia è di somministrare una dose eccessiva
di raggi ultravioletti con la comparsa di una grave reazione fototossica che raggiunge
l'acme dopo 48-96 ore. I rischi a lungo termine sono lo sviluppo di cataratta e
la degenerazione attinica cutanea con possibile comparsa di tumori. Gli psoraleni
come sostanze chimiche sono invece ben tollerati, se si eccettua una frequente nausea
specie con l'8-metossipsoralene.
I retinoidi sono analoghi sintetici della vitamina A naturale, il retinolo, e fra
di essi vengono utilizzati da anni in dermatologia due derivati dell'acido retinoico:
l'etretinato e l'isotretinoina. L'etretinato per via orale, a dosi variabili da
0,5 a 2 mg/kg/die, si è dimostrato in grado di normalizzare il processo di cheratiniz-zazione
in alcune varietà di ittiosi e di facilitare la regressione delle manifestazioni
psoriasi che e delle lesioni cutanee iniziali della micosi fungoide. L'isotretinoina,
al dosaggio di 0, 5-1 mg/kg/die per os e per periodi di 6-12 settimane, si è invece
rivelata utile nel controllo farmacologico dell'acne cistica. Queste attività dei
retinoidi si spiegano con il tropismo della vitamina A e dei suoi analoghi sintetici
per gli epiteli di cui viene regolata la maturazione, ma anche con l'attività antiproliferativa
svolta a dosaggi farmacologici sugli epiteli stessi, sulle ghiandole sebacee e sui
tessuti linfoidi. Effetti collaterali dose-dipendenti dei retinoidi sono: la secchezza
della cute e delle mucose visibili con possibili epistassi; la caduta dei capelli
in telogen; l'alterazione dei test di funzionalità epatica; l'aumento dei lipidi
plasmatici; la fototossicità e in particolare la teratogenicità, per cui nelle donne
fertili i retinoidi possono essere utilizzati solo quando vengano presi provvedimenti
atti ad evitare il concepimento non solo durante l'assunzione ma per molti mesi
dopo la sospensione della terapia. Gli effetti collaterali principali di un'assunzione
cronica sono invece a carico dell'apparato scheletrico e consistono in fragilità
ossea e in manifestazioni iperostosiche a carico della colonna vertebrale e delle
ossa lunghe. Di tutto ciò bisogna ovviamente tenere conto programmando opportuni
controlli ematologici e radiologici.
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